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Autore: genesisandapocalypse    02/07/2015    5 recensioni
Gli occhi di Luke sono vitrei, nascosti da una nube di pensieri e ricordi. Dice di aver superato tutto, ma nessuno ci crede, Eloise per prima, che riuscirebbe a mettere da parte il suo odio colossale per Michael Clifford, se potesse aiutare.
Essere scappata nell’università al centro di Sydney è stata un po’ una salvezza, per Gioia. E che lo sia pure per qualcun altro?
Ashton ha perso fiducia nelle donne da tempo e scorbutico com’è, riesce a togliersele di mezzo, ma ogni tanto sa anche essere gentile.
A Cardiff c’è stata per soli tre anni, Eva, abbastanza per tornare a Sydney con qualcosa di troppo e far rimanere secco Calum.
E Scarlett, non sa bene come, finisce più spesso in quel bar che in camera propria.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo
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Home is wherever I am with you.

GRAZIE.
 
“Dobbiamo essere grati alle persone che ci rendono felici, sono gli affascinanti giardinieri che rendono la nostra anima un fiore.”
“Dicendo “grazie” tu crei amore.”
 
È lunedì e, sebbene non aveva nessuna voglia di alzarsi dal letto, Gioia è comodamente - per modo di dire - seduta sul muretto graffiante del cortile dell’università, mentre tiene gli occhi castani sulle figure lontane degli amici, che ridono e scherzano.
Li odia, un po’. Sarà per la mente chiusa o per averla portata a decidere tra loro e Luke, sapendo benissimo che, con il suo senso da crocerossina, avrebbe scelto solo e soltanto quest’ultimo, visibilmente bisognoso di affetto.
Sbuffa, si passa una mano fra i capelli mori e si guarda attorno, fino a che non scontra lo sguardo con una figura alta e snella, che le sta venendo in contro a passo svelto. Man mano che diventa più nitida, Gioia riconosce il viso di Luke, lo sguardo rivolto verso di lei e la bocca schiusa da cui esce il fiato, probabilmente affaticato dalla piccola corsa che sta facendo.
Si alza velocemente, passandosi le mani sui jeans scuri, come se se li fosse sporcati, e muovendosi con agitazione sul posto. Non lo vede da due giorni, e l’ultimo saluto non è stato dei migliori.
«Gioia!» grida questo, a pochi passi da lei, come a voler assicurare che si sta avvicinando a lei e a nessun’altro.
Gioia ammicca un sorriso, si stringe nelle spalle fine e aspetta che il ragazzo gli arrivi di fronte, il fiato pesante e lo sguardo fisso su di lei.
«Ehi, Luke,» fa un cenno con la mano e vede quest’ultimo accennare un sorriso, mentre si passa una mano tra i capelli, partendo dalla nuca.
«Tu, uhm, come stai?» le chiede, il tono esitante e gli occhi che girano per il cortile, guardando tutto tranne lei. Si morde il labbro inferiore e aspetta paziente la risposta.
È che, una volta realizzato ciò che ha fatto, si è sentito davvero male. L’ha lasciata sola su una panchina, dopo un bacio - se così si più chiamare - e non l’ha chiamata il giorno dopo, spiegandole l’accaduto.
Già è strano che lei gli stia parlando, senza evitarlo, urlargli contro o qualcosa del genere.
«Tutto bene, grazie, e tu?» anche lei è titubante, ha paura delle possibili reazioni del ragazzo è spera solo che sia migliorato, dall’altra sera. Ora che sa la storia è ancora più decisa di prima ad aiutarlo.
«Bene,» risponde secco, prima di schiarirsi la gola. Si gratta la nuca, poi porta gli occhi su di lei e sospira, socchiudendo le palpebre.
«Senti, io volevo chiederti scusa per l’altra sera, ho fatto un casino e..»
«Non devi scusarti - Gioia fa un passo avanti, posandogli un dito sulle labbra e bloccando il discorso che stava per uscirne - io, sì, insomma, so tutto. Eloise mi ha raccontato e non hai nulla di che scusarti, devi solo stare tranquillo,» sorride, osservando il ragazzo rabbrividire sotto il suo tocco e ritirando la mano.
«Eloise ti ha..? Uhm, invece sì, devo scusarmi. Non sarei dovuto scappare così, ho rovinato tutto.»
«Non hai rovinato assolutamente nulla, Luke - la ragazza scuote la testa, decisa - è stata normale come reazione, eri sconvolto, posso solo immaginare i pensieri che hai avuto per la testa. Davvero, Luke, non scusarti, è tutto ok.»
«Sì, ma sono stato io a invitarti, io a baciar.. uhm, insomma.»
«Fa niente, davvero - Gioia alza le spalle, sorride al rossore delle guance di Luke all’ultima frase - ci andremo piano, d’accordo? E non succederà nulla fino a che non sarai pronto,» gli accarezza una guancia con delicatezza.
«Vorresti dire che..»
«Non ti abbandono, esatto.»
È lì che Luke la prende di sorpresa, slanciandosi fino a circondarla con le braccia, stringendola a sé con forza quasi soffocante. Nasconde il viso nell’incavo del suo collo, mentre la ragazza ricambia, a metà tra lo stupito e il felice.
«Grazie.»
 
