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Autore: RedLolly    17/01/2009    3 recensioni
Introduzione modificata. E' vietato usare il tag b, se non in casi particolari.
Rinoa81, assistente amministratrice.

“Dobbiamo proprio farlo? Dobbiamo proprio morire?” Non mi rispose in quella notte fredda, seduto sulla poltrona vecchia e scassata dei poveracci. I suoi occhi vitrei da cadavere erano puntati nel vuoto. Sapeva sempre cosa rispondere lui, sempre. Credo che sia stata la prima volta che l’ho visto vacillare.[...]I suoi occhi… Sono sempre stati così pieni di cose… Azzurri come il ghiaccio e come il ghiaccio gelidi. Io ci vedevo l’odio principalmente. C’era l’odio e poi il resto. Scritta per il TMPCP Challenge, indetto da Elly_Mello
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matt, Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Dobbiamo proprio farlo

Ed ecco una nuova fanfiction, scritta per il TMPCP Challenge della mia dolce Elly ! Una piccola pazzia, per far capire a tutti che no, non mi sono rammollita!U.U Lolly è sempre Lolly! E Mello deve soffrire un po’ di più, sono diventata troppo buona!XD

Il titolo “La Haine et la Mort” significa “L’Odio e la Morte” in francese.

Ah, e se trovate il linguaggio un po’ colloquiale e sgrammaticato, per non parlare della confusione illogica dei pensieri, non preoccupatevi, è fatto apposta. Sono i pensieri di Matt, quindi un po’ sconclusionati secondo me… Ci ho messo molto per sistemarlo così com’è! Niente è casuale!

Voglio dedicare questa shot in particolare a _pEaCh_, per il suo amore per il francese (cosa comune!XP) e per il fatto che leggendo alcune sue opere mi sono illuminata! Lei lo sa che è tutta sua questa!XD

Ringrazio chi mi recensisce Memories of a Stolen Childhood, grazie a tutte, sempre!<3

Buona lettura!^^

 

 

 

 

 

La Haine et la Mort

 

 

A _pEaCh_, con affetto.

 

 

 

Les dents serrées
Je hais. Ne me demandez
pas ce que je hais
Il y a des mondes de mutisme entre les hommes
Et le ciel veule sur l’abîme, et le mépris
Des morts. Il y a des mots entrechoqués, des lèvres

Sans visage, se parjurant dans les ténèbres
Il y a l’air prostitué au mensonge, et la Voix
Souillant
jusqu’au secret de l’âme

Mais il y a
Le feu sanglant, la soif rageuse d’être libre
Il y a des millions de sourds les dents serrées
Il y a le sang qui commence à peine à couler
Il y a la haine et c’est assez pour espérer.
*

(Pierre Emmanuel, Les Dents Serrées)

 

 

 

 

“Dobbiamo proprio farlo? Dobbiamo proprio morire?”

Non mi rispose in quella notte fredda, seduto sulla poltrona vecchia e scassata dei poveracci. I suoi occhi vitrei da cadavere erano puntati nel vuoto.

Sapeva sempre cosa rispondere lui, sempre. Credo che sia stata la prima volta che l’ho visto vacillare.

“Dobbiamo morire? Eh? Dobbiamo morire?”

Solo in quel momento spostò lo sguardo da stanco di vivere su di me.

I suoi occhi… Sono sempre stati così pieni di cose… Azzurri come il ghiaccio e come il ghiaccio gelidi. Io ci vedevo l’odio principalmente. C’era l’odio e poi il resto distribuito in minuscole pagliuzze d’oro. E non è solo l’impressione di un cervello drogato, no, l’odio ha sempre fatto parte di lui.

Quando ce l’hanno portato all’orfanotrofio tanti anni fa mi aveva fatto pena. Pareva uno di quei cani randagi pieni di rogna e di zecche, che si vedono vagare agli angoli dei vicoli, tutti sbrindellati e acciaccati, che scappano uggiolando appena gli dai una pedata.

Forse è per questo che cercai di essere suo amico, perché mi sembrava uno sfigato, uno che lo era molto più di me.

Mi faceva ridere quando camminava in giro, tutto dondolante e spaesato, con quell’aspetto deboluccio, manco fosse stato rachitico, i cerotti sulle nocche che lasciavano la colla grigia attaccata alla pelle quando se li toglieva, tutt’intorno alle croste marronastre.

Era un sacchetto d’ossa del terzo mondo, con le ginocchia e i gomiti scorticati, e aveva bisogno di una guida…

Ma no, che cosa pensavo… Non ne ha mai avuto bisogno. Il sacchetto d’ossa sapeva il fatto suo ed è finito per avermi completamente in suo potere. Perché le sofferenze gli avevano fatto crescere due palle così, lo dico io!

