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Autore: LittleBigSpoon    09/07/2015    3 recensioni
Alcuni eventi della vita di Bilbo sono da sempre destinati ad accadere, ma non bisogna sottovalutare la volontà di Belladonna Took, e la sua scelta può ancora cambiare la vita di molti.
Questa è la storia di come Bilbo Baggins entrò a far parte del popolo delle Aquile di Manwë, e di tutto ciò che ne conseguì.
{Canon-divergence AU | slow-burn Bagginshield | Un sacco di OC aquile | 22 capitoli}
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note della Traduttrice
Ciao a tutti! Benvenuti - o bentornati - sul canale traduzioni di KuroCyou! Stavolta vi propongo la traduzione di una delle mie storie preferite del fandom, una delle prime che ho letto in effetti. Risale a poco dopo l'uscita del primo film della trilogia, quindi dalla Carroccia in poi segue - più o meno - la versione del libro degli eventi (in breve, non c'è Tauriel - ah!)
C'è molta azione, molti combattimenti, Bilbo è un figo, Thorin è un marshmallow, e ci sono tante AQUILE! Insomma, spero vi piacerà. Sono 22 capitoli, alcuni molto più lunghi rispetto all'altra long che ho tradotto, quindi dovrò vedere con quale cadenza riesco a pubblicare.
Come al solito, per appunti sulla traduzione mandatemi un messaggio privato qui o sul mio account principale,
e trovate la storia completa in originale qui.
Buona lettura!


ps: l'artwork usato per il banner è di ewebean


 

Figlio di Terra e Cielo

by LittleBigSpoon
traduzione di KuroCyou
 
- Prologo -
Belladonna
 

Ci sono alcuni nella Terra di Mezzo che parlano ancora delle Vecchie Storie, quelle che raccontano della creazione del mondo. Parlano di Eru e dei suoi Valar, della volontà data a tutta la Gente Libera della Terra di mezzo, quella cosa splendente e mutevole che li divide dalle distorte creature del disegno di Morgoth. Dicono che, sebbene tutti della Gente Libera siano padroni del proprio destino - nel bene e nel male - ci sono a volte parti della vita di una persona incise così saldamente nella roccia che è come se fossero scritte nelle stelle, tanto lineari e certi sono questi frammenti della vita. Questo è, in tempi difficili, di conforto per molti.

Così fu per Bilbo Baggins. Sebbene più in là nella sua vita fu onorato con quella delicata cosa chiamata scelta - una scelta che avrebbe influenzato molte più vite di quanto non se ne sarebbe reso conto - quel dono gli doveva essere offerto quando Bilbo fosse ben sistemato come un rispettabile scapolo. Il primo terzo della vita di Bilbo nella Terra di Mezzo doveva essere piena di abbondanza, delle quotidiane cose ordinarie che costruiscono una vita beata e pacifica. È così che va, direbbero coloro che ancora sussurrano di Eru Ilúvatar - è così che è, e nemmeno i Valar possono cambiarlo.

Ma nessuno aveva considerato Belladonna Took.

 
 

È così che Bilbo crebbe.

Crebbe come un vero hobbit della Contea, forte e sano, le guance rosee e innamorato di tutto ciò che era verde. Ma c'era qualcosa che distingueva Bilbo, persino nei suoi primi anni, qualcosa su cui Bungo sorvolava ma non Belladonna, che osservava il suo bambino con occhi sempre acuti. Bungo era contento di vedere un figlio fiorente, e l'entusiasmo che Bilbo dimostrava di imparare e leggere gli faceva chiudere un occhio sulla maggior parte dei suoi comportamenti.

