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Autore: Odinforce    01/07/2015    1 recensioni
Ascoltate la mia storia... una storia che non ascolterete mai dallo schermo a cui è collegata la vostra Playstation, perché dubito seriamente che qualcuno avrà voglia di farne un videogioco, un nuovo capitolo della mia saga. Questa è la storia della mia nuova vita.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Auron, Jecht, Tidus, Wakka, Yuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I - La mia storia

Ascoltate la mia storia. O meglio, la mia nuova storia. Credo che molti di voi abbiano sentito la prima quando avete giocato a Final Fantasy X. Questa, invece, è una storia che non ascolterete mai dallo schermo a cui è collegata la vostra Playstation, perché dubito seriamente che qualcuno avrà voglia di farne un videogioco, un nuovo capitolo della mia saga. Questa è la storia della mia nuova vita.
Prima, però, sarà meglio ricordarvi la mia storia precedente, e soprattutto chi sono. Mi chiamo Tidus. Un tempo ero l’as degli Zanarkand Abes, la squadra di blitzball in cui giocavo. Zanarkand era la mia casa... una città immensa e insonne, piena di luci e macchine, un paradiso tecnologico apparentemente lontano dal mondo.
Quando la mia storia cominciò, vivevo da solo. Mia madre era morta da un po’ di tempo, mentre mio padre... be’, lui era scomparso da parecchio, da ben dieci anni. Lo odiavo, perciò non provai altro che soddisfazione quando venni a saperlo. E poiché era divenuto una leggenda del blitzball, a Zanarkand venne la bella idea di realizzare un torneo in suo onore... la Coppa Jecht. Non approvavo, ma non avevo altra scelta che giocare insieme alla mia squadra.
Accadde tutto durante il torneo. Zanarkand fu attaccata da Sin, un'immensa creatura avvolta in una bolla d’acqua. La città andava in frantumi al suo passaggio, ma io scappai prima che lo stadio crollasse. Mi unii ad Auron, un vecchio amico di mio padre nonché mio mentore, e insieme lottammo contro i mostri che sciamavano da ogni parte. In quel momento non avevo la minima idea di cosa stava succedendo. Per questo fui completamente colto di sorpresa quando scoprii che l’intenzione di Auron non era di scappare... ma di andare verso Sin. Il mostro, infatti, aprì quello che sembrava una specie di portale, e io finii risucchiato insieme ad Auron. E Zanarkand sparì alle mie spalle, mentre tutto diventava buio.
Mi risvegliai in un luogo completamente diverso. Erano le rovine di un tempio o roba del genere, abbandonato da chissà quanto tempo. Qui incontrai un’eccentrica banda di persone appartenenti alla razza Albhed (anche se ancora mi chiedo cosa hanno di diverso da noi umani), e strinsi amicizia con una di loro, una ragazza di nome Rikku. Le raccontai di Zanarkand e della mia vita laggiù, ma lei stentò a credere a quello che le dicevo. Pensò che fossi stato infettato da qualche tossina di Sin e che mi fosse andato in pappa il cervello perché, a quanto pareva, erano passati mille anni dalla distruzione di Zanarkand, e io mi trovavo in un mondo chiamato Spira. Ovviamente ne rimasi incredibilmente sorpreso. Ero finito in un’altra epoca? Mille anni nel futuro? Non riuscivo a crederci. Ma mentre Rikku si offriva di aiutarmi a trovare una soluzione, la nave su cui eravamo fu attaccata da Sin. Quel mostro era proprio intenzionato a perseguitarmi! Finii in acqua, e persi di nuovo i sensi.
Quando mi risvegliai, il luogo era cambiato un’altra volta. Era l’isola di Besaid, apparentemente tranquilla e pacifica. Sulla spiaggia incontrai Wakka, allenatore e capitano dei Besaid Aurochs, un tipo molto simpatico che rimase impressionato dal mio talento nel blitzball. Come Rikku, anche Wakka si stupì nel sentire che provenivo da Zanarkand, perciò attaccai con la storia di essere vittima delle tossine di Sin per non far innervosire la gente. Così fui accolto nel suo villaggio, dove mi presentò agli altri.
