Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: J o k e r_    09/07/2015    5 recensioni
[EreRi][Spoiler sull'OVA dedicato a Levi]
Dal testo:
«Solo... posso farle una domanda, caporale?»
Eren si alzò per avvicinarsi al superiore, finendo col poggiarsi sull'altro stipite.
Proseguì quando Levi annuì impercettibilmente.
«Chi era quell'uomo che mi ha assalito, l'altra sera?»
Lo sguardo dell'altro si fece vacuo, gli sembrò leggermente turbato dalla domanda. Il ragazzo ottenne soltanto il silenzio.
Proprio quando aveva iniziato a pensare che il caporale non avrebbe dato una risposta, quello parlò.
«Il passato che veniva a bussare alla mia porta.»
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Hanji Zoe, Rivaille, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Past is knocking at your door
Past is knocking at your door.

[COSE IMPORTANTI]
 Mi sembra giusto dare un paio d'informazioni: la storia si sviluppa perché nella mia mente malata in questa versione dei fatti il corpo di Farlan non è mai stato trovato. Non credo ci sia altro da dire :L Buona lettura!




Era da molto che Levi stava seduto nel suo piccolo studio, leggendo le varie scartoffie che Hanji gli aveva consegnato quella mattina.
Si lasciò andare contro lo schienale della sedia in legno, sospirando annoiato e rivolgendo un'occhiata all'orologio a pendolo a pochi metri da lui.
Le ventidue e sedici.
Stancamente si alzò, riponendo i fogli nei cassetti della scrivania e spegnendo la piccola lampada a olio situata su un angolo del mobile.  
Chiuse la porta della stanza a chiave, e poi s'incamminò per i corridoi della fortezza, diretto verso la sua stanza; era stata una giornata a dir poco asfissiante, sia per il caldo estivo sia per il fatto che in quel periodo erano successe davvero un sacco di cose. In particolare, era scomparso un membro del corpo di Ricerca, e la cosa aveva turbato non poco Erwin e gli altri superiori.
Levi conosceva ben poco lo sfortunato: erano stati rari i momenti in cui si erano parlati. Si chiamava Alexej e aveva circa trent'anni, nonostante ne dimostrasse molti di più. S'era unito al corpo di Ricerca a causa di una scommessa persa tanti anni prima, e non aveva mai fatto granché per la squadra. Perlopiù beveva e fumava, non era particolarmente abile con le spade e tutti lo trovavano insopportabile.
Personalmente Levi aveva pensato che tutti si stessero preoccupando troppo all'inizio, data la fama dell'uomo come donnaiolo e beone, ed era del parere che quella sera se ne fosse andato in giro per Trost a fare casino. Dovette ricredersi quando passarono due settimane, ma di Alexej non si riceveva alcuna notizia.
Così adesso c'era una moltitudine di persone che diceva di averlo visto, e lui era stato tra gli sfortunati che avevano ricevuto il compito di andare a controllare e, dopo aver guardato in lungo e in largo, sia lui che Eren, che gli aveva fatto da partner, erano distrutti.
Il giovane fortunatamente aveva avuto il permesso di andare a coricarsi prima, mentre lui si era dovuto occupare urgentemente delle scartoffie di Hanji, che stava rimandando ormai da troppo tempo.
Almeno durante i giri di ricognizione la compagnia di Eren non lo aveva fatto annoiare, visto che questi cercava di fare conversazione, distraendolo un poco dallo stress che lo invadeva in quel momento. Non sapeva dire quando fosse nata di preciso l'attrazione che provava per Eren, ma era cresciuta lentamente, ed ora si poteva definire circa ossessionato da lui. Aveva le idee poco chiare su cosa lo attirasse particolarmente, ma la sua personalità imprevedibile, il suo sorriso, il rossore che si formava sulle sue guance quando Levi lo osservava e i suoi occhi verdi erano i principali motivi della sua assuefazione.
Un sorriso si formò sulle sue labbra, e chiuse la porta dietro di lui una volta entrato nella sua stanza.
Velocemente si spogliò e si cambiò con abiti più leggeri, optando poi per togliersi anche la maglia a causa del caldo soffocante.
Si sistemò tra le lenzuola fresche del letto, riuscendo ad addormentarsi più in fretta del solito, e piano piano sentì la stanchezza scivolare via.
Passarono diverse ore, prima che quella pace si spezzasse.
Si svegliò di soprassalto, il respiro mozzato da un corpo che gli si era praticamente buttato addosso, impedendogli ogni movimento.
Provò inutilmente a dimenarsi, mentre una mano guantata gli copriva sia gli occhi che il naso, spingendolo con forza contro il cuscino, impedendogli di vedere la faccia del suo aggressore.
