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Autore: Mia addams    10/07/2015    1 recensioni
Il mio nome era Lily Potter. La mia vita non poteva definirsi noiosa ma di certo non era all'altezza della vita che aveva vissuto la mia famiglia. Spendevo il mio tempo mettendomi nei guai e progettando schemi di Quidditch, attività che adolescenti scalmanati potevano benissimo portare avanti senza finire un giorno sì e uno no in fin di vita.
Ero nata in una generazione che aveva tutto, che non aveva nulla per cui lottare, nulla in cui sperare. Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava ma mi sentivo alquanto inutile.
« Sei fortunata! » mi rimbeccava continuamente mia madre. « Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato? »
« Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo! »
E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?
Genere: Avventura, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominique Weasley, Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Lysander Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Prologo.


Il mio nome era Lily Potter.
Non avevo una vita noiosa ma di certo non era all'altezza di quella che aveva vissuto la mia famiglia. Spendevo il mio tempo mettendomi nei guai e progettando schemi di Quidditch, attività che adolescenti scalmanati potevano benissimo portare avanti senza finire un giorno sì e uno no in fin di vita. Sempre se qualche Serpeverde non ti giocava un brutto tiro ogni qual volta che ti trovavi a passare per i corridoi. Il Cappello Parlante ebbe qualche dubbio sul mio conto ma mi smistò nei Grifondoro. Il mio secondo nome? Luna, e non avrebbero potuto far centro più di così. La mia debolezza? Il paragone con la mia generazione e quella di mio padre.
Ma cosa potevo fare io se mio padre era stato un grande eroe e io, a sedici anni, non riuscivo neanche a mettere a salvo una piantina della serra di Erbologia?
Ero nata in una generazione che aveva tutto, che non aveva nulla per cui lottare, nulla in cui sperare. Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava ma mi sentivo alquanto inutile.
« Sei fortunata! » mi rimbeccava continuamente mia madre. « Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato? »
« Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo! »
E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?




Il senso di avventura mi avvolse ad ogni passo nella foresta durante le vacanze estive trascorse coi Lovegood e sentirmi immersa in quell'atmosfera verde e sconfinata fu un'esperienza magnifica. Luna mi conosceva abbastanza bene da sapere che adoravo la natura e fu ben contenta nell'invitarmi a passare l'estate insieme a lei e la sua famigliola e io, dal mio canto, fui ben contenta nell'accettare. Senza contare le stranezze della mia stramba madrina, amai quella breve vacanza. Inutile dire che quando tornai a casa mi mancò tutto quello che avevo fatto durante l'estate, compresa la piccola famigliola Lovegood. Quelli che di certo non mi erano affatto mancati, però, erano i miei innumerevoli casini familiari.
« Non staranno mica molto, Gin, non fare storie! » stava dicendo mio padre, gesticolando in modo esagerato in direzione di mia madre.
E menomale che quel giorno sarei dovuta partire per Hogwarts per iniziare il nuovo anno, altrimenti di certo non li avrei sopportati. E menomale che quella colazione sarebbe dovuta essere una colazione tranquilla, per non turbare il mio ritorno a scuola e soprattutto per assicurarmi che a Natale avessi ancora entrambi i genitori.
« Io non faccio storie! » lo contraddisse con foga mia madre, molto rossa in faccia per i nervi.
Mia madre era davvero orribile quando si arrabbiava. Io, a detta dell'intera famiglia Potter, le somigliavo moltissimo, anche se i miei due fratelli, James e Albus, avrebbero giurato che fossi addirittura più terribile di lei.
« Non essere sciocca, tesoro, ti pare che... »
« Non le voglio quelle due vacche in casa mia! »
« Anne e Dahlia non... »
Per aprire una spiacevole parentesi, Anne e Dahlia erano delle cugine alla lontana di Fleur (e purtroppo erano anche delle mezze Veela) che avevano deciso di sbarcare in Gran Bretagna per lavorare al Ministero della Magia insieme a mio padre in un reparto molto poco importante che prevedeva l'organizzazione di scartoffie e giornali. E questa era la parte peggiore di tutte. Lavorando con mio padre, facevano regolari visite a casa mia. E io le detestavo col cuore.
Come avevo potuto non udire, le due vacche si sarebbero fermate a casa nostra fino a tempo indeterminato. E inoltre, erano anche l'argomento di litigio dei miei genitori.
Spalmai con ferocia la nutella sopra alla mia fetta di pane cercando di ignorare quell'inutile e poco fruttuoso ennesimo litigio che, oltretutto, avveniva sempre durante i pasti. Ci tenevo ad ammettere con sincerità che la situazione in famiglia non era delle più amorevoli. Non avrei saputo spiegare il motivo per il quale in quel periodo non si faceva altro che far volare Schiantesimi in giro per la casa ma dovevi ritenerti fortunato se ne scansavi uno. Io, ormai, ero diventata un'esperta.
Ai miei genitori piaceva discutere di tutto: del mio strano comportamento, delle sorelle Delacour, di lavoro, delle sorelle Delacour, del fatto che James dovesse prendere le redini del suo futuro, delle sorelle Delacour, del fatto che Al lavorasse troppo, delle sorelle Delacour. E questi erano solo pochi dei loro argomenti preferiti.
Feci roteare gli occhi, sporcandomi un dito di cioccolato.
« Mattinata interessante, eh? » intervenne la voce di uno dei miei fratelli mentre mia madre mi lanciava uno straccio pulito.
Mi voltai in direzione della voce e osservai mio fratello James fare il suo teatrale ingresso in cucina a petto nudo e con degli orribili pantaloncini corti dai motivi a fiori hawaiani. Inquadrato il cipiglio di mia madre, fece un sorrisetto sghembo e prese posto accanto a me, in apparenza senza dare per niente peso alle occhiate che i nostri genitori gli lanciarono.
« Hai finito di allenarti? » chiese mamma rapida, come da copione.
« In questo momento. » rispose mio fratello con estrema noncuranza, servendosi delle uova in camicia.