Eloise è comodamente seduta sul proprio divano, la televisione accesa sulla seconda stagione di Misfits, una delle sue serie TV, e il cellulare al suo fianco. Gioia - con cui si è scambiata il numero giusto il giorno prima - le ha scritto, dicendole che ha parlato con suo fratello e che va tutto bene.
È così felice, Eloise, di come Gioia si stia prendendo cura di Luke. Non ha mai da ribattere, sebbene le sue stranezze, ed è stata più che disponibile a venire a chiedere spiegazioni, dopo che è stata mollata senza motivazione.
Non si è lasciata prendere dalla rabbia, o dall’umiliazione. Ha semplicemente capito che qualcosa non andava, scorgendo negli occhi chiari del ragazzo quel tormento disperato.
È questo che le piace di lei, non giudica all’apparenza. E poi è evidente che si è presa una cotta per suo fratello, sebbene lui ancora non le abbia mostrato il meglio di sé stesso; però ricambia anche lui, lo vede dagli sguardi che le lanciava, qualche giorno prima, quando l’ha fermata per pranzo.
Suonano al campanello e, sebbene la puntata sia troppo bella, lei è costretta ad alzarsi e ad andare ad aprire, proprio perché è sola in casa.
Apre la porta e rimane bloccata sul posto, appena gli occhi di giada di Michael si scontrano con i suoi. La scena del giorno prima le torna in mente, così come una sola ed unica parola: patetica.
È stata davvero patetica, ad andare da lui a chiedere del sesso, per sfogo.
«Ciao,» borbotta, imbarazzata, mentre sente le sue guance colorarsi di rosso. Solitamente gli ringhia contro, trasmettendogli tutta la rabbia nei suoi confronti, ma dopo la scenata del giorno prima poco ne ha voglia, risulterebbe ancora più ridicola.
«Ehi, come stai?» Michael sorride, sebbene sia visibilmente colpito dalla strana carineria della ragazza. Tiene la mano ben dietro la schiena, mentre l’altra è infilata all’interno della tasca della giacca di jeans.
«Bene,» risponde, secca, e ok che si sente in dovere di mostrarsi più docile, ma non fino al punto di chiedergli a sua volta se stia bene o meno.
Michael si morde il labbro inferiore, mossa ben seguita dallo sguardo gelido della ragazza, poi porta in avanti la mano che stava nascosta dal suo corpo e le porge una scatola di cioccolati, sorridendo candidamente.
È davvero strano il modo in cui Michael cambia a seconda dei momenti, quand’è con lei. Una volta spavaldo, l’altra gentile, l’altra ancora arrogante.
Eloise li prende, sussultando leggermente sul posto appena capisce che sono gli stessi che le comprava ogni qual volta stesse giù di morale, quando stavano insieme.
«Ho pensato che non deve essere un bel periodo per te - si stringe nelle spalle e le accarezza il viso con lo sguardo - quindi, beh, ricordo ti piacevano, no?» chiede, si infila entrambi le mani in tasca e si dondola sui talloni.
Eloise annuisce, senza la voglia di dire nulla.
È toccata dal gesto del ragazzo. Non il primo, certo, sono anni che le porta regali in ogni dove e in ogni quando, ma dopo il giorno prima pensava la volesse evitare ancora per un po’, invece ha capito quanto stesse male e le ha portato dei dannati cioccolatini.
«Non devi per forza ringraziare, so quanto sia dura per te,» si lascia sfuggire una risatina, stringendo di poco gli occhi chiari. Ed è così, infatti, lui sa quanto è dura per Eloise ringraziarlo.
Non ringraziare in generale, non è poi così orgogliosa, ma ringraziare lui.
«Quindi, beh, io vado,» ed è pronto ad andarsene, le dà le spalle, ma non fa in tempo a scendere lo scalino che una mano gli circonda il polso, bloccandolo.
«Io, uhm.. - Eloise si schiarisce la gola - mi alzava il morale il fatto che mi stessi vicino, non che mi dessi i cioccolatini, Michael,» dice, in un sussurro.
Il ragazzo si gira, gli occhi sgranati e una strana sensazione allo stomaco.
«Cosa stai tentando di dirmi?»
«Che, uhm, magari potresti rimanere a farmi compagnia,» alza le spalle e dice ogni parola senza guardarlo, poi ammicca un sorriso, subito ricambiato dal tinto.
Michael si avvicina a lei e annuisce. Sente il cuore corrergli nel petto e una strana felicità. Lo sta davvero invitando a stare un po’ con lei? Gli è difficile crederci, ma appena la ragazza entra in casa e lascia la porta aperta, Michael si accorge che sì, lo sta lasciando entrare.
E no, non solo in casa.
 
