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Autore: Keiko    11/07/2015    2 recensioni
Lithos vede passare al suo negozio, ai piedi dell'Acropoli, uomini di ogni tipo in preda alla frenesia sottile e disperata di chi deve festeggiare qualcosa di importante, unico. Quando Aiolia fa il suo ingresso nella piccola bottega, lei sorride. Anche un abbozzo di amore, un qualcosa che può essere confuso in mille sfumature di rosso e oro come i tramonti su Atene, ha bisogno di un giorno speciale per essere ricordato e arrotolato sull'indice, come una ciocca di capelli troppo lunga e sbarazzina, che sfugge alla costrizione di un lungo intreccio di perle.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo Aiolia, Nuovo Personaggio
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La rabbia delle stelle'
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Lithos lancia un’occhiata fugace in fondo al negozio. Alza lo sguardo dalla confezione che sta preparando, in modo meccanico. Lo squadra, il volto paonazzo forse per la corsa, forse per l’imbarazzo, e gli offre un sorriso appena accennato.
“Signorina posso averne un’altra uguale?”
Annuisce, e prende un altro ramoscello di mimosa dalla cesta alle proprie spalle. È circondata da fiori gialli polverosi e uomini in preda a una crisi di nervi da quando hanno aperto il negozio. Cosmas starà con Xeni tutto il giorno e lei sarà troppo stanca per potersi godere sua figlia al rientro da quella giornata campale.
“Dobbiamo aspettare ancora molto? Il lavoro…”
Un tizio alle spalle del cliente che sta gestendo sbuffa e scalpita: ha una ventiquattrore al fianco e un orologio al polso da un sacco di soldi.
“Ogni gesto d’amore necessita di tempo. Può andare a comprare una mimosa preconfezionata al centro commerciale della zona turistica, se preferisce.”
Quello la fissa come se avesse osato scomodare il Padre Eterno, ma Lithos stringe con determinazione il fiocco attorno alla seconda confezione e la porge al ragazzo che le sta dinnanzi, sorridendogli.
“Mia madre e mia sorella saranno entusiaste. Grazie.”
Di storie, Lithos, ogni anno ne vede passare e raccontare a decine. Ogni festa comandata è un modo per conoscere di più gli uomini: da San Valentino alla festa della donna, passando per onomastici, compleanni e anniversari, i suoi fiori cantano storie sempre diverse. Si sente depositaria di memorie e vite che non le appartengono ma delle quali diventa parte, a tratti confidente di problemi o spettatrice di felicità insperate.
Forse è per quel motivo che ha scelto di fare la fioraia, di mettersi in un angolo ad aspettare che ci pensi qualcun altro a salvare il mondo. Lei non ne sarebbe in grado, e poi si sente al sicuro: se sono tutti come Aiolia il mondo non può morire.
È il turno dell’uomo d’affari: ogni tanto gliene capita qualcuno e, lo sa, puzzano sempre di tradimento, se si fermano nella piccola bottega che sta sul versante dell’Acropoli che non offre nulla di turistico o moderno, solo tradizione e placidità greca. In genere lasciano a lei l’intento di ricreare l’amore con i suoi fiori e ai grandi magazzini quello di un amore morto, già visto. Sono fast food di niente, di sentimenti veloci e voraci, destinati a spegnersi presto. Lei coltiva un orto di emozioni e ricordi: ne sono un esempio Cosmas e la piccola Xeni, la sua preziosa famiglia costruita con fatica dopo mille dubbi, mille tentennamenti. Le piacerebbe che i fiori che comprerà Aiolia siano per lei, almeno una volta. Sorride tra sé, mentre ci pensa: la sua parte più infantile ci spera ancora, che ci sia un grande colpo di scena e che le confidi che è stato uno stupido ed è innamorato di lei da sempre. Si prenderebbe così la rivincita di dirgli c’è stato un tempo in cui l’ha amato, ma che adesso Xeni è tutto.
E Cosmas con lei.
Quando finalmente è il suo turno, la bottega è deserta: è passato l’orario di apertura degli uffici e restano solo pochi turisti e quelli come Aiolia, in giro per Atene.
“Allora, cosa ti porta qui fratellone?”