Le sue gambe erano legate da qualcosa di ruvido, forse una fune, e ben presto si rese conto che anche le sue mani avevano ricevuto lo stesso trattamento.
«Se provi anche solo a urlare o a chiamare aiuto, ti giuro che questa è la tua ultima nottata, Levi.»
Tutto ciò che uscì dalla sua bocca fu una specie di ringhio, mentre provava a scollarsi quel corpo di dosso.
«Stattene buono... non provare a fare l'eroe o Jeager sarà solo un bel ricordo. Non credevo che adesso te la facessi con i minorenni, vecchio mio.» disse ancora l'aggressore. La sua voce era tremendamente familiare.
«Provaci soltanto...» lo stuzzicò lui, guadagnandosi un altro calcio nello stomaco.
Sentì le sue forze venir meno quando un ago gli venne infilato nel braccio sinistro.

***

Si svegliò di soprassalto.
Lievi goccioline di sudore percorrevano il suo intero corpo illuminato dalla luce del sole.
La sua stanza era normale, e si rese conto che né le sue gambe né i suoi polsi erano legati.
Era stato tutto un sogno?
Il suo cuore perse alcuni battiti quando, posando lo sguardo sul suo braccio, si rese conto di un piccolo foro nel punto in cui si trovava la vena.
No, non aveva sognato un bel niente.
Uscì dalla sua stanza come un fulmine, correndo come un forsennato verso la mensa, non senza essersi guadagnato le occhiate perplesse dei soldati che in quel momento si trovavano nei corridoi. Ne aveva addirittura spinto qualcuno nella foga, ma non c'era tempo per chiedere scusa e cazzate simili.
La mensa fino a poco tempo prima era stata gremita di voci e risate, ma quando Levi fece la sua entrata diventò più silenziosa di un cimitero.
Una moltitudine di volti lo fissava, sia con curiosità che incredulità.
Non diede molto peso agli sguardi dei suoi sottoposti e superiori che lo seguivano mentre camminava con passo nervoso tra le file di tavoli alla ricerca dei suoi occhi. Quanto gli sarebbe piaciuto trovarsi all'improvviso Eren davanti, che lo guardava con la stessa espressione incredula che si era formata sui volti degli altri...
Ma Eren non c'era, e il sangue gli si gelò nelle vene.
«Qualcuno ha visto Eren?» chiese impassibile ad alta voce, spezzando il silenzio che l'aveva accompagnato non appena era entrato nella mensa.
«Cerchi il fidanzatino, Levi?» chiese di rimando Hanji con tono canzonatorio dall'altro lato della stanza, scatenando le risate di diverse persone all'interno della sala. Capì a cosa alludevano quando si rese conto che era uscito dalla sua stanza senza curare minimamente la sua persona: i suoi capelli erano scompigliati e indossava solo i pantaloni del pigiama.
«C'è poco da ridere. Qualcuno l'ha visto?» continuò senza farsi scalfire minimamente dalla battuta della donna.
Nessuno rispose alla sua domanda, e la cosa non fece altro che mandarlo ancora più nel panico.
Sobbalzò quando Petra poggiò una mano sulla sua spalla, riscuotendolo dai suoi pensieri.
«Va tutto bene, Caporale?» chiese apprensiva.
L'unica cosa che Levi fu in grado di fare fu guardarla di rimando.
«No. Non va niente bene.» disse dopo un po'.
«È successo qualcosa ad Eren, Caporale?»
Questa volta non fu la voce di Petra a parlare, ma quella di Mikasa, che a pochi metri di distanza lo guardava con un'espressione di panico dipinta sul volto, così come Armin, l'altro amico di Eren.
Cercò una scusa sul momento.
«Quel cretino mentre ieri eravamo in ricognizione ha scambiato la sua giacca con la mia. Non mi terrò la sua giacca sudata in stanza mentre la mia viene bellamente insudiciata da lui. Quindi no, a Eren non è successo nulla... non ancora, almeno.» rispose minatorio mentre attorno a lui gli altri si lasciavano andare a risate divertite.
Mikasa sospirò, tornando a prestare attenzione alla sua colazione. Petra dietro di lui gli sorrise, tornando al suo posto.
Se fosse stata una mattina come le altre si sarebbe seduto al suo solito posto, avrebbe fatto colazione e poi sarebbe andato a fare le sue solite mansioni noiose.
Ma quella mattina non aveva tempo neanche per la colazione.
Tornò quindi nella sua stanza, pensando a come portare avanti la sceneggiata della giacca: l'assenza di Eren in mensa quella mattina poteva anche non essere notata, dato che non era la prima volta che il giovane si assentava per dormire un po' di più, ma presto o tardi Mikasa, Armin o chiunque altro sarebbero andati a controllare la sua stanza, accorgendosi della sua assenza.
