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Autore: Maya98    07/07/2015    3 recensioni
Victor lasciò che il silenzio cadesse nuovamente tra loro, in attesa di una parola o di un gesto; ma invano. Sherlock rimaneva zitto e completamente immobile perché, apparentemente, non aveva nulla da dire. O forse ne aveva fin troppo.
-Non è un addio, lo sai.
-Lo è da ogni punto di vista.-parlò infine Holmes, e per quanto fosse bravo a modulare la voce, questa volta sfuggì nel suo tono una solitaria nota di rassegnazione.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sherlock's notebook'
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Sherlock non aspettò che l'altro uscisse per accendersi una sigaretta. La avvicinò alla bocca e aspirò - una lunga boccata. Come il fumo gli invase i polmoni, sentì il nodo alla gola sciogliersi.
Victor aveva sbattuto la porta dietro di sé e si era appoggiato al muro, al suo fianco. Per qualche secondo stette con lo sguardo perso nel vuoto, pensieroso, senza sbattere le palpebre. Sherlock non gli lanciò nemmeno un'occhiata trasversale. Era stanco di vedere la figura dell'amico così sciupata e spenta come non lo era mai stata. Da settimane era costretto a subire quella vista.
-Dove?-chiese dopo qualche minuto, rompendo il silenzio. Sfregò insieme le punte delle dita, gelate, mentre teneva il bordo della sigaretta tra i denti. Non era certo un autunno clemente.
-India.-mormorò stancamente Victor, troppo spossato per chiedergli da cosa avesse dedotto tutto. Non riusciva nemmeno a trovare la forza di alzare gli occhi e affrontare quello sguardo - uno sguardo apparentemente gelido e spietato nella sua ostinata sincerità, ma di cui lui aveva imparato a conoscere le dolcezze nascoste.
-Sai che potresti venire a stare da me.-disse Sherlock seccamente, finendo velocemente di fumare la prima sigaretta, e gettandone il mozzicone a terra.
-Non è per quello.
-No, infatti.
Victor stette in silenzio per qualche altro secondo, osservando il compagno estrarre un'altra sigaretta dal pacchetto e accenderla bruscamente, la fiamma dell'accendino pericolosamente vicino alle dita; atto forse fatto con il proposito di scaldarsi o deliberatamente ignorando il pericolo di scottarsi.
-Riesci a malapena a pagare l'affitto di quel posto. Non riusciresti a mantenere un'altra persona per tutti i mesi che impiegheranno a sbloccare l'eredità.
Sherlock sbuffò, un filo di fumo che si arrotolava in aria come il filo dei suoi pensieri. Il suo sguardo era più scuro che mai:-In quel caso accetterei l'aiuto dei miei. Mycroft sarebbe più che disposto a concedermi fondi per uno scopo "così nobile". Ma non è questo il punto.
-No, hai ragione.-Victor abbassò la testa, strusciando la suola esterna della scarpa contro l'asfalto:-Impiegheranno mesi a sbloccare i soldi che mio padre mi ha lasciato. Dopo che la polizia ha trovato il file con le sue ultime dichiarazioni, dovranno controllare quanto è legittimo e legale e quanto è stato guadagnato con frode. Sarò costretto a mollare l'università perché non avrò i soldi per pagare i corsi, e dopo l'ultimo periodo neanche i voti per ottenere una borsa di studio. Non potrò prendere il posto di mio padre in tribunale senza laurea, e il mio nome sarà coperto di vergogna e fonte di ogni sospetto. L'unica cosa è trasferirmi all'estero adesso, prima che i danni si abbattano su di me.
-Chi hai in India?
-Una zia.-rispose prontamente il giovane, portandosi una mano al colletto per sollevarlo contro il vento forte:-Parente di mia madre. Non la vedo da quando è morta mia sorella, ma l'ho sentita ieri e si è detta più che disposta ad ospitarmi.
Si zittì di nuovo, scoraggiato dalla mancanza di reazioni. Si voltò direttamente verso Sherlock, che stava osservando le gocce di pioggia abbattersi spietatamente sul terreno, appena fuori dal portico sotto il quale erano riparati:-Non mi chiedi cosa andrò a fare in India perché lo hai già dedotto o perché non ti interessa?
Sherlock non sembrò reagire in alcun modo a quel tono pungente:-Cosa andrai a fare in India?-chiese invece, con voce monotona.
-Mia zia ha una piantagione di tè.
-Quindi imparerai ad amministrare. Una carriera dignitosa. Anche se, devo dire, ben lontana dalle tue aspirazioni.-Sherlock finì di fumare anche la seconda sigaretta, gettando sull'asfalto il mozzicone ancora fumante. La pioggia lo spense in pochi secondi. Fece per prenderne un'altra, con un gesto veloce e stizzito, ma il braccio di Victor lo fermò.
-Smettila.-disse Trevor, con sguardo serio:-Quelle cose ti ammazzano.
