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Autore: Lia Joestar    09/07/2015    1 recensioni
Dal testo:"Marieclaire, una giovane tredicenne degli anni 2000. Come le sue coetanee aveva costantemente lo smartphone in mano e le cuffie nelle orecchie. Forse c'era qualcosa che la distingueva un po' dalle altre: amava il fado, tipica musica popolare portoghese."
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Marieclaire, una giovane tredicenne degli anni 2000. Come le sue coetanee aveva costantemente lo smartphone in mano e le cuffie nelle orecchie. Forse c'era qualcosa che la distingueva un po' dalle altre: amava il fado, tipica musica popolare portoghese. Aveva tanti CD solo di quel genere, e il suo preferito era costantemente nel computer pronto per essere ascoltato.
 
Ah, povera ragazza. Fu proprio quel CD l'inizio di tutti i guai. 
 
Sul CD c'erano due uomini, vestiti quasi ugualmente ma che suonavano strumenti diversi... E avevano fisici differenti; c'era il cantante e chitarrista che Marieclaire aveva deciso di nominare Sir Eugene, magrolino coi capelli tipici di un suonatore medievale.
Sullo sfondo c'era invece un violista, con la testa chinata intento ad accompagnare il collega Sir Eugene; rispetto all'altro era più paffutello e aveva un cespuglio di capelli ricci in testa. 
Marieclaire adorava quella foto: era innamorata del cantante come ogni adolescente di questo periodo. Per lei era bello, attraente romantico e perdutamente malinconico. Sì, osava definirlo così: aveva quel "qualcosa" di malinconico nel viso che lo rendeva ancora più affascinante, secondo la giovane mente di Marieclaire. Spesso le capitava di sognare il suo amato Sir Eugene che suonava e cantava solo per lei. Amava farsi questa illusione; nonostante la consapevolezza del fatto che fosse solo un sogno quello di incontrare Sir Eugene, sapeva che l'avrebbe fatto. Qualcosa le diceva che lui la conosceva meglio di quanto si aspettasse.
Una qualunque fantasia adolescenziale? Forse no. Forse questo Sir Eugene era immortale, o semplicemente, non era così vecchio. 
Ma Marieclaire, che non riusciva a fermare la sua curiosità, volle sapere di più su Sir Eugene. Cercò e ricercò, su Internet, nei libri, nella sua stessa musica. Niente. Nessuna traccia di lui. 
La stessa scena si ripeteva ogni giorno: dalla mattina alla sera era una ricerca continua, e fu questo, probabilmente, a metter la parola fine alla vita sociale di Marieclaire. Ormai era un topo da biblioteca, o una che non toglieva lo sguardo dal PC o dal cellulare. Dov'era finita Marieclaire? La ragazzina socievole, chiacchierona, e così sognatrice? Marieclaire cominciò a mancare a tutti, qualcuno la diede per dispersa, altri dissero che qualcuno le aveva fatto il lavaggio del cervello; una persona come lei non poteva semplicemente cambiare così. C'era lo zampino di qualcun altro. 
 