« Sei tutto sudato, in effetti. Come vanno gli allenamenti? »
James sorrise, strizzandomi l'occhio. « Bene, mamma, come sempre. Sono certo di riuscire ad entrare ad occhi chiusi a far parte della squadra di Quidditch più famosa del mondo. Potrei già considerarlo un lavoro a tempo indeterminato. »
« Non ti piaceva proprio fare lo spogliarellista, vero? » intervenni, sadica.
James rise con gusto, a differenza dei miei genitori che si incupirono.
« Lily. » mi ammonì immediatamente mio padre, che sicuramente stava immaginando la scena del figlio nell'atto di calare giù i pantaloni mentre il porridge che aveva appena mangiato gli saliva pericolosamente su.
« Ero lì per quella scommessa persa contro quel coglione di Al, non lavoravo mica in quella topaia di pub. » fu la giustificazione di mio fratello, detta tra il riso. « Maledetta serpe. »
« Merlino santissimo! » esordì mamma, guardandomi con aria che dichiarava aperto omicidio nel caso avessi buttato lì qualche altra provocazione delle mie. « Potrei capire tua sorella che ha sedici anni ma tu... » disse, voltandosi verso James, che aveva smesso di ridacchiare. « vuoi darle il buon esempio o continuerai ad istruirla alle tue cazzate? Non che ne abbia la necessità, ma un minimo di buon esempio non guasterebbe! »
« La mamma ha ragione. » convenne subito mio padre, pronto a fare di tutto pur di tenere buona sua moglie. « Hai quasi venti anni. »
James ci tenne a rispondere con una risatina e con qualcosa che somigliava incredibilmente ad una mezza parolaccia e mio padre lo riprese sui comportamenti da acquisire a tavola e: « santo cielo, non davanti a tua sorella! » come se fossi ancora la bambina che ripeteva a pappagallo gli epiteti poco carini e le maledizioni che proferivano i miei fratelli.
« Potresti darmi una mano al Ministero nel mentre che ti prepari ai provini, James. » insistette mio padre, con la speranza che il rimprovero avesse sortito qualche effetto su mio fratello. « Ho molti contatti, lo sai. Non che servano dati i tuoi voti eccellenti... »
« Ancora con questa storia? » mi intromisi, seccata. « Vuole entrare nella nazionale inglese di Quidditch, non in quella noia di Ministero. Ma lasciatelo respirare, Circe maiala! »
Al che non dovetti aspettare molto per la mia espulsione dalla cucina. Mio padre, che si era gonfiato tutto come un pollo, aveva dichiarato che: « queste non sono cose che dovrebbero interessarti, vai in camera tua! Io e tuo fratello dobbiamo parlare di faccende lavorative. E se ti sento ancora dire parolacce ti affatturo la lingua! ».
Così, esasperata fin dalle sette del mattino, corsi velocemente in camera mia e diedi libero sfogo alla mia rabbia, sperando di non svegliare mio fratello Al che dormiva nella stanza accanto.




Dopo nemmeno due orette, lo specchio mi restituì l'immagine sudaticcia di me stessa. Forse non avrei dovuto prendere a calci e pugni il sacco da boxe prima della partenza. Se Dominique mi avesse vista in quello stato sarebbe fuggita via e se non mi fossi data in fretta una lavata per permettere a quel cattivo odore di lasciarmi definitivamente avrebbe perfino rifiutato di sedersi accanto a me nel treno.
Mi asciugai il viso e continuai a scrutare il mio riflesso nello specchio. Avevo lunghi capelli rossi e la mia altezza lasciava a desiderare. Esile e mingherlina, occhi castani come quelli mia madre, labbra carnose, lentiggini e fossette sulle guance. Sarei stata una bella ragazza per i miei parenti se avessi smesso di vestirmi come un maschiaccio nel pieno di un concerto rock tutte le volte che non indossavo abiti da strega.
Mi preparai in poco tempo e scesi in cortile, trovando i miei genitori che mi aspettavano in auto. James e Albus avevano preferito restare a casa, così io e i due perenni litiganti ci avviammo in perfetto orario verso la stazione di King's Cross, dove era certo che i miei cugini mi stavano aspettando. Godric's Hollow apparve come una città lontana mentre la salutavo con una breve occhiata, allontanandomi sempre di più da casa.
Fummo sul binario nove e tre quarti in pochi minuti e, come avevo previsto, qualcuno mi aspettava: Hugo, il mio fedelissimo compagno di avventure. Mentre mi avviavo verso mio cugino, orde di studenti cominciarono a sventolarmi le mani davanti al viso e io ricambiai i loro calorosi saluti con un sorriso forzato. Ero più popolare di quanto ci tenessi ad ammettere, ad Hogwarts. Inizialmente, perché ero la figlia del grande Harry Potter ma dopo sei anni le persone avevano cominciato a trovarmi interessante per via del mio modo di essere e per i numerosi guai che avevo combinato durante il mio percorso scolastico al castello, non perché ero la figlia dell'eroe del mondo magico.
« Hugo! » esclamai, salutando l'ultimo timido Tassorosso con una mezza smorfia e correndo incontro a mio cugino.
« Ciao, terremoto. »
Hugo era giusto dieci centimetri più alto di me ma tutti ci scambiavano per gemelli. Stesso colore di capelli, stesse lentiggini e stessi grandi occhi castani.
« Come va stamattina? » mi chiese Hugo, osservando attentamente il mio viso paonazzo.
« Come sempre. » risposi, melodrammatica. « Un disastro, quindi. »
Lanciai uno sguardo ai miei genitori che si erano messi a chiacchierare con zio Ron e zia Hermione e sbuffai, pensando a cosa avessi fatto tanto di male per meritarmi due genitori che non facevano altro che tormentarsi a vicenda. E non esageravo: l'atmosfera a casa mia era da mesi tesa, seria, spiacevole.
« James e Al non sono venuti? » chiese mio cugino, toccandosi quel poco di barbetta rossa che gli era cresciuta durante l'estate.