Belladonna non diceva nulla delle sue considerazioni. Non c'era bisogno di creare problemi, e se c'era una cosa che odiava, era creare problemi. Comunque indirizzò Bilbo al meglio nei suoi primi anni, e quando lui cominciò a mostrare una tendenza a vagare in giro - anche senza i compagni di giochi - lei lo prese da parte e cominciò ad insegnargli nozioni sulle piante, così almeno non si sarebbe avvelenato per sbaglio durante i suoi vagabondaggi. Prestò anche particolare attenzione nel fargli capire quanto pericolosi potevano essere per gli hobbit i grandi specchi d'acqua. Sedeva con lui, a tarda notte sulla collina erbosa dietro Casa Baggins, fianco a fianco su di una vecchia coperta, una tazza di tè caldo per ognuno, e gli mostrava le stelle in cielo così che lui potesse sempre trovare la strada di casa.

Quando Bilbo raggiunse la pre-adolescenza Belladonna cominciò a preoccuparsi. Bilbo si svegliava presto ogni giorno, e spariva così velocemente da non avere mai tempo per la colazione, cosa che faceva sempre allarmare non poco Bungo.

"Dove te ne vai?" esclamava Bungo quando Bilbo era già per metà fuori della porta.

"Da nessuna parte in particolare!" Bilbo gridava sempre in risposta.

Quando era più piccolo erano stati gli elfi, sempre gli elfi, ma ora Bilbo si considerava troppo grande per certe idee infantili, o almeno troppo grande per dirlo ad alta voce a suo padre.

Belladonna sapeva esattamente dove andava Bilbo. Poteva probabilmente persino indicare con precisione quale sentiero stava prendendo; suo figlio percorreva i passi di sua madre senza neanche saperlo. Bilbo cominciò ad spingersi costantemente ogni mese sempre più lontano da Hobbiville, tanto quanto osava andare, fuori in campi rigogliosi e tranquilli, campi ondeggianti di grano dorato e boschi pregni della presenza della vita, rami che si arcuavano in alto sopra la testa, trasformando la luce gialla del sole in un verde freddo. C'era meraviglia nella Contea, una bellezza tutta di Yavanna, ma Bilbo comunque vagava sempre più in là, allungando le miglia tra Casa Baggins e l'ignoto, verso i punti vuoti della mappa, chiedendosi sempre cosa ci fosse oltre la prossima collina.

Ogni sera Bilbo ritornava senza fallo, sporco di fango fino alle ginocchia, le guance rosse per la fatica della giornata e gli occhi illuminati di gioia.

Bungo scuoteva la testa, sbuffava intorno alla pipa, e faceva qualche tentativo di rimproverare Bilbo, anche solo per il fango che era stato inevitabilmente portato nell'ingresso. Ma erano sempre sforzi poco convinti - per quanto il comportamento di Bilbo sembrasse, agli occhi di Bungo, poco consono ad un hobbit, non poteva essere infastidito dalle avventure del suo unico figlio, specialmente davanti all'evidente felicità di Bilbo.

Gandalf fece visita un anno, in tarda estate, placando velocemente ogni mormorio di malcontento con il suo uso generoso di fuochi d'artificio che incantava tanto gli hobbit più giovani. Belladonna, sempre felice di vedere il suo vecchio amico, fu ancora più felice per il fatto che Bilbo non smetteva mai di parlare degli ultimi botti, scoppi e scintille che aveva visto con i suoi amici. Egli riuscì perfino a convincere Bungo ad andare all'Albero delle Feste una sera, per fare un picnic e guardare la magia di Gandalf in azione. Belladonna non aveva bisogno di essere convinta, e rise di buon cuore con Bungo quando entrambi trattennero il fiato alle esplosioni più grandi.

Dopo una fontana di pioggia dorata particolarmente spettacolare, Belladonna si girò verso Bilbo, seduto alla sua sinistra, per vedere la luce dei fuochi d'artificio illuminare i suoi tratti. Il suo viso era rivolto all'insù, verso i cieli, tratteneva il fiato dalla meraviglia per lo spettacolo, sorridendo a più non posso. Ma il suo sguardo rimase rivolto al cielo molto a lungo dopo che le luci dei fuochi d'artificio si spensero, la sue espressione di gioia svanita per essere sostituita da una feroce brama che Belladonna, con un sospiro interno, riconobbe troppo bene. Belladonna osservò suo figlio che guardava il cielo, e i suoi pensieri volarono ad una scatola nascosta sul fondo di una cassa, dentro Casa Baggins.

