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Autore: riccardoIII    11/07/2015    21 recensioni
Questa è la storia di Sirius Black, dei Malandrini, di una generazione cresciuta nella guerra e che ha fatto la guerra. Questa è la storia di un bambino che diventa uomo, passo dopo passo, scelta dopo scelta, fino ad arrivare a un momento della sua vita in cui tutto cambierà, per l'ennesima volta, quella più importante. Fino a giungere alla Chiave di Volta.
"-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente sedendosi di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-"
Rating e avvertimenti sono relativi a scene di maltrattamento di minore e di guerra.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, I Malandrini, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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i personaggi di questa storia appartengono a J.K.Rowling; scrivo senza alcuno scopo di lucro.
 


Prima, non aveva mai immaginato che sarebbe finita.

L’aveva incontrato sul binario, la prima volta. I suoi genitori gli stavano accanto, facendogli le ultime raccomandazioni sull’inappuntabile comportamento che doveva tenere a scuola in quanto rampollo primogenito della sua illustrissima famiglia, e accanto a loro erano passate tre persone, due adulti e un ragazzino, che ridevano insieme mentre quello che doveva essere il padre scompigliava i capelli del figlio, come se fosse necessario. Il suono delle risate aveva fatto voltare lui, suo fratello e i suoi genitori, indignati, per capire chi fosse tanto maleducato da emettere in pubblico tali schiamazzi. Il gelo calò quando tutti gli adulti capirono chi avevano di fronte.

Sua madre si impettì ancora di più, dando l’impressione di voler sovrastare per altezza la sua rivale e non riuscendoci. La donna la guardava dritta negli occhi, il viso fiero e lo sguardo fermo che non esprimeva disgusto o superiorità, soltanto indifferenza. A dire la verità, c’era qualcosa in lei che gli ricordava la sua augusta genitrice, e si ritrovò presto a far volare il suo sguardo dall’una all’altra per coglierlo.

Avevano gli stessi capelli, neri e lucenti come seta, ma se la crocchia di sua madre era rigida ed elaborata, lo chignon della donna era semplice e morbido sulla nuca. Gli occhi della sconosciuta erano di un caldo nocciola, diverso dalle lame grigie dell’altra, ma il mento delicato eppure fermo era lo stesso, e così il naso dritto. Era strano, pensò allora, vedere qualcuno che somigliasse in modo così stupefacente a sua madre ed al contempo fosse tanto diverso: nonostante la posa rigida che la donna aveva assunto quando aveva capito chi fronteggiava, si leggeva benissimo nel suo sguardo la dolcezza, nella sua mano posata sulla spalla del ragazzino al suo fianco l’affetto e la premura. Emanava calore, anziché la rigida austerità che traspirava dai pori di sua madre, e ciò lo convinse che il suo primo pensiero, cioè che avesse di fronte una qualche parente, fosse sbagliato; nessun Black poteva essere così.

Al fianco delle rispettive consorti, anche i due uomini si squadravano. La risata era sparita, ma lui non poté evitare di pensare con un sorriso che se le donne si assomigliavano, tra i due non potevano esserci più differenze: laddove i capelli di suo padre erano ordinatamente pettinati all’indietro, quelli dell’uomo erano ricci, indomiti, sparati ovunque, come quelli del ragazzino; gli occhi azzurri come un cielo terso ora fissavano gli altri, verdi come i prati; i lineamenti di suoi padre erano raffinati, come i suoi, mentre quelli dell’uomo erano spigolosi e non altrettanto belli, ma affascinanti. Si equiparavano in altezza, però, ed era evidente che anche il disgusto che provavano l’uno per l’altro era simile.

Circa il ragazzino stretto tra i genitori, era semplicemente la miniatura di suo padre, ma aveva gli occhi caldi della madre. Doveva avere la sua età e sembrava fosse impossibile per lui stare fermo, ma pareva avesse colto la delicatezza della situazione, così si limitava a far saettare gli occhi da un adulto all’altro.
Dagli abiti che indossavano si poteva capire benissimo che erano tutti maghi, ed anche molto benestanti, ma sicuramente meno pomposi di quanto non fossero gli appartenenti alla sua famiglia. Il ragazzino non era ingabbiato in un abito perfetto come il suo, la donna portava solo la fede all’anulare come ornamento e l’uomo non si stava strozzando nel colletto impeccabilmente inamidato della camicia di seta.

Sembravano una famiglia normale.

Suo fratello gli strinse il braccio, lo sguardo fisso sul pugno contratto di sua madre: era segno di sventura.
-Walburga, Orion-
Era stata la donna a parlare; il tono era asciutto, senza sentimenti. Non lasciava trasparire nulla.
-Black-
L’uomo fu evidentemente meno bravo a nascondere le sue emozioni: la rabbia venne fuori ad ogni lettera uscita dalla sua bocca.
I suoi genitori non si diedero nemmeno la pena di rispondere; gli afferrarono un braccio, lui prese Regulus per mano, e così vennero trascinati via, verso l’altro capo del treno.