Doveva sbrigarsi a trovarlo, ma al contempo non doveva dare troppo nell'occhio.
Fece un bagno veloce, indossò i pantaloni della divisa e la solita camicia con fazzoletto al collo, evitando di proposito la giacca e infine sistemò i capelli. Il primo passo era quello di cercare qualche indizio nella stanza di Eren, a pochi metri dalla sua. Quindi, dopo essere uscito dalla sua stanza ed essersi posizionato davanti alla porta di quella del ragazzo, diede una veloce occhiata in giro per assicurarsi che nessuno lo stesse guardando in quel momento.
Girò il pomello della porta ed entrò.
La stanza era un vero casino, ma conoscendo Eren era abbastanza sicuro che la camera fino a poco tempo prima non era stata un disastro.
Le lenzuola si trovavano a terra, ammucchiate vicino al letto, l'armadio e la finestra erano aperti, e lo specchio che si trovava accanto al letto era caduto a terra, finendo in mille pezzi.
Si avvicinò proprio a quest'ultimo, esaminando con attenzione i cocci rotti: tra alcuni c'era impigliata una piccola porzione di stoffa bianca, leggermente insanguinata. Chissà... forse Eren aveva fatto resistenza.
Esaminò l'intera stanza, ma non trovò nient'altro che lo potesse aiutare. Aveva solo dei cocci insanguinati e un pezzo di stoffa.
Molto utile.
Imprecò sottovoce, decidendo di controllare quindi nei sotterranei.
Passò quasi due ore buone a cercare lì, ma vi trovò solo polvere e soldati di guardia.
Nulla che potesse ricondurlo a Eren.
Sospirò, ricordandosi di avere alcune faccende da sbrigare, e si ripromise di riprendere le ricerche più tardi.
Inoltre, se c'era qualcuno che doveva sapere assolutamente della cosa (e anche l'unico) quello era Erwin. Il caso vuole che questi fosse a Utopia per delle faccende da sbrigare con il comandante Pixis, e avrebbe fatto ritorno solo nel pomeriggio.
Lasciò quindi i sotterranei, decidendo di tornare nel suo studio per finire di leggere le scartoffie di Hanji e riconsegnargliele.
Mentre camminava per i vari corridoi, si prese un po' di tempo per riflettere.
Non riusciva a trovare un senso in quel rapimento...
Perché fare una cosa del genere? A che pro?
Un normale cittadino o soldato che non appartenesse al corpo di Ricerca non sarebbe riuscito a penetrare nell'edificio con così tanta facilità, quindi si trattava di un membro della legione.
I suoi pensieri furono interrotti bruscamente quando andò a sbattere contro qualcuno.
«Fai attenzione, idiota!» disse tra i denti mentre si massaggiava la fronte, che era andata a sbattere contro il mento dell'altro.
«Come siamo irascibili oggi, eh Levi?»
Ma certo.
Hanji.
«Dovresti prestare più attenzione quando cammini.» disse lui ancora leggermente arrabbiato.
«Levi, non devi preoccuparti! Sono sicura che la tua giacca sta bene, dopotutto Eren è un ragazzo abbastanza pulito.» aggiunse lei con un sorriso.
«Tsk.»
Levi sbuffò leggermente, ritornando poi sui suoi passi, ma fu interrotto nuovamente dalla voce di Hanji.
«Sai, Eren non si è più fatto vedere, oggi. Sicuro che vada tutto bene?» chiese seria.
Levi si voltò quel tanto che bastava per vedere che il sorriso era scomparso dal volto dell'amica.
«Credo di sì. Forse sta male, chi lo sa. Ti sembro la sua balia?» le rispose scocciato.
«No. Era per curiosità.» rispose lei tornando a sorridere.
Tornò a voltarsi, riprendendo la strada verso lo studio, ma non poté nascondere di essere rimasto leggermente turbato dalla domanda della donna.
Che sospettasse qualcosa?
Finalmente chiuse la porta dello studio alle sue spalle, per poi accomodarsi sulla sedia in legno davanti la scrivania.
Aprì il cassetto sinistro per prendere i fogli che Hanji gli aveva dato il giorno prima, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu leggerli distrattamente per qualche minuto, per poi posarli nuovamente; l'orologio segnava le due e ventisei.
Non riusciva a concentrarsi, troppo preso a pensare ad altro.
Ad Eren.
Continuava a pensare a dove diavolo fosse quando una malsana idea iniziò a farsi strada nella sua testa.
E se l'uomo avesse già ucciso Eren?
Il cuore mancò un paio di battiti, e quasi in automatico si alzò dalla sedia, deciso a fare qualcosa. Ma cosa? Nessun indizio, nessuna pista da seguire.