Il giorno successivo Gandalf si congedò dalla Contea, promettendo di ritornare, promessa che Belladonna temeva di non vivere abbastanza da veder mantenuta. Gandalf non aveva mai avuto una vera percezione del tempo rispetto alle specie con una vita mortale. Bilbo fu triste di vedere partire Gandalf, ma Belladonna sapeva perfettamente come rallegrarlo. Lo prese da parte più tardi quel giorno, e gli chiese se volesse imparare una nuova lingua. Bilbo era già intento ad imparare l'Elfico, imperterrito nonostante il fatto che non ci fosse nessun'altro nella Contea con cui conversare in Sindarin, così fu immediatamente intrigato dalla prospettiva di un'altra lingua da imparare.

"Cos'è, mamma?" chiese Bilbo, "come si chiama?"

"Non ha un nome, Bilbo," rispose Belladonna.

Bilbo sembrò persino più curioso, se ciò era possibile, il suo viso giovane traboccante di impazienza.

"È la lingua della mia famiglia. Una lingua segreta," continuò lei, aggirando la verità, "Vorresti impararla? È molto diversa dall'Elfico o dalla Lingua Comune.

"Certo che voglio impararla! Quando cominciamo? Possiamo ora? Per favore?"

Quando Bungo entrò nello studio di famiglia quella sera, fu per trovare sua moglie e suo figlio che conversavano felicemente con schiocchi e trilli. Alzò le sopracciglia, scosse la testa con affettuosa esasperazione, e li lasciò fare.

C'erano alcuni, però, che cominciavano a sussurrare di Bilbo. Non i suoi compagni di giochi, grazie al cielo, che consideravano Bilbo coraggioso, e forse un po' idiota, il che per dei bambini significava che Bilbo era un eroe, per un po'. No, i pettegolezzi provenivano da parti che credevano di avere buone intenzioni, a cui piaceva parlare dietro le spalle della famiglia, e mai davanti a Belladonna - la sua lingua tagliente e brutto carattere erano ben noti in tutta la Contea. Ma parole come inappropriato e disdicevole riuscivano a raggiungere comunque le orecchie di Belladonna e Bungo, causando preoccupazione e agitazione in quest'ultimo e lasciando Belladonna a calmare i timori del marito con discorsi fatti a tarda notte vicino al fuoco. Belladonna faceva poco per placare i pettegolezzi, o per controllare le azioni di Bilbo. Cos'era la vita senza un po' di scandalo, dopo tutto? Tra l'altro, Bilbo non sembrava intaccato da tutto ciò, e quello era l'importante, e in generale Bilbo conobbe felicità e pace, e come ridere di fronte alle avversità, e Belladonna ne era lieta.

E poi arrivò il Crudele Inverno, e gli Hobbit conobbero la vera paura.

Calò su di loro con tutta la ferocia di cui un inverno è capace; una bufera arrivò dal nulla un grigio, spento giorno, ed improvvisamente la Contea era sotto una coltre di neve spessa vari piedi. Gli hobbit, sebbene non abituati ad una tale avversità, si misero all'opera dopo qualche giorno di stupore, durante i quali la frase più comune fu 'da dove è venuta fuori tutta questa neve? Riesci a credere a questo tempo?' Le loro dispense erano ben rifornite, ma presto dovettero cominciare a razionare il cibo quando fu evidente che il cattivo tempo non sarebbe passato in pochi giorni o settimane. Febbre e raffreddori si diffusero tra i più giovani e i più vecchi. Bilbo rimase a letto per una settimana dopo essersi preso una forma particolarmente brutta di influenza, ma come molti della sua età era fatto di materia resistente, e si riprese velocemente. Altri più anziani non furono così fortunati; sebbene avessero lunghi anni, fu comunque un grande dolore tra gli hobbit della Contea, perché coloro che avrebbero dovuto vivere serenamente gli ultimi anni furono presi dal gelo invernale. Gli hobbit divenivano sempre più magri ogni settimana che passava, e non sembrava esserci fine alla maledetta neve che li sigillava sempre più nelle loro case.

