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Autore: Thiliol    16/01/2009    17 recensioni
Storia ispirata al bellissimo quadro 'Il Bacio' di Francesco Hayez: in una notte di pioggia una donna dovrà dire addio al suo sposo, forse per sempre; un bacio sarà in grado di parlare più di mille parole.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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il bacio

La donna sedeva immobile accanto alla finestra aperta alla leggera brezza di quella sera di Marzo, non ancora calda ma non più gelida.

Il candelabro a tre bracci, posato sulla cassapanca in rovere scuro, diffondeva una tenue luce rossastra che si mescolava agli ultimi raggi del sole morente.

Si passò una mano agitata sul viso, ad asciugare le lacrime silenziose che per tutto il giorno non avevano cessato di cadere, rendendo i suoi occhi, dal taglio leggermente allungato, rossi e gonfi. Ogni dettaglio in lei rivelava il tormento e l’angoscia che attanagliavano il suo cuore: le pieghe del vestito denotavano il suo continuo stringere con forza la stoffa, quasi a volerne trarne conforto, i capelli, bruni e solitamente luminosi, erano ora opachi e in disordine, con alcune ciocche che prepotentemente fuggivano dall’elaborata acconciatura aristocratica, ricadendole sul viso pallido. Segni bluastri sulla parte superiore degli zigomi non lasciavano dubbi sul fatto che la donna vegliasse ormai da parecchie ore di seguito.

Quando la porta si aprì, cigolando sommessamente sui cardini, si lasciò sfuggire un sussulto, subito accompagnato da un singhiozzo represso.

La donna non si voltò verso la figura ammantata che si ergeva sulla soglia, ma rimase rigida e composta, chiudendo solo leggermente gli occhi, le labbra serrate mentre si mordeva con forza il labbro inferiore; un segno di nervosismo che nessuno, nemmeno l’uomo che la guardava triste, poté scorgere.

Egli si avvicinò piano, tenendo fra le mani un cappello piumato, dalla forgia semplice e poco appariscente, rigirandoselo con fare  insicuro, finché non si trovò perfettamente alle spalle della sua sposa. Sospirò, cercando con tutto se stesso di mantenere un contegno, conscio che un uomo non si sarebbe mai dovuto lasciar andare a simili gesti sentimentali, tuttavia consapevole che quella separazione, forse definitiva, fosse tremendamente dolorosa per entrambi.

< Il mio cavallo è stato sellato > si risolse infine a dire, ma le sue parole si persero nel pesante silenzio dalla stanza.

La fiamma di una delle candele tremolò, creando ombre sul muro di pietra della fortezza.

L’uomo trattenne il respiro, mentre aspettava una risposta, o anche un qualsivoglia cenno di saluto, tuttavia la donna rimase in silenzio, senza voltarsi e senza muovere un muscolo.

Il dolore per la perdita imminente troppo forte da sopportare per una giovane sposa com’era lei, troppo duro anche solo pensare ai lunghi mesi, o forse addirittura agli anni, che avrebbe trascorso in attesa che quella sanguinosa guerra finisse, riportando il suo amato a lei.

Non voleva pronunciare parole di addio, troppo spaventata che quelle si potessero rivelare fatali. Non voleva guardarlo partire, perché se avesse semplicemente atteso lì, davanti a quella finestra, allora si sarebbe potuto pensare che tutto fosse solo un incubo.

L’uomo si chinò lentamente, quasi a voler prolungare quel momento di distante intimità all’infinito, perfettamente a conoscenza dei sentimenti dalla moglie, gli stessi sentimenti che animavano il suo cuore. Eppure sentiva che lei ne aveva bisogno, che per quanto si rifiutasse di salutarlo e persino di guardarlo un’ultima volta, un contatto tra di loro era giusto e inevitabile.

Posò un bacio leggero sul suo collo nudo, incastrato tra il pizzo dell’abito e la seta dei capelli, lasciandole una scia ardente di desiderio.

La donna mantenne gli occhi chiusi mentre i passi dello sposo si allontanavano con quell’incedere sicuro che lo connotava, per riaprirli solo nel momento in cui sentì la porta chiudersi alle sue spalle e i passi risuonare ora nei corridoi semideserti.

Il sole era ormai scomparso dal cielo, lasciando il posto a un crepuscolo insolitamente scuro, aiutato dalle nubi grigio fumo che iniziavano ad ammassarsi minacciando un furioso temporale. Eppure la pioggia si faceva attendere: solo lei piangeva la partenza dell’amato.

Si chiese se e quando l’avrebbe rivisto, quanto tempo quella guerra avrebbe separato quelle due parti di una stessa mela.