In più c'era un ostaggio.  E Levi non aveva la minima idea di come agire.
Batté il pugno contro il legno duro della scrivania, quasi a voler scaricare la tensione con quel singolo gesto.
Raramente nella sua vita si era sentito così... strano. Come se tutto dipendesse da lui, ma al contempo Levi non potesse farci nulla.
Impotente.
Sì, era quella la parola giusta: Levi si sentiva maledettamente impotente in quell'istante.
Un po' come un bambino che non trova l'ultimo tassello di un puzzle. Quell'ultimo maledetto tassello, che poi per magia spunta dal nulla quando ormai il piccolo perde le speranze.
Ma non esisteva nessuna dannata magia e Levi di certo non se ne sarebbe stato con le mani in mano.
Eren era là da qualche parte, e l'avrebbe fatta pagare all'aggressore.
Furono i brevi colpi contro la porta a destarlo dai suoi pensieri.
«Avanti.»
La figura di Petra comparve nella stanza.
«Caporale.»
La ragazza stava per eseguire il saluto militare, quando Levi le fece intendere che non c'era bisogno di formalità alzando semplicemente la mano.
«Hai bisogno di qualcosa?»
«In realtà, signore, io e gli altri eravamo preoccupati per lei. Ha saltato la colazione e ora anche il pranzo. È sicuro di star bene?»
«Sì, non c'è problema. Sono solo molto stanco e indaffarato, questo è quanto.»
Petra annuì poco convinta, ma lasciò la stanza in ogni caso.
Riflettendoci, però, si decise ad andare in mensa a mangiare qualcosa, in modo da evitare un crollo durante la giornata; fortunatamente Bard, il cuoco, dopo averlo rimproverato più volte sul fatto che doveva presentarsi durante le ore dei pasti e non venire in cucina quando gli faceva comodo, gli offrì alcune fette di pane e un po' della minestra avanzata dal pranzo.
Si trattenne più del previsto, conversando piacevolmente con Bard mentre mangiava, ed erano ormai le quattro quando si decise ad abbandonare il salone.
Poi, fu preso da una nota di emozione mista a fretta: erano le quattro. Erwin doveva essere già tornato da un po'.
Cambiò immediatamente destinazione, correndo a perdifiato per le scale e i corridoi della fortezza, diretto all'ufficio di Erwin.
Mancava così poco... finalmente avrebbe potuto parlare a qualcuno della cosa, movimentarsi per cercare nella fortezza e...
E Erwin sedeva in un angolo della stanza, tenendosi la gamba sanguinante.
«Ciao, Levi. Devo ammettere che non ti aspettavo, in realtà.»
Levi restò fermo nella stanza, come pietrificato dalla visione che aveva davanti.
Impossibile.
Chiuse gli occhi per qualche secondo, nella speranza che una volta riaperti si sarebbe svegliato nel suo letto.
Quando li riaprì lui era ancora là.
«Tu... tu sei...» disse Levi boccheggiando, gli occhi sbarrati per l'incredulità.
«Sono vivo, vecchio mio.» gli rispose Farlan con un sorriso.
Impugnava una spada che teneva puntata contro Erwin, ma aveva concentrato la sua intera attenzione su di lui.
«Come hai-»
«Come ho fatto a non morire? È una lunga storia e non ho molto tempo. Quel giorno sono riuscito a scappare, sai? Ho capito che non ce l'avremmo fatta poco prima che Isabel... che lei morisse.» disse, e per un momento Levi riuscì a percepire una nota di tristezza nelle sue parole.
«Quando feci ritorno in città, ebbi la sfortuna di incappare nei mercanti che facevano da spola tra qui e il Sottosuolo. Hanno pensato che avessi rubato l'uniforme, e mi hanno rigettato lì.»
Il sorriso sparì dal volto di Farlan, sostituito da una smorfia di rancore e rabbia, persino i suoi occhi si strinsero in due piccole fessure mentre guardava Levi.
«Ho trascorso otto anni lì, nella miseria. Nessuno è mai venuto a cercarmi, nessuno ha pensato che ci fosse la minima possibilità che io fossi vivo... Neanche tu, Levi. Probabilmente sarei morto laggiù, se due mesi fa non si fosse presentato da me il figlio di Lobov: un giovanotto viziato in cerca di vendetta. Mi ha dato un po' di denaro e un permesso per stare sulla terraferma, e tutto ciò che dovevo fare era uccidere questo bastardo.» Lanciò una breve occhiata a Erwin, poi tornò a posare lo sguardo su Levi.
Improvvisamente il caporale sembrò fare due più due.
«Hai ucciso tu Alexej.»
