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Autore: Tigre Rossa    02/07/2015    3 recensioni
‘Tornerò da te, amore mio. Te lo prometto.’
Sfioro la sua guancia per quella che, lo so, sarà per lungo tempo l’ultima volta.
Il mio piccolo mezzuomo chiude gli occhi e, perdendosi in quella carezza fugace, mi stringe la mano tra le sue, cercando di far durare quel flebile contatto il più a lungo possibile, prima che l’oblio ci separi.
‘Sai che non puoi fare una promessa simile, Thorin.’
Sussurra, la voce spezzata di chi ha smesso di sperare.
Incapace di sentirlo parlare in questo modo, gli sollevo delicatamente il mento con due dita ed aspetto che riapra esitante quei grandi occhi blu di cui mi sono innamorato.
‘Posso, invece.’
Mormoro dolcemente, affidandogli il mio giuramento.
Non lo perderò, non più, mai più.
‘Tornerò, Bilbo. Dovessi metterci mille secoli, tornerò da te.’
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Reincarnation AU-Bagginshield
Genere: Angst, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Bilbo, Thorin Scudodiquercia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
 


I legami che ci vincolano a volte sono impossibili da spiegare
ci uniscono anche quando sembra che i legami si debbano spezzare
certi legami sfidano le distanze e il tempo e la logica
perchè ci sono legami che sono semplicemente destinati ad esistere!
- Grey’s Anatomy
 
 
 
 
“Dunque, questo è lo hobbit.”
 
 
“Tu. Cosa credevi di fare? Ti sei quasi fatto uccidere.”
 
“Thorin, io . . .”
 
“Non ti avevo detto che saresti stato un peso? Che non saresti sopravvissuto alle Terre Selvagge? Che non c'è posto per te tra noi? Non mi sono mai sbagliato tanto in vita mia.”
 
 
“Tu sei cambiato, Thorin.”
 
“Tu non venirmi a parlare di lealtà.”
 
 
“Bilbo . . . Sei qui, sono contento. Voglio separarmi da te in ... amicizia.”
 
“Non andrai da nessuna parte, Thorin. Tu vivrai.”
 
 
“Addio, mastro scassinatore.”
 
 
“No! No, no, no! Thorin! Thorin, non lasciarmi! Thorin! No, tieni duro Thorin, tieni duro. Vedi? Le aquile. Le aquile. Le aquile sono qui. Thorin! Io . . .”
 
 
 
“Signor Bilbo? Sta bene?”
 
Quella voce, gentile e familiare, mi trascina via dai miei pensieri e mi riporta quasi crudelmente alla realtà.
 
Sbatto le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco il viso confuso del mio buon Ham, che mi osserva quasi con apprensione, le cesoie ancora in mano e le guance sporche di terra.
“Io . . . si, certo.” mi affretto a dire, passandomi una mano sugli occhi con fare stanco.
Il sopracciglio del mio giardiniere si solleva così tanto da raggiungere quasi l’attaccatura dei radi capelli biondi “Ne è sicuro? E’ quasi mezzora che fissa il vuoto, ed è abbastanza bizzarro anche per lei. . .” si blocca e le orecchie gli diventano rosse, mentre si affretta a porgermi delle maldestre scuse, che però rifiuto con un sorriso.
“Non si preoccupi, Ham, non c’è bisogno di scusarsi.” dico tranquillamente, per nulla urtato da quel commento. So di essere considerato strano da più di tre quarti delle persone che mi conoscono, ma ciò non mi disturba particolarmente. E’ il minimo, quando si vive di parole e si trascorre la maggior parte del proprio tempo in giardino, con l’unica compagnia di un portatile e di qualche quintale di tazze di the. “Stavo ... pensando.”.
Ham annuisce, le orecchie ancora rosse come pallidi pomodori, e si solleva da terra spazzolandosi i pantaloni “A che cosa, se posso chiedere?” domanda spontaneamente.
Mi mordo l’interno della guancia, incerto su cosa dire.
“Ecco . . . a un sogno ricorrente, ad essere sincero.”.
Aggrotta le sopraciglia, confuso “Un sogno ricorrente?”.
Annuisco, e dopo un attimo di esitazione riprendo a parlare, nel quasi ansioso desiderio di togliermi finalmente quel peso di dosso.
 
“Continuo da un po’ di tempo a fare lo stesso sogno. Sogno sempre un uomo, un uomo basso, dai lunghi capelli scuri e dagli occhi penetranti, color del ghiaccio. Un uomo che, in qualche modo . . . mi accende qualcosa, qui, nell’anima. Quest’uomo mi scruta con attenzione girandomi attorno, mi sorride – e Dio, quanto mi fa male solo il pensiero di quel sorriso-, mi stringe con forza a sé in un abbraccio caldo e rassicurante, mi guarda con dolore e delusione nello sguardo. E poi eccolo, improvvisamente, è steso su una lastra di ghiaccio, immobile, il petto lacerato, il volto macchiato di sangue, del suo sangue, gli occhi fissi nei miei. Io sono lì, al suo fianco, e lo vedo morire di fronte ai miei occhi, la sua mano stretta nella mia. E ogni volta mi sento come . . . come se una parte di me mi fosse stata strappata via, capisci? Non so chi sia quell’uomo, eppure so che è importante. Lo so. Lo sento dentro.”
Mi porto una mano al cuore, e attraverso la stoffa leggera della maglietta posso avvertirne il battito accelerato. Me la faccio ricadere in grembo e continuo, abbassando inconsciamente la voce “E poi, continuo a sentire delle frasi. Parole lontane, che non riesco a comprendere. E un nome, un nome che ripeto all’infinito, come se fosse una preghiera, mentre vedo quell’uomo morire tra le mie braccia. Thorin.
Chiudo gli occhi con un fremito spontaneo, come se quel semplice nome avesse un peso nella mia anima, come se rappresentasse qualcosa di più grande, di immensamente più grande.
 
