Fanfic su artisti musicali > Taylor Momsen
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Autore: Lucy Raikes    03/07/2015    1 recensioni
La ragazza tenta di fuggire ai ricordi della vita precedente che la assalgono ogni giorno,per questo passa gran parte del suo tempo libero in un locale di New York tra ballerine,ubriachi e nostalgia del passato che è sempre dentro di lei...vuole scappare,andare lontano e dimenticarsi di tutto...oltre a questo, un evento la sorprenderà e sconvolgerà al tempo stesso,facendole cambiare le sue soliti abitudini in qualcosa di nuovo e innaspettato.
Genere: Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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I miei occhi dormienti guardavano la ballerina di lap-dance muoversi  e contorcersi nel ritmo della musica del locale,mostrando agli uomini tutto ciò di cui poteva essere fiera: un bel seno messo in risalto dal top e due glutei che a malapena erano retti da degli slip molto sottili. Un culo che io le invidiavo,sempre,tutte le sere che venivo qui in questo posto. Per me era un rifugio;poveracci e alcolizzati che sprecavano il loro tempo ad ammirare queste sgualdrine mezze nude,baristi che senza pensarci servivano l’ennesimo drink ai più ubriachi fradici,drogati che inspiravano il fumo delle canne fino all’ultimo…e poi c’ero io.
Era la quinta sera di fila che venivo qui,oramai era diventata un’abitudine,un passatempo dove concentrarmi su tutti i miei pensieri che riemergevano cautamente nella mia testa,uno ad uno…
 
Mia madre era morta quando ancora avevo due anni,in un incidente d’auto,non la ricordo bene ma il mio vecchio diceva sempre che ‘aveva due grandi occhi verdi e due labbra grandi color porpora’
Così ero stata cresciuta da mio padre. Avevo passato quasi tutta la mia vita con lui,gli volevo un bene dell’anima e lui avrebbe fatto di tutto per me. Mi ci confidavo sempre e in cambio mi aiutava dandomi dei consigli,qualsiasi argomento si trattasse,dalle cose più frivole come le mie prime cotte alle cose più importanti come la scuola e il mio futuro…eppure…Dio mi portò via anche lui. Ucciso durante una rapina in banca.
 
 
Dopo la morte di mio padre avevo deciso di affittare un appartamento a New York. Quella casa mi imprimeva di troppi ricordi,la mia infanzia e la mia adolescenza erano come se fossero rimaste dentro quella struttura senza mai uscire,come se lì si fosse fermato il tempo,il quale con pugni serrati colpiva contro le finestre per provare a fuggire. In qualche modo mesi dopo mi ero procurata l’eroina,tramite un amico che avevo conosciuto ai tempi del college. Una sostanza che immediatamente mi aveva dato dipendenza,non potevo farne a meno. Ne avevo bisogno per fermare i miei continui stati d’animo che andavano dalla felicità alla tristezza estrema,dai momenti in cui mi incoraggiavo dicendomi che potevo andare avanti da sola e farcela,a quelli in cui pensavo che la mia vita non aveva più senso e che non potevo fidarmi di nessuno in questo mondo di merda,pieno di falsità e corruzione. L’eroina mi aiutava moltissimo…mi creava quei momenti di puro sonno eterno in cui non regnava nessun tipo di emozione e tutto intorno a me appariva confuso e distaccato,perso in se stesso. Amavo essere circondata da questa continua nebbia,anche per i ricordi su mio padre che mi tormentavano e che stavano sempre lì ad aspettarmi per venire a farmi visita nella mia mente,con vaghe immagini di momenti spensierati ed innocenti. Momenti che facevano parte di un’altra vita,di un’altra Taylor.
 
 
…e rieccomi qui,seduta al tavolino di questo locale notturno con la faccia tra le mani,ancora rintontinta per l’ultimo pieno di Jack Daniel’s appena fatto un’ora fa,come tutte le sere d’altronde. Incrocio gli occhi di un ragazzo,nei quali in un attimo colgo un moto di angoscia;fissandomi,entrambi capiamo che proviamo gli stessi sentimenti,ma sicuramente per motivi diversi. Si gratta la rada barba sul mento e,dopo essere rimasto ancora un po’,si alza e si dirige con passo maldestro verso la porta e esce. Sospiro, stupidamente delusa che non sia venuto al mio tavolo a farmi un po’ di compagnia insieme al mio bicchiere di Daniel’s. Chiudo gli occhi appoggiando i gomiti sul tavolo per poi mettermi i palmi sugli occhi;l ‘alcol comincia farmi l’effetto rilassante-dormiente, la mia mente inizia ad annacquarsi e ad essere inglobata nella morsa di questo “antidolorifico neuronale” che pian piano inibisce la mia lucidità…mi reggo ancora incerta sul tavolo con la sensazione di ondeggiare in avanti e indietro,come se stessi su un’altalena che mi porta su fino a toccare il cielo per poi retrocedere per una prossima spinta che sia più forte,che mi faccia volare e andare via,senza mai più ritornare indietro…ma non ci riesco,così riprovando riprendo lo slancio spiegando le mie ali,percependo il vento che mi rinfresca la pelle rigenerando ogni fibra di me, mi inala i capelli di un dolce profumo che sa di libertà…ma… improvvisamente il mio corpo si abbandona a se stesso,il vento diventa una terribile burrasca che si scontra con questa foglia indifesa,la velocità cresce e calo giù a picco in una landa desolata. 

 
  
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