Pochi si avventuravano fuori quei giorni bui. Poi venne l'ululato dei lupi, i loro lamenti penetranti forti e terribili nelle orecchie degli hobbit, e nessuno più uscì. La famiglia Baggins si ritrovò intrappolata nella propria casa, la sola notizia dal mondo esterno erano voci di bestie terribili che avevano fatto a pezzi un povero hobbit non lontano dalla loro porta. Traevano conforto l'uno dall'altro, avvolti in una coperta davanti al caminetto, troppo sopraffatti da parlare; le sopracciglia di Bungo aggrottate dalla preoccupazione mentre fissava il fuoco, Bilbo accoccolato ai piedi della poltrona di suo padre, il naso in un libro. Non lo stava leggendo, da quanto poteva vedere Belladonna - non girava una pagina da mezz'ora, e i suoi occhi continuavano a rivolgersi alle porte e finestre. Bilbo era quasi un adulto ormai, e Belladonna era orgogliosa del giovane hobbit seduto davanti a lei. Poteva prendersi un momento per l'orgoglio, pensò - qualunque piccolo momento di felicità in questo inverno infinito doveva essere apprezzato.

Una delle notte più buie, dopo che l'ululato dei lupi li aveva attanagliati dalla paura, rendendoli inquieti e facendoli radunare insieme e ascoltare ogni minimo suono finché non furono sicuri che il pericolo era passato, Belladonna andò da sola al suo vecchio baule di legno e lo aprì. Scavò giù sotto i libri, disegni e gioielli rotti che non erano mai stati riparati finché le sue dita non sfiorarono una lunga, sottile scatola di legno laccato. La tirò fuori e ammirò, come faceva sempre, il legno caldo; la luce fioca della sua candela faceva quasi brillare i toni marrone-arancio di un calore proprio. Belladonna aprì il coperchio, e nella semioscurità guardò la lunga penna all'interno, di color oro lucido e meravigliosa nelle sue mani, e pensò al futuro.

Ma tutte le cose devono passare, come fanno sempre prima o poi, e presto i grandi lupi si scontrarono in battaglia con i Raminghi del Nord, che erano arrivati troppo tardi per alcuni, ma furono comunque ben accolti dagli hobbit esausti. Alla fine l'inverno allentò la sua morsa e si ritirò, e la riscoperta vegetazione verde non era mai stata così gloriosa.

Ma l'inverno aveva affondato i suoi artigli in Bungo, e non voleva lasciarlo andare, perfino con le prime avvisaglie di primavera. Si ammalò di febbre anche quando altri gioivano della fine dell'inverno, la stanchezza e la preoccupazione avevano colpito duramente il suo corpo. Bilbo sembrava certo che si sarebbe rimesso in piedi all'istante, e sedette vicino al letto del padre, raccontando a Bungo di tutte le cose che aveva imparato mentre era bloccato dentro. Belladonna stava ferma all'uscio della camera da letto, e non corresse le assunzioni speranzose di Bilbo. Il suo cuore piangeva già con tristezza anticipata, e quella notte le sue peggiori paure si realizzarono quando Bungo cadde in un sonno dal quale non si svegliò.