Lo trova piegato sulla macchina, intento a ispezionare il motore, probabilmente per capire il problema. La fronte aggrottata per la concentrazione e del leggero sudore posato su di essa brilla alla luce del sole.
Si schiarisce la voce per attirare la sua attenzione. Gli occhi scuri di Calum si fiondano su di lei, un guizzo di sorpresa li trapassa.
«Ciao.»
«Che ci fai qui?» il tono freddo e scorbutico ha il potere di farla indietreggiare di qualche centimetro.
«Sono venuta a trovarti, sempre se non ti disturba,» borbotta, osservando gli occhi scuri del ragazzo, e non solo di colore, abbassarsi sul proprio lavoro. Uno sbuffo esce dalle labbra piene di Calum e, Eva, capisce di non essere desiderata.
«Come vedi, sto lavorando, quindi sì, mi disturba,» le soffia contro, non degnandola nemmeno di uno sguardo. Eva annuisce, decisamente delusa, e ammicca un sorriso di circostanza, prima di girarsi per andarsene.
È che, davvero, lei pensava che stesse migliorando, qualunque cosa ci fosse tra loro due. Quel pomeriggio è stata solo una presa in giro? Era solo impietosito? Era così sicura che fosse passato il momento di scazzo, e invece..
Ci sperava davvero.
Che cazzo stai facendo?, si dice, appena a un passo dal marciapiede. Aggrotta la fronte, un’innata rabbia la avvolge e, di colpo, chiude le mani a pugno. Nemmeno ha il tempo di capire cosa sta per fare, che si ritrova a dare uno spintone a Calum, che preso alla sprovvista indietreggia e sbatte sulla macchina.
«Ma che caz-?»
«Mi dici che ti prende? Sei bipolare per caso? Prima sei tanto carino e poi ridiventi freddo e scorbutico? - gli grida contro, dandogli un’altra spinta - Cristo, Calum, mettiti d’accordo con te stesso, perché così incasini gli altri!» è davvero arrabbiata.
Non è una che la fa passare liscia facilmente e ora si sente presa tremendamente in giro.
«Ma sei fuori? Dannazione, ti pare il caso?» urla Calum di conseguenza, mettendosi dritto e riprendendo il controllo della situazione.
«Io sono fuori? Ma ti senti? Sembri un cazzo di bipolare. Deciditi, Calum, prima sei tutto buono e carino e poi torni stronzo! Mi dici che ti prende?» Eva cerca di dargli un’altra spinta, ma Calum gli blocca prontamente i polsi, avvicinandosi a lei fino a sfiorarle il naso con il proprio.
«A me che mi prende? E tu? Come osi venire qui a trovarmi, eh?»
Eva si infervora, le guance si arrossiscono dalla rabbia, si spinge più contro il ragazzo.
«Pensavo che ti fosse passato il momento di scazzo, diamine!»
«Non mi passerà mai! Che cazzo ti credi? Sei tornata qui dopo tre fottutissimi anni, dove non ti sei fatta né sentire, né vedere - è arrabbiata, la vena sul collo inizia a pulsare - niente di niente, sei sparita, tornando con un cazzo di ragazzino in pancia, che ti pensi? Che ero qui, pronto ad accoglierti a braccia aperte?» sbraita, Eva ha quasi paura che qualcuno si affacci per tirargli una secchiata fredda addosso.
«Ancora con questa storia? Pensavo l’avessi superato. E Calum, cazzo, ci eravamo lasciati, potevi ricostruirti una vita anche tu!» cerca di dimenarsi dalla sua presa che, però, aumenta soltanto.
«No che non potevo!»
«E cosa cazzo te lo proibiva, eh?»
«Il fatto che ti amassi ancora, stronza!» urla, prima di rendersi conto di ciò che ha detto. La lascia, gli occhi spalancati che cadono al pavimento. Indietreggia di qualche centimetro, sotto lo sguardo stupefatto della ragazza.
«Cosa?»
«Niente.»
«Tu mi hai continuato ad amare?» e lei?
«È diversa la situazione.»
«A me sembra che tu abbia detto così.»
«Senti, sta zitta, non puoi capire,» si gira, prima che Eva gli acchiappi un braccio, facendolo girare di scatto.
«Vaffanculo, Calum, dimmi che cazzo intendevi e non scappare come un idiota.»
«Non è ciò che hai fatto te?»
«Smettila con questa storia, dannazione!»
«E come faccio? La tua fottuta assenza mi ha tormentato per tre anni!» grida, fuori di sé.
«Ti ho già detto che mi dispiace, che altro posso fare?»
«Niente, non puoi fare niente.»
«Mi vuoi spiegare che intendevi, ora?»
«No, te ne vai? Devo lavorare!»
«Finiscila di cacciarmi, non me ne vado da qui fino a che non mi dici che cosa intendevi!» e Calum decide, allora, che se non riesce a dirglielo, almeno glielo fa capire.
Si slancia, afferrandola dal viso, e unisce le loro labbra in un bacio disperato, voluto per forse troppo tempo. Eva spalanca gli occhi, presa alla sprovvista, mentre sente tremare il ventre. Si lascia andare al momento, una strana agitazione che la colpisce.
Da quant’è che non assaggia quelle labbra? Sono state sue per cinque anni e ora, dopo altri tre, ne risente il sapore. È così distruttiva, come cosa.
Trema da cima a fondo, si spinge verso il suo corpo ma, appena gli tocca le spalle, lui si ritrae, fino ad allontanarsi di qualche metro.
«Ecco, ora puoi andartene.»
«Stai dicendo sul serio?»
«Sì, vattene Eva.»
«Ma-»
«Ho detto che te ne devi andare!»
«Vaffanculo, Calum, io l’ho detto che sei bipolare.»
È così che lo lascia da solo, ma ad essere confusi sono entrambi.
 
