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Autore: piccolanene    19/01/2009    0 recensioni
La culla tra le sbarre è un thriller che racconta di fatti che si svolgono intorno alla provincia d'Imperia, nel ponente della Liguria. I fatti ruotano intorno a Morgan, ex Capitano dell'Arma di Imperia, che trovatasi con una famiglia spaccata e un incredibile forza di volontà torna a lottare contro i fantasmi del suo passato...
Genere: Triste, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The escape

Capitolo 1

********

"Vado punto e a capo così
Spegnerò le luci e da qui
Sparirai
Pochi attimi
Oltre questa nebbia
Oltre il temporale
C’è una notte lunga e limpida,
Finirà

Ma è la tenerezza
Che ci fa paura
*********
Sei nell’anima
E lì ti lascio per sempre
Sospeso
Immobile
Fermo immagine
Un segno che non passa mai
*********
Vado punto e a capo vedrai
Quel che resta indietro
Non è tutto falso e inutile
Capirai
Lascio andare i giorni
Tra certezze e sbagli
E’ una strada stretta stretta
Fino a te

Quanta tenerezza
Non fa più paura
********
Sei nell’anima
E lì ti lascio per sempre
Sei in ogni parte di me
Ti sento scendere
Fra respiro e battito

Sei nell’anima

Sei nell’anima
In questo spazio indifeso
Inizia
Tutto con te
Non ci serve un perché
Siamo carne e fiato
********
Goccia a goccia, fianco a fianco"

*******

"Sei nell’anima" Gianna Nannini

 

 

 

"Perché ho guardato la televisione? Ah… Giusto, dimenticavo che adoro il masochismo…"

Infilai la canotta nera e mi guardai allo specchio dello spogliatoio, il mio colorito di solito latteo era diventato giallognolo e ricordava la panna andata a male. Presi il borsone e i guantoni, li caricai in spalla e mi diressi verso il bar della palestra. -Capitano Miceni- quel ragazzo mi fece il saluto militare -Non sono più Capitano, ricordi Spada?-

-Oh… Si… Mi scusi… Signorina Miceni- se ne andò, io scrollai la testa e mi sedetti su uno dei quattro sgabelli neri, al bancone. -Ehi Morgan!-

-Ciao Nico.-

-Il solito?-

-Si grazie…- mi portò il solito integratore all’arancia e io trangugiai come se non vedessi acqua da decenni. -Che si dice Morgan?-

-Io non dico un bel niente lo sai bene…- appoggiai i guantoni sul banco. -E la televisione che dice Nico?-

-Non lo so… La teniamo sempre accesa… Ma lo sai che a parte te non la guarda nessuno.- risi forzatamente, non mi andava di portare malumore a Nico, lo conoscevo bene, cercava solo di farmi sentire meglio.

-Ancora incerto il nome di chi prenderà il posto del Capitano Morgana Miceni nel caso Darotti. La vicenda che ha coinvolto nove vittime tra cui un Tenente dell’arma di Imperia non è ancora risolta. I motivi che hanno portato l’Ex Capitano Miceni alle dimissioni sono incerti ma è possibile che non sia stata in grado di mantenere la situazione sotto controllo… Dopo tutto quello che è successo… Voi che ne pensate?-

-Spegni per favore?- la voce della giornalista ancora mi suonava in testa…

"-La situazione sotto controllo… Un Tenente dell’Arma di Imperia… Nove vittime… Ex Capitano…Tutto quello che è successo… Dimissioni…-"

-Morgan? Mi stai ascoltando? Ti ho chiesto se stai bene? –

-Oh… Sì, scusa Nico… ero sovrappensiero.-

-Stai tranquilla, si sistemerà tutto.-

-Lo spero davvero, quanto ti devo?-

-Niente, stasera offre la casa… E salutami Giò!- un enorme sorriso invase la mia faccia -Sicuro!- lo salutai con la mano e feci per andarmene -Morgan!-

-Sì?- mi voltai -Hai dimenticato i guantoni…-

-Che stupida… La vecchiaia…- mi precipitai a prendere i miei guanti da boxe rossi, rivolsi un sorriso a Nico e uscì dalla palestra. Trovai la nostra… La mia Duetto pronta ad attendermi, rossa fiammante accesa ancora di quel brivido della prima volta che la vidi…

"-Vieni, ho una sorpresa per te- mi coprì gli occhi con le mani e mi guidò. Facemmo un paio di passi -Arrivati!- mi scoprì il viso e mi cinse i fianchi mostrandomi una meravigliosa Duetto rossa -Ti piace?-

-E’ bellissima!-

-Un giorno mi avevi detto che era la tua macchina preferita e che la sognavi fin da bambina… È sportiva… come piacciono a te… E poi è solo per due…- mi sorrise maliziosamente e io ricambiai."

