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Autore: Lisaralin    02/07/2015    4 recensioni
È assurdo, ma le sembra che Abel stia cantando per lei. [...] La musica la sfiora, la prende per mano. In un’altra vita, Jeyne avrebbe danzato al ritmo malinconico di quelle note.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Mance Rayder
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Winter Tales'
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Ballata per una sposa d’inverno

 

Non ha ancora toccato cibo.

Le cucine rigurgitano portate su portate. Stufati, cacciagione, dolci, frutta secca e fiumi di vino dorniano per annegare il tutto, come se non fosse l’inverno in persona a bussare alle porte con le sue dita di ghiaccio. La vecchia Nan scuoterebbe la testa con compassione di fronte a tanto spreco.

Ma è tutto un pietoso inganno. Come il bianco e il grigio degli Stark – fa male pensarlo, ma è l’abito più bello che abbia mai indossato – che si sforzano di nascondere gli occhi troppo castani della figlia dell’attendente. Sono un inganno le spezie, le scie calde e profumate che si levano dai piatti e che non riescono a coprire l’odore acre di decine di uomini, cani e cavalli stipati nelle sale di Winterfell. La puzza di urina, escrementi e sudore, l’odore strisciante della paura di chi si ubriaca per stordirsi prima di una battaglia. Persino le risate hanno un che di forzato, una punta acuta e stridula fin troppo simile a un rantolo di agonia. Un presagio. Domani, tra tre giorni o in un mese il sangue di questi uomini macchierà la neve e il loro ultimo grido si congelerà impotente tra le labbra.

Nel frattempo bevono e dimenticano. Cantano, per sovrastare l’ululato della tempesta.

Jeyne invece prega perché avvenga subito. Stannis o l’inverno, non fa alcuna differenza. Purché il portone crolli e il nemico li inghiotta tutti. Adesso.

Se potesse alzarsi e correre nel cortile innevato, quanto impiegherebbe a congelare? Dicono che non ci si accorga di nulla, che è una morte rapida e senza dolore. Un po’ come addormentarsi.

Si rigira il calice tra le mani. Lo porta esitante alle labbra, una, due volte. È ancora pieno fino all’orlo.

Forse dovrebbe seguire l’esempio di quegli uomini e stordirsi. La battaglia che la aspetta tra poche ore non è meno crudele della loro. Un uomo almeno può portare con sé una spada e un’armatura per difendere la propria vita…

Il calice trema, in un attimo una macchia di vino si allarga a vista d’occhio sulla sua gonna bianca. Si affretta a coprirla con il mantello – che ora ha i colori dei Bolton, e quella figura disgustosa ricamata sopra – e corre con lo sguardo lungo la sala grande.

Lui non si è accorto di niente. Continua a scherzare con i suoi seguaci e compagni e non la degna di uno sguardo come ha fatto dall’inizio del banchetto nuziale. Almeno fino a quando non si ricorderà di reclamare i suoi diritti di marito.

Le dita di Jeyne si conficcano nella stoffa pesante del vestito. Si sforza di fare respiri profondi, perché il sudore sulla fronte e quei puntini sfocati ai margini del suo campo visivo significano che sta per svenire – da bambina le succedeva spesso, secondo Maestro Luwin non mangiava abbastanza carne – e non può, non deve permetterselo. Non davanti a tutta la sala. Non davanti a lui.

Succede a tutte le donne, no? A tutte le lady. È il loro dovere, la loro battaglia. La combattono da che mondo è mondo. E tu sei addestrata, Jeyne. Al contrario di molte, tu sei addestrata.

“Addestratela a dovere.” La voce di lord Baelish si insinua come un fruscio di seta tra i suoi pensieri. “Addestratela a dovere.” L’ha sentita solo una volta, prima che le porte del bordello si chiudessero alle sue spalle, ed è quel sussurro a inseguirla ogni notte negli incubi, ancora più che lo schiocco della frusta e le mani arroganti e sfacciate delle sue tutrici.

“Addestratela a dovere.”

Appoggia la testa allo schienale, chiude gli occhi – per un attimo, un attimo soltanto. Quando li riapre, il suo sguardo corre istintivamente alla ricerca di Theon. Non si è mosso dal suo angolo isolato in fondo a uno dei tavoli. Impermeabile ai suoni e alle risa, curvo su un boccale mezzo vuoto.

Eppure di tutte le persone presenti lui è l’unico che dovrebbe davvero essere qui.

Theon non solleva la testa, non ricambia il suo sguardo. Anche lui è stato addestrato a dovere.

“Bardo, una canzone! Rallegriamo un po’ questa festa!”

La voce imperiosa di Ramsay le strappa un sobbalzo, ma per il momento non è lei l’oggetto della sua attenzione. Ad un suo cenno il menestrello – Abel, le pare si chiami – si fa strada tra la folla di invitati e prende posto a un tavolo centrale, traendo dal liuto un paio di accordi di prova. Prima di iniziare rivolge un breve inchino a lord Bolton, poi a suo figlio, infine si volta a omaggiare lei. E in quel momento Jeyne lo riconosce.

L’inverno sta arrivando anche per lui. Le prime spruzzate di nevischio iniziano a imbiancargli i capelli, ma le linee sottili che gli incorniciano la bocca quando le sorride sono inconfondibili. Come le note che ora sgorgano dalle corde del liuto, accompagnate dalla sua voce calda e appena lievemente roca. Una ballata che la riporta a un’altra Winterfell e un’altra festa, quando le risate non erano stridule e l’inverno incuteva timore solo nelle parole degli Stark.