Sherlock aprì la bocca per ribattere. Aveva un intero discorso pronto: che senso aveva dire a lui di non fumare, quando Victor nelle ultime tre settimane non aveva praticamente mangiato se non costretto, non aveva chiuso occhio per un'intera notte a fila - come dimostravano le occhiaie scure imborsate sotto gli occhi azzurri - e non aveva messo piede fuori casa, preferendo chiudersi in camera tra le carte del padre a studiare stratagemmi legali con cui uscire da quella situazione? Per non parlare del funerale, che si era trovato costretto ad organizzare interamente da solo in quanto orfano e figlio unico, ultimo parente in vita di Trevor Senior, nato James Armitage. Sherlock aveva l'intera descrizione delle sue abitudini pronta, dedotta accuratamente dall'aspetto sciupato e consumato dell'amico, dalle sue guance scavate, il pallore grigiastro e il viso, solitamente abbronzato, pallido e smunto. Aveva l'intero discorso sulla punta della lingua, il tono tagliente pronto a sottolineare come a Victor non sarebbe nemmeno dovuto importare che lui si ammazzasse col fumo, siccome era pronto ad andarsene completamente dalla sua vita, esiliato in uno stato all'altro capo del mondo. Ma come schiuse le labbra per fare uscire tutto ciò che aveva in mente, le risigillò. Lasciò cadere la mano con fare remissivo, senza dire una parola.
Victor lo guardava come se stesse per cadere a pezzi. Non aveva gli occhi lucidi, no, ma in quegli occhi azzurri c'era il suo cuore, e le pupille tremavano, come sul punto di sbriciolarsi come ghiaccio secco.
-Non che le mie ambizioni abbiano mai contato.-si risolse a dire Trevor, tenendosi in equilibrio. Sherlock non poteva che ammirare l'autocontrollo:-Ti ricordo che studiavo legge.
-Non hai mai trovato il coraggio di opporti.-sottolineò Holmes, infilando le mani nelle tasche del giaccone. Erano ruvide e fastidiose, ma calde.
-E per cosa, per finire con i fondi tagliati come te?-replicò l'amico immediatamente, con uno sbuffo. Appena pronunciata la frase, sembrò essersi accorto di ciò che aveva detto e si morse il labbro inferiore, abbassando lo sguardo:-Scusa.-aggiunse, a voce bassa.
Sherlock si limitò a scrollare le spalle.
Victor lasciò che il silenzio cadesse nuovamente tra loro, in attesa di una parola o di un gesto. Ma invano. Sherlock rimaneva zitto e completamente immobile, perché apparentemente non aveva nulla da dire. O forse, ne aveva fin troppo.
-Non è un addio, lo sai.
-Lo è da ogni punto di vista.-parlò infine Holmes, e per quanto fosse bravo a modulare la voce, questa volta sfuggì nel suo tono una solitaria nota di rassegnazione.
Ma Victor non si arrendeva su quel punto:-Ti scriverò. Tutti i giorni.-insistette, con voce ferma.
-Risparmia la tua fatica e il mio tempo,-sibilò Sherlock:-oltre che la carta e l'inchiostro di tua zia.
Trevor si rizzò di colpo, con una certa ombra nello sguardo e la vampa sul viso, le guance rosse come mai lo erano state nelle settimane precedenti, i pugni contratti e le labbra strette; Sherlock capì immediatamente di aver oltrepassato un'invisibile linea stabilita silenziosamente tra loro molto tempo prima, all'epoca della loro conoscenza.
-Non te ne importa niente, non è così?-sbottò Victor, accalorato, gli occhi leggermente lucidi per l'emozione:-Che io vada o che io resti, per te non fa la minima differenza.
Sherlock si tirò su il colletto con le dita, la bocca schiusa in una smorfia seccata, irritata dal fatto che l'altro, apparentemente, aveva completamente mancato il punto della questione:-Riconosco una causa persa.-rispose:-Non c'è nulla che io possa dire che potrebbe persuaderti a rimanere. Non vedo il senso di perseguire questa missione impossibile.
-E non c'è nulla che io possa fare per convincerti che il mio trasferimento non cambierà nulla tra noi?-esclamò Trevor, preso da un impeto che proveniva dall'intimo, che lo scuoteva tutto da dentro facendolo tremare come una foglia al vento:-Se lo volessi anche tu, almeno la metà di quanto lo voglio io, le cose potrebbero rimanere così. Ma a te non importa di niente; per te sono stato solo un comodo appoggio utile finché alla tua portata, trascurabile una volta irraggiungibile.
-Se ti reca meno dispiacere pensarla in questo modo.-replicò Sherlock con voce glaciale, questa volta completamente di proposito. 
-Rimani l'uomo da bianco e nero, non è così?-sussurrò infine Trevor, abbassando la voce di colpo:-O tutto o niente?
-Una volta apprezzavi questo lato di me.-mormorò Sherlock in risposta, sulla stessa intonazione rassegnata.