«Ho trovato quel disgraziato in una taverna a Trost, e ne ho subito approfittato... era ubriaco fradicio e aveva parecchio denaro. La sua uniforme mi sta a pennello, tra l'altro.»
«Hai anche rapito Eren...»
«Due mesi mi sono stati sufficienti per capire quanto tu ci tenga al ragazzo.»
«Perché? È Erwin che vuoi, no? Lui a che ti serve?» chiese con una punta di collera. 
«A tenerti  lontano dai guai ovviamente. Non potevo permettermi che tu mi stessi tra i piedi. Avresti perso così tanto tempo a disperarti per lui che non avresti messo piede qui, ma devo aver fatto male i conti.» rispose con un ghigno.
Qualcosa nel cuore di Levi si spezzò.
«Ora, se permetti, vorrei portare a termine il lavoro.»
Farlan alzò la spada, deciso a colpire alla gola di Erwin, ma non appena sollevò il braccio Levi gli fu addosso con un ringhio.
Lo gettò contro la scrivania dietro di lui facendogli cadere la spada di mano, ma l'altro fu abbastanza svelto da riuscire a mollargli una ginocchiata nello stomaco, quindi un pugno sulla mascella abbastanza forte da farlo barcollare leggermente all'indietro.
Si pulì un rivolo di sangue che stava uscendo dalla bocca mentre Farlan recuperava la spada da terra.
Quello provò un affondo, ma Levi lo schivò senza troppi problemi, lanciandosi sulla sua destra per provare a sbilanciarlo con un calcio, ma andò a vuoto e Farlan lo colpì alla gamba, tagliando la stoffa e lasciando una precisa linea sulla gamba, che diventava lentamente rossa.
Quando però Farlan tentò un attacco laterale, Levi lo bloccò afferrandogli saldamente il braccio, premendo con forza su un punto di pressione vicino al polso, provocandogli abbastanza dolore da fargli cadere la spada di mano. Infine, girò il braccio in modo da avere il palmo della mano rivolto verso l'alto, poi colpì il gomito con una violenta ginocchiata.
Il rumore dell'osso spezzato si confuse con le sue urla di dolore, e cadde in ginocchio tenendosi il braccio destro.
L'uomo gli fu nuovamente sopra, e con una pedata allo stomaco lo fece cadere supino, poi lo afferrò per il colletto della giacca, tirandolo abbastanza vicino a sé da farsi sentire.
«Lui dov'è?!»
Farlan si limitò a sorridere.
«Ti consiglio di ricordare la tua prima notte, Levi. Potrebbe esserti d'aiuto-»
Le parole furono interrotte dal suo pugno che urtava la guancia di Farlan.
«Non mi uccidi, Levi?» chiese ancora sorridente.
«No... sto solo ricambiando il favore dell'altra notte.»
Levi non aggiunse altro, semplicemente si avvicinò a Erwin, facendolo appoggiare sulla sua spalla per scortarlo nell'infermeria della fortezza.
Mentre lasciava la stanza, udì appena le parole di Farlan.
«Ti odio, Levi.»
In quella decina di minuti, Levi aveva imparato a rinnegare quello che una volta era stato il suo più caro amico, un fratello per lui.
Allora perché il suo cuore fu ugualmente turbato da quelle parole? Era davvero diventato debole, come aveva detto Farlan?  
Per un momento tornò col ricordo alla vita nel Sottosuolo: miseria, inciviltà e criminalità. Era stato proprio in mezzo a tutto quel lerciume che però aveva conosciuto Isabel e Farlan, che erano stati una specie di famiglia per lui. Una famiglia che con così tanta semplicità e crudeltà gli era stata portata via.
Quello che ora giaceva a terra, nell'ufficio di Erwin, non era il suo migliore amico. Era solo un uomo corrotto dalla miseria, adesso.
Cercò di muoversi velocemente per il corridoio, per quanto la gamba ferita del suo superiore lo permettesse.
«Ma come diavolo ha fatto a ferirti?» chiese a un certo punto.
Erwin si limitò a sorridere mentre zoppicava.
«Mi ha colto di sorpresa, a dir la verità. Quando mi sono chiuso dietro la porta dello studio mi ha spinto contro il muro e mi ha trafitto la gamba con la spada.»
«E dire che nessuno si è accorto di lui in questi due mesi...»
La sua frase gli sembrò stranamente stupida quando gli venne in mente che nel trio Farlan era decisamente quello più bravo a nascondersi: se c'era bisogno di attirare l'attenzione di qualcuno, lui era il candidato per eccellenza.
Inoltre, se il suo pensiero era corretto, sapeva esattamente dove cercare Eren.
Ti consiglio di ricordare la tua prima notte, Levi.
