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Autore: CarolPenny    06/07/2015    6 recensioni
"Inizialmente le notti erano passate senza che l’uno o l’altra parlassero. Entrambi stesi su quello stesso letto, rannicchiati nel loro angolino. Fino a quando una mattina Carol non si era girata verso di lui, i loro occhi si erano incontrati e lei aveva sorriso. Normalmente lui non avrebbe fatto nulla, non seppe neanche dire se avesse ricambiato quel sorriso ma se avesse continuato a pensarci ancora a lungo probabilmente sarebbe rimasto immobile. Invece era successo qualcosa, come in quel non molto lontano pomeriggio nel bosco quando erano fuggiti da Terminus. I suoi pensieri si erano bloccati, e i suoi muscoli si erano messi in moto per lui. Esattamente come quella volta, era stato il suo corpo ad esprimere ciò che era sempre rimasto a fluttuare nella mente e che non era mai riuscito a tirare fuori a parole."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Aveva quasi dimenticato cosa si provasse a stare comodamente stesi sul materasso di un letto matrimoniale. Alle volte si svegliava, circondata da due braccia possenti e muscolose.

Ricordava la sensazione di aprire gli occhi al mattino e di sentire il proprio corpo bloccato da qualcosa. Altre braccia che la tenevano stretta in una morsa che quasi la soffocava. Divincolarsi non bastava. A quella presa si aggiungevano spesso strattoni, accompagnati da qualche imprecazione che le ordinava di stare ferma. Gesti che le lasciavano il più delle volte brutti lividi su braccia e spalle e ferite invisibili all’occhio di chiunque altro.

Ricordava quando invece quelle braccia la lasciavano andare e raggiungeva Sophia per controllare che stesse bene ed infine quasi come mossa per inerzia si dirigeva in cucina per preparare la colazione con cura.

Ricordava le mattine in cui si svegliava sola e quel vuoto la faceva sentire anche peggio, tanto da non riuscire a trattenere le lacrime. Era scappata proprio da quello, dalla solitudine. Invece era stata tutta un'illusione. Un'illusione nella quale ormai abitava e che non aveva il coraggio di lasciarsi alle spalle.

Ricordava anche quando era lei a non dormire nella camera da letto. Quelle notti in cui veniva svegliata da urla, bestemmie e dal rumore di qualche oggetto della casa improvvisamente schiantato al suolo. Si rifugiava nella stanza di sua figlia, dedicandole sorrisi e carezze, con la promessa che sarebbe andato tutto bene, addormentandosi poi con lei.
Non sempre funzionava, però. Non sempre aveva il tempo di uscire dalla camera e a quel punto, con tutta la forza che possedeva, cercava di calmare Ed e di portarlo a letto senza ulteriori conseguenze. Veniva nuovamente circondata e bloccata, in attesa che lui fosse troppo stanco per continuare ad urlare, imprecare e a cercare piacere usufruendo del suo corpo, solitamente imponendole di girarsi di schiena in modo che non vedesse la sua “stupida faccia” e lasciandole infine il ventre in fiamme per ore.

Ricordava l’odore dell’alcol impregnato nelle lenzuola che era costretta a lavare tutti i giorni. L’odore che Ed aveva ogni volta che tornava a casa e si stendeva accanto a lei. Un odore che le provocava la nausea solo a pensarci e che talvolta era fuso a quello del tabacco e di salsa barbecue.

Adesso quando apriva gli occhi avrebbe potuto indugiare a letto tutto il tempo necessario. Le braccia che la tenevano stretta si sarebbero mosse e l’avrebbero sciolta da quell’abbraccio se solo lei lo avesse voluto e talvolta sentiva delle mani accarezzarle delicatamente i fianchi.
Se si fosse girata non avrebbe sentito l’odore di alcol o un russare fastidioso e rumoroso.

Daryl Dixon odorava di sudore e di terra bagnata e di sangue, tutto ciò che Carol era stata abituata a respirare negli ultimi anni. A volte gli restava addirittura addosso quell’intenso odore di olio per motociclette, segno che probabilmente lo aveva utilizzato di recente.
A lei non dava alcun fastidio, anzi, le provava che lui fosse lì accanto. Si girava sperando di trovarlo ancora addormentato e di poterlo osservare per un po’ prima che si alzasse, subito pronto per le attività della giornata, ma ciò accadeva raramente. A quel punto Carol poteva solo sfruttare il breve tempo a disposizione per stringerlo a sua volta, ricordandogli costantemente della sua presenza.
 
*
Daryl non amava dormire a lungo. Restava steso il tempo necessario per recuperare le forze, abituato ormai a non stare fermo nello stesso luogo.