Ci era stato abituato alle botte, a star senza mangiare e a sentirsi la merda del mondo.

Lui sapeva sopravvivere, e mi sono spesso chiesto come facesse. Ho sempre creduto che fosse l’odio, unito con l’abitudine a star male.

Ci si è crogiolato per anni, nella sua stessa sofferenza, tanto da farne il suo personale e cinico stile di vita.

Me lo raccontò, mi raccontò pian piano cosa gli avevano fatto, con distacco, come se non stesse parlando di sé stesso, ma di qualcun altro: merce di scambio, gingillo del peccato, bambino dal cuore strappato, petto rigato di ossa, cosce nere di lividi…

Combattere, combattere, combattere…

Combattere per vivere era il suo motto. Se non c’era una sfida, un obiettivo da raggiungere, lui se lo doveva creare da solo, perché sennò che noioso sarebbe stato!

E io dietro, povero scemo, dietro le sue follie da mente malata di violenza, nonostante il mondo feroce così, non gli sia mai garbato. Kira ne ha fatto un mondo peggiore di prima a parole sue, e poi non gli è niente affatto andato giù che avesse ucciso L.

Peccato che per avere la sua testa si sia infognato nelle peggio situazioni, piccola puttana sadomasochista. Ha fatto il giocattolo, la bambola gonfiata ad odio verso tutti e sé stesso. E di nuovo i graffi sulla schiena, e le gambe distrutte all’alba.

Lui c’aveva ragione a dire che il mondo fa schifo con Kira, che ha messo in giro la paura, e questa va fatta cessare, perché niente è peggio di lei.

Tanto Kira non serve a parer suo, perché chi è malvagio se ne va all’Inferno quando crepa, senza eccezione. Vivere nel terrore di una persona, perché Kira è una persona e basta, non serve.

Una volta aveva avuto tanta paura anche lui, prima del giorno in cui firmò con il suo sangue il documento della mia fine.

Che amaro trapasso, non avrò neanche una lapide.

E non fiatava quella sera, perché non sapeva cosa dirmi. Il “Povero Matt, povero pulcino bagnato!” sarebbe stato abusato, e io non l’avrei sofferto. Ma nemmeno “Povero Mello, povero angelo perduto!” era lecito. Lui mi avrebbe ucciso con i suoi occhi pieni di odio.

Avevo avuto anche altri pensieri per la testa squagliata di droga. In realtà desideravo che tutto ricominciasse da dopo l’incidente. Lì aveva davvero avuto bisogno di me… Non ero più l’inutile Matt, tossicomane lavativo.

Me lo ricordo nel lettuccio a chiedermi di ucciderlo perché non aveva calcolato quanto potesse far male, la pelle sciolta ustionata. 

Preso dal sadismo, mi rifiutavo. Non perché non era giusto che lui morisse, piuttosto perché mi esaltavo come un povero demente a vederlo inerme. Avevo potere di vita e di morte su di lui, per una volta, per una sola fottuta volta! Avrei potuto tagliargli la gola, farlo crepare sete, o addirittura lasciarlo sdraiato finché non si fosse pisciato sotto.

Ma non feci mai nessuna delle tre cose.

Nessuna lama si avvicinò mai alla sua pelle martoriata.

Se mi chiedeva da bere con un rantolio sommesso, dopo averlo osservato un po’ andavo a prendere un bicchiere d’acqua liscia e lo aiutavo a deglutire a piccoli sorsi per non che gli andasse tutto di traverso.

Ogni volta che era il momento lo portavo di peso al bagno a farlo pisciare, e i primi tempi ce lo tenevo pure su seduto io sulla tazza, perché temevo che mi crollasse giù a terra tipo svenuto.

Aveva tanto male, mi diceva… E io sono sempre stato troppo stupido, e non facevo altro che ammirare con la faccia da ebete le ustioni sul petto sudato e gli spasmi involontari, ascoltare i suoi gemiti, per poi accarezzargli la guancia inviolata e infilare, sorridendo, una falange nel suo ombelico. Quanto mi piaceva, e quanto mi divertivo! Quasi mi seccava imbottirlo di sonniferi… Ma dovevo farlo, o si sarebbe vendicato, e sarebbe stato orribile per me…

Mello è sempre stato cattivo. Con tutti. Gli è sempre piaciuto fare del male (Forse perché ne aveva tanto ricevuto da bambino?), trovava scuse in ogni momento per far soffrire qualcun altro. Di sicuro mentre gli giocavo con l’ombelico, macinava le più terribili torture contro di me, che avrebbe voluto mettere in atto non appena si fosse rimesso in forze… Era anche per quello che gli propinavo talmente tanti sonniferi e antidolorifici da non farlo riuscire più nemmeno a muoversi.