Era evidente che ormai Marieclaire non la si vedeva più molto in giro. Chi la vedeva, la vedeva con lo sguardo assente e le mani in tasca. Non era la Marieclaire che tutti conoscevano. Ma a lei non importava. Lei era ancora convinta che da qualche parte il suo rubacuori, Sir Eugene era da qualche parte là fuori, non solo sulla copertina del suo disco o nella sua mente. Sir Eugene la stava aspettando.
Quella sera, prima di andare a coricarsi volle dare un ultima occhiata al suo amato CD: Sir Eugene era più malinconico del solito e l'uomo dietro di lui aveva qualcosa di... Sinistro. Le pareva quasi che la sua viola aveva un suono fastidioso e tutt'altro che piacevole. Sembrava che stesse suonando tanto per, non sembrava "preso" dalla musica. 
Anche se all'inizio si lasciò suggestionare, poi non ci fece più caso e si coricò per andare a dormire. Nel sogno di quella sera Marieclaire vide qualcosa di strano: era alle porte di un vecchio cimitero abbandonato della città; stava come al solito andando in biblioteca per cercare qualcosa su Sir Eugene, quando la sua attenzione fu catturata da un vecchio barbone ai margini della strada. Aveva una chitarra con se è un vecchio cappello pieno di qualche moneta. Evidentemente non aveva più forze neanche per mantenere in mano la chitarra. Scossa dalla compassione Marieclaire gli si avvicinò salutandolo cordialmente e lasciando una moneta. Il vecchio mosse gli occhi verso di lei, quasi volesse ringraziarla. 
Marieclaire stava già andando via quando sentì un suono familiare: era una chitarra, e senza esitare un minuto si voltò verso il vecchio pensando di vederlo suonare. 
Per sua grande sorpresa, il vecchio non si era mosso di un millimetro. Era nella stessa posizione di prima. Gli si avvicinò di nuovo e azzardò una domanda:"Ma, signore... Non era lei a suonare la chitarra?"
Il vecchio non rispose. Non cambiò di una virgola, eppure Marieclaire aspettava ansiosa una risposta e finalmente la sua richiesta fu esaudita. Il vecchio la guardò dicendole solo:"No. Non so suonare la chitarra."
Marieclaire rimase incerta:"Ma come" chiese ancora:"E la chitarra accanto a lei?"
Il vecchio lanciò un'occhiata alla chitarra e senza far attendere molto la risposta semplicemente disse:"Era di un mio caro amico. Lui morì tempo fa e mi è rimasta lei, la sua chitarra. Io suonavo la viola."
Non appena pronunciò queste parole una campana suonò sei volte. Proprio al suono di quella campana il vecchio si lasciò cadere col corpo per terra. Marieclaire a quel punto fece una scoperta agghiacciante: aveva delle catene arrugginite ai polsi e una corda attorno al collo. 
Sobbalzò iniziando a urlare e in quel preciso momento si svegliò. Rimase un po' sconcertata dallo strano sogno: chi era quel vecchio? Davvero era un violista? E aveva un amico morto che suonava la chitarra? 
Se non fosse stato solo un sogno Marieclaire avrebbe pensato che si sarebbe trattato del violista nella copertina assieme a Sir Eugene. 
Quando si riprese completamente pensò subito che era una follia: erano antichi cantanti, era impossibile che fossero ancora vivi. 
Tralasciando l'inquieto incubo alle spalle la giovane si avviò subito in biblioteca, avendo come sempre la cura di non essere vista da nessuno. Quel giorno però cominciò a perdere le speranze di trovare anche solo un'informazione riguardo a Sir Eugene... Come il suo vero nome, ad esempio. Sul CD infatti non era riportato. 
Ormai cercava da così tanto tempo... Avrebbe mai trovato qualcosa su questo cantante? O sarebbe rimasto per sempre Sir Eugene? 
La bibliotecaria, a cui la presenza costante di Marieclaire non era passata inosservata, decise di avvicinarsi alla ragazza e, magari, aiutarla.
"Cara." Le disse:"Noto quasi con stupore che la tua presenza qui è costante. E la tua aria inquieta è altrettanto costante. Cos'è che ti turba, tanto da spingerti a venire qua tutti i giorni?"
Marieclaire, sorpresa da qualcuno che dopo tanto tempo le aveva rivolto la parola volle covare un'altra minima speranza di trovare informazioni su Sir Eugene, le mostrò il CD. 
La donna lo scrutò un attimo con estrema attenzione e alla fine disse:"Ti dirò. Non penso di sapere chi sia esattamente questo cantante. Devo però avere qualcosa sul violista... Se non ricordo male si chiamava Vicente, e fu condannato a morte, ma riuscì a sfuggire ai violenti strappi del cappio prendendo una rara droga. Riuscì a fuggire e di lui non si seppe più nulla."
Tutto ciò ricordava qualcosa a Marieclaire. Prima non poteva interessargli di meno di quel violista, ma la storia le sembrava intrigante.
"Mi potrebbe portare il libro di questo Vicente, per favore?" Chiese alla donna. Lei si diresse verso uno scaffale un po' nascosto che conteneva proprio libri di antichi autori popolari, tirando fuori un libro coperto dalla polvere e che, a prima vista pareva di scarso valore. 
Marieclaire non si preoccupò neanche di spolverarlo: iniziò a sfogliare le pagine del libro scrutandole meticolosamente finché non si fermò a un'immagine di un violista grassoccio, dall'aria scorbutica e con un cespuglio di capelli ricci in testa: era identico a quello sul CD. Magari attraverso lui avrebbe trovato qualcosa anche su Sir Eugene.
 