Sapeva bene che Farlan aveva inteso la sua prima notte nel corpo di Ricerca, insieme a lui e Isabel.
Girò la testa per controllare Erwin, e si accorse che lo stava guardando con apprensione.
Fermò entrambi appoggiandosi al muro, e Levi non poté nascondere di essere abbastanza sorpreso del gesto.
«Non preoccuparti per me, mi farò aiutare da qualcun altro. Va' da lui.» gli disse con un sorriso.
Non aveva parole dentro lui per esprimere quanto gli fosse grato, quindi si limitò ad annuire.
L'ultima cosa che sentì mentre si allontanava dal corridoio erano i passi di alcuni uomini che correvano incontro ad Erwin.  
Percorse numerosi corridoi e scale, per poi ritrovarsi in un'ala abbandonata del castello. Quella lontana notte primaverile, lui, Isabel e Farlan erano saliti sul tetto dell'edificio, e per farlo erano passati dalla soffitta.
Escluse la possibilità che Eren avesse passato l'intero giorno sul tetto, quindi l'unica soluzione possibile è che fosse stato nascosto nel soffitto tutto questo tempo.
Si arrampicò su due pioli di una vecchia scala in legno attacca a una parete, poi si decise a tirare la botola che fungeva da accesso alla stanza, scatenando una fitta nuvola di povere.
La soffitta era illuminata solo da due o tre candele disposte a casaccio.
In fondo alla stanza, il corpo di Eren era raggomitolato in un angolo; un paio di manette tenevano legate il suo polso destro a un anello d'acciaio conficcato nel muro.
Si accucciò accanto a lui, poggiandogli la testa sulle sue gambe, e mettendo delicatamente le mani ai lati del suo volto.
Sembrava svenuto, e in più un piccolo ma brutto taglio attraversava la sua tempia destra.
Che fosse morto?
No, Farlan non aveva bisogno di ucciderlo...
Eppure lui stesso non era convinto dei suoi pensieri, quindi posò la testa sul suo petto, sospirando di gioia quando sentì i battiti lenti ma regolari del suo cuore.
«Eren? Eren svegliati.»
Attese uno, due, tre, quattro secondi.
Niente.
«Eren? Svegliati, ti prego...» sussurrò, quasi supplicando.
Nessuna risposta. Eren non accennava a muoversi.
«Dannazione, moccioso! Svegliati!»
Uno schiaffo colpì violentemente la guancia di Eren, la cui bocca si storse in una smorfia per il dolore.
«Eren?»
«C-Ca... Caporale?» disse il ragazzo a fatica.
Levi sospirò per il sollievo, stringendo più forte il ragazzo.
«Sì, Eren, sono io. Sono Levi.» 
«Caporale... c'è un infiltrato...»
Levi ridacchiò per l'affermazione del ragazzo, carezzandogli piano la guancia.
«Lo abbiamo preso, tranquillo.»
Passò qualche minuto prima che Eren riprendesse a parlare.
«Acqua...»
Giusto. Eren era stato portato lì la notte prima, quindi la disidratazione e il digiuno bastavano a spiegare perché fosse così malconcio. Gli ricordava molto un bambino, piccolo e debole com'era in quello stato.
«Prima dobbiamo lasciare questo posto, Eren.»
Lanciò uno sguardo alle manette, ma notò che erano troppo resistenti per essere spezzate.
L'unica soluzione era abbastanza dolorosa.
«Perdonami, Eren.» gli sussurrò.
«Cosa-»
Il ragazzo non ebbe tempo di finire la frase, perché Levi gli spezzò il pollice, liberandogli la mano dalla manetta. Eren non aveva neanche abbastanza forze per urlare, quindi si limitò a un forte lamento.
Fece appoggiare a sé il ragazzo, aiutandolo poi a scendere la scala a pioli, poi fu solo questione di non dare nell'occhio.
Si sorprese di quanto i corridoi fossero improvvisamente vuoti, ma capì tutto quando, a pochi metri dalla stanza di Eren, trovò una gran folla riunita attorno all'ufficio di Erwin.
«Povero ragazzo.»
Levi si girò di scatto, preso dal panico, ma si ritrovò davanti la faccia di Hanji.
«Non una parola su questo.» la ammonì lanciandole uno sguardo gelido.
«Tranquillo, nessuno saprà niente.»
L'altro annuì, poco convinto, poi si sbrigò a entrare in camera del ragazzo. Lo prese in braccio per velocizzare le cose e lo depositò sul letto, poi lasciò nuovamente la stanza per andare in mensa.
Lì fu sgridato nuovamente da Bard, ma nonostante ciò riuscì a farsi dare delle fette di pane e una brocca d'acqua, quindi tornò silenziosamente nelle stanze del ragazzo, approfittando del fatto che tutti fossero distratti da Farlan.