-Già,-soffiò, mordendosi il labbro inferiore, gli occhi bassi:-una volta.
Victor tamburellò le dita sul braccio, lievemente, come era solito fare. Sherlock poteva vedere dalla sua postura che non aveva ancora finito, che stava per dire qualcosa. Il viso era teso, la mano destra ancora serrata a pugno, appoggiata al gomito sinistro, e i denti affondati nel labbro come se stesse cercando di trattenersi dall'aggiungere qualcosa.
-Hai qualcosa da aggiungere?-sputò infine fuori il ragazzo, con l'espressione di chi già si pente di aver parlato.
Sì, pensa Sherlock. Dovrei dirti di non sprecarti in amministrazione perché non hai pazienza e odi la burocrazia, di seguire le tue aspirazioni perché hai talento e non ne sei consapevole, di smettere di comportarti come un codardo e affrontare le conseguenze delle azioni che ti ricadranno addosso perché se dimostrerai di essere più forte di loro ne uscirai vincitore, di non fuggire dai tuoi problemi abbandonando lo stato dove hai costruito tutto ciò che volevi fosse la tua vita; dovrei dirti di non fidarti di tua zia perché l'unico motivo per cui ti concede ospitalità è che spera che ricambierai la sua generosità con una parte dell'eredità che ti aspetta, di svuotare la tua valigia e di riempirla con indumenti più adatti alla stagione dei monsoni, di lasciare qui tutto ciò che vuoi portare per ricordarti di tuo padre e di tenere con te ciò che invece ritieni più utile; dovrei dirti che non sei stato solo un comodo appoggio da sfruttare a mio piacimento, ma il mio primo e unico amico finora e l'unica persona che sia stata davvero vicino a capirmi a parte mio fratello. Dovrei spiegarti passo per passo ciò che ti succederà una volta che sarai in India, perché riesco a vedere con chiarezza le cause e gli effetti che saranno prodotti sulla tua persona: non sono positive, e tu sai che non sbaglio mai. Dovrei dirti che l'unico motivo per cui non ti dirò una sola di queste cose è che voglio un taglio netto, un addio pulito, perché non sono una persona di rimpianti e non sarei in grado di vederti deperire davanti ai miei occhi senza riuscire a distoglierti dalle tue decisioni.
Quando apre la bocca, ne esce un solo fiato:-No.-poi, nel tempo di prendere un respiro; breve, contratto:-Non ho nulla da aggiungere.
Le spalle di Victor, che si erano sollevate per l'aspettativa, crollano e il viso si accartoccia su sé stesso come carta velina bagnata. Ora Sherlock può distintamente vedere gli occhi lucidi e lo sforzo che Trevor sta compiendo per impedirsi di urlare o di correre via. O di non prenderlo a pugni, più probabilmente.
-Allora addio, Sherlock.-riesce solo ad emettere, in un singulto strozzato. Serra le labbra per evitare di aggiungere qualcosa. Holmes lo guarda prendere un respiro dalla bocca, breve e contratto, come per soffocare un singhiozzo. Il suo viso rimane immobile, inespressivo per la coscienza che se farà trapelare qualcosa, tutto andrà in pezzi.
-Addio, Victor.-replica, tirandosi su il cappuccio per evitare di bagnarsi. Infila le mani in tasca e gli dà le spalle, iniziando a camminare fuori dal porticato, sotto la pioggia, tra le pozzanghere fangose. Sempre più lontano da lui. Non si permette neanche di voltarsi per guardare per l'ultima volta il viso dell'amico. Non è persona di rimpianti.
Non passano che pochi secondi prima che senta la porta di casa sbattere, seguita da uno scalpiccio di piedi affrettati, per non dire in fuga. Quando si volta per l'ultimo sguardo alla casa che l'ha ospitato negli ultimi due mesi, vede che le luci sono spente, e che pare non ci sia più ombra né segno che qualcuno vi abbia ancora dimora, se non un fantasma.





 
Tra tutti i fantasmi, i fantasmi dei nostri antichi amori sono i peggiori.
Arthur Conan Doyle, L'avventura della Gloria Scott










 
Note:
Finalmente sono riuscita a entrare in possesso di una copia di Tutto Sherlock Holmes e quindi mi sto rileggendo il Canone. Questa storia è ambientata subito dopo un'ipotetic rielaborazione dell'Avventura della Gloria Scott. Qui non c'è slash, perché sono una delle poche che credono che Victor e Sherlock siano stati solo amici (o meglio, credo che ad un certo punto Victor si sia preso un accenno di cotta per Sherlock e che Sherlock lo sapesse ma non lo incoraggiasse perché voleva che le cose rimanessero così tra loro (i miei headcanons sono ace-aro Sherlock e ace panromantic Victor). Spero che vi sia piaciuta. (Victor Trevor è un personaggio così caro; non ce la faccio a vederlo maltrattato o dipinto come un personaggio cattivo).
  
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