“Xeni e Cosmas? Oggi fai tutto tu?” le domanda elusivo, come se dovesse prendere tempo per capire come spiegarle che sì, anche lui, come tutti, ha bisogno di una maledetta mimosa.
“Oggi è un giorno speciale: Cosmas impazzirebbe. Gli uomini preferiscono le donne, in questi casi. È come se credessero che possiamo fare miracoli.”
“Sotto un certo punto di vista è così.”
Lithos sorride e gli dà le spalle, rovistando tra i cesti in cerca di un ramo di mimosa adatto all’occasione.
“Che fai?”
“Ti preparo il tuo ramoscello per…”
“Oh no, non sono venuto per quello! Passavo di qui e…”
“A chi vuoi darla a bere?”
“Non… la mimosa è adatta a tutti? Cioè, sono obbligato a comprare mimose ogni otto marzo da qui alla fine dei tempi?”
“Obbligato? Puoi anche tornare a casa senza niente, non credo che Mia si…”
“Mia? Che c’entra?”
Il tono di voce di Aiolia s’è alzato di un paio di ottave e ha preso a guardarsi con frenesia, che l’importante è che non gli legga in faccia la sua ingenuità da colomba innamorata.
“Ehi Leone, ti senti in gabbia?”
“Hai visto Milo di recente?”
“No, perché?”
“Parli come lui, oggi.”
“Sarà colpa di tutti gli uomini con cui ho a che fare da questa mattina. Siete tutti uguali. Potresti… non ci sono altri fiori di stagione. L’acacia fiorisce in questo periodo, è tra i primi a sbocciare in primavera. È un segnale di rinascita, per questo viene regalata l’otto marzo. Aspetta, ho un’idea!”
“Lithos non è importante, non…”
Non sente il seguito, si tuffa nel retrobottega e cerca qualcosa che possa fare al caso suo. Inciampa in un cesto pieno di nastri rossi, placidamente dimenticati dopo Natale e San Valentino e rischia di cadere a terra come una stupida. Allontana la cesta con un piede, poi avanza guardinga nel buio: non ha accesso la luce, convinta di trovare al volo ciò che le occorre.
Riemerge poco dopo con un vasetto, tulle giallo e oro, e un ramoscello di mimosa che pare avvitato su sé stesso, gravido di fiorellini gialli che le chiazzano le dita di profumo e polvere.
“Che fai?”
“Proviamo a piantarla? Dovrebbe fare le radici. Avete ancora lo spazio dietro casa, no?”
“Sì ma noi… io, cioè Mia non…”
“Lascia perdere, sei una causa persa. È bello riaverla ad Atene.”
Lui non risponde e lei prosegue nel confezionare una pianta di mimosa che, con ogni probabilità, non crescerà mai.
“Potresti…”
“Non ci pensare proprio. Eccola a te.”
Aiolia punta lo sguardo sul ramoscello, la stessa espressione stranita di quando gli ha messo tra le braccia Xeni la prima volta. Non è abituato a gestire cose fragili, come avesse sempre il terrore di distruggere tutto ciò che di delicato la vita gli pone dinnanzi.
“Non morde.”
“Non credo che…”
“Puoi sempre piantarla in giardino. Se siete bravi fiorirà e crescerà.”
“Dici sul serio?”
Lei annuisce sorridendo, il capo che le ciondola avanti e indietro al ritmo di immaginari sì no forse.
“Grazie.”
“Lo faccio per tutti gli uomini, tranquillo.”
“Lo sai? Il tuo è davvero un lavoro difficile, Lithos.”
Detto da uno che salva il mondo a suon di pugni, è un complimento niente male.

Mia ha ripreso a studiare greco. L’unica luce accesa è quella della cucina, il resto è un pozzo di stelle e nero tutt’attorno. Aiolia fissa la piantina che stringe tra le mani e non sa esattamente come può essere, presentarsi a casa e dirle “Ehi, questa è per te”. Milo gli ha detto che sarebbe stato inutile, che le donne come Mia odiano i fiori e preferiscono altro: libri o biglietti di concerti. Ma quelli sono regali per un compleanno, non per una festa come l’otto marzo. Chi l’ha inventata, poi? Come se fosse necessario festeggiare le donne in un giorno particolare, quando sono così immense da arrivare ovunque senza aver bisogno di studiare, leggere parlare la tua stessa lingua!
