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Autore: kleines licht    01/07/2015    4 recensioni
Dalla storia:
"Ormai aveva capito che respingerlo non sarebbe affatto servito ma non si sarebbe mai aspettato una mossa così rapida, così…veloce. Non si lamentava del bacio in sé, anche se frettoloso, ma ne era rimasto abbastanza sconvolto da non fare in tempo a fare qualunque cosa, finendo per perdere Jensen. E aveva avuto paura: paura di non trovarlo o peggio di trovarlo tra le braccia di una qualunque, come prova schiacciante che era stato un puro caso, che era stato un errore"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jensen non fece altro che fissare il bicchiere di vetro, ormai completamente vuoto. Già completamente vuoto. Non si aspettava che sarebbe finito così in fretta e non si aspettava, per giunta, che avrebbe perso il conto di ciò che stava bevendo in un tempo altrettanto veloce.
Non pensava nemmeno di essere capace di bere così tanto, in così poco tempo. Era quasi sicuro di aver perso il conto almeno un’ora prima, ed era arrivato già allora ai cinque bicchieri. Jensen Ackles, il serio e razionale Jensen Ackles che si ubriacava. Sapeva di inizio di una barzelletta noiosa, quelle a cui nessuno ride mai.
Sapeva che quello non avrebbe cambiato le cose, sapeva bene che l’alcool non aveva risolto il caos che aveva in testa, ma ormai per tutto quello che aveva in testa era uguale: che fosse lucido o ubriaco si sentiva sempre e comunque travolto da cose che non sapeva gestire. Si sentiva vuoto, non sapeva cosa fare e nemmeno come comportarsi. Aveva paura di tutto quanto, ormai, non sapeva cosa fare e non sapeva nemmeno cosa dire.
Forse aveva semplicemente smesso di avere le parole o qualcosa da dire. Per quello che lo riguardava poteva finire tutto lì, punto e basta.
Aveva addirittura pensato di lasciare il cast, aveva pensato che la cosa migliore forse semplicemente andarsene, sparire per sempre e non fare altro che rimanere chiuso nella sua stanza. Okay forse quello era un pensiero esagerato: magari sarebbe rimasto semplicemente chiuso in casa, e avrebbe gironzolato tra la sua stanza e il bagno. E magari anche in cucina, se ne avesse avuto voglia.
L’unica domanda che riusciva ancora a frullargli per la testa era perché. Cosa diavolo gli era frullato per la testa quando aveva deciso di baciare Jared Padalecki?
Okay erano soli, okay erano nel suo trailer e Jared non sarebbe dovuto venire…quando qualcuno vuole rimanere da solo, qualcuno non dovrebbe venire a disturbarti no?! Ma Jared ero uno che persevarava, fin troppo, e faceva sempre di testa sua.
Non avrebbe dovuto comunque buttarsi contro di lui, spingerlo al muro, baciarlo e andarsene. Di tutto quel che aveva fatto, a suo avviso, baciarlo era la peggiore, subito dopo veniva il “sbatterlo poco finemente contro il muro”. Non sapeva che diavolo gli fosse venuto in testa, temeva semplicemente di aver rovinato tutto. Ah, no… ne era sicuro.
E che diavolo doveva fare adesso? Forse avrebbe dovuto direttamente cambiare Stato, Nazione, identità, anche faccia se possibile. Forse dopo tutti quegli anni si era anche stancato di quelle dannate lentiggini…
Le sue dita corsero al bordo del bicchiere, e cominciarono a contornarlo lentamente, annoiate, aspettando solo il momento opportuno per staccarsi e chiedere altro liquido ambrato a riempire quel vetro freddo e tristemente vuoto.
E mentre fissava il niente, alternando lo sguardo sul bancone bagnato e sudicio, la porta si aprì di botto. Normalmente non avrebbe scandalizzato nessuno, se quello non fosse stato un bar poco frequentato, uno di quei posti che ti fanno pensare “no, fa lo stesso, vado da un’altra parte”. Uno di quei posti che Ackles non avrebbe mai scelto, e proprio per quello si era buttato su quello sgabello senza pensarci due volte. Non voleva essere trovato.
Ma ovviamente Jared continuava a perseverare.
