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Autore: juniper_goblinfly    07/07/2015    1 recensioni
" Un uomo, seduto in un vicolo, alzó il viso, lasciando che le gocce gelide gli accarezzassero il volto. Teneva le labbra socchiuse e gli occhi stanchi vagavano in cerca di qualcosa che nemmeno lui sapeva, un miracolo forse, o un angelo che lo salvasse. Si lasció andare contro il muro, mentre i vestiti si inzuppavano sempre di più, fino a trovarsi seduto a terra. Non sopportava più quella vita e forse era per questo motivo che aveva deciso di farla finita, di vivere alla giornata e correre qualsiasi rischio gli si fosse presentato davanti. Quel comportamento, il suo maledetto vizio di fare l'eroe l'aveva portato a quel punto. "
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IT'S RAINING OVER MY HEART
 
 
 
 



La pioggia cadeva violenta sull'asfalto, producendo un armonioso ticchettio. Londra era completamente grigia e fredda in quella notte. Il cielo era coperto da pesanti nuvole e tra di esse non si vedeva nemmeno una stella, solo un flebile alone bianco prodotto dalla luna rischiarava le nubi, altrimenti completamente nere.
Un uomo, seduto in un vicolo, alzó il viso, lasciando che le gocce gelide gli accarezzassero il volto. Teneva le labbra socchiuse e gli occhi stanchi vagavano in cerca di qualcosa che nemmeno lui sapeva, un miracolo forse, o un angelo che lo salvasse. Si lasció andare contro il muro, mentre i vestiti si inzuppavano sempre di più, fino a trovarsi seduto a terra. Non sopportava più quella vita e forse era per questo motivo che aveva deciso di farla finita, di vivere alla giornata e correre qualsiasi rischio gli si fosse presentato davanti. Quel comportamento, il suo maledetto vizio di fare l'eroe l'aveva portato a quel punto.
L'uomo scostó la mano dal ventre, osservando il sangue scarlatto gocciolare dalla mano e confondersi lentamente con l'acqua. Aveva perso molto sangue e si sentiva debole e aveva freddo, in parte per la pioggia e in parte per colpa della ferita. La ferita era profonda e slabbrata, non una cosa di poco conto quindi... Vi premette nuovamente la mano, gemendo di dolore. Era stato uno stupido, l'idea peggiore che avesse mai avuto. Mettersi in mezzo mentre un rapinatore scippava una ragazza? Già, perchè non provare a fermarlo e prendersi una coltellata nello stomaco, oltre alle percosse che ne sono seguite?
Tossì, sputando altro sangue sul selciato. Lentamente riprese fiato, a fatica, ma ormai non aveva più forze.
Fece in tempo a vedere un'ombra correre verso di lui prima di perdere conoscenza e accasciarsi al suolo, sbattendo una guancia.
 
- John?! John! -
 
La figura nera si piegó sull'uomo, sollevandolo appena mente gli scostava i capelli appiccicati alla fronte.
 
- Apri gli occhi, avanti... -
 
Lo accarezzó con mani tremanti, mordendosi forte un labbro.
 
- Mykroft sta arrivando, fatti forza, non lasciarmi... Ti salveremo... Poi parleremo, devo dirti delle cose imp--
 
Si bloccó non appena vide la macchina frenare bruscamente vicino a loro. Due uomini in nero presero l'uomo, caricandolo velocemente sul veicolo scuro.
 
- Charlotte... -
 
Mycroft raggiunse la ragazza, inginocchiata accanto ad una macchia di sangue. Mycroft la coprì con la propria giacca e un ombrello, impedendole di bagnarsi.
 