L'innamorata Marieclaire provò a cercare anche una minima traccia su Sir Eugene ma pareva quasi completamente sconosciuto. Nessuno sapeva dire chi fosse, ne sapeva della sua esistenza. Allora perché quel violista era così conosciuto? Le sembrava quasi impossibile, e ne rimase parecchio delusa. A fine giornata seppe solo dire chi fosse quel Vicente la cui esistenza non le interessava neanche più di tanto. Odiava a morte il suono di quella viola, sopratutto dopo aver sprecato un'intera giornata a leggere informazioni su di lui. 
Sconsolata decise di tornare a casa, quando ormai il cielo aveva cominciato a imbrunirsi. Con la testa perennemente fra le nuvole, fece qualche passo fuori dalla biblioteca e le parve di sentire una chitarra che ben conosceva. Forse era la sua immaginazione, ma più camminava più la melodia si faceva intensa. Marieclaire, fino a quel punto troppo impegnata ad osservare la terra, alzò lo sguardo anche un po' spaesata. Decise di seguire quella musica straordinariamente familiare, la musica che più di tutte la attraeva: il fado. Aveva ancora il forte dubbio che si trattava di una sua allucinazione, tuttavia continuò a seguire la melodia... "Come un ragazzo segue l'aquilone", direbbe Faber. 
Con sua grande gioia e stupore, la musica non era un'allucinazione: era qualcuno che suonava davvero. Il chitarrista aveva la schiena e la testa china sullo strumento, quasi si vergognasse a mostrare il suo vero volto. 
Ma Marieclaire non resistette: si avvicinò al misterioso chitarrista cercando di non perdere la cordialità e disse:"Sa, signore, suona molto bene la chitarra, sono stata attirata dal magnifico suono del suo fado.
Quando l'uomo alzò la testa Marieclaire quasi non ebbe un infarto: aveva il volto tumefatto e appesantito da un'inspiegabile stanchezza. 
L'uomo la fissò con aria seria per un po' e accennò un lieve sorriso di gratitudine. Marieclaire si limitò a sorridergli altrettanto freddamente, quasi in risposta, tuttavia sperava di sentire la voce di quello strano uomo. E anche stavolta, il suo desiderio fu esaudito. Il chitarrista poggiò la chitarra e rispose:"Sei così giovane e ascolti questa strana musica? Beh, certo che ti distingui."
Lì per lì Marieclaire restò molto stupita dalla risposta di quel tipo. Ma trovò il modo di incalzare un discorso. 
"Beh. La gente normale è... Strana. Seguono tutti la stessa cosa e non sanno nemmeno quello che fanno. Io odio essere così."
L'uomo ebbe quasi un'illuminazione, lampante negli occhi. Sembrava quasi che si aspettasse quelle parole. Diede un sguardo al cielo che ormai era scuro e disse:"Vieni con me. Devo tornare a casa. Accompagnami."
Marieclaire, che all'inizio pensò alle parole che una madre ripete ai propri figli, di non far retta agli sconosciuti, fu attratta dal portamento del chitarrista, che diventava sempre più familiare. Non osò dire una parola e lo seguì quasi di nascosto. L'uomo, da parte sua, non si voltò neanche una volta per vedere se lo stesse seguendo.
 