Probabilmente era la decima volta che ripercorreva quei corridoi.
Girò il pomello e si chiuse velocemente la porta alle spalle.
«Eren, ti ho portato qualcosa.»
Si sistemò accanto a lui, poggiando il pane e la brocca sul comodino alla destra del letto, poi riempì un bicchiere.
Il giovane osservò per qualche secondo l'acqua che Levi gli stava porgendo, sfiorando le sue dita mentre prendeva il bicchiere dalle sue mani e berne avidamente il contenuto. Ne chiese ancora.
«Dovresti bere più lentamente» lo ammonì mentre gli porgeva il bicchiere nuovamente pieno, e poi qualche fetta del pane che aveva preso alla mensa, finendo poi per guardarlo contrariato a causa delle briciole che stava facendo cadere a terra.
«Tsk. Mi tocca anche pulire...» disse tra i denti.  
Si girò, giusto il tempo di afferrare la scopa abbandonata in un angolo della stanza, ed Eren stava già dormendo di nuovo.



***

La prima cosa che Eren vide al suo risveglio fu Levi.
Aveva spostato una delle sedie presenti nella stanza e l'aveva posizionata davanti al suo letto, e ora dormiva appoggiato contro il duro schienale in legno.
Sorrise, grato che l'uomo si fosse preso cura di lui; notò poi che il comodino alla destra del letto era occupato da una brocca contenente un po' d'acqua e una bacinella: questa conteneva acqua appena tinta di rosso, nella quale era immerso per metà uno straccio anch'esso sporco del suo sangue.
Istintivamente si toccò la ferita alla fronte, restando sorpreso quando sentì la soffice garza contro le dita.
Incredibile.
Levi l'aveva cercato, l'aveva trovato, e si era preso cura di lui. Sarebbe potuto tranquillamente uscire, e invece era rimasto lì a tenerlo d'occhio.
Quell'uomo così freddo e rigido aveva mostrato di avere un cuore grande quanto il mondo accudendolo.
Non illuderti, l'avrebbe fatto con chiunque altro.
Però, quella volta, Levi aveva prestato attenzione solo a lui.
Si sentiva così egoista quando pensava che determinate occhiate del caporale fossero rivolte solo a lui, quando credeva che uno dei suoi rari sorrisi fosse nato a causa sua.
Passò stancamente una mano sul volto, mettendo fine a quel turbine di pensieri, e solo in quel momento notò che la finestra era aperta, e la luna illuminava debolmente la stanza; inoltre c'era parecchio vento, e pensò che Levi si sarebbe sicuramente preso un malanno, coperto solo dalla leggera camicia bianca.
Quindi, si alzò dal letto per chiudere la finestra, cercando di fare quanto meno rumore possibile.
Eppure bastò il semplice cigolare del materasso sotto il suo peso per far aprire gli occhi al maggiore.
L'occhio vigile e attento del caporale si posò subito su di lui. Per un momento, gli sembrò che i suoi occhi grigi brillassero per l'emozione quando si rese conto che Eren era in piedi e che stava decisamente meglio.
«Non chiudere la finestra, ti prego.» lo fermò Levi.
Eren, un po' sconcertato dalla richiesta, annuì, tornando silenziosamente a sedersi sul letto, mentre Levi si alzò per andarsi a poggiare contro stipite della finestra, senza però uscire sul balcone.
Non seppe dire per quanto rimase così, a fissare il cielo, ma intanto nella stanza cominciò ad aleggiare uno strano silenzio misto a tensione.
In più, trovava che Levi fosse dannatamente bello in quella posizione: le spalle rilassate, le braccia incrociate al petto e lo sguardo perso nel nulla, il corpo illuminato solo dalla pallida luce della luna.
Deglutì, scacciando il pensiero dalla testa.
Poi fu proprio lui a rompere quel silenzio.
«È una bella serata, eh?» chiese imbarazzato.
Levi annuì in silenzio.
«Grazie. Per oggi.» aggiunse dopo.
«Non c'è bisogno di ringraziarmi.» rispose l'altro in un soffio, girando appena la testa nella sua direzione.
«Non importa. Ha comunque fatto più del dovuto per me, e le sono grato per questo.»
Anche se non poteva vederlo, era sicuro che il caporale stesse sorridendo.
«Solo... posso farle una domanda, caporale?»
Eren si alzò per avvicinarsi al superiore, finendo col poggiarsi sull'altro stipite.
Proseguì quando Levi annuì impercettibilmente.
«Chi era quell'uomo che mi ha assalito, l'altra sera?»