Bilbo non aveva mai conosciuto il vero dolore, e Belladonna fece del suo meglio per confortarlo le settimane seguenti, ma la maggior parte del tempo era lì solo in parte - a volte la sua mente vagava e ritornava in sé ore dopo, scoprendo di essere seduta nella poltrona di Bungo, le mani strette icosì forte ntorno alla scatola laccata che le sue nocche scricchiolavano quando allentava la presa. C'era alcuni nella Contea che avevano sempre messo in dubbio il suo amore per Bungo, anche dopo anni di felice matrimonio e che Belladonna gli aveva dato un figlio. Era lì per i soldi, dicevano. Ma Belladonna aveva amato Bungo come nessun altro, e sapeva di darne prova ora. Stava svanendo velocemente. Non c'era tempo per pentirsene. Era tempo di fare piani.

Scrisse una lettera a Gandalf e sperò che gli arrivasse in tempo. Se il suo piano avesse funzionato, sarebbe stato il più grande scandalo mai visto nella Contea. Belladonna se ne deliziava. Se doveva morire, allora doveva dare il commiato migliore che poteva. Bilbo sapeva che stava succedendo qualcosa, e Belladonna si disperava a dover tenergli nascoste le cose, specialmente ora che era ancora in lutto. Era confuso e ferito dalla sua chiusura, e anche terrorizzato dall'eventualità che Belladonna seguisse Bungo. La morte di suo padre aveva aperto gli occhi di Bilbo alla realtà, e un po' della sua ingenuità e innocenza erano morte con Bungo. Se le cose fossero rimaste così com'erano, sarebbe stato presto solo, e Belladonna non intendeva permetterlo. Bilbo non era mai stato interessato alle ragazze e ai ragazzi che avevano provato a corteggiarlo, anche se c'erano state delle avventure nella sua adolescenza. Nessun bambino sarebbe corso nei corridoi della loro casa, e non ci sarebbe stata una famiglia per Bilbo, a parte lontani cugini che stavano velocemente diventando hobbit rispettabili, dismettendo le loro aie avventurose. Ma Bilbo avrebbe avuto una famiglia dopo la morte di Belladonna. Se ne sarebbe occupata lei. Non sarebbe forse stata la famiglia che Bilbo si aspettava, ma sarebbe stata vera come ogni altra nella Contea.

Una lettera comparve alla posta un giorno d'autunno, e Belladonna ebbe la sua risposta. Sarebbero arrivati tra cinque giorni, e poi suo figlio avrebbe affrontato una scelta. Era arrivata appena in tempo - c'era poca vita in Belladonna quei giorni.

"Bilbo," chiamò Belladonna, "Bilbo, vieni qui."

"Che c'è, mamma?" disse Bilbo, accorrendo nella stanza, "Ti serve qualcosa? Una tazza di tè? Sei abbastanza al caldo?"

"Sto bene, tesoro," Belladonna mentì con facilità, "vieni a sederti con me." Bilbo si sedette davanti a lei, le sopracciglia aggrottate con preoccupazioni.

"C'è una cosa che devo dirti," gli disse, "e parte di essa sarà difficile da ascoltare. Ma dovrai essere forte per me, puoi farlo?"

Lui si allungò e prese una delle sue fredde mani in entrambe le proprie, la paura evidente sul suo volto giovane. "Posso provarci, ma di cosa parli, mamma?"

"Avremo dei visitatori, presto. Saranno diversi da qualunque cosa tu abbia mai visto, Bilbo. Ah! Non vedo l'ora di vedere la tua faccia," sorrise amaramente al pensiero, "Sono miei vecchi amici, di quando ero una giovane hobbit come te, e andavo all'avventura. Il loro Re mi deve un favore," e Belladonna continuò persino sopra Bilbo che farfugliava "il loro Re!", continuando spensierata, "e ti verrà data una scelta. Ascolta Bilbo. È importante. Mi dispiace doverti dare questo peso ora che sei così giovane, ma non sarò nei paraggi per molto a lungo, temo."

"Mamma," sussurrò piano Bilbo, sorpreso dalla sua improvvisa ammissione. Nessuno di loro aveva parlato ad alta voce delle loro paure fino a quel momento, "non dirlo, ti prego non…"

"Le cose stanno così, tesoro. Mi dispiace tanto di non poter vivere per vederti diventare adulto. No, non provare a negarlo," disse quando Bilbo scosse la testa, provando a trattenere un singhiozzo, "Sappiamo entrambi cosa sta succedendo. Ma non morirò senza averti dato questo."