Lo rivide, qualche tempo dopo, in un vagone. Appena salito sul treno si era slacciato i primi bottoni della veste, aveva aspettato che il treno partisse e si era allontanato il più velocemente possibile dallo scompartimento in cui suoi padre lo aveva accompagnato, quello che avrebbe dovuto condividere con sua cugina Narcissa e i suoi impeccabili e rispettabili compagni Serpeverde. Si ritrovò verso la coda del treno, cercando uno scompartimento vuoto, ma quando vide il ragazzo con quegli strambi capelli non riuscì a vincere la curiosità, entrò e chiese se poteva prendere posto.
Lui gli fece un grosso sorriso, doveva essere divertito dalla scenetta che i suoi avevano messo in piedi prima della partenza. Lo prese per un si, gli tese la mano e si presentò con i modi che si confacevano alla sua posizione.
-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente mentre si sedeva di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-
Stavolta risero entrambi, ma vennero interrotti da un singhiozzo proveniente dal posto vicino al finestrino. Non si era nemmeno accorto che ci fosse un altro passeggero accanto a loro, concentrato com’era sul tipo di fronte a lui. Si girarono all’istante verso la fonte del rumore e scoprì che c’era una ragazza, a giudicare dalla lunghezza dei capelli fiammanti, che piangeva con la fronte appoggiata al vetro.
Sirius guardò James, che si avvicinò titubante alla marea di capelli rossi e vi poggiò una mano.
-Ehi- mormorò piano -È tutto ok? Hai bisogno di qualcosa?-
La ragazza ruotò di poco la testa verso di lui, senza mostrare completamente il viso, e rispose con voce spezzata.
-Si… Si, grazie… Sto bene… Ora starò bene…-
Dopodiché si girò di nuovo completamente verso il finestrino, così James alzò le spalle e riprese posto, cominciando a cianciare di qualsiasi cosa gli passasse per la testa, dal Quidditch agli Incantesimi.

Poco dopo vennero interrotti di nuovo, quando un ragazzo dal lungo naso e i capelli neri e unti entrò nello scompartimento senza rivolgere una parola a loro due e precipitandosi davanti alla Rossa, cominciando a parlarle. Lei si rivelò più loquace col nuovo venuto, e sembrava che tutto andasse bene fino a quando non vennero nominate nelle loro rispettive discussioni le Case di appartenenza.
Il ragazzino tutto naso disse che sperava che lui e la sua amica potessero finire a Serpeverde e James lo dileggiò, cercando una spalla in Sirius che però si ritrovò semplicemente a dire la verità: tutta la sua famiglia era stata in quella Casa, era scontato, ed anche obbligatorio, che per lui sarebbe stato lo stesso. James alleggerì la tensione con una battuta e lui rispose, più per reggere il gioco di James contro Nasone che per vera convinzione, che magari lui sarebbe stato diverso dagli altri. Poi, sempre sorridendo, gli chiese dove sperava di finire e il suo, a quanto pareva, amico affermò con sicurezza che sarebbe stato un Grifondoro, come suo padre. Sirius in quel momento invidiò James: Orion per lui era un gelido e distaccato maestro che impartiva lezioni, faceva ramanzine e puniva l’insubordinazione. Era triste pensare che tutto ciò che condivideva con lui era la sua educazione all’inappuntabile perfezione richiesta ad un gentiluomo Purosangue. Da come gli occhi gli brillavano quando ne parlava, da come li aveva visti scherzare insieme Sirius aveva capito che per James il padre ricopriva un ruolo più importante di quello che Orion Black avrebbe mai potuto sperare di avere per lui.
La conversazione era andata avanti, James si era visto deriso dal tipo untuoso e lui non aveva potuto fare a meno di prendere le sue difese.

Quella fu una giornata di prime volte:
la prima volta che James e Sirius si incontrarono;
la prima volta che James vide Lily;
la prima volta che James tirò Sirius su di morale con una battuta;
la prima volta che Sirius desiderò essere diverso;
la prima volta che furono l’uno la spalla dell’altro;
la prima volta che si schierarono contro Mocciosus;
la prima volta che Lily scappò da James;
la prima volta che divisero i dolci comprati sul carrello, ridendo di quei due ragazzini strambi, la frignona e l’untuoso;
la prima volta che viaggiarono insieme verso la loro Casa;
la prima volta che videro Hogwarts;
la prima volta che entrarono in Sala Grande, sotto il soffitto stregato, e si guardarono intorno estasiati, capendo che quel posto era davvero magico;
la prima volta che a Sirius venne data la possibilità di scegliere tra il coraggio che gli bruciava il cuore e l’eredità che il suo nome comportava, tra la sua nobiltà d’animo e la nobiltà del suo sangue.

Quando gli propose questa scelta, Sirius rispose al Cappello Parlante che lui voleva semplicemente essere Sirius; dopotutto, i cognomi non erano poi tanto importanti.
Quella fu anche la prima volta in cui un Black finì a Grifondoro. E, allora, Sirius seppe che sarebbe stato per sempre.





Note:
Questa è la prima storia a capitoli che scrivo, e mi ci è voluto davvero un bel po' di coraggio per imbarcarmi in questa impresa. Non avendo esperienza, non so in quanto tempo pubblicare, quindi accetterò consigli (se ci saranno!).
Un problema non indifferente è stato scegliere il rating; come scritto nell'introduzione, l'arancione e gli avvertimenti servono a segnalare atti di crudeltà verso un minore che cominceranno a palesarsi tra un paio di capitoli. Non so se fosse necessario usare un rating tanto alto, o se io debba alzarlo ancora, quindi accetto consigli anche per questo. Grazie di essere passati!
   
 
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