Storie originali > Commedia
Ricorda la storia  |      
Autore: L_Lizzy    08/07/2015    0 recensioni
Di nuovo trascinata dal corso degli eventi Elisa deve affrontare una nuova avventura.
Questa volta la sua città farà da scenario e la quotidianità verrà spezzata dall'arrivo di un affascinante giovane candidato, secondo Elisa stessa, al trono di Divino Apollo.
Genere: Commedia, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



 
Come faccia sempre a finire in queste situazioni io non lo so. Insomma, non si tratta di sbagliare il resto in cassa perché si è sovrappensiero o di mettere lo zucchero nell'insalata perché mentre si cucina si cerca di prestare orecchio alla televisione, dare un occhio alla pasta e sforzare il neurone solitario a pensare a quello che si sta facendo. No di certo. 
Io in certe situazioni mi ci trovo perché ho la straordinaria dote che mi permette di buttarmici con tutte le scarpe. Ma procediamo con ordine. 
Ora non vi mentirò raccontandovi fandonie: tipo che era appena l'alba, che gli uccellini cinguettavano e l'acqua della cascata scrosciava cristallina. Mentrei e ammetto che mi viene male solo a pensare ai piccioni, unici volatili presenti qui nella mia città, e al marasma infernale che potrebbero produrre se, spinti dal buonumore, decidessero di deliziarmi la giornata tubando sotto alla mia finestra. 
Ad ogni modo, mi trovavo in quella fascia di tempo del dopo pranzo, avrete presente no? Quella riservata alla pennichella. Peccato che io stessi cercando, inutilmente (devo anche dirlo?), di studiare Dante e quel cavolo di mattone che era l'Inferno non aiutava. Nonostante lo stessi fissando con sguardo nefasto da una mezz'ora buona nessuna nuova conoscenza mi era pervenuta e, sconfitta, mi ero lasciata crollare sulla scrivania iniziando a fissare il letto. Credo anche che mia madre si stesse preoccupando della mia immobilità ad un certo punto perché la sorpresi più di una volta a fissarmi stranita dalla soglia. Che si stesse chiedendo cosa ci fosse di sbagliato in me o se davvero ero sangue del suo sangue non è dato saperlo. 
Ero quasi ceduta all'abbiocco, tutta intenta a fissare la trama del mio piumone, quando la scrivania, giustamente, prese a tremare facendomi destare sul piede di guerra.

Chi, per Zeus, osava disturbare il mio pomeriggio di studio?

Inconcepibile, inaccettabile, inaudito. Su due piedi presi una decisione: il mittente di quell'sms (un buon intenditore sa distinguere la vibrazione da sms, da messaggio su Wazzy o da notifica da social) sarebbe stato polverizzato alla prima occasione che si sarebbe rivelata proficua per tale missione.

*Mezz'ora. Solito posto. V.*

Ecco, la ciliegina sulla torta. E ora chi andava a spiegare a Vicky che non ero in vena di abbuffarmi di yogurt e schifezze in sconto al supermercato? Giuro, ho cercato di convincerla della mia reale indisposizione a raggiungerla.

*V, domani ho il test su Dante. Non posso proprio. E.*

*Alza le chiappe che se arrivi in ritardo le prendi! Puoi ripetere a me la lezione. Prometto. V.*