Il giorno dopo incontrai la persona che sarebbe diventata la più importante della mia vita: Yuna, giovane invocatrice del villaggio di Besaid. Perfino io, un campione abituato alla celebrità e all’ammirazione di un sacco di ragazze, rimasi impressionato dalla sua bellezza. Stringemmo presto amicizia, e lei mi invitò ad unirmi al suo pellegrinaggio: Yuna avrebbe infatti compiuto un lungo viaggio che l’avrebbe portata a sconfiggere Sin. Venni a sapere che quel mostro stava perseguitando l’intera Spira da ben mille anni, e poteva essere sconfitto solo dagli invocatori che compivano un pellegrinaggio.
Che cosa spingeva una ragazza come Yuna a compiere un’impresa del genere? Insomma, chi glielo faceva fare? Mi arrivò ben presto anche questa risposta: lei era la figlia del grand’invocatore Braska, colui che aveva sconfitto Sin dieci anni prima; scoprii anche che quest’uomo aveva compiuto tale impresa con l’aiuto di due guardiani: uno era Auron, l’altro era Jecht... mio padre. Guidato da tutti questi misteri che intendevo svelare, nonché dalla voglia di tornare a Zanarkand, seguii Yuna nel suo viaggio come guardiano, insieme a Wakka, l’affascinante maga Lulu e al taciturno Kimahri Ronso.
Fu un viaggio lungo e non privo di ostacoli, rappresentati soprattutto da orde di mostri che infestavano ogni luogo che percorrevamo. C’era anche un dannato rompiscatole di nome Seymour, che per qualche motivo voleva spargere la morte sul mondo intero servendosi di Yuna. Pur di impedirgli questa follia facemmo perfino irruzione nella città santa di Bevelle, dove stava per sposare Yuna, e lo affrontammo. Per fortuna avevamo molti amici dalla nostra parte: ben presto si aggiunsero alla squadra anche Rikku, sopravvissuta dal nostro ultimo incontro, e Auron, che mi rivelò una spaventosa verità. L’entità malvagia nota a tutti come Sin era mio padre, diventato tale dopo essersi sacrificato insieme a Braska per distruggerlo.
Il pellegrinaggio terminò alle rovine di Zanarkand, gli antichi resti della mia città natale, e la verità apparve ai miei occhi come la luce del sole. Sin era comparso mille anni fa per fermare la Guerra delle Macchine, un tremendo conflitto tra Zanarkand e Bevelle. Questa bestia immortale poteva essere fermata solo con l’invocazione suprema, ma era solo un rimedio temporaneo: l’invocazione poteva distruggere Sin, ma colui che lo guidava, Yu Yevon, si univa successivamente all’invocazione, trasformandolo in un nuovo Sin... e tale sorte era toccata l’ultima volta a mio padre. Inoltre, tutto questo costava anche la vita all’invocatore: per questo era morto Braska, e tale sorte sarebbe toccata anche a Yuna, se avesse continuato il pellegrinaggio.
« Resta con me. Fino alla fine. »
« No... per sempre. »

Non potevo permetterlo. Non avrei mai permesso a Yuna di morire, anche se per una giusta causa. Perché io l’amavo. Questo sentimento si accese tra noi due durante il viaggio, dopo che l’avevo salvata da Seymour. Pensai disperatamente a un modo per salvarla, finché io e gli altri non escogitammo un piano: il legame tra me e mio padre era la chiave, così riuscimmo a indebolirlo con una canzone che a lui piaceva, per poi penetrare nel corpo di Sin per porre fine all’incubo.
Yu Yevon era laggiù. Credeva di essere al sicuro dentro la sua gigantesca corazza, ma si sbagliava. E non era nemmeno un granché come minaccia. La battaglia contro di lui fu breve, ma fu sufficiente per toglierlo di mezzo per sempre. Sin sparì insieme a lui, e mio padre ottenne la pace.
Era giunta la fine. Gli invocatori non dovevano più sacrificarsi inutilmente per alimentare una speranza illusoria. Il ciclo di morte era finito. Spira era salva. Ma il prezzo da pagare per tutto questo fu decisamente alto. Io stesso mi sono sacrificato per salvare un mondo a cui in realtà non appartenevo. Non sono mai stato una persona vera: durante il viaggio scoprii di essere nient’altro che un sogno, frutto dell’immaginazione degli intercessori che avevano creato una Zanarkand illusoria dai resti della città distrutta dalla guerra. La distruzione definitiva di Sin aveva permesso a questi spiriti di riposare da un sogno durato mille anni, perciò non potei fare altro che accettare questa triste sorte. E svanii nel nulla, lasciando Yuna e i miei amici.