Scarlett guarda Andrea con occhi tristi, mentre gli stringe le mani.
«Mi mancherai,» sussurra, sebbene il vociare della gente presente in aeroporto non la aiuti. Andrea, comunque, sorride, avvicinandosi a lei e facendo scontrare i loro nasi.
«Sì, anche tu mi mancherai, tantissimo,» borbotta, dandole un bacio a stampo. Insomma, non si vedranno per un paio di mesi, giusto per prepararsi al matrimonio, e Andrea non sa se è pronto a lasciarla nuovamente per lavoro.
Non avrebbe mai pensato che per assicurare un futuro a entrambi avrebbe dovuto fare un sacrificio così grande. La distanza non è affatto uno scherzo, l’assenza si Scarlett, ogni sera, gli divora l’anima.
«Ti amo,» le sussurra, prima di baciarla nuovamente, questa volta con più ardore.
«Anch’io,» dice lei, staccandosi.
Si guardano un’ultima volta, prima che il ragazzo si giri, pronto a tornarsene a lavoro.
Scarlett lo guarda mentre cammina verso il check-in, si morde il labbro inferiore e aggrotta la fronte, perché dovrebbe essere triste, probabilmente in lacrime, non lo rivedrà per tanto tempo, eppure non sente nulla.
Forse una piccola stretta al petto, ma niente di più.
Sospira, si gira e, velocemente, se ne va dall’aeroporto. È ancora presto, sono giusto le otto e mezza di sera e la notte è giovane, no? Forse è per questo che, come di routine, il Nirvana appare di fronte ai suoi occhi qualche minuto di camminata dopo.
Quasi si sente in colpa, ha appena lasciato il suo ragazzo in partenza per andarsene da Ashton, ma scaccia via ogni pensiero ed entra, aspirando il solito odore di paste che invade il locale. Il ragazzo, del resto, le sorride. Non c’è più traccia di stupore nel suo sguardo, come se si aspettasse già una sua visita; ma alla fine passa più tempo con lui che a casa propria.
«Scarlett,» la saluta, uscendo dal bancone e attirando persino l’attenzione dei suoi amici, seduti sugli sgabelli di fronte a lui. La guardano attenti, ma lei ci fa poco caso, troppo impegnata a sorridere ad Ashton, che la stringe in un abbraccio caloroso.
«Dio, come stai?» le chiede, la mano che è finita sul fianco di lei e non sembra intenzionata a togliersi. Scarlett si stringe nelle spalle, poi allarga il sorriso e scontra i loro occhi.
«Sì, è tutto ok, e te?» Ashton le accarezza il fianco e si soffia via un riccio da davanti gli occhi, ma senza risultati, al che la mano di Scarlett scatta come con volontà propria, tirando via quel ciuffo e facendolo sorridere.
«Ora decisamente meglio,» ammicca, sghignazza al rossore sulle guance di Scarlett, facendole arricciare il naso piccolino.
«Dai, vieni, ti posso offrire qualcosa?» le circonda la vita con il braccio, osserva i clienti al lavoro, che è davvero poco, e la fa accomodare a un tavolino, sedendosi a sua volta.