Lo sguardo dell'altro si fece vacuo, gli sembrò leggermente turbato dalla domanda. Il ragazzo ottenne soltanto il silenzio.
Proprio quando aveva iniziato a pensare che il caporale non avrebbe dato una risposta, quello parlò.                                                     
«Il passato che veniva a bussare alla mia porta.»
Disse semplicemente quello, ma a Eren bastò.
«Ed è stato uno sbaglio aprirgli?» chiese dopo un po'.
«Forse. Dopotutto, Erwin ha rischiato la vita.» disse Levi, sfiorando con il pollice il punto della mascella in cui Farlan l'aveva colpito.
«Tu hai rischiato la vita.» aggiunse successivamente.
Eren ringraziò mentalmente il buio della stanza, sperando che bastasse a coprire il lieve rossore che si era formato sulle sue guance.
«L'importante è che stai bene, ora.»
«Lo devo solo a lei, caporale.»
Levi rise appena, e ad Eren sembrò nuovamente che i suoi occhi grigi brillassero di luce propria.
«Hai finito di fare il sentimentale, Jeager?» chiese con un sorriso.
Probabilmente l'oscurità non serviva più a niente, perché Levi sembrò accorgersi benissimo dell'evidente imbarazzo del più giovane.
Finalmente si rimise composto, sistemandosi la camicia che si era sgualcita appena.
«Se domani dovessero chiederti qualcosa riguardo alla tua assenza di oggi, rispondi semplicemente che sei stato male, e hai preferito digiunare. Per il taglio alla testa puoi dire che sei caduto dalle scale, probabilmente ti crederanno.» riprese con la solita voce atona.
L'altro annuì in silenzio e distolse lo sguardo dal superiore.
Sobbalzò appena, quando Levi posò la mano sulla sua guancia, carezzandola appena.
«Buonanotte, Eren.» disse con un sorrisetto.
Non rispose, troppo preso dal fatto che lui l'avesse toccato, e lo osservò lasciare la stanza in silenzio.
Levi era a pochi metri dalla porta quando il minore afferrò il suo avambraccio, fermandolo.
In risposta, quello alzò un sopracciglio con fare interrogativo, ma restò del tutto spiazzato quando l'altro prese il suo volto tra le mani.
Fu così che Eren, il cuore che batteva più veloce che mai, poggiò le sue labbra su quelle di Levi, i loro corpi immobili nella stanza, illuminati solo dal chiarore della luna.
Nessuno dei due seppe dire quanto quel bacio durò, ma fu il maggiore a spezzare l'unione tra le labbra, allontanandosi di pochi centimetri dal suo corpo.
La stanza gli sembrò improvvisamente fredda.
Se possibile, il sorriso sul volto di Levi si fece più largo.
«Ho detto buonanotte, Eren.» disse con voce bassa, roca, e solo quello bastò a fare fremere il più giovane.
«Allora buonanotte, caporale.» replicò Eren con aria compiaciuta, senza smettere di fissarlo negli occhi.
Quindi, Levi lasciò la stanza, ma non prima di avergli lanciato un ultimo sguardo.
Probabilmente avrebbe trascorso la notte insonne a guardare la luna, sperando minimamente che Eren stesse facendo lo stesso.
Pensò che il ragazzo avesse ragione.
Sì. Era decisamente una splendida serata.


Angolino dell'autrice:

Ehm, salve?
Premetto che è la mia prima fanfiction in questo fandom e che sono piena d'ansia perché è fondamentalmente un Levi!centric, ed essendo un personaggio tanto bello quanto complicato da rendere bene, non vorrei aver combinato un disastro, visto che gli sono particolarmente affezionata.
Se siete arrivati a leggere fin qui, purtroppo non ho medaglie al valore da consegnarvi, ma ho dei biscotti, se vi fa piacere :°
Passiamo alla storia: sì, la mia mente è abbastanza malata da partorire certe cose, ma chi mi conosce bene (un po' come la mia cara _Fire che mi ha praticamente costretto a farle betare la storia) sa che le pazzie per me sono all'ordine del giorno, e chissà? Magari vi è anche piaciuto.
Giusto per farvi fare quattro risate vi racconterò anche il fatto che stavo lavorando alla storia da ben quattro giorni, quando improvvisamente mi sono ritrovata il file in bianco. Già. Ringrazio Windows perché esistono i punti di ripristino, quindi sono riuscita a salvare un quinto del lavoro fatto, e in ben DUE giorni - tempo record eh! - ho riscritto l'intera storia.
Detto ciò vi saluto, sperando che abbiate apprezzato la storia e magari sarete tanto gentili da lasciare un commentino ♥
With love,

Your Joker.


























  
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