E proprio il suo non farsi abbattere, la sua famigerata testa dura, lo aveva portato lì, nonostante avesse i capelli e i vestiti totalmente fradici, a causa della corsa a perdifiato sotto il diluvio che sembrava aver improvvisamente deciso che quello fosse il modo migliore per allagare l’intera città.
Lo aveva cercato ovunque, aveva guardato ogni singolo angolo, e lui ne conosceva parecchi. Per lo più conosceva Jensen, sapeva dove di solito poteva trovarsi, anche se evitava di raggiungerlo. Era una persona attenta, ma malgrado le apparenze sapeva essere discreto: a dire il vero lui stesso  se ne era reso conto solamente quando aveva capito la sua ossessione per Jensen.
Si era scoperto a osservarlo di nascosto praticamente ovunque, senza nemmeno rendersi conto di che cos’altro stesse succedendo intorno a lui. Aveva cominciato ad annullare l’interno universo a favore di una sola e unica persona.
Un uomo.
E lui non era omosessuale! Aveva sempre apprezzato le donne, le loro curve, i loro discorsi…e ne aveva avute così tante che ormai pensava di aver passato qualunque incertezza. Era sicuro che anche per Jensen fosse lo stesso, sapeva che era così. Quante volte si erano ritrovati nelle loro serate “tra uomini”, con una bella birra ghiacciata in mano, a pensare ai vecchi tempi e a tutte le tipe che erano passate nei loro letti?
Appunto. Vecchi di tempi.
Perché di lingerie di pizzo e profumi costosi, Jared, non ne sentiva né vedeva da tempo. E non poteva immaginare che per Jensen fosse lo stesso. Jensen…beh lui dissimulava semplicemente molto meglio di quella sottospecie di gigantor del suo amico: non si faceva beccare a fissarlo, tentava di evitare ogni tipo di contatto, gli stava alla larga, usava la sua solita maschera di indifferenza, da perfetta persona anaffettiva. Lo faceva con Misha. Lo faceva con Osric. Lo faceva con Jared. O almeno ci provava.
Sì, perché il più delle volte quel gigante di due metri si avventava su di lui senza preavviso, esattamente quando cominciava a vacillare su qualche decisione, o era abbastanza stanco da voler chiudere gli occhi e svegliarsi secoli dopo o… o semplicemente quando si sentiva solo e vuoto. Sembrava quasi che Jared riuscisse a capirlo al volo, raggiungerlo e provare a lenire quelle mancanze. E ci riusciva, sempre. Eccome se ci riusciva!
Anche se non lo avrebbe mai ammesso Jensen si sentiva più a casa tra le braccia di Jared che a casa propria, nel proprio letto, nel suo mondo. E non capiva come avesse fatto, o se principalmente il suo cervello si fosse fuso completamente… era successo e basta. Il giorno prima era sano, e il giorno dopo non ci capiva più niente.
Spesso dava la colpa a Jared. Sì, proprio lui. Anche se non lo avrebbe mai odiato e quella “colpa” era solamente formale, era quasi sicuro che il fatto che ultimamente fosse particolarmente giù di corda aveva inciso parecchio sulla sua idea di insieme. Come poteva non vacillare quando stavano assieme ventiquattro ore su ventiquattro, quando non faceva altro che preoccuparsi per lui?!


Era cominciato tutto un giorno normale, c’era addirittura un sole alto e un cielo terso, come non capitava praticamente mai. Non a Vancouver, non in autunno. Jensen aveva alzato gli occhi al cielo, quella mattina, e si era ritrovato a sorridere inconsciamente: fin da piccolo aveva sempre amato le giornate di sole, ed era un tipo piuttosto metereopatico. Non si sarebbe detto, visto che cercava sempre di nasconderlo sotto la maschera da persona seria, posata, responsabile. Solo una persona lo sapeva fin troppo bene: Jared.
In effetti si sorprese non poco di non vedere un suo messaggio, dove magari lo prendeva in giro –come sempre- per quella sua strana empatia con il tempo atmosferico, ma sul momento non ci diede molto peso. “Sarà semplicemente stanco”, si disse più volte senza nemmeno sapere perché. Era come se…come se avesse una strana sensazione, una specie di sesto senso, che stava provando ad avvertirlo che qualcosa non andava. Eppure era sicuro di non aver dimenticato nulla, e anche se non stava andando al lavoro con Cliff lo aveva fatto altre volte, non era certo una novità! Il suo appartamento, inoltre, non distava troppo dal set ed era sempre stata una persona piuttosto salutista. Una stupida routine non rispettata non poteva renderlo così.. ansioso!