I due camminarono un bel po', fino a fermarsi al cancello del vecchio cimitero. Marieclaire fu colta da un brivido. Quel semplice brivido sfociò in una punta di panico quando vide un vecchio ai margini della strada, in fondo di vita: lo stesso vecchio del suo sogno.
"Povero vecchio amico. Alla fine ha fatto anche lui la sua fine." Commentò il chitarrista come se conoscesse anche lui quel vecchio. 
Marieclaire gli chiese tremante:"Ma lei.. Conosce quell'uomo?"
Il chitarrista non rispose. Fece un ghigno fece segno di seguirlo verso l'entrata del cimitero, ove era scesa una fitta nebbia. 
Marieclaire era in preda al panico e si sentiva la nausea. Aveva infatti sempre odiato i cimiteri. Guardò il chitarrista che pareva essersi trasformato: il volto non era più stanco, ma giovane e pieno di vita. Era dimagrito parecchio e aveva abiti diversi che tuttavia, Marieclaire non fu in grado di identificare per via della nebbia. Con un sorriso apparentemente più simpatico, il chitarrista si inginocchiò verso di lei, le accarezzò una guancia e la rassicurò dicendole con un tono quasi sussurrato:"Non avere paura Marieclaire... Devi solo vendicarmi. E tu devi aiutarmi."
Tutto d'un tratto Marieclaire si sentì tranquillizzare; il panico aveva lasciato il posto a un senso quasi immediato di adeguatezza. Si sentiva a suo agio. Il chitarrista cominciò a parlare di sé:"Sono Estêvão de Mello. Tu mi conosci semplicemente come Sir Eugene."
"E tu... Come fai a saperlo?"
"Io so tutto cara.."
"Come posso aiutarti?"
"Ora ti racconto una storia: la mia. Nella lontana era in cui vivevo quelli come me erano condannati a morte, e io non facevo certo a meno. Io e il mio fedele compagno Vicente de Cunha infatti eravamo al verde: ci guadagnavamo da vivere suonando il fado per le strade del villaggio ma anche truffando la gente del posto. Fummo entrambi condannati, io riuscii a evadere e fuggire; Vicente sfuggì alla morte per miracolo. Ma da allora non ebbi più sue notizie. Almeno fino a quando non l'ho visto rivivere la sua morte qui fuori."
Marieclaire era sconvolta... Come poteva davvero aver finalmente trovato il misterioso Sir Eugene? E che storia triste aveva... Non avrebbe certo rifiutato il suo aiuto.
"Ti riporterò nell'era della nostra condanna: proprio di fronte alla forca c'è una lussuosa villa appartenente al nostro assassino. Lo si riconosce facilmente, ha sempre la divisa nera e un cappello con due penne di pavone: trovalo e avvelenalo."
Marieclaire non ebbe neanche il tempo di rispondere che si ritrovò in un lampo in un'era davvero antica: il villaggio era molto semplice, fatto essenzialmente di capanne e larghe piazze in cui la gente si divertiva a ballare. 
Da Dietro, l'ormai amico e alleato Estêvão, la spinse con delicatezza per esortarla a seguire la direzione aventi a se. 
Arrivati davanti a un'enorme villa Estêvão, senza conferire alcuna parola indicò l'entrata principale di quell'incantevole villa. Lo sguardo nel viso aveva una serie di espressioni tutt'altro che amichevoli; tuttavia Marieclaire si ricordò di stare dalla parte di quel sinistro volto, sarebbe stata come un clone, praticamente. Infatti le bastò poco per capire che lì abitava colui che aveva condannato un artista; il suo preferito. Non l'avrebbe permesso. 
Marieclaire aveva il dono più potente e velenoso che una donna potesse avere: la seduzione. E questo, a Estêvâo non era certo sfuggito; non aveva certo scelto una ragazzina così a caso, no. Aveva scelto l'esca perfetta. 
 
Marieclaire non perse neanche un minuto a pensare a un'idea per attirare l'uomo senza creargli alcun sospetto. Nascose il veleno nelle vesti che aveva in dosso e tirò fuori tutta la sua gracilità, mettendosi a piangere proprio fuori dalla villa. Come previsto, non dovette aspettare molto prima il pesce abboccasse all'amo. Dalla porta si affacciò un uomo sulla cinquantina, si teneva bene a giudicare dai suoi vestiti. Avvistata Marieclaire l'uomo si gettò in suo aiuto e le chiese:"Fanciulla, cosa avete che vi fa piangere così?" 
Mostrando per la prima volta il suo volto delicato e continuando a singhiozzare rispose:"Oh! Sapeste! Una disgrazia, una tragedia! Un incendio ha avvolto la modesta capanna in cui abitavo con mia madre e mio padre. Io riuscii a scappare ma sono la sola in vita. Come farò! Come farò, io, povera giovane fanciulla a non patire il freddo, il caldo, la fame, la sete... Ove andrò ad abitare ora!" 
E riprese la sua ben riuscita commedia di lacrime. 
Il gentiluomo, scosso dalla compassione, Ignaro della sua stupidità non esitò a farla entrare per offrirle minestra e vino a sazietà. 
Era ora di tirare fuori l'arma letale. Era il turno della parte più deduttiva di Marieclaire che si espresse con queste parole:"Buon signore, io non conosco il vostro nome, voi non sapete che un briciolo della mia esistenza. Siete forse un angelo? Ah, dovete esserlo per forza. È così puro il vostro cuore, che solo un alleato di Dio può averlo."
Il gentiluomo da parte sua mostrò un sorriso di compassione per quella fanciulla apparentemente troppo fragile per il mondo che la circondava. 
"Lasciate che vi mostri un misero segno della mia gratitudine vi prego. Avete mai sentito parlare di Cervogia cremata?"
"Beh, veramente no. Di cosa si tratta?"
"Una speciale bevanda tramandata per secoli di generazione in generazione nella nostra famiglia. È un segreto! Nessuno può saperlo. E io vorrei prepararvela. Vi prego accettate."
L'uomo, che di certo non era un tipo schizzinoso, non si insospettì minimamente e la lasciò preparare questa bevanda, che altro non era che un'altra invenzione di Marieclaire. Si inventò una ricetta del tutto strana: mise su un grande calderone un po' di latte, pepe nero, tuorli d'uovo, aglio, salsicce... Senza dimenticare naturalmente il veleno. Avendo ormai capito l'ingenuità della sua preda sapeva che non avrebbe opposto alcuna resistenza alla sola vista di quella brodaglia. 
Il proprietario della villa finse di gradire quel dono particolare... E Marieclaire, semplicemente finse di berla. 
Non passò molto tempo che l'uomo iniziò a contorcersi dal dolore è quando gli occhi dell'impazzita Marieclaire lo videro cadere per terra, scoppiò in una fragorosa risata. La sinistra risata alla cui vittima sembrò familiare. Morente, la ragione sembrò riappropriarlo e con le poche forze che aveva in corpo chiese:"Ah! Sei figlia del Demonio! Chi ti manda?" 
Marieclaire ghignò e senza pudore sussurrò il nome di chi l'aveva mandata a compiere il delitto. 
L'uomo ebbe un sussulto:"Estêvâo! Ancora lui. Il brutale assassino e incantatore di anime ingenue.
 