*Ho la febbre e un tremendo raffreddore, non ti conviene. E.*

*Tanto meglio. Te l’ho detto che se arrivi tardi me la paghi? V.*

*Facciamo tre quarti d'ora. E.*

Potevo immaginarmi senza alcuna fatica il sorrisetto saputo nel quale si stavano tirando le labbra di Vicky. Ma non giudicatemi: l'ultima volta che le ho dato buca si è presentata sotto casa mia pretendendo che scendessi e a niente era valso perdere tempo a spiegarle che non lo avrei fatto per una svariata moltitudine di motivazioni. Lei si era attaccata al citofono fin quando l'ottantenne che vive nell'appartamento accanto al nostro, non potendone più, le aveva rovesciato addosso mezzo litro di acqua dal balcone della sua cucina. Nulla di estremo perchè abitiamo al primo piano ma da allora tra le due è guerra aperta. Io avevo finito per farla entrare e mentre si asciugava coi salviettoni presi a ripeterle quanto fosse grande e spropositata la corte di Federico II e di come tutti volessero fare i fichetti, vogliate passarmi il termine, andandoci ad abitare. Dannata scuola e dannato studio! Finimmo per spanciarci sul mio letto a non fare assolutamente nulla con la musica del cellulare amplificata dall'impianto. Insomma, normale no?
Ma sto divagando. Indossata la felpa più grande che possedevo e un paio di jeans che sarebbe stato meglio perdere che trovare presi al volo le scarpe da ginnastica e imboccai le scale. Tra le mani avevo cellulare, chiavi e portafoglio che distribuii nelle tasche dei pantaloni. Per caso fortuito mamma nemmeno un'ora prima mi aveva detto di fare una pausa e magari di uscire a farmi un giro visto che erano giorni che deambulavo per casa decantando versi e passi importanti della Commedia. O almeno questo è quello che mi ha detto, io penso fosse preoccupata che il mio cervello prendesse a friggersi o magari pensava che fossi a pochi passi dalla pazzia e che, se non avessi fatto un break, avrei scaraventato tutto il materiale di studio giù dalla finestra.
Ora che ci penso potrebbe essere lo slogan del condominio: "sbarazzati dei drammi." O che ne so: "fai prendere il volo ai tuoi problemi."
Ogni tanto mi capita di vergognarmi dei miei pensieri ma questa volta riesco solo a ghignarmela. Nemmeno tanto velatamente, se volete saperlo, infatti l'occhiata che ricevo da Vicky quando ci incontriamo è tutta un programma. Un insieme tra un "chi è il tuo spacciatore?", un "si è vestita al buio?" e il più usato "tu stai male".

-Certo che sei uno schifo Elo…- ah, l'amore per questa ragazza.

-Avevo cercato di avvisarti!- Ribatto più per puntigliosità che altro mentre mi soffio il naso nel fazzoletto che mi aveva allungato. Dire che avrei potuto fare concorrenza a Rudolf sarebbe stato magnanimo. -Andiamo al super? Due giorni fa c'erano le mou in offerta.

È sempre stato così, chi faceva la proposta più allettante vinceva e l'altra invece comprava l'ennesima schifezza ultracalorica che però ci faceva andare fuori di testa. Insieme diamo il peggio di noi: quando non facciamo battute pessime una dopo l'altra ci sbellichiamo dal ridere facendoci lacrimare gli occhi e dolere la pancia. Altrimenti si provava a farsi cadere in modo imbarazzante così, giusto per il gusto di prendersi sanamente in giro per quei due minuti.

-Avreiunfavoredachiederti...

-EH?- non avevo capito un'acca di quello che mi aveva detto, per usare un francesismo.

-Avrei-un-favore-da-chiederti!

-Spara.

Venne fuori che doveva procurarsi un regalo per sua madre, era il suo compleanno e se quella sera a cena non le avesse fatto un regalo strepitoso sua sorella avrebbe vinto la scommessa. Non ci provai nemmeno a chiederle di che scommessa stesse parlando. Conoscendo lei e conoscendo la sua gemella ero abbastanza sicura di non voler conoscere i dettagli. Mi sarei limitata a giocare nel ruolo di consigliere; se solo Vicky avesse voluto accettare uno dei miei consigli!
Invece no. 
Miss testardaggine aveva una chiara idea in mente. 
Fu così che finimmo per trovarci fuori da Louis. Non sapete cosa sia? Che sbadata, provvedo subito.
Louis Maxime, il negozio più fashion della città. Non potevi considerati qualcuno se non possedevi almeno una delle sue camice, avresti potuto salvarti in extremis comprando anche solo un cravattino o una coppia di calzini firmati L.M. 
Insomma, la politica del negozio funzionava perfettamente perché anche solo il pensare di dover mettere piede lì dentro mi faceva retrocedere verso il lato opposto della piazza. Ah, non ve l'ho detto? Le sue vetrine, lucidate sempre alla perfezione, si affacciano sulla piazza del Tribunale, la più importante qui. E, se non vi bastasse, aggiungo anche che ne occupano circa il sessanta per cento. Louis Maxime, Tribunale:1-0. Palla al centro.

-Vicky non ho la minima intenzione di entrare lì dentro. Piuttosto ti aspetto qui,  giuro non mi muovo di un millimetro.

-Elo, dai ti prego. Ho bisogno di una di quelle camicie. Sento già la vittoria in tasca!

-Ti accompagno in qualsiasi altro posto, non possiamo provare al centro commerciale?

-Io sto entrando...

Se già stavo pensando che mancava davvero poco al momento in cui la vergogna mi avrebbe schiacciato riducendomi ad un cumulo di polvere l'imbarazzo crebbe esponenzialmente quando, quella che ormai potevi considerarsi la mia ex migliore amica, prese a urlare di portare lì accanto a lei le mie terga d'oro mentre con un sorrisone spalancava la porta a vetri del suddetto negozio. 

Dove sei Zeus?