Sì perché si trattava decisamente di ansia: sentiva lo stomaco contorcersi ogni attimo di più e l’istinto lo stava quasi obbligando a correre. Si fermò in mezzo alla strada, per tutta risposta, e si concentrò su un punto indefinito, nel verde intorno a lui: che diavolo gli stava prendendo? Un infarto prematuro?! Si tastò il petto, si guardò le mani ma sembrava tutto nella norma. Tutto regolare. Niente fuori posto.
Sospirò profondamente uno, due, tre volte e poi riprese a camminare. Si obbligò a mantenere un passo regolare e tranquillo, ma una volta sul set si ritrovò ad andare verso tutt’altra direzione rispetto al suo trailer e senza accorgersene si trovo a bussare alla porta di Jared. Si trovavano ogni mattina al trailer del trucco, e raramente sentiva l’esigenza di andarlo a disturbare in modo così evidente, di solito si vedevano in macchina e riusciva a sopportare qualche dannato minuto di distanza! “Questa mattina non l’ho ancora visto. Voglio solo controllare che non sia in ritardo” si disse convinto, ma quando non sentì risposta quella stupida convinzione svanì nel nulla.
Non aspetto un istante di troppo e aprì la porta, trovandola sorprendentemente aperta e non chiusa a chiave: significava che Jared era dentro e per qualche stupido motivo non stava rispondendo. Pensò a uno scherzo, a una dannata idea del cazzo di gigantor ma quando i divanetti si rivelarono vuoti la bile cominciò a prendergli la gola.
Deglutì rumorosamente e azzardò un passo in avanti. << Jay? >> chiamò in un sussurro, guardandosi intorno inutilmente: non era sicuramente una persona minuta, e non avrebbe sicuramente potuto passare inosservato.
Il silenzio fu la sua unica risposta mentre i suoi passi lo guidarono verso il bagno. Cominciava a pensare che non lo avrebbe trovato lì, che non avrebbe trovato proprio nessuno quando improvvisamente si tovoò una figura di due metri ferma di fronte allo specchio.
Ne rimase sconvolto: la sua figura, in quello spazio angusto, immobile stonava parecchio con tutto il resto. Si soffermò prima sulle spalle tese, la prima cosa che riuscì a cogliere per poi incontrare i suoi occhi nello specchio. Vuoti.
Vide l’altro sussultare e provare a ricomporsi, inutilmente. Lo sentì dire qualcosa che ricordava molto il suo nome, in un tono e con un accento che non gli ricordavano affatto il suo Jared.
<< Che diavolo sta succedendo? >> domandò senza nemmeno pensarci, senza mezzi termini. La loro amicizia era sempre stata così: sempre diretta, sempre basata sulla sincerità. Il fatto che gli occhi di Jared, ormai voltatosi verso la porta, sfuggissero di continuo a quelli smeraldini di Jensen la diceva lunga.
<< Nulla >> smozzicò semplicemente provando a superarlo ma Jensen non si mosse di un millimetro, continuando a fissarlo intensamente, sperando che decidesse di guardarlo a basta.
<< Non ci credo. >> Lo sfidò con l’aria di chi non ha alcuna intenzione di demordere, a costo di perdere la vita intera dietro una causa giusta. E che causa! Si stava parlando del suo migliore amico, dannazione, di quello che ormai vedeva come un fratello di sangue.
Il silenzio calò sovrano sui due, fino a diventare consistente, asfissiante ma nessuno si mosse. Alla fine Jared si arrese, sospirò profondamente e punto gli occhi vacui, disperati, in quelli del maggiore, in cerca probabilmente di un ancora, di una salvezza. << Non ne ho idea. >> ammise con un filo di voce per poi sentire le braccia di Jensen stringerlo a sé.