A quelle parole Marieclaire parve cadere da un pero. Cosa stava dicendo? Estêvão un assassino? Ma non era solo un truffatore?
La ragione, ritardataria fece il suo sopralluogo e Marieclaire capì il sudicio modo in cui si era sporcata le mani: era stata incantata per prima, era stata ingannata prima che lei lo facesse. Ma ormai era troppo tardi. 
La ragazza scappò via in cerca di quel pazzo che l'aveva condotta fin lì. Arrivò in lacrime alle porte della città e ancora lo vide suonare e cantare la sua amata musica. Stavolta Marieclaire lasciò da parte la sua ingenuità e si lanciò contro Estêvão gridando:"Traditore!! Traditore!!! Riportami dov'ero o per te è finita, assassino!" 
Estêvão le tappò la bocca dicendole solo:"Silenzio. Qualcuno potrebbe sentirti. Lascia che ti dica una cosa: non sei l'unica vittima caduta nella mia esca..." Dal sussurro che aveva il pazzo chitarrista scoppiò in una fragorosa risata. Ma Marieclaire non l'avrebbe scampata così liscia: il suo ultimo ricordo fu un uomo con una viola in mano e un coltello da macellaio in un'altra; l'uomo aveva un cespuglio di capelli ricci in testa e le bastò questo dettaglio per capire che, forse in un modo più brusco ma più rapido, avrebbe fatto la tragica fine della sua stessa vittima.
 
Il giorno dopo, negli anni 2000 e nel paese dove tutti conoscevano Marieclaire, la  ragazzina che amava il fado, la scena alle porte del cimitero era raccapricciante: una donna stringeva a se una ragazzina con un coltello da macellaio nel petto.
Una donna pensava che la sua bambina si fosse suicidata senza apparente motivo. Quella bambina che stringeva al petto era l'ingenua Marieclaire. Un'ingiusta fine per una ragazzina che inseguiva solo il suo amore cieco per un cantante, come tutte le ragazzine della sua età. 
La donna, che come tante altri madri nel mondo piangeva lacrime amare per una perdita così dolorosa cercò conforto nel cielo estivo e sereno. Il vento soffiava a malapena e pareva che la stesse accarezzando quasi per consolarla. D'altronde, il padre cielo avrà vissuto così tante volte quella scena. 
Volle anche ripensare alla strana musica che amava. Ci pensò così intensamente che quasi credeva di poterla ascoltare. Ma spesso, il dubbio dell'illusione porta a cercare conferme attorno a noi. E così quasi incredula, lo sguardo a pezzi della donna si soffermò su dei vecchi mendicanti che suonavano quella musica: uno era un chitarrista snello e dall'aria stanca, tumefatta. L'altra un violista in fondo di vita con un cespuglio di capelli ricci in testa. 
   
 
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