- Coraggio, starà bene... Andiamo, devi darti una pulita anche tu...-
 
La sua voce era calma, ma calda come ogni volta in cui parlava con lei. La ragazza allora si alzó, scuotendo la testa e fiondandosi nella macchina senza rispondere. Myke sorrise appena. Ormai aveva capito tutto...
Charlotte sorresse il capo di John, posandoselo sulle gambe e cercando di limitare l'emorragia come poteva. Aveva paura, doveva ammetterlo. Prima aveva perso David e ora che aveva trovato lui non riusciva nemmeno a dirgli ció che doveva. Aveva lasciato solo John per colpa del lavoro in quei mesi in cui invece avrebbe dovuto stargli accanto e... E quella era tutta colpa sua.
 
~~~
 
La ragazza si tormentava le punte dei capelli, seduta fuori dalla stanza della grande villa, usata in quel caso come sala operatoria improvvisata, per poter curare John. Non volevano che i giornalisti lo tormentassero, per cui avevano optato per quella soluzione, ma nonostante fosse casa sua non la fecero entrare.
Si guardó poi le mani, che fino a poco prima erano coperte di sangue, come lo erano i vestiti, mentre ora erano candidi e profumati. Sospiró e si alzó di scatto, dopo ore seduta lì davanti - no, forse erano secoli-, quando il chirurgo uscì dalla stanza. Quasi corse verso di lui, in un fruscio di delicata seta color del cielo.
 
- Posso entrare? -
 
Disse con impeto, lisciando nervosamente il vestito con una mano. Lui fece per rispondere, ma ormai la ragazza era fuggita all'interno della " sala operatoria " e aveva chiuso a chiave, in modo che nessuno li disturbasse.
Si immobilizzó, osservando il biondo steso sul letto, coperto da lenzuola chiare, quasi dello stesso colore della sua pelle. Non lo aveva mai visto tanto pallido, non lo aveva mai visto quasi... Morto. Rabbrividì sentendo il rumoroso bip dell'elettrocardiogramma. Era lento, stanco, arreso. Deglutì e si fece forza, andando a sedersi timidamente accanto a John.
 
- Mi spiace...-
 
Sussurró. Gli prese una mano e la strinse forte, accarezzandola con il pollice. Sentiva un peso sul cuore, parole non dette, cose mai fatte e il rimpianto. Tempo da aveva amato David, come John aveva amato Sherlock, ma tra loro due piano piano era nato qualcosa, una dolce complicità che spesso li portava a stare insieme. Una volta lui gli si addormentó addirittura sulle gambe. Sorrise a quel ricordo, passandosi la lingua sulle labbra. Gli bació la mano, allora, sussurrandogli preghiere e parole dolci all'orecchio.
John, dal canto suo, percepiva solo il suono ovattato di una voce familiare, il tocco caldo sulla sua mano gelata. Aveva freddo, ancora, ma non si sentiva bagnato, sentiva più che altro il ventre bruciare e dolere. Oh, giusto, era stato ferito, lo aveva quasi dimenticato. Quell'ombra... L'aveva forse salvato? Chi era? Gemette nel sonno, per il dolore che improvvisamente lo attraversó. Tremó appena, a causa degli spasmi provocati dalla febbre che saliva. Si sentiva gelare, ma Charlotte sentiva la sua pelle bollente e sudata sotto i polpastrelli. Lo guardó triste.
 
- Non mi lasciare... Voglio dirti delle cose, anche se per te sono insopportabile... -
 
Gli accarezzó il viso, soffiandoci appena sopra per farlo sentire un po' meglio. Vederlo stare tanto male le stringeva il cuore. Come poteva essere tanto idiota e coraggioso al tempo stesso?
Questa volta il soldato riconobbe la voce, sentendo anche il tocco e il soffio profumato sul suo viso. Charlotte... Era stata lei allora. Pensava che lo avesse abbandonato per sempre, mesi prima, invece era tornata. Era lì e si stava prendendo cura di lui. Non poteva chiedere di meglio. Da poco si era reso conto di quanto lei fosse davvero importante, di quanto il suo cuore battesse nella cassa toracica e graffiasse le costole, come una belva fa con la gabbia, per uscire e donarsi completamente a lei. Certamente peró non poteva dirle cosa provava, per questo era diventato freddo e distaccato. Un semplice medico come lui non era all'altezza di una donna tanto bella e importante. Tuttavia le carezze e le parole di miele che seguirono riuscirono a rilassarlo, facendolo calmare. Se cercava un angelo, fino a poche ore prima, ora era sicuro di averlo trovato.
La giovane donna inclinó la testa di lato e nello stesso momento i capelli d'oro gli ricaddero dalla spalla, sfiorando il braccio del soldato. Sembrava essersi calmato. Meglio così, non voleva vederlo soffrire. Si morse un labbro, valutando l'idea che gli si era insinuata nel cervello, lentamente, allettante e bella come un fiore. Allora si alzó, insinuandosi poi nel grande letto matrimoniale e attenta a non fare male all'uomo. Posó la testa sulla sua spalla, non quella con la cicatrice, quella voleva ammirarla. La sfioró infatti con la punta delle dita, delicatamente, per poi posare la mano sul petto nudo di John. Era bollente e il cuore batteva forte. Che strano... Rimase così, immobile, accarezzandogli la pelle leggermente umida. Fece attenzione a non sfiorare nemmeno la ferita, fino a che non si addormentó, accoccolata su di lui
  
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