Era un’occasione speciale, almeno per lei e Sansa. Di rado i menestrelli girovaghi si spingevano tanto a nord lungo la Strada del Re, e la notizia che uno di loro avrebbe cantato al compleanno di Robb aveva scatenato grida di gioia tali che septa Mordane le aveva rimproverate di essere più indisciplinate di Arya.

Quella sera Sansa, sempre la più coraggiosa, si era alzata per chiedere una canzone d’amore; e si erano strette l’una all’altra, il cibo intatto sui taglieri, pronte a viaggiare sulle onde dei sogni e della musica. Avevano trattenuto il fiato ascoltando la storia del giovane lord che racconta alla madre di aver incontrato il suo vero amore nel bosco, al ritorno dalla caccia. Si erano scambiate uno sguardo complice e malizioso quando il lord prega la madre di preparargli il letto, perché sente le forze venirgli meno. La voce del bardo alternava i toni con abilità nel dialogo tra la lady e suo figlio, e la loro immaginazione di fanciulle provvedeva a colmare i retroscena del racconto. L’incontro romantico nel bosco, la passione irresistibile che doveva aver colto i due amanti.

Neanche adesso Jeyne saprebbe individuare il momento preciso in cui una vena malinconica si insinua nella musica e tutto inizia a cambiare. Trema, come aveva tremato allora quando la voce del bardo si spezza nel pianto della madre che riconosce l’ombra del veleno negli occhi malati del figlio. I suoi cani e i suoi cavalli sono già morti sulla via del ritorno, e ormai è troppo tardi per salvare anche lui.

“Questa non è una storia d’amore” aveva protestato Sansa mentre le ultime note si spegnevano nella sala. Il bardo non si era offeso, ma le linee di espressione erano tornate a solcare il suo viso gentile.

“Non tutte le storie d’amore hanno un finale allegro, mia lady.” Poi, quasi a volersi far perdonare, aveva attaccato un motivetto divertente a cui tutta la sala si era unita battendo le mani. Ma la delusione era stata lenta a svanire.

Persa nel ricordo, Jeyne impiega un po’ a rendersi conto che il bardo la sta fissando. Le sue dita non mancano una nota, la voce si intreccia alla musica in un’armonia perfetta, ma gli occhi sono fissi solo su di lei.

D’istinto, Jeyne abbassa i suoi. Mi ha riconosciuta?

No, non è possibile. È stato troppo tempo fa, in un’altra vita, e gli ospiti di Winterfell si non ricorderebbero certo della modesta Jeyne. No, il suo segreto è al sicuro.

Eppure il cuore non cessa di martellare nel petto come se volesse sfondare la gabbia toracica. È assurdo, ma le sembra che Abel stia cantando per lei. Come se non esistessero né i Bolton né i Frey, né gli alfieri del Nord, né gli uomini che bevono per dimenticare il freddo e la guerra. Solo il bardo e la sposa, tra le mura antiche di Winterfell.

La ballata arriva al punto in cui il giovane lord capisce di essere condannato. Si erano lamentate a lungo, quella sera con Sansa. Come poteva la fanciulla del bosco essere così crudele da avvelenare chi la amava? Una strega, ecco cos’era. Una perfida strega.

La voce di Abel è una carezza. La maggior parte dei presenti è troppo ubriaca per prestargli ascolto, ma lui non smette di cantare. La musica la sfiora, la prende per mano. In un’altra vita, Jeyne avrebbe danzato al ritmo malinconico di quelle note.

E per la prima volta si accorge che la ballata tace sulle ragioni della strega. Improvvisamente le sembra un particolare così importante.

I cani e i cavalli muoiono accompagnati dagli arpeggi del liuto. Andava a caccia di cosa, il giovane lord? Jeyne non è stupida. La tengono rinchiusa, ma i muri hanno orecchie e i seguaci di Ramsay non si curano di abbassare la voce quando declamano il fiuto per la caccia del loro signore. Cervi e cinghiali sono prede troppo ordinarie per il suo spirito sempre assetato di emozioni nuove.

La risposta è negli occhi limpidi di Abel, e stavolta Jeyne li incontra senza timore.

Strega è un nome, come Arya Stark. Dietro c’è soltanto una donna che non ha mai smesso di combattere.

L’ultima strofa canta la morte del giovane lord. Il ritmo rallenta, il bardo assapora i versi quasi con voluttà. Il giovane muore maledicendo il suo vero amore, ma la strega ha vinto, Abel le sorride, e per un attimo Jeyne si sente meno sola.

 

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Note: la canzone di Mance è ispirata a Lord Randall, antica ballata inglese, che sicuramente qualcuno di voi conoscerà per averla studiata a scuola XD L’idea per la storia mi è venuta proprio mentre la ascoltavo.

Prima di rileggere i suoi capitoli avevo del tutto rimosso che Jeyne, prima di finire sposa di Ramsay, era stata tenuta in consegna nel bordello di Littlefinger. A proposito dell’”addestramento”, lei stessa durante la fatidica notte di nozze tenta di compiacere Ramsay assicurandogli: “I’m trained”, frase che mi ha fatto sinceramente rabbrividire. Cosa non ha dovuto subire questa ragazza. Pretendo un minimo di riscossa per lei nei prossimi libri!

  
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