“Fammi alzare, Matty, fammi alzare che ti cavo gli occhi, poi ti trapano il tuo, di ombelico, e dal buco ci tiro fuori tutte le tue frattaglie…

Ecco, che si sarà detto. Poi però non ha mai fatto niente. Chissà perché. Pensavo che mi avesse perdonato… Ed ecco che mesi dopo mi restituì il conto, sbattendomi tra le braccia della Morte! Quella puttana che va con tutti prima o poi, e che quando tu ti accorgi di non avere i soldi per pagarla, ti ride in faccia e si prende la tua anima.

Me lo disse così, come se niente fosse. Io avrei dovuto fare l’esca, e al resto ci avrebbe pensato lui. Una persona normale l’avrebbe mandato a fanculo, perché si sa che le esche fanno tutte le volte la fine degli imbecilli. Ma non sono mai stato né sano di mente né bravo a ribattere ciò che lui diceva, per questo ho abbassato la testa come un asino al suo ennesimo capriccio.

Solo quelle frasi, solo quelMa dobbiamo morire?” che suonava più come una domanda retorica che come un sentimento di terrore profondo. Ma Mello si sarebbe mai tirato indietro da quella follia? No, mai. Non avrebbe desistito nemmeno se fosse scesa, pace all’anima sua, sua madre dall’Alto dei Cieli, come lui amava dire, a prenderlo a cinghiate come quegli uomini ai bei vecchi tempi, dicendogli che sta facendo l’ennesima minchiata… Figurarsi se avrebbe ascoltato me. 

Mi rispose a bassa voce un ultima frase, andandosene in quello sgabuzzino che sapeva di piscio di topo che chiamavamo camera da letto.

Dormiamo, Matt. Non è detto che finisca come tu credi.”

Ah, avrei dovuto prenderlo a calci nel culo e andarmene. Lo stupido Matt che fuggiva dal destino, patetico…

Non questa volta non sono scappato. Per Mello magari, per calmare quel suo spirito pieno d’odio, oppure solo per me, per non sentirmi sempre il solito Matt, con in bocca una sigaretta mezza monca, tesoro inestimabile tra le labbra screpolate dal freddo, e la psp bollente tra le mani febbrili.

Ho guidato, nella testa la vocetta di un neurone ubriaco che berciava senza sosta: “E’ come Fast and Furious! E’ come in XXX, e tu sei Vin Diesel! Corri, Matty! Fai vedere cosa vuol dire guidare!”.

Dio, ero preso bene… Ho corso… Per l’ultima volta…

 

 

 

Ed ora eccomi qui.

Ho la sigaretta tra le labbra, ho guidato sentendomi Vin Diesel.

Ho seguito l’ordine di Mello, Mello che è l’unica persona che conta, Mello che ha l’odio infiltrato negli occhi cerulei, Mello che avrei voluto vedere felice almeno un sola fottutissima volta.

Ora sto a terra con un bel buco in fronte e il piombo disseminato per la scatola cranica… Non avrebbero dovuto sparare, non sul serio… Anche se lo sapevo che sarei morto…

Mi pare quasi di vederla quella bella puttana… Con il rossetto sbavato, il pallore dei cadaveri, e il viso di…

Mi punta il ditino da primadonna contro dicendomi di seguirla nel vicolo di sinistra così non ci vedrà nessuno

Ma sì, io le vado dietro, la afferrò per le braccia scheletriche bardate di pizzi, la giro e me la bacio, perché nulla mi importa più, nulla ha valore per qualcuno che sta morendo… Alla fine è una cosa bella…

La Morte ha il volto di Mello.

 

 

 

 

 

 

 

*A denti stretti

Odio. Non mi chiedete cosa odio

Ci sono dei mondi di mutismo tra gli uomini

E il cielo floscio sull’abisso, e il disprezzo

Dei morti. Ci sono delle parole discordanti, delle labbra

 

Senza viso, che si tradiscono nelle tenebre

C’è l’aria prostituta della bugia, e la Voce

Che sporca fino nel segreto dell’anima

 

Ma c’è

Il fuoco sanguinante, la sete rabbiosa di essere libero

Ci sono milioni di sordi a denti stretti

C’è il sangue che comincia appena a colare

C’è l’odio, ed è abbastanza per sperare.

 

 

 

  
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