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Autore: Stella Dark Star    06/07/2015    0 recensioni
[Le cronache di Narnia]
Ricordo molto bene le avventure vissute nel mondo incantato di Narnia, ma non è solo questo che vi racconterò. Nonostante mio marito e i miei cognati ripetano continuamente che Narnia è stata l’occasione per cambiare e migliorare le loro vite, io mi sento in dovere di aggiungere che quel luogo è stato anche la sorgente di molti problemi.
Ora come ora non riesco a contare le volte in cui ho pianto in quel mondo forse immaginario o forse reale, ma so che i sentimenti e le emozioni che ho provato erano assolutamente vere.
Ammetto che anch’io sono cambiata dopo il primo soggiorno a Narnia e che, nonostante tutto, ho trascorso dei momenti felici, ho conosciuto genti e creature che ricorderò per sempre.
Quello che desidero raccontare è l’avventura che ha cambiato per sempre la mia vita: l’amore. Un amore tormentato e appassionato al contempo, tutt’oggi vivo e forte. Iniziato quel giorno lontano, il 14 Febbraio 1943, nella villa di campagna di mio nonno, il Professor Kirke.
Una parte di me è rimasta a Narnia, letteralmente, come presto scoprirete, eppure non potrei chiedere di più di quello che ho ora.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 14
La fine al principio
 
Dopo quella tragica avventura ritornammo a Cair Paravel per un nuovo inizio. Per evitare qualunque problema, evitammo accuratamente di dire la verità ai nostri sudditi, e anzi modificammo la storia dicendo che Edmund aveva scoperto un complotto contro la corona ed era partito in missione coi suoi uomini più fidati. Per quanto ne avessimo parlato tra noi, non riuscimmo a capire chi fosse il seguace che aveva reso possibile il ritorno dei poteri del ghiaccio, ma ormai non aveva più importanza. I lupi erano scomparsi, l’estate era tornata, lo scettro era irrecuperabile.
L’amore tra me ed Edmund divenne ancora più forte e lui non ebbe più attacchi di gelosia nei confronti di nessuno, nemmeno quando gli parlai di quella poesia che poi scoprimmo trattavasi di un’opera del suo migliore amico Arthur. Entrambi avevamo capito che provava dei sentimenti per me, ma visto che non ne parlò mai, non osammo sollevare l’argomento.
 
Passarono così altri quattro anni, durante i quali si verificò un lieto evento di cui però non parlerò ora. Per festeggiare il nostro quinto anniversario di matrimonio, proponemmo a Peter e a Lucy di organizzare una caccia al cervo solo tra di noi. Così quel giorno, tra una corsa e l’altra, ci spingemmo in un luogo che non visitavamo da anni. Da qualche tempo Lucy faceva strani sogni riguardo ad un armadio, ma nessuno di noi le aveva mai dato troppa importanza. All’interno del bosco, Edmund si lasciò sfuggire la preda, sotto lo sguardo canzonatorio di Peter: “Stai perdendo colpi, comandante! Eppure la vecchiaia sembra ancora lontana!”
Lui arricciò le labbra in un modo per niente gradevole: “Che spiritoso! Vedo che neanche tu sei stato in grado di prenderlo.”
“Quanto sei permaloso! Stavo scherzando!”
Io e Lucy li raggiungemmo coi cavalli al passo: “Eccoli qui a litigare! Non fanno altro dalla mattina alla sera! Peggio dei bambini!”
“Li conosci, Vera! Non cambieranno mai!”
Ridemmo tra noi mentre loro ci fulminavano con lo sguardo.
Ad un tratto Lucy si guardò attorno con fare misterioso: “Io ho già visto questo posto.”
Scese da cavallo e si mise a correre. Noi la richiamammo: “Lu, dove vai?”
La inseguimmo di corsa fino al punto dove si era fermata: “Non ricordate? L’armadio!”
Peter sbuffò: “Ancora con quel sogno? Sembri pazza.”
“No! Seguitemi!”
Iniziò ad intrufolarsi tra i rami e noi, ovviamente, la seguimmo per controllare che non si cacciasse nei guai. I rami si fecero sempre più fitti man mano che camminavamo, fino a quando ci ritrovammo circondati da dei capi di vestiario. In un batter d’occhio, fummo sbalzati fuori di una porta e ci ritrovammo sul pavimento di una stanza.
In un lampo tornarono tutti i ricordi, che sostituirono gran parte di quelli di Narnia.
Mentre ci guardavamo sorpresi, la porta della stanza si aprì. Mio nonno entrò con una palla da baseball in mano e Susan era a testa china dietro di lui. Ci guardò triste: “Non ho fatto in tempo a recuperare la palla. Ho dovuto confessare che abbiamo rotto noi il vetro.”
Mio nonno, tutt’altro che in collera, sorrise rivolto a noi: “E così eravate dentro l’armadio! Che stavate facendo?”
Peter parlò per tutti: “Non ci crederebbe mai, professore.”
Ci rialzammo tutti e quattro da terra, quando Edmund tuonò seriamente preoccupato: “Oh no! Sono di nuovo un sedicenne!”
Scoppiammo in una fragorosa risata, sotto lo sguardo interrogativo di Susan e quello divertito di mio nonno. Anche senza spiegazioni, lui sapeva perfettamente l’avventura che avevamo vissuto, esattamente come noi sapevamo che anche lui aveva una storia da raccontare. Il fatto che non ce l’avrebbe mai raccontata non aveva importanza.


La storia continua...
  
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