Ricordava gli strattoni che lo tiravano giù dalla brandina sulla quale dormiva insieme a suo fratello quando erano bambini. Talvolta era suo padre a farlo, talvolta Merle stesso quando sapeva che in casa non tirava aria buona.
Ricordava anche le urla alle prime luci dell’alba che inizialmente lo avevano costretto a nascondersi sotto il letto, in lacrime.

Ricordava il rumore delle molle provocato da ogni minimo movimento e le botte che arrivavano perché suo padre non lo sopportava.

Ricordava l’odore di quel materasso, l’odore di piscio mischiato a quello di sangue, suo o di Merle, che non era mai andato via, neanche dopo tanti lavaggi.

Ricordava ogni piccola piega, ogni singola macchia più dei volti di chi abitava in quella casa.
Non ci aveva mai passato molto tempo, comunque. L’esterno era sempre stato molto più piacevole, anche nei giorni di pioggia, ma solo quando i vicini gli permettevano di giocare con i propri figli.

Ricordava i ferri spigolosi della brandina che si insinuavano facilmente sul torace e sulla schiena e che lo costringevano ogni notte a trovare una nuova posizione nella quale provare a dormire, sempre se le ossa non fossero state doloranti o la pelle non bruciasse a causa delle frustate dovute all’ennesimo sfogo del suo vecchio.

Ricordava di non essere stato lì a lungo. Quando lui e Merle erano cresciuti, la brandina non era stata più in grado di contenerli, così erano stati giorni a girovagare in attesa di trovare un nuovo materasso. Questo era successo poco prima dell’incendio che aveva quasi raso al suolo l’appartamento.

Ricordava il fuoco, gli occhi che bruciavano per il fumo e per la disperazione e tanti sconosciuti intorno a lui.
Ricordava i giorni passati di casa in casa, di letto in letto, di materasso in materasso. Non c’era mai stato il tempo di abituarsi ad una sistemazione e Daryl non si era mai minimamente curato della cosa. Tutto sarebbe stato meglio di quella casa portata via dalle fiamme.

Quelle immagini gli facevano spesso compagnia durante il sonno, accompagnate da quelle degli avventimenti deli ultimi anni, ma sogni o non sogni, i suoi occhi si aprivano automaticamente quando fuori era ancora buio.
Inizialmente aveva preso l’abitudine di alzarsi immediatamente, facendo un veloce passaggio in bagno e dirigendosi infine al piano terra a sistemare tutto per la partenza. Ma il suo compagno di viaggi, Aaron, non era mai arrivato prima che il sole sorgesse quindi invece di vagare per le strade ancora deserte, con la sua inseparabile balestra in spalla, aveva deciso di restare steso a studiare ogni parete della stanza ed i suoi oggetti. Anche se non voleva ammetterlo, ogni volta che era fuori da Alexandria bramava di ritornare ad osservare quegli angoli, trovandoli sempre uguali, con ogni cosa al suo posto.
Il letto della stanza era probabilmente il più comodo su cui si fosse mai steso, ma non gli dava particolarmente importanza. Eppure c’era qualcosa in quel piccolo spazio che gli faceva dimenticare, anche se per pochi istanti, tutto ciò che c’era all’esterno.
I cuscini e le lenzuola odoravano sempre di pulito e coprivano anche gli odori più intensi che lui portava da fuori. Quell’ordine e quei profumi gli permettevano ogni volta di chiudere gli occhi. Quello era un piccolo luogo sicuro.

Ma c’era un altro odore che rendeva la sua breve permanenza lì più confortevole.
Da quando erano arrivati ad Alexandria, Carol odorava sempre di pulito che si fondeva al profumo delle federe, delle lenzuola e dei vestiti riposti con cura su sedie e armadi. A volte le loro teste erano così vicine da riuscire anche a sentire l’intenso odore di spezie rimasto tra i capelli di lei che sicuramente si era occupata delle faccende culinarie.

Quella situazione era qualcosa che non aveva mai vissuto, qualcosa di totalmente nuovo che giorno dopo giorno mutava regalandogli emozioni diverse e contrastanti. Qualcosa che forse si sarebbe potuto avvicinare al concetto di casa. E dove per la prima volta si sentiva totalmente libero di non pensare ad altro se non a se stesso.
 