« No. » risposi, seccata. « Hanno preferito abbandonarmi nella fossa dei leoni. Beh, fortuna che adesso me li tolgo dalle pall-mamma! »
« Quasi non ti vedevo più. » disse lei, che era sgusciata improvvisamente tra me e mio cugino manco si fosse smaterializzata, cominciando a sfogare la sua rabbia con il colletto del mio cravattino Grifondoro, che era perfettamente in disordine. E a me piaceva. « Ciao, tesoro della zia. » inserì affettuosa, scompigliando i capelli rossi di un sorridente Hugo. Poi si rivolse di nuovo a me, sporgendo la mascella come solo lei sapeva fare: « Dove sono i tuoi occhiali? »
Mi toccai dappertutto. « In tasca. » risposi, senza battere ciglio. « E molla il cravattino, mamma, per l'amor del cielo! »
« La tasca non ci vede? Mettiti subito gli occhiali! » decise, e si allontanò tutta impettita per salutare un paio di colleghi di lavoro.
« La tasca non ci vede? » la scimmiottai, facendole il versetto mentre mi infilavo gli occhiali rotondi stile Potter. « Ma che diavolo le prende ultimamente? »
« Ciclo. » rispose mio cugino, annuendo con fare serio e con la nonchalance di chi sa esattamente cosa si prova.
« Lascia perdere. » sospirai. « Ho buoni propositi per quest'anno scolastico. Ma dove sono gli altri? »
« Non ne ho idea, ma allontaniamoci subito da qui se non vogliamo morire prima di cominciare il nuovo anno. » disse mio cugino, osservando lo sguardo minaccioso di sua madre e decidendo di battersela in ritirata.
Mi prese per il gomito e mi trascinò lontano dalla nostra famiglia, invitandomi visibilmente a camminare per la banchina affollata. La stazione era ghermita di studenti dagli undici ai diciassette anni, tra cui spiccavano i primini, agitati ed emozionati per quella nuova avventura.
« Prima ho visto Fred che chiacchierava con il caro Frank Paciock. » mi informò mio cugino, salutando una studentessa più grande di lui di due anni. « Poi zio George mi ha preso in disparte e mi ha chiesto a che punto stiamo con le nuove Merendine Marinare. » alzò gli occhi al cielo. « Di questo passo finiremo per sperimentare sugli studenti dei prodotti ancora non messi in commercio. »
Controllai che mia madre non fosse a portata di orecchie (e di occhi, soprattutto) e infilai la mano in tasca, mostrando ad Hugo un sacchetto pieno zeppo di galeoni.
« Questi. » dissi, indicando il sacchetto tintinnante. « li ho rubati dal conto di mio padre alla Gringott con un piccolo aiutino di James. Ci serviranno per pagare gli studenti che ingeriranno le Merendine ancora difettose. »
Hugo fece un cenno di approvazione verso il sacchetto e mi sorrise soddisfatto, incitandomi a nascondere di nuovo il denaro rubato.
« Non posso credere che i nostri prodotti saranno esposti al Tiri Vispi. » disse, emozionato al sol pensiero. « Diventeremo famosi! »
Un gruppetto di ragazzine del terzo anno, sedute sui loro grossi bauli, sbatterono le palpebre all'indirizzo di mio cugino e sospirarono rumorosamente. Due ragazzi del settimo anno intercettarono me e mi sorrisero, cominciando a sistemarsi in modo maniacale i capelli e specchiandosi nel finestrino del treno per controllare che fossero perfettamente in ordine.
Diventeremo famosi...
« Come non detto. » fu il commento divertito di Hugo, che scosse il capo come se mi avesse letto nel pensiero.
Continuammo a camminare per la grande stazione affollata, non dando retta agli sguardi incuriositi e inquisitori dei nuovi studenti e scambiando quattro chiacchiere con chi ci fermava per salutarci.
« Con la pozione che cambia colore di capelli a seconda dell'umore a che punto sei? » mi chiese Hugo, con uno sguardo che non ammetteva scuse ma che era altresì rassegnato e pronto a tutto.
« Oh. » balbettai, osservando con interesse gli anfibi che sbucavano da sotto l'uniforme scolastica. « La pozione che cambia a seconda... sì, sono a buon punto. »
Hugo fece uno sbuffo esasperato. « Certo. E io sono Merlino. »
Mi morsi un labbro intercettando l'omicidio sul suo volto. « D'accordo, non sono a buon punto. » ammisi. « Ma ci posso lavorare! »
Mio cugino fece un altro sbuffo rumorosissimo, avanzando così tanto il passo che feci fatica a stargli dietro. Hugo, comunque, aveva ragione: erano mesi che lavoravo su quella pozione particolarmente estrosa ed ero stata capace solo di fare un grosso buco nell'acqua. Aumentai ancora di più il passo della corsetta, urtando accidentalmente la spalla di un ragazzino minuscolo, un primino, che protestò a gran voce.
Li fanno sempre più maleducati. - pensai, drizzandomi gli occhiali rotondi sul naso e alzando un sopracciglio con eloquenza.
Il ragazzino assunse una strana espressione. Fissò prima i miei occhiali rotondi con insistenza e un secondo dopo i capelli rossi. Con un ghigno malefico a dir poco, Hugo si avvicinò al bambino e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio. Il primino spalancò gli occhi come fari e corse dalla madre, probabilmente per dirle di aver appena incontrato la figlia di Harry Potter e di averle urlato contro.
Io e mio cugino scoppiammo a ridere di cuore, indicando il ragazzino spaventato mentre tornavamo indietro dalla nostra famiglia.
« Avete finito di spaventare i primini, voi due? »
Una voce familiare ci fece voltare entrambi di scatto. Con gran sollievo, intercettammo Louis e Dominique che si trascinavano davanti a dei furibondi Bill e Fleur con facce che dichiaravano apertamente il suicidio. Io e Hugo ci fissammo e quando mia madre chiese a Fleur che cosa fossero quelle facce da funerale, Bill intervenne dicendo di aver messo le mani su una lettera abbastanza compromettente che Dominque aveva scritto ad un ragazzo e che Louis c'entrava nella faccenda e ci teneva a coprire la sorella.
Se non altro, da quella mattinata avevo capito di non essere l'unica ad avere problemi.
« Mio padre sta impazzendo, e non scherzo. » aveva sospirato Louis, tenendosi a debita distanza dagli adulti e salutandoci con calore. « Avete smesso di terrorizzare gli undicenni? »
Non c'era nessun ragazzo al mondo più gentile e dolce del bellissimo Louis, e tutte le ragazze di Hogwarts (perfino i fantasmi) impazzivano per lui. Era il prototipo di ragazzo perfetto, non l'avevo mai udito alzare la voce o maltrattare qualcuno, e i suoi occhioni e folti capelli color rame avrebbero fatto innamorare perfino una vecchia acida zitella.
