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Autore: alpha_omega    08/07/2015    1 recensioni
Il mondo è in guerra: le nazioni si sono divise in tre gigantesche macrosezioni, due delle quali in conflitto tra loro e la terza che ha volutamente perso ogni contatto con il resto del mondo.
Cinque diversi punti di vista, cinque ragazzi si ritroveranno a condividere un esperimento dell'esercito per poter vincere la guerra dopo più di un decennio dal suo inizio , cinque adolescenti completamente diversi tra loro condivideranno ogni attimo della propria vita, imparando a collaborare per sopravvivere.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Luca non avrebbe saputo dire se era il mondo ad essere cambiato o lui ad essere cresciuto in un'infanzia parecchio comoda. fatto stava che da quando era scoppiata la guerra, anche se l'Italia era ancora fuori dal conflitto per le risorse, la sua vita era peggiorata.
Quanto era stato stupido ed infantile; si era lagnato per qualche giocattolo in meno e cose simili. Poi per i vestiti. Poi per il coprifuoco. Poi per il riscaldamento tenuto sempre al minimo. Poi per il cibo.
Da un giorno all'altro i soldati erano andati a bussare alla porta di ogni cittadino dandogli un tempo di quarantott'ore per raccogliere beni di prima necessità e ciò che avevano caro e di stiparlo in una piccola sacca grigia a persona. Ricordava ancora le facce stravolte dei suoi genitori che si sedevano sul divano liso del salotto e chiamavano lui e la sua sorellina per cercare di spiegare loro come mai avrebbero dovuto lasciare la loro casa "per la nostra sicurezza" dicevano "non saremmo protetti se rimaniamo qui, e poi potrete farvi sempre dei nuovi amici".
Gli era sembrato un gioco, aveva preso la sua sacca dalle mani di sua madre. Dentro c'era qualche vestito e i documenti che gli avrebbero garantito un posto nei nuovi alloggi riservati ai civili. "è una vacanza, mamma? Poi torniamo qui vero?".
Non ci sarebbe mai più tornato. Il nuovo alloggio era una stanzetta minuscola, nelle viscere della terra, identica a migliaia di altre gemelle. Ruisciva a malapena a contenere due letti a castello e lo spazio per entrare. I bagni erano in comune con altre venti famiglie di quel piano.
Quando l'avevano visto la prima volta sua madre e suo padre gli avevano chiesto di uscire dalla stanza e di rimanerci per qualche minuto, poi avrebbero fatto una passeggiata per il loro piano, tutti insieme.
Aveva undici anni, la sua sorellina cinque. Lo aveva seguito con passo malfermo e avevano chiuso la porta di metallo. Erano andati al gabinetto e avevano contato quante porte c'erano al loro piano e si erano messi a disegnare sulle loro mani con i pastelli a cera che avevano infilato a forza tra le peghe dei vestiti. Quando erano ritornati sua madre aveva gli occhi arrossati, ma sorrideva come sempre. Lo aveva capito qualche anno dopo: li aveva fatti uscire perchè non voleva che la vedessero piangere.
 Da un giorno all'altro la scuola che tanto detestava era diventata per lui un sogno utopico, così come a molti altri bambini.  Non facevano mai niente, e i pochi materiali di studio rimasti se li potevano permettere solo quelli che avevano pagato un sovrapprezzo per i mini appartamenti più  in basso, più comodi e più al sicuro dalle bombe.
Dopo lo smarrimento iniziale ad ognuno era stato dato un compito, anche se la maggior parte degli adulti lavorava nelle fabbriche sotterranee: enormi complessi con grosse macchine cilindriche e decine di file di nastri trasportatori e di operai a perdita d'occhio. Anche se aveva il permesso di gironzolare nella Struttura fino a che non avesse avuto dodici anni, l'età per lavorare nelle fabbriche, andava sempre a trovare i suoi genitori. Era difficile riconoscerli, nelle loro tute scure e i visi incupiti dalla fatica, ma ci riusciva sempre tra migliaia di altre persone simili. Quando gironzolava nella fabbrica si chiese come facesse il soffitto di una sala così grande a non crollare sotto il peso della terra. Non crollò mai, ma ogni volta che ripensava a quel posto quella domanda emergeva prepotentemente dalla sua testa, come quando aveva sei o sette anni ed aveva sentito un cigolio sinistro provenire dal lampadario del salotto. Da allora gli girava sempre attorno, per paura che gli cadesse in testa.
La sala mensa era uguale alla fabbrica, se non per il fatto che al posto dei nastri trasportatori c'erano dei tavolini di plastica e dai silos cilindrici usciva cibo anzichè metallo liquido.
Il cibo era una specie di pastina bianca semisolida. Suo padre ogni volta che la vedeva rideva, dicendo che assomigliava ad una qualche sbobba proteica di un qualche film futuristico che aveva visto da ragazzo, poi aveva dato un bacio a sua moglie "ti ricordi? Lo abbiamo visto insieme quando è uscito!". Era uno dei pochi momenti in cui sua madre sorrideva. Poi, quando nessuno oltre a loro guardava li abbracciava tutti e tre e diceva quanto fossero fortunati a stare ancora tutti insieme.
 