*
Inizialmente le notti erano passate senza che l’uno o l’altra parlassero. Entrambi stesi su quello stesso letto, rannicchiati nel loro angolino. Fino a quando una mattina Carol non si era girata verso di lui, i loro occhi si erano incontrati e lei aveva sorriso.
Normalmente lui non avrebbe fatto nulla, non seppe neanche dire se avesse ricambiato quel sorriso ma se avesse continuato a pensarci ancora a lungo probabilmente sarebbe rimasto immobile. Invece era successo qualcosa, come in quel non molto lontano pomeriggio nel bosco quando erano fuggiti da Terminus. I suoi pensieri si erano bloccati, e i suoi muscoli si erano messi in moto per lui. Esattamente come quella volta, era stato il suo corpo ad esprimere ciò che era sempre rimasto a fluttuare nella mente e che non era mai riuscito a tirare fuori a parole. Quando vide gli occhi grandi e azzurri di Carol e le sue labbra arricciate in un sorriso mosse un braccio verso di lei e poggiò il pollice sulla sua guancia. A quel punto, gli occhi della donna si erano riempiti di lacrime e Daryl preoccupato era riuscito a parlare, chiedendole se stesse bene. Carol aveva risposto sorridendo ancora di più. Aveva annuito, accarezzandogli poi il volto con una mano, imitandolo. Si era avvicinata a lui e questo aveva provocato l’aumento del calore corporeo di Daryl, ma lui non aveva fatto nulla e non si era divincolato. Le loro fronti erano state poggiate l’una sull’altra per un po’ fino a quando nella casa non si erano sentiti i movimenti degli altri ormai svegli e l’uomo si era alzato per prepararsi.
Ma da quel momento in poi nessuno dei due si era più preoccupato di restare nel suo angolo del letto e quando anche per sbaglio le loro mani o le braccia si erano toccate, non si erano mai spostati.
Daryl aveva imparato ad allungare le braccia un po’ più spesso, quando sentiva il bisogno di farle sapere che era tornato ed era lì affianco a lei. Sapeva che questo le facesse piacere e la tranquillizzava. Dal canto suo Carol gli accarezzava mani, braccia e guance prima che lui lasciasse la stanza, in modo veloce ma deciso, così da salutarlo prima della sua partenza. A volte si svegliavano più vicini e a quel punto lei gli augurava il buon giorno, a cui lui rispondeva con qualche parola non sempre comprensibile.

Alcune notti lei si era ritrovata completamente poggiata a lui e viceversa con i volti così vicini da aver avuto la sensazione che le loro labbra si fossero toccate. Forse era stato un sogno, o forse no. Era una di quelle cose che al mattino dava ad entrambi la giusta forza per iniziare una nuova giornata di faccende e missioni. E a volte le loro mani avevano raggiunto punti che da svegli non avrebbero mai avuto il coraggio di toccare. Anche lì lasciavano che il dubbio tra la realtà e il sogno si insinuasse nelle loro menti ma i sentimenti erano chiari, quello non avrebbero mai potuto ignorarlo.

Perché Carol conosceva, questa volta, chi fosse la persona che la stesse toccando. La sensazione di essere desiderata, non solo in senso generico, ma di essere desiderata da lui. Daryl Dixon, che si preoccupava per lei continuamente, facendoglielo naturalmente notare, anche quando lei stava benissimo. La donna sapeva ormai badare a se stessa ma lui non avrebbe mai smesso di darle attenzioni e forse era proprio il motivo che, dopotutto, la rendeva felice.

E Daryl a volte aveva fatto esasperare Aaron con i suoi silenzi mentre con tutto se stesso aveva cercato di comprendere la forza e l’intensità di quello che aveva provato durante quelle notti. Aver sentito l’erezione premere forte contro i pantaloni e non essere stato in grado di trattenersi a lungo. Carol Peletier era stata l'unica ad aver messo seriamente alla prova i suoi sentimenti e il modo in cui era abituato ad esprimerli.

Era tutto nuovo, era tutto intenso, era tutto così vero.
Ricordare era doloroso, ma in quel modo era anche più facile dimenticare. Adesso avrebbero potuto costruire nuovi ricordi. Insieme alla sofferenza e alla morte ci sarebbe stato qualcosa di ancora più potente. Qualcosa a cui un giorno probabilmente avrebbero dato una definizione o forse no, ma che era chiara e forte all’interno dei loro cuori.


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RINGRAZIAMENTI: Non sarei dovuta tornare a scrivere fan fiction, quindi se questa storia è stata pubblicata è solo per merito vostro! Voi che avete gradito la mia altra recente condivisione e le avete dedicato bellissime parole di apprezzamento. Quindi questa seconda one shot è completamente DEDICATA A VOI!
Grazie per le vostre letture e, chissà, ci risentiremo in futuro? :D
   
 
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