« Meglio se filo nel treno o mio padre mi ammazza sul serio. » mio cugino si voltò verso sua sorella, incantando anche il suo baule e facendo una smorfia che lo faceva apparire stranamente buffo e tenero. « Sono ancora offeso per la strigliata ricevuta per colpa tua, Domi. » accluse, scappando letteralmente via coi due bauli incantati.
Hugo fece una pernacchia a Dominique e seguì Louis, estraendo la bacchetta per incantare i nostri bauli.
Dominique sorrise, sbottonandosi i bottoncini della sua camicetta e sventolando una mano all'altezza del volto. Era 1/8 Veela come suo fratello Louis e sua sorella Victoire, era la loro sorella minore ed era splendida esattamente quanto loro. Aveva setosi capelli ondulati di colore rosso scuro, identici a quelli del fratello, occhi di un celeste cristallino come il mare e un fisico che faceva invidia a madre natura in persona.
Mi schioccò due sonori baci sulle guance e chiese: « Come sono i miei capelli? » posizionandosi una ciocca di un ricciolo dietro all'orecchio. Era naturalmente bella senza un filo di trucco e sotto l'uniforme scolastica portava due vertiginose zeppe che probabilmente Bill non aveva notato, esattamente come i miei genitori non avevano notato i grossi anfibi neri che portavo ai piedi.
« Bellissimi. » risposi senza neanche guardarli, pulendomi il segno del rossetto che probabilmente Domi mi aveva lasciato sulla guancia.
« Sicura? »
« Sicurissima. Tutto bene con...? »
L'espressione minacciosa di mia cugina era la risposta alla mia domanda su quanto non dovesse andare tutto bene con i genitori. Decisi che forse era meglio salire sul treno e lasciare perdere quell'argomento. Anche perché mia madre e zio Bill si erano appena coalizzati contro le rispettive figlie blaterando assurdità per quanto riguarda l'indisciplina, il fatto che ci trovassimo in un periodo particolare dell'adolescenza, e accuse varie alla mia persona.
Io e Dominique salimmo sul treno e ci chiudemmo la portiera alle spalle.
« Oh, mi sento molto meglio. » esordì, facendo un gran respiro mentre si svestiva della sua tunica. « D'accordo, prima di partire corriamo immediatamente in bagno. Mi accompagni, vero? »
Lungi da me negarle la mia compagnia quando in qualche faccenda c'entrava il bagno.
« Andiamo. » risposi, alzando le spalle.
La seguii per tutto il tragitto verso il bagno, mentre lei sgambettava con le zeppe ai piedi e non degnava nessuno di un solo sguardo. Vidi che alcuni ragazzi cercavano di attirare la sua attenzione ma Domi diede loro attenzioni tanto quanto ne avrebbe date ad uno Schiopodo Sparacoda: non le piaceva per niente mettersi in mostra e detestava le attenzioni delle persone. Nessuno ci avrebbe creduto ma mia cugina ci teneva a compiacere più se stessa che i ragazzi.
Cosa che nessun ragazzo, naturalmente, nel corso degli anni aveva capito.
« E cosa avresti scritto a questo ragazzo misterioso durante le vacanze? » le chiesi, evitando per un pelo di finire addosso ad un altro primino.
« Era una lettera innocente al nuovo Caposcuola di Corvonero, Mark Baker, l'amico di Jason Goldstein, hai presente? Organizzano sempre le feste clandestine. » rispose mia cugina, con enfasi. « Era un vero sfigato inizialmente, devo ammetterlo, ma pare che la vacanza in Brasile gli abbia fatto proprio bene. »
Ridacchiai scuotendo il capo con rassegnazione e mi infilai nella minuscola toilette del treno, seguita a ruota da Dominique. Mia cugina si era già parata di fronte allo specchio, scrutando il suo riflesso con un sorriso poco convinto.
« Sai com'è fatto mio padre... si agita per un nonnulla. » disse, ripassandosi il rossetto. « Non avevo scritto niente di particolarmente perturbante in quella lettera, a parte qualche apprezzamento al suo nuovo fisico palestrato e qualche battutina maliziosa. Insomma, non c'era motivo di andare in paranoia! L'ha detto anche mamma. »
« Certo. » annuii, facendo pat pat sulla testa di Dominique mentre chiudevo a chiave la porta, pensando che probabilmente Fleur avrebbe ritenuto innocente anche se Domi si fosse portata a letto il vicino ottantenne.
Le mani di mia cugina trovarono in un secondo l'unico capello che le avevo messo fuori posto per lisciarlo delicatamente e metterlo di nuovo in ordine.
« Mamma mi ha sempre difesa ma mio padre ha davvero esagerato questa volta. » intercettando la mia espressione divertita e scettica, aggiunse: « Sì, fai pure quella faccia. Piuttosto, non hai fatto neanche una telefonata mentre eri in vacanza con i Scamander. »
« Non ho chiamato nessuno. » mi giustificai, prendendo posto sull'asse chiusa del water e accovacciandomi su di essa. « Non prendeva mica campo in mezzo alla foresta, e poi sono tornata solo pochi giorni fa. Quante volte vorrai farmelo ripetere? Prima della partenza sei stata una delle prime che ho chiamato. »
Dominique mi fece un sorrisetto malizioso che non prometteva nulla di buono.
« In mezzo alla foresta. » ci tenne a ripetere, sogghignando. « Dove tu eri con Lysander Scamander. »
« E con Lorcan. » precisai, imbarazzata e spiazzata dall'improvvisa spudorata affermazione. « E anche con Luna e Ro... »
« Sì, ma Lorcan non sembra essere affatto il tuo tipo. » mi interruppe mia cugina, non facendomi neanche completare la frase.
« E con questo cosa vorresti dire? » ribattei, cominciando ad agitarmi.