A questo punto vorrete sapere che cosa c’è dopo la morte, visto che in pratica sono finito laggiù. Sarebbe inutile spiegarlo... è un concetto troppo complesso, a tal punto che sarebbe più facile spiegare a un lombrico il gioco del blitzball. Vi basti sapere che non era tanto male, poiché ho potuto ricongiungermi con i miei genitori e con Auron (sì, era morto anche lui). Avrei trascorso l’eternità in quel luogo di pace, ma il destino aveva in serbo altri piani per me. Infatti accadde qualcosa a un certo punto... ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.
Il tempo non ha significato nell’Oltremondo. Laggiù ogni istante è lungo come un’era, ma su Spira erano trascorsi nel frattempo due anni. Sin era svanito per sempre, lasciando il posto al Bonacciale Eterno. Eppure il mondo era di nuovo in pericolo a causa di una minaccia sbucata dal passato, e Yuna era tornata in azione per sventarla. Ma il mio grande amore rischiò davvero grosso... un giorno la vidi infatti precipitare nell’oscurità, raggiungendo l’Oltremondo nonostante fosse ancora viva. La salvai ancora una volta, mostrandole una via per riportarla su Spira; ma lei ritornò poco tempo dopo, poiché il nemico si trovava proprio nell’Oltremondo, in attesa di colpire Spira con una macchina pericolosa quanto Sin. E Yuna vinse, trionfando sul nemico ancora una volta. Aveva salvato il mondo di nuovo, anche se con molta riluttanza; era scesa in campo per giocare una partita indesiderata, perché in quei due anni non aveva mai rinunciato a me. Aveva intrapreso un nuovo viaggio nella speranza di riportarmi al suo fianco, ma aveva finito per svelare un mistero che non aveva nulla a che fare con me. Quel nuovo nemico, Shuyin, mi assomigliava parecchio, e questo aveva mandato Yuna parecchio in confusione. Tuttavia meritava un premio per la sua straordinaria performance, così l’intercessore dall’Oltremondo decise di fare il possibile per soddisfare il suo più grande desiderio.
E il sogno divenne finalmente realtà. Mi risvegliai sott’acqua, e quando riemersi in superficie scoprii di essere di nuovo sulla spiaggia di Besaid, là dove era cominciata la mia storia. Un attimo dopo vidi Yuna scendere da una gigantesca aeronave e correre verso di me, abbracciandomi come se non volesse lasciarmi andare mai più. Riuscii a stento a riconoscerla per quanto era cambiata, sia in aspetto che nel comportamento; ma in quel momento non aveva importanza. Ero tornato... ero a casa!
Yuna impiegò l’intera giornata a raccontarmi tutto quello che mi ero perso, senza mai lasciare la mia mano. Erano cambiate un sacco di cose: innanzitutto Spira, libera da Sin e dal culto di Yevon che la opprimeva, aveva ripreso lo sviluppo tecnologico; le città furono ricostruite, finalmente libere di prosperare senza alcun pericolo. Anche i miei amici erano cambiati molto: Rikku era cresciuta un sacco, e non aveva più paura dei fulmini. Kimahri era diventato il nuovo capo della tribù Ronso, e dalla cima del monte Gagazet vegliava su di noi. E Wakka... lui, dopo Yuna, fu quello che riuscì a stupirmi più di tutti, non solo perché aveva sposato Lulu, ma era appena diventato padre!
E Yuna, da fragile e timida invocatrice che avevo conosciuto, era diventata una coraggiosa cacciasfere... una specie di avventuriera in cerca di sfere preziose. Insieme a Rikku e alla loro nuova amica, Paine, avevano formato un bizzarro gruppo, i “Gabbiani”. Ma non farò commenti strani in proposito... dopotutto hanno salvato Spira da questa nuova minaccia. E proprio grazie a questa pace ritrovata e al mio ritorno, Yuna aveva deciso di lasciare i Gabbiani per tornare alla vita tranquilla di Besaid. Avevamo un sacco di tempo da recuperare... e tutta la vita per farlo.