Sconfitta all'ennesima potenza mi costringo ad entrare. Chissà poi chi noterà la ragazza scialba che fa da ombra, da spalla a quella che invece dove compiere quella commissione… Giusto?!
Una volta dentro, circondata di espositori dai quali spuntavano colletti inanimati e polsini perfettamente stirati, dovetti ricredermi.
Zeus doveva avere davvero un occhio di riguardo per me. L'interno era deserto. A quanto pare pagare i commessi a secchi d'oro non li incentivava comunque abbastanza da farli presentare sul luogo di lavoro subito dopo la pausa pranzo. Insomma, il capo pretendeva anche quello? Poveri cari. 

Poveri cari un corno! 

E mentre io facevo retro-front verso l'uscita quasi galleggiando nell'aria dalla felicità la mano di Vicky mi si artigliava al braccio e qualcuno si rivolse a noi.

-Scusate ragazze sono qua sopra.

Alt. Fermi tutti, che nessuno muova assolutamente niente. Mentre il mio busto inevitabilmente ruotava nella direzione dalla quale arrivava la voce i miei occhi si scontrarono con quella che doveva di sicuro essere l'incarnazione della bellezza. Nel momento stesso che i miei occhi percorrevano cotanta magnificenza il mio cervello non faceva altro che ripetersi "sciattona"! Perfettamente consapevole dello stato in cui versavo, tra felpone sformato, naso arrossato e le vecchie scarpe bucate, riuscivo solo a darmi della vagabonda. E se lo pensavo io chissà lui! 

Divino Apollo? Puoi sorvolare sulla mia inguardabile situazione? Giuro solennemente che mi impegnerò a migliorare. 

E mentre l'adone si prendeva il suo tempo per scendere al piano inferiore io mi concedevo un’occhiatina a tutto quel ben di Dio.
Alto quanto un giocatore di basket ben piazzato, la carnagione ambrata che sfumava verso un sano rosato e un vitino che farebbe invidia a chiunque, me inclusa: ero completamente stregata. Solo grazie a Vicky ripresi un poco di contegno, un minimo, giusto quello che necessitavo per non mettermi a sbavare sul pavimento lucido. Le mani grandi scivolavano sulla balaustra mentre gli occhi, che occhi, ci scandagliavano da cima a fondo. Uno sguardo celeste che catturava e difficilmente lasciava andare. Sulle labbra un sorriso d’angelo.

Ma che dico? Riprenditi Elisa!

Insomma una volta terminata la sua trionfante ascesa e spiegatogli la situazione ci mettemmo all’opera. O almeno, quello doveva essere l’intento perché la nostra risposta, quando ci chiese cosa cercavamo, fu: “una camicia.”

-Abbiamo vari modelli, differenziano per tessuti, colori, tessitura e particolari. A cosa  pensavate di preciso?

-…

Non potevo crederci, Vicky senza parole non avevo mai avuto il privilegio di vederla! Provai ad assestarle una gomitata ma niente, nessun segnale.

-In realtà la mia amica stava cercando una camicia per la madre, taglia M. Pensavamo sul bianco panna. Non so se mi sono fatta capire, ma cercavamo comunque qualcosa che non abbagliasse ma nemmeno qualcosa che apparisse giallo come, non so… un crema.

Ok, la situazione era già abbastanza paradossale senza che fossi io a condurre le ricerche. Era già abbastanza imbarazzante presentarsi in questo posto vestita così, non c’era bisogno di fare somiglianze “gelatose.” Ma insom- Cosa?! Stava ridendo sotto i baffi, razza di pallone gonfiato! Ah, ma mi avrebbe sentito.

-Non ti preoccupare, ti sei spiegata benissimo. E tranquilla, so perfettamente che qui c’è questa atmosfera che rende un po’ tutti a disagio – come fosse la cosa più normale al mondo portava avanti la conversazione e, allo stesso tempo, poneva sul banco varie camicie –A dire la verità quando mi hanno assunto ero terrorizzato, insomma, avevo lasciato qui il mio curriculum quasi per scherzo e loro avevano scelto me.

-Si vede che deve averli affascinati parecchio la tua fototessera, insomma sarebbero stati pazzi a lasciarti andare, devi essere un catalizzatore di clienti!

Ok, questa da dove mi era uscita?

Paradossalmente lui stava di nuovo ridendo, questa volta senza sforzarsi di nascondersi dietro la compostezza, e devo ammettere che era una visione.

-Questi sono i primi cinque modelli che mi sono venuti in mano, che ne dite, c’è qualcosa che vi piace?

-Vicky?

-Non lo so… Elo?