 


 
E lì era partito tutto. Un’esperienza che aveva dell’impensabile, soprattutto per chi conosceva Jared e la sua solarità, e che aveva stremato Jensen più di quanto pensasse, per quanto non avesse mai mollato. Da quando avevano capito che quella di Jared era depressione, quella vera, quella che rischia di portarti verso un punto di non ritorno non aveva fatto altro che seguirlo praticamente ovunque. Indipendentemente dall’umore di Jared non aveva smesso un secondo di controllarlo, in tutto: controllava i suoi pasti, il suo sonno, si autoinvitava a casa sua praticamente ogni giorno e non muoveva un passo fuori dalla sua porta se non in sua compagnia. Aveva smesso di vivere per sé stesso e ci era finito dentro fino al collo.
All’inizio era stato qualcosa di silenzioso, vago, ma si era fatto ogni giorno più definito: quello che provava per Jared era diventato mano a mano sempre più chiaro e consistente, sempre più vero. Era stata dura ammetterlo con sé stesso, soprattutto in un periodo per niente leggero, ma aveva capito di amarlo. Amarlo come avrebbe amato una donna, probabilmente la donna della sua vita. E aveva anche capito che nasconderlo era la cosa migliore, per entrambi. Per sé stesso, la sua carriera, il suo mondo e…per Jared, così instabile e sull’orlo del baratro.
Fino a quel pomeriggio, quando la stanchezza lo aveva colto alla sprovvista in un momento di privacy e aveva avuto la geniale idea di baciarlo, così, come se niente fosse! Anche ammettendo di volerlo fare davvero, prima o poi, si sarebbe aspettato un gesto un tantino più raffinato e meno affrettato per Jared. Il loro primo bacio non avrebbe dovuto certo essere così!
E non avrebbe dovuto nemmeno essere contornato dalla fuga a gambe levate di Jensen che, incapace di gestire tutto quello, aveva preferito andarsene.
Non aveva nemmeno sentito la porta aprirsi, tanto era preso dai suoi pensieri, ma sentì chiaramente lo sgabello accanto a sé scricchiolare lamentoso sotto il peso di qualcuno, ora al suo fianco. Sospirò, scocciato, e alzò gli occhi incontrando quelli indefiniti e profondi di qualcun altro. Qualcun altro che conosceva bene, fin troppo bene.
Sussultò in maniera visibile e sembrò quasi accartocciarsi, ritraendosi sul suo sgabello. L’alcool e la sorpresa lo lasciarono senza fiato, e si limitò a schiudere le labbra carnose guardandolo perso.
<< Ackles, quanto hai bevuto? >> domandò Jared, sorridendo appena e addolcendo lo sguardo. Sapeva che Jensen non aveva sospettato nulla, almeno fino a quel momento, e infondo gli era sempre andato bene così: lo aveva fatto preoccupare già abbastanza e non serviva di certo che ci si mettesse anche spiegandogli quel che aveva cominciato a provare.
Pensava sarebbe stata una fase, una stupida conseguenza dello schifo che stava passando, ma più si “puliva” dalla depressione, più quel che provava per Jensen rimaneva e si faceva più forte.
Ormai aveva capito che respingerlo non sarebbe affatto servito ma non si sarebbe mai aspettato una mossa così rapida, così…veloce. Non si lamentava del bacio in sé, anche se frettoloso, ma ne era rimasto abbastanza sconvolto da non fare in tempo a fare qualunque cosa, finendo per perdere Jensen. E aveva avuto paura: paura di non trovarlo o peggio di trovarlo tra le braccia di una qualunque, come prova schiacciante che era stato un puro caso, che era stato un errore.
E invece era lì… si era sentito così sollevato! Certo Jensen ubriaco non era un buon segno ma lo faceva solo se ferito, amareggiato, confuso o spaventato… e se tutte quelle cose erano riferite a lui era un bene. Andiamo significava che provava qualcosa e che non sapeva come gestirlo, ma a quello potevano pensarci assieme! Bastava che ci fosse qualcosa su cui lavorare.
<< Io…che ci fai qui? >> si sentì rispondere da un Jensen fintamente scocciato che tornò a fissare il bicchiere.
<> affermò deciso Jared, costringendo il biondo a guardarlo dritto in faccia per poi baciarlo. Senza preavviso. Perché le cose migliori cominciano senza avvertire.
   
 
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