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Autore: _Yumemi_    03/07/2015    2 recensioni
I corvi erano animali scaltri, lo aveva imparato in fretta. Sapevano come sopravvivere: andavano sempre dove avevano la certezza di trovare di cui nutrirsi. Un campo dopo una battaglia per loro era il luogo ideale: ogni corpo costituiva una gran fonte di cibo.
Un corvo volteggiò nell'aria, atterrando su uno dei tanti cadaveri buttati a terra. Gli altri, altrettanto ansiosi di banchettare, lo seguirono.
Il ragazzino dai capelli argentati li fissò seguendo la planata con gli occhi sbarrati. Nello stesso momento il suo stomaco si contorse emettendo un rantolo.
[Gintoki!centric, missing moment della sua infanzia]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gintoki Sakata
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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I corvi erano animali scaltri, lo aveva imparato in fretta. Si facevano i fatti propri, osservavano dall’alto e al sicuro tutto ciò che succedeva attorno a loro e, solo quando ogni cosa terminava, si mostravano a reclamare il frutto del loro attendere.
 
I corvi sapevano come sopravvivere: andavano sempre dove avevano la certezza di trovare di cui nutrirsi, e un campo dopo una battaglia per loro era il luogo ideale. Ogni corpo costituiva una gran fonte di cibo.
 
Era per questo che il bambino li seguiva. Talvolta, rovistando tra i vestiti dei cadaveri, gli capitava di trovare del cibo. Non era un granché. La maggior parte delle volte era andato a male ed era sempre poco. Ma era cibo.
 
Ultimamente, però, faceva sempre più fatica a trovarne. Doveva rastrellare più e più volte lo stesso campo per riuscire a trovare qualcosa. Aveva fame, davvero fame. Nemmeno ricordava l’ultima volta che aveva messo qualcosa sotto i denti.
Era strano. Perché i soldati non si portavano più cibo con loro? Forse pensavano fosse inutile, visto che andavano incontro a una morte certa?


Continuò a camminare per ore. Frugò dentro la veste lacerata e sporca di sangue di un samurai. Non trovò niente di utile e quindi passò oltre, scavalcando lo strano corpo di un Amanto.
 
Inizialmente i cadaveri lo terrorizzavano. Aveva timore ad avvicinarsi e ancora di più a toccarli, come se avessero potuto davvero risvegliarsi all’improvviso e fargli chissà cosa. Adesso non li temeva più. Nonostante non gli facessero meno paura, sapeva che loro non gli avrebbero fatto alcun male.
 
Un corvo volteggiò nell'aria, atterrando su uno dei tanti corpi. Gli altri, altrettanto ansiosi di banchettare, lo seguirono.
Il ragazzino li fissò seguendo la planata con gli occhi sbarrati. Nello stesso momento il suo stomaco si contorse emettendo un rantolo.
Se fosse riuscito a prenderne uno... Se solo ce l'avesse fatta sarebbe riuscito finalmente a mangiare qualcosa. Crudo o cotto a questo punto non aveva importanza. L'importante mettere qualcosa nello stomaco. Adesso.
Si acquattò pancia al suolo. Lo yukata incrostato di fango e sporco lo mimetizzava nascondendolo perfettamente alla vista. Nemmeno i capelli albini si notavano più ora che erano una matassa terrosa e aggrovigliata.
Strisciò in avanti cercando di fare il meno rumore possibile, ma era difficile muoversi tra tutti quei corpi e quelle armi abbandonate ovunque. Una volta inciampò su un braccio di un soldato, sbattendo dolorosamente il mento a terra. Il rumore allertò lo stormo di uccelli, facendoli allontanare.
 
Non si arrese e cercando di essere ancora più prudente avanzò ancora, come un gatto a caccia del topo. Si avvicinò allo stormo a terra, calcolando al massimo ogni movimento. I morsi della fame lo distraevano e cercare di far finta di niente era difficile, ma strinse i denti e proseguì. Si era fatto vicino. Cinque metri di distanza lo separavano dai volatili, all’apparenza ignari della sua presenza. Tre metri, poi due. Impaziente, si buttò in avanti cercando di afferrarne uno, ma prima che riuscisse anche solo a sfiorarne le piume questi erano già in volo. Si posarono su un albero poco lontano, a deriderlo con il loro forte gracchiare.
Non riuscì a trattenersi e un ringhio gli salì dalla gola.
 
Doveva fare un secondo tentativo, ma questa volta avrebbe aspettato che fosse la preda stessa ad avvicinarsi quel tanto da permettergli di raggiungerla con un unico balzo.
 