«Offrire magari no, vendere sì. Una bella cioccolata calda non fa mai male, no?» alza un sopracciglio, guardandolo alzarsi di scatto, annuendo e sghignazzando.
«Tanto lo sai che non ti faccio sganciare un soldo,» le dà le spalle, ridendo allo sbuffo irritato della ragazza.
«Potrei essere definita una ladra, per colpa tua, Ashton!» il nominato fa finta di non sentire, ridacchia nuovamente sotto gli occhi degli amici mentre, con più amore del normale, prepara la cioccolata, aggiungendoci della panna.
Scarlett sorride per un attimo, prima di abbassare i propri occhi sulle mani e sussultare, appena nota che porta ancora l’anello. Si guarda attorno, prima di sfilarselo e infilarlo nella borsa,  sperando vivamente che nessuno abbia visto.
«Tutta per te,» le dice Ashton, posandole la cioccolata di fronte al viso.
«Anche la panna?»
«Ovviamente.»
«Così mi farai ingrassare,» scherza, prima di prenderne un enorme sorso, chiudendo gli occhi per assaporarla meglio.
«Dio, sei così bella,» sussurra Ashton, facendole sgranare gli occhi. Scarlett quasi si strozza, posa la tazza sul tavolino in legno e lo guarda; il ragazzo si lascia sfuggire una risatina divertita.
«Cosa?»
«Sei tutta sporca - la grassa risata del ragazza inonda il locale, prima che Scarlett, imbarazzata, si porta il fazzoletto alle labbra - dà qua, faccio io,» e prima che possa dire qualcosa, glielo strappa dalle mani e, con cura,  glielo posa sul viso. Scarlett arrossisce, è più forte di lei. Insomma, le dita di Ashton le sfiorano il viso, mentre lui è così vicino da metterla in imbarazzo.
«Adesso mi dici cos’hai detto?» chiede, appena posa il tovagliolo.
Ashton si schiarisce la voce, poi punta gli occhi decisi e ammiccanti nei suoi.
«Ho detto che sei bella,» ripete, poggiando le braccia sul tavolino.
«Oh, io, hm, grazie, anche tu non sei male.»
«Bene, se io ti trovo carina e tu mi trovi carino, possiamo uscire di nuovo, tu che dici?» ride, Scarlett si sente andare a fuoco.
«Oh, io, hm, non.. - borbotta, titubante; poi ci ripensa - sì, ci sto!» si stringe nelle spalle, poi gli sorride calorosamente.
Perché le piace così tanto sentirsi in colpa?
 
***
Ehilà,
come va?
Scusatemi, come sempre, del ritardo così assoluto, ma è davvero complicato trovare un momento per scrivere, tra studio e uscite.
Comunque, eccoci con Luke e Gioia, lui che le chiede praticamente scusa e lei che non lo lascia solo.
Abbiamo Michael che va a trovare Eloise, regalandole dei cioccolatini ed ecco che la ragazza mette una tregua. Durerà?
C’è un bel bacio tra Calum ed Eva, dopo una furiosa lite che, ovviamente, non è finita. Che sia bipolare sul serio?
Infine, Andrea parte ma Scarlett non è poi così triste e, come da routine, finisce al Nirvana. Ashton parte subito all’attacco, chiedendole di uscire, e lei accetta.
Scusate, ora scappo, ma spero vi piaccia.
Bye bye,

Judith. 
  
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