Dopo aver trascorso due anni nell’Oltremondo, in cui il tempo non aveva significato, all’improvviso mi sembrava di vederlo scivolare via come un’anguilla. I giorni trascorsero rapidamente, diventando mesi; nel frattempo ero impegnato a ricostruire la mia vita, quella che avevo lasciato a Zanarkand prima di giungere su Spira. Un anno dopo, ero ormai perfettamente integrato in quella nuova società, che accettavo senza alcun problema. Come ho già detto, erano cambiate molte cose dopo la sconfitta definitiva di Sin. Il mondo, ormai privo di una vera guida, si era diviso in tre fazioni diverse: Neoyevon, la Lega della Gioventù e gli Automisti; questi gruppi erano sull’orlo di una guerra, ma l’intervento di Yuna bastò a calmare tutti e a mettere insieme i pezzi. Ora Spira è governata dalla Triade della Concordia, un gruppo di tre persone composte dai capi di quelle fazioni, Nooj, Gippal e Baralai. Grazie a loro, le tre fazioni lavorano insieme per far funzionare le cose su Spira: Neoyevon offre al popolo una guida spirituale; la Lega della Gioventù fornisce difesa e protezione militare ai centri abitati; gli Automisti lavorano per continuare lo sviluppo tecnologico. Tutto questo accade finalmente senza ostacoli, senza il timore di veder apparire all’orizzonte un mostro gigantesco intenzionato a distruggere tutto.
Quanto a me, avevo cercato di riprendere la mia vita dove l’avevo lasciata. A Zanarkand ero un campione di blitzball, e tornai ad esserlo anche su Spira. I Besaid Aurochs furono lieti di riprendermi nella squadra, e insieme a loro ripresi il mio posto in cima alle classifiche dei campionati. Ora ero l’as dei Besaid Aurochs! E riacquistai la fama, aleggiando su di me come un profumo irresistibile che attirava un sacco di gente. Inevitabile per chi è stato un tempo guardiano della grande invocatrice Yuna, diventando poi il suo fidanzato... ma tutto questo mi stava più che bene. Ero un eroe e una stella del blitzball, e avevo al mio fianco la compagna più straordinaria del mondo... uno come me non poteva desiderare di più.

La mia nuova storia inizia qui, un anno dopo il mio ritorno su Spira. Per la precisione comincia il giorno del nuovo torneo di blitzball. Finalmente l’organizzazione sportiva di Luka aveva bandito la prima edizione della Coppa Jecht, in onore di mio padre. Fui io stesso a consigliarlo, per rendere al mio vecchio tutto l’onore che meritava per aver contribuito a salvare il mondo. Ancora oggi devo ammettere che non fu una competizione facile, perché le altre squadre si erano date parecchio da fare per contrastare le mie capacità. Sta di fatto, comunque, che riuscii a portare gli Aurochs nuovamente alla vittoria, aggiungendo un nuovo trofeo alla loro collezione; e quando l’arbitro fischiò la fine dell’ultimo tempo della finale, non dovetti fare altro che godermi le urla e le ovazioni della folla intorno a me. In mezzo a loro c’era naturalmente Yuna, il cui umile sorriso di gioia era per me la cosa migliore di tutte. Era quello il mio vero trofeo, e nessuno me lo avrebbe più portato via.
Quella sera andai a festeggiare la vittoria in un bar di Luka, con tutta la banda riunita: erano venuti anche i Gabbiani, che tra una missione e l’altra si erano presi una bella pausa per vederci giocare. Rikku si stava scatenando sulla pista da ballo, chiaramente per attirare l’attenzione di qualche baldo giovane. Per la prima volta Yuna non era più al centro dell’attenzione, ma le stava benissimo; non credo che abbia mai sopportato un solo bagno di folla, mentre io c’ero abituato da parecchio. Il bar era pieno zeppo di ammiratori e appassionati di blitzball che non vedevano l’ora di conoscermi: Tidus, il figlio di Jecht, il guardiano di Yuna, il nuovo campione di Spira! Erano tutti lì per me, e io ero troppo su di giri per rendermi conto della verità. Fu solo quando un’ammiratrice fin troppo entusiasta finì per abbracciarmi dopo averle fatto un autografo che me ne resi conto: Yuna, che fino a poco prima era sulla pista a ballare, in un attimo mi aveva afferrato per l’orecchio trascinandomi lontano dalla folla.