« Che vi ci ho sempre visti insieme. » rise Dominique, sporgendo le labbra e decidendo che magari una seconda passata di rossetto non le avrebbe fatto male. « Non te e Lorcan, naturalmente. Sì, Lis, so benissimo cosa hai intenzione di dirmi: che i due Scamander sono gemelli, che li conosciamo da una vita, ma adesso non si somigliano molto d'aspetto, vero? Ad esempio, Lorcan non mi piace, quel secchione Corvonero ossessionato patologicamente dagli animali fantastici. »
« Anche il gemello non scherza... »
« Non in maniera patologica. » ci tenne a precisare Dominique, in tutta fretta. « Sembrano in contrasto tra loro. »
« Beh, un pochino. Si vogliono bene a modo loro. »
Lorcan desiderava fare l'insegnante o lavorare al Ministero nell'ufficio regolazione e controllo delle creature magiche, avere una carriera. Lysander, invece, non era affatto interessato alla carriera nel Ministero: adorava semplicemente gli animali fantastici e coltivava tranquillamente la sua passione.
« Ho imparato a conoscere Lysander in questi anni, ci becchiamo spesso nella sala comune di Serpeverde. Ovviamente, non abbiamo un vero e proprio rapporto, scambiamo solo quattro chiacchiere. È sbarazzino, divertente e sembra anche molto gentile. E a dirla tutta, ho anche notato una certa chimica tra voi prima che partiste per la vacanza insieme, e inoltre... »
Preferii non interrompere la conferenza di mia cugina sul gemello Scamander, anche perché era davvero inutile interromperla: avrebbe continuato imperterrita a zittirmi per finire tutta la sua conferenza in bellezza. Mentre Dominique cianciava di cose di cui avrei preferito non cianciasse affatto, cominciai seriamente a sentirmi in imbarazzo. Le vacanze passate insieme ai gemelli Scamander avevano migliorato molto il nostro rapporto. Forse non tanto quello con Lorcan, che era sempre stato la cavia di molti dei miei scherzi durante i vari anni ad Hogwarts, ma quello con Lysander sicuramente.
Io e lui avevamo un bellissimo rapporto da bambini, da quel che ricordavo e dai racconti dei nostri genitori, ma quando lui finì a Serpeverde e io a Grifondoro perdemmo ogni contatto, pur trovandoci nella stessa scuola.
Nonostante quella vacanza mi avesse avvicinata molto ai gemelli, ero sicura che una volta ad Hogwarts avrei smesso di pensare a loro, come accadeva ogni anno.
A salvarmi fu una bussata di porta.
« Occupato! » urlammo io e Dominique, che stava rimettendo a posto il rossetto nella borsa.
« Lo sappiamo, idiote. » si udì la voce divertita di Hugo, dall'altro lato della porta. « Sono quasi le undici, vi decidete ad uscire dalla toilette? Louis si chiedeva se qualche maniaco avesse per caso importunato sua sorella e gli adulti hanno intenzione di salutarvi prima della partenza. »
Io e mia cugina scoppiammo a ridere e spalancammo la porta, notando solo in quel momento che ad accoglierci c'era una gran folla di studenti che aspettava che uscissimo dal bagno per soddisfare i loro bisogni primari.
« Miseriaccia. » mormorai, volgendo uno sguardo intorno.
I miei cugini avevano le braccia incrociate al petto e scuotevano il capo con forza; Fred, dal suo canto, esibiva una smorfia divertita.
« Incesto lesbo in famiglia? » fece quest'ultimo, con tono incuriosito. La sua carnagione mulatta faceva a pugni con le nostre pelli chiarissime, i suoi capelli riccioluti facevano contrasto con le chiome rosse ma i tratti simili ai nostri non facevano che affermare l'assoluta appartenenza alla famiglia. « Vorrei tanto sapere come fanno le lesbiche a... »
« Fred! » protestarono Dominique e Louis.
Gli studenti in fila per andare al bagno ridacchiarono; alcuni si alzarono sulle punte per guardarci.
« Che avete da guardare in quel modo? Non siamo lesbiche! » proclamai, alzando un sopracciglio nella loro direzione.
« Se lo dici tu. » disse una voce maschile proveniente dalla folla.
« Io credevo che la Potter lo fosse... » si inserì qualcuno.
« Oh, insomma, ancora con questa storia? » sbottai, intercettando lo sguardo malizioso di Hugo, che mi fissava con uno sguardo che non lasciava presagire nulla di buono. « Cosa hai da guardare? Non metterti in testa strane cose, mi hai sentito? Non osare nemme... ehi! Brutto di figlio di... non termino la frase solo per il bene che provo per zia Hermione! Torna indietro! »
Ma mio cugino, senza neanche pensarci due volte, cominciò a correre a perdifiato verso il corridoio del treno, urlando ad altissima voce qualcosa per quanto riguardava l'incesto lesbo con Dominique.
Naturalmente, lo inseguii con espressione che non ammetteva scuse.
« Vai a farti fottere, Hugo! » esclamai, sfoderando la bacchetta per lanciargli qualche maledizione.
E mentre correvo per il treno scaraventando persone nei finestrini, proprio come facevano gli attori nei vecchi film polizieschi Babbani che adorava tanto zia Hermione, con l'intento di sperimentare su di lui una violenta mossa di arti marziali o di beccare la fattura Orcovolante giusta, andai perfino a sbattere contro Lysander Scamander e neanche me ne resi conto.




Dopo aver salutato l'intera famiglia e dopo che io non potetti scampare alle minacce di morte di mia madre sul fatto che se quell'anno mi sarei comportata male come tutti gli altri anni a Natale avrei fatto i conti con lei (sempre se lei e mio padre non si ammazzavano a vicenda), io e Hugo trovammo uno scompartimento tutto nostro. Hugo, che aveva un livido sulla gamba e un bernoccolo in fronte, stava seduto di fronte a me, che pure avevo qualche livido verdastro e un dolore alla chiappa destra infernale. Dominique era sgattaiolata via nella carrozza del famoso Caposcuola di Corvonero e io non avevo affatto l'intenzione di sapere cosa facessero quei due quando nessuno guardava. Fred e Louis, invece, erano andati a trovare Frank Paciock, amico e compagno di dormitorio che frequentava il settimo anno insieme a loro, nello scompartimento che divideva con la sorella Alice, che frequentava il quinto anno.