Quando riaprì gli occhi, Luca Aldini stentò a riconoscere la stanza. Era nella sua camera da ufficiale dell'esercito e quello era l'ennesimo sogno che l'universo gli regalava. Si strofinò il viso abbronzato con il dorso della mano e sbadigliò sonoramente. Dalla fioca luce che filtrava dalle persiane intuì che non si era ancora fatto giorno. Non tentò di tornare a letto per recuperare qualche preziosa ora di sonno. Una volta sveglio non c'era per lui alcun verso di addormentarsi.
Si tirò su di malavoglia e fece strisciare il palmo della mano sulla parete, finchè non premette il profilo familiare dell'interruttore. Il suo appartamento non era niente di che se paragonato alla sua casa in Italia, che era incredibilmente rimasta intatta anche dopo il bombardamento ma abbattuta in seguito per far posto ai prefabbricati per famiglie, ma da quando dieci anni prima era ufficialmente scoppiata la terza guerra mondiale era il primo posto in cui si sentisse sereno dopo aver lasciato la Struttura. Era un piccolo monolocale in un condomino di proprietà dell'esercito dell'Euroamerica; la nazione che poco dopo l'inizio dei conflitti era stata ottenuta fondendo le nazioni dell'Europa e dell'America del Nord e che ora era una delle tre macroregioni mondiali, insieme ai Neutrali e alla Lega Afroasiatica.
Si sciacquò il viso nel piccolo lavabo in ceramica del bagno; lo specchio davanti a lui riflettè il profilo giovane di un diciannovenne abbronzato con i tipici lineamenti del sud per cui tante ragazze perdevano la testa, i capelli marrone scurissimo tanto da sembrare neri erano soffici al tatto, gli occhi grandi e scuri fissarono per qualche secondo il proprio riflesso prima di decidere che stava bene così. Con un sospirò uscì dal minuscolo bagno e si sedette sulla sedia pieghevole vicino al letto. Lanciò uno sguardo scoraggiato allo scaffale a muro dove giacevano una mezza dozzina di libri che le sue mani avevano aperto e sfogliato così tante volte da renderne sfocate o illeggibili parecchie parole che ormai conosceva a memoria. Diede un'occhiata all'orologio digitale sul comodino. Le 5 della mattina. Altre due ore e avrebbe incontrato i quattro ragazzini prodigio di cui aveva tanto sentito parlare. Erano un progetto sperimentale mai provato prima. Inutile dire che il suo petto si gonfiava d'orgoglio al pensiero che a lui sarebbe spettato il compito di addestrarli.
Erano tutti tra i sedici e i diciassette anni. Venivano da paesi diversi dell'Euroamerica, parlavano tutti inglese, anche se la legge per gli Istant-Traduttori era chiara: ogni ciuttadino Euroamericano era obbligato a possederne uno, installato con una piccola operazione permanente dietro l'orecchio sinistro al compimento dei dodici anni.
L'esperimento prevedeva che quattro soggetti con caratteristiche completamente differenti venissero addestrati insieme e formassero una vera e propria squadra speciale. Si immaginò un'intera equipe di persone in camice che selezionavano profili su profili di Civili per identificare quei quattro adolescenti che sebbene con caratteri differenti sarebbero stati in grado di lavorare perfettamente tra di loro.
Il cuore aveva subito una dolorosa stretta alla scoperta che sarebbero stati prelevati dalle loro famiglie e dal prefabbricato assegnatogli con e senza il loro consenso. Certo, la versione ufficiale dichiarava che essendo ancora minorenni ci sarebbe voluta l'autorizzazione delle famiglie. Ma una piccola sommetta alle agenzie di reclutamento era stata in grado di ridurre i tempi da qualche settimana a qualche ora. Nel giro di tre ore dal rilascio dei fascicoli ognuna delle sue future giovani reclute era su un aereo privato dritti verso l'Alaska, che come aveva scoperto lui subito dopo essere sbarcato non era più tanto fredda a causa al surriscaldamento globale.
Il ronzio sommesso del suo bracciale comunicatore annunciò l'arrivo del fascicolo che tanto attendeva.
Lo aprì: dentro c'erano i dati generali e qualche foto. Ne sfogliò alcune. A quanto pare erano due ragazzi e due ragazze. Un inglese, una scozzese, una irlandese e un americano. In comune non avevano praticamente niente se non la lingua.
 