Bilbo si morse il labbro, cercando di fermare il flusso di lacrime, ma non poté impedire che qualche grossa goccia gli rotolasse sulle guance.

"Hai l'opportunità di incontrare un'altra famiglia," gli disse, "non molti ce l'hanno. Questi visitatori - ah! - beh, immagino che ti prenderanno sotto la loro ala. Ti offriranno amore e protezione, se vuoi. Non solo, ma potrai uscire fuori e vedere il mondo, Bilbo! Potrai vedere le montagne e i grandi boschi e cose che potevi solo sognare, cose che non sono nemmeno nei tuoi libri. È quello che hai sempre voluto. Lo so. Sei il figlio di Bungo, ma sei anche mio figlio, e non avrei mai voluto che tu rimanessi nella Contea, senza avere le tue avventure."

"Non capisco," esclamò improvvisamene Bilbo, "Non voglio una nuova famiglia, voglio te qui, mamma, è tutto ciò di cui ho bisogno, non importano le avventure!"

"Beh," disse Belladonna con un piccolo sorriso, appoggiandosi all'indietro nell'abbraccio di quella che sarebbe sempre stata la poltrona di Bungo. "Vedremo." La conversazione l'aveva lasciata senza fiato, e poteva sentire un grande peso sollevarsi dal suo petto. Non molto a lungo ormai. Bilbo non capiva, ma l'avrebbe fatto presto. Odiava lasciarlo così, ma aveva fatto del suo meglio.

"Puoi desiderare certe cose, Bilbo ma non significa che si avvereranno. Non posso rimanere molto a lungo ancora con te - questo non cambierà. Nei prossimi giorni sarai posto davanti ad una scelta: rimanere qui a Casa Baggins e vivere una vita ordinaria - che non è una brutta cosa, fammelo dire. Oppure puoi scegliere di andare con i nostri visitatori e lasciare che il tuo mondo si apra. È una tua scelta. Sappi che non penserà male di te, se dovessi scegliere di restare nella Contea."

Bilbo piangeva senza freni ora, incapace di trattenere ulteriormente le lacrime, stringendole la mano come se potesse spingere il calore di nuovo nelle sue dita intorpidite

"Ma basta con questo ora," gli disse lei, ricambiando la stretta sulla sua mano più che poteva. "Raccontami una delle tue storie, Bilbo, se ti va. Hai un modo così bello di raccontare, te l'ho mai detto?"

Nonostante il dolore vivido, Bilbo riuscì a fare un sorriso umido. "Mamma, me lo dici almeno una volta al giorno," disse debolmente, ma la accontentò comunque, e sedette con lei per tutta la lunga notte, finché lei non si addormentò con Bilbo raggomitolato vicino alla poltrona di Bungo, uno scialle sulle spalle, stringendo ancora la mano della madre. Quel mattino, quando fu svegliato dalla debole luce del sole che filtrava attraverso il cielo nuvoloso, scoprì che quel poco calore che c'era nella mano di Belladonna la sera prima era svanito, e lei non si destò quando provò a svegliarla.

E così Belladonna fu seppellita nella buona terra, dalla quale tutti gli hobbit si pensava venissero. Bilbo osservò il funerale di sua madre con occhi ciechi, e nessuno dei molti hobbit che parteciparono alla funzione poté consolarlo.

Tre giorni dopo, le Aquile di Manwë scesero sulla Contea.

Continua...


Note della Traduttrice - reprise

E questo è il prologo! Spero che la cosa vi stuzzichi l'interesse :3 I nani arriveranno, ma solo nel 4° capitolo, prima ne succederanno delle belle però, quindi stay tuned!
A presto!
KuroCyou

  
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