L’angoscia, il terrore e tutti quei sentimenti che cercava strenuamente di dominare e nascondere l’assalirono in un impeto furioso, accompagnati nella loro roboante potenza da un lampo che squarciò le nubi.

La donna scattò in piedi e il tuono che seguì il lampo l’atterrì, nonostante se l’aspettasse, perché il tuono seguiva sempre i fulmini.

Si lanciò fuori dalla sua stanza buia, correndo fra i corridoi illuminati solo a tratti dalla luce provocata dal temporale, mentre il rombo dei tuoni accompagnava il battito impazzito del suo cuore. I capelli che ancora le rimanevano compostamente imbrigliati nell’acconciatura si sciolsero definitivamente, lasciando che le trecce elaborate rimanessero solo una vaga apparenza.

Scese spasmodicamente le scale, senza tenersi al corrimano, quasi fosse impazzita. Il fiato le mancò per quello sforzo atletico a cui non era abituata, lei che era sempre stata trattata come una bambola di porcellana, bianca e fragile, e che in quel momento si sentiva proprio a quel modo.

Arrivata nella sala che, con i suoi tappeti rossi, le sue candele e i suoi arazzi, faceva da ingresso a quel solitario castello di campagna, si guardò intorno.

Lui era lì, già quasi sulla porta, il mantello sulle spalle e il cappello piumato sul capo, come l’eroe di un antico poema, quell’eroe che rinuncia a tutto pur di combattere per il suo signore, quell’eroe che amava unicamente le armi e le nobili gesta. Ma quest’eroe amava anche lei, quella donna per cui avrebbe rifuggito la guerra se avesse potuto, ma a cui le regole e l’onore non permettevano una simile scelta.

Quest’eroe avrebbe voluto non partire, ma doveva farlo. Eppure continuava a indugiare, sperando che la sua amata gli rivolgesse quell’ultimo sguardo di cui anche lui, a dispetto dell’onore e delle regole, aveva bisogno.

E quando la vide, pallida e ansimante, correre verso di lui, allargò le braccia per poterla accogliere in quel rifugio che entrambi agognavano.

La donna si gettò tra le braccia aperte del suo sposo, del suo unico e vero amore, quell’amore che, mai come in quel momento, rischiava di perdere, i singhiozzi irrefrenabili e i tuoni che scandivano ancora i battiti del suo cuore.

Avrebbero voluto rimanere così per l’eternità, ma l’uomo sciolse l’abbraccio, la paura di non riuscire più ad andare via troppo forte per affrontare una simile tentazione.

Distolse lo sguardo dal viso sofferente di quell’amore che non voleva assolutamente lasciare, ma a cui era costretto a dire addio e si avviò verso la porta.

Allora la disperazione, quella pura e profonda, quella che impedisce il pensiero e che lascia spazio solo alle azioni più folli, si impossessò di lei.

Si aggrappò a quel suo eroe con forza, con desiderio e prepotenza, cercando avidamente le sue labbra, il conforto di quel tocco morbido e sicuro.

Le trovò e vi si immerse con tutta se stessa, dimentica dei tuoni, dei lampi, delle candele, di tutto ciò che la circondava, conscia solo del suo sposo che, con un piede già sulla soglia, rispondeva al bacio.

Inclinò la testa da un lato, abbandonandosi alle sue possenti braccia, a quelle spalle che tante volte l’avevano stretta e sorretta.

L’uomo chiuse gli occhi, gustando appieno quel momento, il sapore dolce di ciliegia che imperniava la lingua e le labbra della sua amata, quel sapore che gli sarebbe mancato ogni istante del suo tetro e incerto futuro.

Con una mano le alzò il viso, per poter approfondire quel bacio che rischiava di intaccare ancora più profondamente la sua sicurezza. Avrebbe dovuto interromperlo, o non iniziarlo affatto, invece lo prolungò ancora, interminabili minuti in cui l’uno si perdeva nella bocca dell’altro, in cui non esisteva nulla se non la mano di lei sulla sua spalla e quella di lui sul mento diafano della dama.

E poi un altro tuono, più violento dei precedenti, fece tremare le mura, riportando i giovani sposi alla triste e tragica realtà, interrompendo quel loro ultimo bacio.

L’uomo volse il viso verso la notte, per poi compiere quei passi che lo portarono fino al suo destriero, il fedele compagno che l’avrebbe accompagnato verso l’ignoto.

La donna rimase in quella posizione di supplica, leggermente protesa in avanti con le braccia allungate verso l’oscurità dove un rumore insistente di zoccoli portava via il suo amato.

Ora anche il cielo piangeva.

   
 
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