In ogni caso, si prospettava una mattinata decisamente più tranquilla di come era cominciata.
O forse no...
« Io dico che dobbiamo metterci le radici. »
« E io dico che ti sei praticamente fottuta il cervello. » disse schietto mio cugino, con molta poca delicatezza.
« Non ti fidi? »
« Ti devo ricordare della volta in cui mettesti ingredienti a caso nella pozione e questa esplose rovinando il parquet nuovo di zia Muriel? »
Oh, beh, se la metteva in questo modo...
In cinque anni, avevo sempre preparato le pozioni basandomi solo ed esclusivamente sul mio sedere fortunato. Ero una frana in Pozioni, a differenza di mio fratello Al, ma restavo in ogni caso una delle studentesse preferite di Lumacorno che confidava, molto probabilmente, nel giorno in cui i geni di famiglia si sarebbero in qualche modo risvegliarti per rendermi un maestro di Pozioni, e continuava ad invitarmi con estremo piacere alle sue festicciole nonostante i pasticci combinati durante le sue lezioni.
Sentendo che anche quella volta avrei avuto il solito sedere fortunato alla Potter, lanciai una piccola parte di radice nella pozioncina e quella invece di mutare colore diventò trasparente come se fosse Veritaserum, ritornando in due rapidi secondi al colore base.
Hugo rimase praticamente sconvolto. E io pure.
« Complimenti. » sbuffò mio cugino, facendo un piccolo ironico applauso. La smorfia del suo viso dichiarava apertamente il suo desiderio di nominarmi regina dei disastri ad honorem. « Adesso ci tocca dare dieci Galeoni a Fred per la scommessa. »
« Idiota, mancano ancora parecchi giorni alla fine della scommessa! Rilassati. » dissi, slacciandomi la cravatta e sistemandomela attorno alla fronte sudaticcia.
Hugo si mise a sibilare parolacce e fece per uscire dal nostro scompartimento, lanciandomi uno sguardo così furioso che quasi ci lessi le minacce di morte all'interno. Lo seguii in corridoio lasciando fumare la pozione nello scomparto ed insieme ci avviammo verso la coda del treno dove di sicuro avremmo trovato il resto della banda. Ricevemmo un paio di inviti ad accomodarci in tutti gli scompartimenti in cui ci affacciammo, senza contare il fatto che ricevemmo perfino minacce di morte da Prefetti e Capiscuola vittime dei nostri scherzi, e infine raggiungemmo il penultimo scompartimento sani e salvi.
« Ciao, ragazzi. » salutai, alzando una mano.
Notai che Dominique era tornata dalla gita nello scompartimento del Caposcuola di Corvonero ma non feci neanche in tempo ad alzare lo sguardo sugli altri componenti dello scomparto che mi ritrovai inaspettatamente di fronte a Lysander Scamander che, nell'udire la mia voce, si era voltato per fissarmi, reprimendo un sorrisino alla vista della cravatta legata attorno al capo.
« Ma come diavolo ti sei conciata? » fu il rapido saluto di Dominique.
« Ehi. » rispose Scamander sereno, quasi evitando il contatto visivo con me mentre mi slacciavo la cravatta dalla fronte.
Dal mio canto, lo fissai cercando di non pensare alle parole di mia cugina Dominique sul fatto che fosse davvero ed esattamente come lei lo aveva descritto un quarto d'ora prima.
Ai due lati di Dominique, sedevano Alice e Frank Paciock, che mi regalarono uno dei loro radiosi sorrisi. Frank era un tipo lievemente robusto e impacciato, ma davvero molto carino e un fedele amico, appassionato della carriera da Auror e uno dei migliori duellanti di tutta la scuola. Somigliava molto al padre, Neville Paciock, che insegnava Erbologia ad Hogwarts, ma a differenza del padre aveva capelli scuri, occhi scuri e un viso meno in carne di lui. Alice era mingherlina, con due grandi occhioni verde scurissimo, a volte coperti dalla frangia di capelli castano scuro, e un visino dolce e paffuto. Era la persona più timida che avessi mai incontrato. Di fronte ai due fratelli Paciock, Fred e Louis giocavano a scacchi, non facendo caso allo scambio di saluti avvenuto nello scompartimento.
Mi schiarii la gola per attirare la loro attenzione.
« Ci siamo quasi per la pozione. » mentii, lanciando una breve occhiata a Hugo, che fece roteare gli occhi e prese posto accanto ad Alice. « Fred, sto parlando specialmente con te. La grana a chi di dovere. »
« E quindi a me. » rispose prontamente Fred, esultando un secondo dopo per aver mandato in pasto alla sua regina un alfiere di Louis.
« Non starete mica facendo i ricettatori di calderoni rubati? » intervenne Dominique; Alice trasalì alla sola idea.
Fred scosse il capo, troppo concentrato nel gioco per dare troppo ascolto alla cugina. « Si tratta solo di un'innocente scommessa. »
« Sì, e tu la perderai. » replicai, con determinazione.
Fred rise di cuore, per poi incupirsi un attimo dopo: il cavallo di Louis aveva mangiato il suo pedone.
« Ancora mi chiedo quando finiranno tutte queste faide familiari. » intervenne Louis, divertito e tranquillo.
« Io, invece, ancora mi chiedo il motivo per cui mi trovo sempre in mezzo alle vostre faide familiari. » si intromise Frank, sorridendo.
Hugo diede una pacca sulla coscia di Frank Paciock. « Solo se mi regali tutta la tua scorta di Cioccorane posso garantirvi la quiete. »
Mi resi conto solo in quel momento che il mio stomaco brontolava in maniera indecente. « A proposito, quando arriva il carrello? Credo di aver bisogno di una seconda colazione. »
Si sentì un lieve colpetto di tosse: alzai lo sguardo verso il finestrino e vidi Scamander sorridermi, dopo aver frugato rumorosamente nelle tasche della sua tunica mentre i suoi capelli biondi venivano mossi indecentemente dal vento.