Derek Wilkinson era rimasto impassibile davanti ai due massicci ufficiali che erano venuti a prenderlo. Suo zio non era stato dello stesso avviso e come risultato aveva rimediato un  vistoso occhio nero e una spalla slogata quando aveva provato a frapporsi tra lui e la porta. Quando aveva capito che non c'era più niente che potesse fare si era seduto in un angolo a guardare il vuoto mentre uno dei due gli illustrava le procedure per potersi tenere in contatto con suo nipote. Sarebbero dovuti passare sei mesi per la loro prima telefonata.
Mezz'ora dopo era su un jet che lo avrebbe portato dalla Florida fino alla Base, negli occhi ancora l'immagine di quell'uomo che lo aveva cresciuto da quando aveva sei anni, dopo che i suoi genitori erano morti in un incidente d'auto dieci anni prima. Suo zio era un colosso pieno di tatuaggi con la pelle scottata dal sole e le braccia rese muscolose dal lavoro. Le rughe attorno agli occhi di chi sorrideva spesso. Gestiva una piccola rimessa di auto e da un paio di anni anche Derek aveva iniziato a dargli una mano.
Guardò le proprie mani come se le vedesse per la prima volta. Non erano grandi come quelle dello zio, ma quasi affusolate. Suo zio non faceva altro che dirgli quanto gli ricordasse la sua adorata sorella. Derek non era troppo alto anche se era sopra la media, il torace ampio e le spalle larghe, la mascella decisa e due occhi azzurri sotto un taglio a spazzola di capelli castano chiaro, il naso dritto e le labbra carnose erano perennemente serrate in una linea sottile. mi farò onore. Pensava, cercando di far buon viso a cattivo gioco, avrebbe protetto suo zio e tutti i suoi amici. Nessuno potrà prendere la mia terra. Giurò a se stesso, negli occhi fino ad allora apatici brillò una scintilla. Nessuno.
L'aereo atterrò direttamente nel campo di addestramento. A quanto pareva era il primo arrivato, tutti gli altri sarebbero arrivati entro breve dall'Europa. Si guardò intorno. Contò  ventiquattro baracche militari disposte tutte a semicerchio ad un gigantesco campo d'addestramento, ogniuna contrassegnata da una diversa lettera dell'alfabeto. Il campo era diviso da ampie sezioni di gesso e in ogni quadrato c'erano le stesse attrezzature ugualmente riprodotte in serie. a fianco c'era un grosso edificio grigio, tozzo e pieno di parabole. probabilmente gli alloggi degli ufficiali. Sulla cima c'era una stazione di atterraggio per elicotteri e a fianco una pista per aereoplani.
Istintivamente si infilò le mani nelle tasche. Sobbalzò, sentendo qualcosa di duro sotto i polpastrelli; era certo che fossero vuote.
Estrasse il piccolo oggetto come se fosse fatto di vetro e strabuzzò gli occhi.
Era un ciondolo, un piccolo mondo in miniatura. La stessa collana che sua madre indossava nella foto appesa sopra il caminetto. Suo zio doveva aver trovato il modo di infilargliela di nascosto nella tasca.
Lo strinse forte. Era tutto ciò che gli rimaneva della sua vecchia vita.
 
ANGOLO AUTRICE
Okaaaay "faccina imbarazzata" è la prima storia su efp che pubblico da più di un anno, è un pò difficile riprendere il ritmo ahah.
Questa è un idea che bazzica da più di tre anni nel mio computer, spero vi piaccia!. Nei prossimi capitoli verranno spiegate meglio le cause della guerra ed introdotti i nuovi personaggi.
A presto
alpha_omega
 

 
  
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