Quella è una frase che gli ha spifferato Milo, una notte in cui devono aver bevuto così tanto da star male, dato che è certo non siano pensieri né parole sue. Troppo da melodramma. Troppo da Milo, o da Aphrodite, anche. Quando ancora il Saint di Pisces era padrone della Dodicesima Casa. Aiolia lancia un’occhiata alla scalinata, puntellata solo qui e lì dalle luci accese dei Gold Saint che vi abitano.
“Sei tornato!”
Mia gli si getta quasi addosso, sorridente. Aiolia si guarda attorno, e tra il mobile della cucina e la tavola ci sono più mimose che frutta.
“E quelle?”
“Oh… quelle? Sono andata al villaggio a fare spesa. E ad Atene a comprare alcune cose e… oggi è l’otto marzo, tutti ti regalano mimose.”
Tra tutte, spicca una rosa rossa e la sua attenzione scivola su quell’unico fiore differente: Lithos non aveva detto che non fioriva altro che mimose, in quel periodo?
“Quella invece è di Hyoga” gli conferma, quasi gli leggesse nel pensiero.
“È un bel gesto.”
“È solo geloso.
“Come tutti i fratelli.”
“Anche tu lo eri, di Aiolos?”
Fa meno male parlarne, ricordarne, ora che la sua memoria è stata riscattata. Gli manca ugualmente, con la stessa forza di un anno prima, ma qualcosa è cambiato: non c’è più rabbia, solo rammarico per non avergli saputo dire quanto fosse importante e proteggerlo, senza mettere in dubbio mai le sue scelte.
“Sì, moltissimo. Era unico. Doverlo condividere con gli altri… non è sempre stato facile.”
Aiolia pensa alla piantina che ha lasciato fuori, davanti alla porta di casa. Se non si sveglierà in tempo, la prima cosa che farà l’indomani Mia, sarà inciampare nel suo regalo e ruzzolare a terra. Avrebbe potuto avere più inventiva o, quanto meno, rifletterci prima. È che tutti quegli uomini in corsa a comprare fiori e regali, tutte quelle aspettative di donne che passavano tra gli sguardi lungo le vie del centro.
Perché deve essere tutto così, un dare avere di regali e attenzioni obbligate?
“Oggi mi sono fatta aiutare da Shaina per prepararti qualcosa di speciale: torta mimosa!”
“Torta che?”
“Si prepara per la festa della donna in Italia. Spero ti piaccia.”
“Non sono una donna.”
“No, ma sei l’uomo che mi ha permesso di diventare quella che sono oggi. Ti meriti una fetta di torta, dopo tutti questi anni di sopportazione.”
Gli sorride e si solleva sulle punte dei piedi per stampargli un bacio sulla guancia, soddisfatta.
“Ti ho fregato, vero?”
Lui non risponde, scoppia a ridere e si sente stupido. Perché le cose sono perfette così, in quell’equilibrio esistenziale che li porta a essere maestro e allieva, compagni sotto lo stesso stendardo per il quale combattere sino a morire. La guarda con attenzione: non permetterà che accada. Se dovrà essere, sarà lui a dare la vita per lei, ma mai il contrario. Non potrebbe accettarlo né perdonarselo mai.
“Sei stato un grande maestro, Aiolia. Il migliore di tutti.”




Note dell'autrice.
A volte ritornano, e questa volta il merito è di Francine, che mi ha ricordato che ho ancora un po' di cose da raccontare, quando ne ho il tempo. L'ha fatto con "Abstulit atra dies et funere mersit acerbo", una storia che racconta tanto di Aiolia e Mia, ma anche di Milo e Phi (i suoi due piccioncini. Ma non chiamateli così in loro presenza, o son dolori. E mazzate). A parte questo, mi ero trasferita sulla Barriera, per cui ho un po' di arretrati su Westeros da propinarvi e cercherò di tornare attiva quanto prima per concludere "Il Saint di Aglaia". E ricordatevi: ogni promessa è debito!
   
 
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