« Tieni. » disse in tono cordiale, porgendomi la barretta di cioccolato che aveva appena tirato fuori. « Non sarà una seconda colazione ma potrebbe andar bene, no? Mamma dice che il cioccolato aiuta, ne compra sempre in abbondanza, come hai potuto constatare tu stessa in vacanza. »
« Ah. » si intromise Dominique, senza riuscire a mettere a freno la lingua. « Avete mangiato tanto cioccolato insieme? »
Fissai la barretta di cioccolato, ignorando con estremo decoro mia cugina che continuava a dedicare sorrisetti maliziosi a Scamander, e la accettai senza troppe cerimonie, sentendomi gli occhi di Dominique addosso e cogliendo l'imbarazzo del biondino.
Io e Scamander ci eravamo sempre guardati da lontano, ignorandoci per sei anni e, allo stesso tempo, sentendoci sempre molto affiatati e interessati l'uno all'altro quando ci ritrovavamo a scambiare quattro chiacchierare nel cortile della scuola o nelle aule. Era un piacere forte ma effimero, che spariva non appena ci allontanavamo, troppo presi dalla nostra caotica vita lì al castello.
Da quando avevamo trascorso le vacanze estive insieme qualcosa tra me e il ragazzo era cambiato. Riuscivo a percepirlo ed ero sicura che anche lui lo percepisse. Di preciso, comunque, non sapevo cosa fosse cambiato e in quel preciso istante non mi andava affatto di scoprirlo.
« A proposito... » disse lui, avvicinandosi a me sotto l'arco dello scompartimento. Sussultai quando me lo ritrovai a mezzo metro da me, e tentai di non fare caso al sorrisetto spuntato nuovamente tra le labbra di Dominique. « Le mie orecchie mi ingannano oppure ho davvero sentito qualcuno urlare qualcosa su di te per tutto il treno, pochi minuti fa? »
Mi voltai rapidamente verso mio cugino e gli regalai uno dei miei splendidi finti sorrisi che sapevano di minaccia incombente. « Ti odio. »
« Anche io ti odio. » ci tenne a ribattere lui, premendo contro il bernoccolo sulla sua fronte. « Mi hai massacrato di botte. »
Scamander rise, e io non potetti fare a meno di osservare i suoi candidi denti regolari e la sua espressione serena.
« Tua cugina mi ha travolto e quasi buttato per terra durante la sua sfrenata corsa per tutto il treno. Ah, per la cronaca. » il biondino fece una smorfia. « Lorcan ha assistito e vuole fare rapporto non appena arrivati a scuola. »
« Non possiamo partire un altro anno con dieci punti in meno! I Grifondoro ci ammazzeranno... »
« Posso sempre parlare con la McGranitt per garantirvi la benedizione. » disse Louis, finendo con gli occhi di tutti puntati addosso. « Che avete da guardare? Sapete benissimo che mi adora e che non mi direbbe mai di no. »
« E chi non ti adora? » si intromise Fred, scoccando un grosso bacio sulla guancia del cugino. « Mi devi offrire il pranzo quando andremo ad Hogsmeade! Ti va un'altra partita? Mi sento davvero fortunato, stamattina. »
Dominique scosse il capo. « Non ce la vedo la McGranitt lasciarsi ingannare da un paio di occhioni blu. Ma, d'altronde, voi due siete abituati a ricevere Strillettere ad inizio anno, no? »
Nello scompartimento si alzarono dei cori di risatine.
« Certo che incendiare la tazza del water con la gatta del custode dentro fu davvero incredibile. Non ho fatto altro che raccontarlo per mesi. » disse Scamander, con un sorrisetto divertito.
« Colpa di questo essere immondo.» indicai mio cugino con una smorfia, che accolse con un dito medio.
« Non preoccuparti, ci parlo io con Lorcan. Non era così serio quando l'ha detto. Mi basta solo adescarlo con un libro sulle creature magiche preso dalla sezione proibita. »
Sentii il respiro indecentemente mozzo, così irregolare che avrei voluto che la terra mi inghiottisse. Sentire i suoi occhi verdi puntati su di me in quel modo così penetrante mentre pronunciava quelle parole aveva fatto sì che soffrissi momentaneamente di disfunzione cardiaca. Cosa che mia cugina non potette fare a meno di notare, sembrava, dalla maniera spudorata con cui ghignava.
« Lo faresti davvero? » la mia voce avrebbe fatto concorrenza a quella di qualcuno con evidenti problemi fonetici.
« D'altronde, sono anch'io un Prefetto e conosco bene mio fratello. Promesso che ti libero dai pasticci. » sorrise il ragazzo, mettendosi la mano sul cuore e continuando a fissarmi con lo sguardo che mi aveva mandata in tilt.
Ma che diavolo mi prende, improvvisamente? Rinsavisci, idiota!
Doveva esserci un errore a tutto quello. Solamente uno schifosissimo e incomprensibile...
La porta del nostro scompartimento si aprì.
La ragazza più frivola e odiosa di tutta la scuola era sulla soglia della porta e ci fissava con la puzza sotto al naso, soffermandosi a guardare con un certo fastidio Dominique, la sua acerrima nemica. Era Cassandra Smith, la Corvonero che detestavo tanto quanto detestavo le Strillettere. Cassandra aveva capelli di un biondo carico, occhi di un castano scialbo e labbra pompose e pronunciate. Le persone a scuola si dividevano in: coloro che la veneravano come una divinità e coloro che la detestavano col cuore, e non solo per il fatto che da Prefetto aveva reso impossibile la vita di molti studenti, oltre alla sua abile e infima attitudine nel rubare i ragazzi altrui.
Come potevo ben notare, era diventata Caposcuola di Corvonero, aumentando così la sua fama nel castello.
« Dominique. » disse, con la solita vocina altera ed insopportabile.
« Cassandra. » le rispose Domi, facendo un sorriso così brutto che pareva una smorfia.
« Ti trovo molto bene. »
« Oh, immagino. Le mezze Veela sono sempre in forma. » ribatté Dominique, asciutta.
La ragazza arrossì in un botto e strinse le labbra in maniera orribile, evidentemente invidiosa e irritata dal comportamento assunto da Dominique. Non aveva degnato neanche di un solo sguardo me e i miei cugini, ma i suoi occhi si erano posati con gran passione su Scamander, diventando scintillanti come non lo erano mai stati: di sicuro era venuta lì per lui. Non sarebbe mai strisciata ai piedi della sua odiata nemica per un saluto.