Ma perché a me? Non solo presumevo di avere le guance più rosse di Haidi, e non per la febbre, si intende… ora dovevo fare l’avvocato del diavolo.

-In realtà… non me ne piace nessuna in particolar modo- con la coda dell’occhio vidi fare di sì con la testa a Vicky e d’istinto alzai gli occhi al cielo- non che non siano, ehm, particolari… ma non ci siamo.

Davanti a me si trovavano cinque camicette panna che si differenziavano ben poco l’una dall’altra. Una aveva gli occhielli dei bottoni rossi, una blu. Altre due avevano i colori dei colletti e dei polsini di un tenue verde e di un caldo giallo e l’ultima aveva una specie di balza al finire del tessuto che mi fece venire un’idea.

-Senti, non avresti una camicetta con la scollatura a balze?

Dire che gli si era illuminato lo sguardo era minimizzare. Ero quasi sicura di aver sentito il cuore fare una capriola.

-Ho esattamente cosa cerchi!

Cinque minuti dopo stavamo fissando tutti e tre un capolavoro di sartoria. Lo scollo era proprio come me lo ero immaginato, scendeva morbido ai lati del collarino che aveva preso il posto del colletto tradizionale fino ad altezza seno. Le maniche a tre quarti accompagnavano lo sguardo verso il termine della camicia che scendeva allargandosi un poco, come a far posto ai fianchi di cui la mamma di Vicky tanto si vantava. Diceva sempre che non li avrebbe avuti se non fossero nate le sue due gemelline e che sarebbe stata solo l’ennesima avvocatessa piatta che si aggirava per lo studio in cerca di uno scapolo. Lei un marito lo aveva e se lo teneva stretto!
Istintivamente mi girai dando il cinque al ragazzo e nel mentre Vicky affermava che sì, avrebbe decisamente vinto la scommessa quella sera.
Finimmo per dirigerci alla cassa e pagare con lui che ci assicurava di non perdere lo scontrino.

-In caso non andasse bene la taglia potete tornare per sostituirla, se non voi magari direttamente tua madre.

-Oh non credo succederà ma grazie mille, riferirò a mamma.

-E anche se dovesse succedere credo proprio saremmo noi due a tornare a farti un po’ di compagnia!

Dovevo assolutamente calmarmi, dannati ormoni!       

Mentre Vicky mi trascinava verso l’uscita mi accorsi che stava ridendo, ancora. All’uscita mi tirò persino un coppino chiedendomi cosa cavolo mi fosse preso e io non riuscii a non voltarmi. Dalle vetrine lui se la ghignava come un matto alzando poi le spalle come a dire “Che ci vuoi fare?”. Se l’avessi rivisto l’avrei ucciso. Poi però mi sarei sentita terribilmente in colpa per avere sottratto all’umanità una bellezza che, a mio modesto parere, sarebbe dovuta essere parte del patrimonio Unesco.
Quella sera mi addormentai cercando di non pensare troppo a quello sguardo celeste.
La mattina dopo, un messaggio.

*Vittoria! Ti meriti parte della vincita della scommessa. Siamo tremendamente brave. V.*

Per tutta la settimana seguente passai casualmente in piazza del Tribunale almeno due volte al giorno cercandolo con lo sguardo.
Il mese dopo entrai.

-Avrei bisogno un papillon!

-Tutto quello che desideri- sorride lui, sorrido io –a che pensavi?
 
Sono passati due mesi dalla scommessa, la scuola ormai è finita. Il mio test su Dante andò così male che mi dovetti fare interrogare per recuperare il votaccio ma dopotutto non sono mai stata così felice.

-E ora avrei proprio bisogno di un bacio…

-Sei tremendamente viziata ma non posso dire di no a te, amore.

*EMERGENZAAAAA! Elo mia sorella ha tirato fuori un’altra scommessa, ho bisogno di aiuto!!! V.*

*Scusa, mi sto godendo il mio camiciaio. E.*

Sorrido scrivendolo e sento lui che fa lo stesso con la bocca appoggiata sulla mia testa. Torno a poggiare la schiena sul suo petto e mentre mi abbraccia da dietro sento di essere davvero, davvero felice.

Il mio nome è Elisa, e sono felice.
Davvero, davvero.
 
 
 
 
 
 
 
Angolino autrice:
Ed eccomi con una nuova shot senza pretese. Scritta per divertimento più che altro. Spero vi sia piaciuta come è piaciuta a me scriverla.
Davvero, davvero. (Cit.)
Bando alle ciance, lasciate una recensione per farmi sapere che ne pensate, un bacio a tutti dolci panbauletti :3
L_lizzy
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: L_Lizzy