Si rimise in posizione e affondò le dita nel suolo umido, facendo leva sulla braccia fintanto che si sfilava gli zoori dai piedi. Così avrebbe avuto una cosa in meno ad intralciarlo.
Aspettò immobile che la sua presenza si annullasse completamente. Se qualcuno fosse passato di là in quel momento non sarebbe riuscito a distinguere la figura del bambino dagli altri cadaveri tutto intorno.
 
Attese.
 
Attese sopportando il tremore dei muscoli sotto sforzo, il dolore alle mani e ai piedi che sostenevano il suo peso da troppo tempo, l’odore ripugnante di corpi su corpi che marcivano.
 
Poi ecco. Timidamente uno dei corvi si staccò dal gruppo, saltellando proprio nella sua direzione. Beccava un paio di volte, poi non soddisfatto di ciò che trovava si spostava, quindi beccava ancora. Si avvicinava. Si avvicinava sempre di più. Una scarica di adrenalina gli corse lungo la spina dorsale, le gambe fremettero per l’urgenza di scattare in avanti. Si convinse, però, ad aspettare ancora. Lui non poteva volare, su questo era in svantaggio.
 
Doveva aspettare ancora, doveva essere il più vicino possibile. Aveva una sola possibilità.
 
Nell’attimo in cui riuscì a distinguere nitidamente le sue pupille nere andò all’attacco. Saltò scaraventandosi letteralmente addosso all'animale, chiudendo le mani attorno al corpo piumato non appena lo avvertì contro la pelle. Ruzzolò fermandosi dopo un paio di metri. Il corvo si contorceva nella sua presa muovendo freneticamente le ali, una spezzatasi nel momento dell'impatto. Senza esitazione scavò e strappò le soffici piume del petto con le unghie. L'uccello gridò quando i suoi denti gli affondarono nella carne, le sottili ossa della gabbia toracica cedettero con una serie di schiocchi. Con le zampe gli graffiò le mani e il volto, l’inutile sforzo finale prima di cedere ad una morte ormai inevitabile.
 
Un ultimo spasmo, poi tutto divenne immobile.
 
Il bambino si bloccò bruscamente, tramortito dall’improvviso silenzio. Si rese conto solo in quel momento di aver trattenuto il fiato. I polmoni gli esplosero all’improvviso e riprese a respirare ansimando violentemente, la carcassa dell’uccello ancora alla bocca. L’odore acre del sangue per un attimo gli diede alla testa.
Inspirando forte, il liquido caldo gli riempì la gola andandogli di traverso. Iniziò a tossire cercando di impedire che un conato lo privasse di quel poco che aveva messo nello stomaco.
 
Non appena ebbe ritrovato la calma sollevò lo sguardo da terra, posandolo sull'animale appena ucciso. Le ali aperte dondolavano inermi, sugli artigli ancora contratti erano attaccati frammenti della sua pelle. Scorse a mala pena il suo riflesso nel piccolo occhio vuoto puntato su di lui: era coperto di sangue dal naso al mento, con grosse gocce che ancora gli colavano lungo il collo fino a macchiare l’orlo dello yukata.
 
L’immagine di un mostro.
 
Di un Oni.
 
Un rumore alle sue spalle. Voltò appena la testa, ma in quel mare di cadaveri non vide nulla che non fosse abbandonato a terra senza vita. Gli altri corvi, impauriti, erano già volati via.

Attese qualche istante, ma nulla si mosse.
 
Non gli importava.
 
Riprese a mangiare. La carne era dura e piena di nervi.
 
Si chiese come sarebbe sopravvissuto all’inverno.
 
 
 
 




















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Ciao!
Ritorno alle mie solite cose, cioè cose angst e senza un dialogo nemmeno a pagarlo. <3 sopportatemi.
I pochi flashback di Gintoki sono l’oro e quello di lui bambino lo trovo bellissimo e commovente all’esasperazione, per cui volevo scrivere qualcosa di prima che Shouyo lo trovasse. La cosa del “demone mangia cadaveri” mi aveva colpito profondamente e volevo svilupparla un po’. Sono certa che a Gintoki non andasse sempre così bene da trovare onigiri nelle tasche dei cadaveri, povero…
Ah, non ho mai scritto “Gintoki” perché non ho idea se questo nome lo avesse già da prima (dato dai suoi genitori, parenti, o non so) o se gli sia stato dato da Shouyo-sensei. Per sicurezza ho deciso di mantenerlo “anonimo”, diciamo. Quando si saprà qualcosa di più nel canon allora modificherò. “^___^
Lo schizzo caricato qui in alto l’ho fatto io prima di scriverla, mi ha ispirato.
Ringrazio Kuruccha per il betaggio e gli svarionamenti senza fine =°3°= e… beh, spero vi sia piaciuta!
Alla prossima,
Yume
  
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