«Ehi, ma... che vuoi fare? Lasciami!»
Yuna non rispose, come se non volesse ascoltarmi. Da quella posizione non potevo vederla bene in viso, ma fu sufficiente per capire che era furibonda. Mollò la presa dal mio orecchio solo quando eravamo sufficientemente lontani da quella bolgia, cioè quando arrivammo sulla banchina n.3. Yuna fissò il mare respirando forte, e in quel suo silenzio intuii cosa stava provando.
«Ehi, senti...» cominciai a dire con imbarazzo. «Se è per quella tipa di prima, guarda che non è successo niente... aveva bevuto troppo, si capiva benissimo...»
«Non si tratta di quello» rispose Yuna, la voce terribilmente dura. «Dopo tutto quello che ho passato, figurati se una ragazzina ubriaca possa turbarmi in qualche modo.»
«E allora qual è il problema? In effetti sembri aver sbroccato di colpo. Yuna, ma che succede?»
«Il problema sei tu!»
Si voltò a guardarmi di scatto, ed ebbi un fremito di paura. I suoi occhi erano colmi di lacrime... una cosa che non avevo più visto su di lei da tre anni.
«Guardati» continuò Yuna. «Ti rendi conto di quello che fai? Stai approfittando della tua fama... adori quando la gente ti applaude e ti segue con lo sguardo. Posso capire che ti piace... ma non è quello che piace a me.»
«Yuna...»
Ormai stava piangendo.
«Non mi è mai piaciuto essere celebre fino a questo punto, Tidus... perché credi che viviamo a Besaid? Perché voglio vivere in pace... ma non può essere una pace vera... se tu non vuoi dividerla con me!»
Aveva detto poche parole e versato molte lacrime, ma fu sufficiente per demolirmi completamente. Aveva più che ragione. Negli ultimi tempi mi ero montato troppo la testa: il ritorno alla vita, la mia nuova carriera nel blitzball, la mia notorietà come eroe... avevo mescolato tutto questo per farci una bevanda supergustosa con cui mi stavo ingozzando fino ad ubriacarmi. E avevo finito inevitabilmente per trascurare Yuna; credevo che fosse felice per me, invece sopportava in silenzio, aspettando che me ne rendessi conto. Ma ero cieco, non avevo capito niente.
In quel momento sembravamo due persone diverse. Yuna sembrava una versione più giovane di me, il bambino piagnucolone, mentre io sembravo mio padre nel suo periodo peggiore. Non ero migliore di lui, se facevo piangere la persona più importante della mia vita; il che era tutto dire, poiché non avevo bevuto neanche un po’.
No, non sarei diventato come mio padre. Riconoscere i propri errori è il primo passo in avanti per migliorare. E io, a differenza di mio padre, non avrei voltato le spalle a quel bambino piagnucolone, mi sarei fatto avanti per consolarlo con parole gentili... proprio quello che feci con Yuna.
«Hai perfettamente ragione» dissi avvicinandomi a lei, circondandola con le braccia. «Ma dove avevo la testa? Mi meraviglio di aver giocato così bene, distratto come sono. Be’, sai che ti dico? Credo proprio di essermi svegliato, adesso... o meglio, mi sento un po’ stanco, dopo tutto quel casino che ho dovuto sopportare là dentro. Che ne dici se ce ne andiamo da qualche parte per starcene un po’ in pace? A pensarci bene, è da un pezzo che non andiamo a Macalania, nel nostro posto speciale... potremmo continuare laggiù la nostra serata.»
Yuna alzò gli occhi per guardarmi, e fui lieto di vedere che non piangeva più. E quel meraviglioso sorriso che tanto amavo tornò a illuminare il suo viso candido.
«Mi sembra un’ottima idea.»
Così partimmo, senza avvisare nessuno. Per fortuna sapevamo guidare l’aeronave dei Gabbiani, che ci portò a Macalania in un batter d’occhio. E concludemmo la serata alla fonte sacra, là dove era cominciato il nostro amore. Non aggiungerò altro a riguardo perché la storia è per tutti.
   
 
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