Ham rimane in silenzio per qualche momento, e solo quando riapro gli occhi mormora, passandosi una mano tra i capelli “Non so molto di sogni e roba simile, signor Bilbo, ma il mio vecchio mi ripeteva sempre, quando ero bambino, che se qualcuno entra nella nostra mente mentre dormiamo, vuol dire che è già entrata nella nostra vita e noi ancora non ce ne rendiamo conto.”.
Un lieve sorriso mi si forma sulle labbra “E’ un bel pensiero, ma sono abbastanza sicuro di non aver mai incontrato quell’uomo in vita mia.”.
Il mio giardiniere si stringe nelle spalle “Non so che dirle, allora. Magari è solo una sua fantasia che vuole far parte a forza di uno dei suoi romanzi.” commenta, per poi prendere il suo zaino ed infilarselo sulle spalle “Comunque, per oggi ho finito. A domani, signor Bilbo.”.
Lo saluto con un cenno della mano e lo osservo uscire dal cancello ed avviarsi in taxi verso casa sua, per poi sospirare e chiudere gli occhi.
Il volto dell’uomo dagli occhi di ghiaccio mi compare di nuovo davanti, e per un attimo è come se il suo sguardo mi trapassasse e mi volesse dire qualcosa. Si, ma cosa?
 
“Thorin.” sussurro, il nome stranamente familiare sulle mie labbra “Thorin...”.
 
 
 
All’inizio è solo un dolore lancinante nel fianco destro, un dolore così forte da togliermi voce e respiro, ma non più grande di un penny, e poi improvvisamente si diffonde in tutto il corpo mentre cado a terra, sotto gli occhi scioccati dei miei uomini, e nel momento in cui tocco il terreno sporco di sangue tutto diventa confuso e lontano.
Le uniche cose che riesco ad avvertire distintamente sono delle voci e quel dolore straziante che, a quanto pare, ha deciso di essere la mia ultima sensazione in questa vita.
 
“Capitano!”
“Merda, capitano!”
“Capitano! Capitano!”
 
Delle braccia mi circondano, provano a sollevarmi dal terreno, sfiorano con le dita la macchia di sangue che si fa di secondo in secondo più ampia sulla mia tuta mimetica.
 
 “Ehi, resti con noi, capitano. Mi sente? Resti con noi!”
“Chiamate subito aiuto! Scudodiquercia è ferito!”
“Toglietegli la camicia, presto!”
 
Sento delle mani che mi strattonano i vestiti, che mi sfiorano la pelle, che stringono e tamponano la mia ferita, ma non riesco a riconoscere, così come non riesco a riconoscere quelle voci, mentre pian piano tutto diventa lontano ed intangibile e le palpebre, semplicemente, diventano troppo pesanti per restare sollevate.
E sembra tutto così strano, eppure così familiare, come se non fosse la prima volta che la vita mi scivola via dal corpo insieme al sangue.
 
 
“No, no, no! Cazzo, capitano, resista!”
“Scudodiquercia, tenga duro, tenga duro!”
“Andiamo, Durin, non fare scherzi!”
 
 
“Thorin, non lasciarmi! Thorin!”
 
 
Questa voce . . . dove ho già . . . sentito, questa voce?
 
 
“Thorin!”
 
 
L’ultima cosa che riesco a vedere sono un paio di occhi blu intenso, terrorizzati e pieni di dolore, fissi nei miei.
 E poi tutto, dolcemente, svanisce.
 
 
 
 
 
La tana dell’autrice
 
 
Ed eccomi qui con un’altra long. Non imparo mai, eh? Me ne pentirò, oh, lo so che me ne pentirò. Sarà il mio tormento, la mia ansia per i prossimi mesi a venire. Oh beh, ma chi se ne frega!

Ok, per questa storia ho preso un po’ ispirazione da numerose fan art, fan video e fan fiction basate su un possibile scenario Reincarnation AU, ma mi sono anche collegata ad un altro mio lavoro, di cui modestamente sono abbastanza fiera, che tratta di un simile argomento, sebbene presentato in maniera diversa, nel fandom Sherlock (BBC), ‘Ho attraversato gli oceani del tempo per trovarti”– ma si Tigre, facciamoci un po’ di auto pubblicità, andiamo-.

Cosa dire altro? Spero solo che il prologo abbia catturato il vostro interesse, e che i prossimi capitoli non tradiscano le vostre aspettative!
Ah, il titolo è provvisorio, visto che non sono molto convinta di questa scelta. . . se avete consigli o suggerimenti, li ascolterò molto volentieri :)
 
A presto –spero-
 
T.r.
  
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