« Non eri Veela per un ottavo? » ci tenne a chiarire, prima di fiondarsi sul biondino.
« Mezza Veela, un ottavo, cosa importa? Resto bellissima in entrambi i casi. » la mise a posto mia cugina, con lo stesso sorriso sadico di poco prima.
Cassandra Smith ricambiò la smorfia, per poi ignorarla. « Ti stavo cercando dappertutto, sai, la carrozza dei Prefetti e Capiscuola necessita la tua presenza. » disse piuttosto seria, rivolta verso Scamander e calando su di lui per baciargli una guancia.
« Cassandra, tutto bene? » chiese il ragazzo, anche lui molto felice di vederla.
Ma da quando questi due si frequentano? - pensai, nel pieno dello sconcerto più totale.
« Una meraviglia. Vieni con me, allora? » chiese Cassandra con decisione, lasciando trasparire dalle labbra un sorrisetto malizioso. « Ti devo anche parlare di una cosa importante. »
« Va bene. » acconsentì lui. « Ragazzi, io vado. Ci becchiamo in giro! » e salutandoci tutti, uscì dallo scompartimento mano nella mano con lei.
Dopo quella scena spiacevolmente nauseabonda non seppi con precisione cosa sentii nello stomaco ma di sicuro non si trattava di qualcosa di buono. Vomito, decisamente vomito, in primis. Seconda cosa, ebbi l'istinto di inseguire i due fidanzatini e gettarmi su Cassandra. Il desiderio di strapparle tutti i capelli da barbie ossigenata che aveva in testa e di gonfiare con un gancio ben assestato le sue oscene labbra era troppo forte per ignorarlo. Terza cosa, mi resi conto con gran stupore che stavo esagerando. A me non importava nulla di Scamander e delle ragazze con cui si frequentava: quello era solo un probabile sentimento di ingiustizia dettato dal fatto che fosse illecito che un ragazzo tanto intelligente e in gamba come lui finisse a frequentare una ragazza del genere.
Dovevo aver fatto una faccia orribile, dato che Hugo continuava a fissarmi con un'espressione strana e indecifrabile, e per rimediare al mio grave errore iniziai a canticchiare simulando contentezza da tutti i pori per superare l'imbarazzo del momento. Dominique, per qualche strana ragione, ridacchiava sotto i baffi, mentre i miei cugini mi osservavano attentamente quasi come a tenermi spaventosamente d'occhio.
« Qualcuno ha idea di cosa sia preso a Lunatica? » chiese Fred, grattandosi la nuca mentre io continuavo a canticchiare.
Il mio secondo nome era Luna ma molti mi chiamavano Lunatica per ovvie ragioni.
« No. Dovremmo? » fece Frank.
« No, non dovremmo. » rispose Hugo incuriosito, senza staccare gli occhi dal mio viso. « Ma forse la diretta interessata potrebbe sicuramente dirci che cosa ha fatto azionare i suoi ormoni impazziti, vero? »
Tossicchiai. « Non del tutto vero. »
« Possiamo parlarne in privato? »
« In privato. » ripetei.
Hugo colse la palla al balzo e aprì la porta dello scompartimento, facendomi un gesto elegante con la mano che diceva chiaramente: « dopo di te! » e io lo fissai in malo modo. Non avevo di certo previsto che la mia proposta venisse presa così alla lettera. In ogni caso: non avevo scelta. O uscivo di mia spontanea volontà oppure sarei stata trascinata con la forza da Hugo, e una nuova figura di sterco di Asticello o un rapporto di inizio anno, fatto proprio da Cassandra Smith, non sarei riuscita a sopportarlo.
Uscii con riluttanza dallo scompartimento, finendo di canticchiare le ultime note della canzone, e mi lasciai guidare da Hugo in un posticino particolarmente appartato del treno.
« Dunque? » chiese mio cugino, alzando un sopracciglio.
« Dunque? Senti, possiamo ritornare dentro e parlare in un momento meno... »
« Dunque hai qualcosa da dirmi. » trasse le conclusioni mio cugino, con una perspicacia che non aveva mai mostrato. Ciò significava solo una cosa: la mia reazione era stata fin troppo evidente per essere ignorata.
« Ma se solo mi avessi lasciata finire! »
« Il tuo odio nei confronti della Smith deve essere incredibilmente spropositato per causarti conati di vomito. »
Hugo non era un tipo abbastanza sagace, aveva ereditato da zio Ron la perspicacia di un cucchiaino ripieno di nutella. Ragion per cui avrei dovuto ritenermi nella melma più totale.
« Sì, aveva spruzzato un profumo nauseabondo, quella Smith! » feci una risatina tintinnante. « La detesto abbastanza per averci messi in punizione due anni fa, e lo spruzzarsi merda addosso ha contribuito ad accentuare il mio odio per lei, insomma, mi sembra normale non accoglierla nel migliore dei modi, ti pare? » e feci un gesto di finta noncuranza con la mano.
« Io non ho sentito nessuna puzza di... sento puzza di fumo. » la voce di mio cugino si ridusse in un sussurro mentre i suoi occhi erano puntati su qualcosa in lontananza.
« Ho detto di merda, non di fumo. »
« No, idiota. Adesso sento puzza di fumo... »
Assunsi un'espressione interrogativa e mi voltai di scatto. Da uno scompartimento lì vicino usciva del fumo denso e maleodorante. Fui attraversata da una sensazione di rabbia e irritazione che non aveva nulla a che fare con quello che era successo poco prima nello scompartimento. I Prefetti e i Capiscuola erano sempre pronti ad accusare me e mio cugino quando accadeva qualcosa e proprio nel momento in cui il treno rischiava di saltare in aria a causa di qualche sconsiderato che aveva appiccato fuoco allo scomparto nessuno era lì per controllare la situazione. Era davvero assurdo che riuscissero a trovarsi sempre nei posti meno opportuni e che non adempiessero al loro lavoro quando ce n'era la necessità.
Poi, improvvisamente, mi resi conto che gli sconsiderati eravamo per l'ennesima volta io e Hugo.
Sgranai gli occhi. « La nostra pozione! »
   
 
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