La mia mente si risvegliò dai quei ricordi ancora così nitidi nella testa. Mi decisi a prendere le chiavi, aprii la macchina e mi sedetti al posto del guidatore. Guardai il cruscotto, indecisa sul da farsi, sfiorai il volante e i miei occhi si riempirono di piccole e insignificanti gocce di mare… non ora… non dovevo mollare adesso… passai una mano sui miei corti capelli neri e caddi in un pianto di liberazione. Io così forte, così grande… piangevo, sì, anche il grande Capitano Miceni ha le sue debolezze. E che debolezze… Lacune grandi quanto tutta la Liguria… mi rialzai e passai le braccia davanti ai miei occhietti color legno per asciugare le lacrime. Misi in moto e mi diressi verso casa. Il pensiero di trovare Giorgia a casa ad aspettarmi mi fece accelerare, era da tanto tempo ormai che non stavamo più insieme, noi due da sole… eravamo arrivati, stavamo proprio in centro Sanremo mentre la palestra era vicina alla caserma di Imperia. Scesi dall’automobile e aprii il grande portone vetrato, stavamo all’ultimo piano, presi l’ascensore e premetti il pulsante numero sei. Quando l’ascensore si fermò infilai la chiave nella toppa e all’apertura della porta mi ritrovai davanti Monia. -Ciao Morgan!-

- Ciao Monia.- entrai e posai le chiavi nello svuota tasche di legno sulla mia destra -Giorgia? E’ a dormire?-

-Figurati! Quella ti aspetterebbe anche se arrivassi alle quattro di mattina!- risi, Monia era una ragazza davvero solare, mi faceva stare veramente bene. -E allora dov’è? Dov’è questa bimbetta che fa i capricci per dormire? Oh eccola qua!- una bimba da capelli neri e gli occhioni azzurri mi saltò in braccio -Ciao mamma…-

-Ciao bellissima! Lo sai che ti saluta Nico?-

-Sul serio? Lo andiamo a trovare?-

-Sì, un giorno lo andiamo a trovare…-

-E papà? Quando andiamo a trovare papà?- quelle parole furono come una palla di cannone in pieno petto -Eh… domattina, ti assicuro che domattina andiamo a trovare papà, ora a letto!- la accompagnai nella sua cameretta verde, il suo colore preferito, le rimboccai le coperte e mi chiesi come fa la natura a creare cose così belle e pulite… Socchiusi la porta pianino e lasciai entrare solo un filo di luce nella stanza, attraversai il corridoio e entrai in soggiorno. Il nostro… Il mio divano era lì, rosso e austero, a noi due… A me piaceva tanto il rosso, era il mio colore preferito, e anche il suo… Mi sedetti sul sofà accanto a Monia e accesi la Tv c’era un Talk show forse era interessante…

-Io penso che gli sbagli del Capitano Miceni siano stati veramente troppi e secondo me è stata la vergogna a farla dimettere…-

-La vergogna? Hai sentito cosa dice sto deficiente? La vergogna! La vergogna mi ha fatto andare via! Eh!-

-Morgan, calmati, lo sai come sono questi programmi…-

-Io… voglio sentire cosa dice ancora su di me…- stetti zitta con i pugni stretti per sentire le cazzate che avrebbero sparato

-Secondo me centra il Tenente morto… In fondo quei due avevano una storia no?-

Altra cannonata

-Certo che avevano una storia! Non li leggi i giornali? Convivevano!-

Bum, il mio petto stava iniziando a rompersi

-E secondo voi un Capitano dei Carabinieri lascia la sua squadra solo perché gli è morto il ragazzo? Ma figuriamoci!-

Il cuore era ormai a pezzi

-Ricordate che l’indagine era sua, avrebbe potuto essere una sua colpa…-

Monia prese il telecomando e spense la Tv. -Questa robaccia ti fa solo male…- sembrava mia madre… come se avessi avuto bisogno di qualcuno che badasse alla mia salute mentale. –Senti non mi venire a dire cosa mi fa male o no. So benissimo cosa mi fa male d’accordo? Il cuore mi fa male, mi fa male lo stomaco, mi fa male la testa e… Questa maledetta spalla.- mi ero fatta male più o meno due settimana fa… Una spallata contro la macchinetta del caffè…

"-Cazzo... Di nuovo.-

-Che c’è?- gli chiesi pendendo dalle sue labbra come al solito –Capitano Miceni.- mi disse con aria autoritaria –Dobbiamo comprare una nuova macchinetta del caffè… altrimenti qua non si va da nessuna parte…- risi guardando quegli occhi blu elettrico –Non abbiamo fondi Tenente e comunque io preferisco i vecchi metodi…- e così dicendo tirai una spallata a quello stupido macchinario… bè, almeno il caffè era venuto buono, le mie spalle… Beh, non erano in buone condizioni ecco."

Mi risvegliai da quei pensieri e come era normale da ormai tre settimane mi lasciai sopraffare dalla debolezza, era come se pensando a lui tutta la mia corazza che con costanza avevo costruito si sciogliesse nel nulla. Le lacrime ripresero a scorrere sul mio viso pallido. Sentii Monia avvicinarsi a me e sentii le sue parole dietro i capelli. –Passerà ok?-

-No! Non sarebbe mai dovuta iniziare! Sono una stupida! Perché? Perché piango così?! Ero forte! Io sono una donna forte! Avevo sotto il mio controllo trenta uomini, e ora crollo così! Per degli stupidi ricordi! Mi avevano dato un ammasso di persone e io li ho trasformati in una squadra! Un famiglia! Cosa mi è rimasto eh? Niente! Non ho più niente cazzo!-

-Hai me…- mi abbracciò da dietro –E Giorgia…- fu subito investita dalla falsità del mio discorso… avevo qualcuno, ma non era abbastanza, non più. –Giorgia aveva un padre! Quel rapporto tra loro due era così… Stretto… Io non so fare niente da sola… Sono sola… Davide non c’è più! Non c’è più!- quello fu il culmine della mia disperazione ormai più asciugavo lacrime più ne scendevano, come un fiume in piena che non si prosciuga mai. –Morgan?-

-Si?- risposi tra i singhiozzi –Devi iniziare di nuovo la tua carriera.-

-No. Non ci torno là, sotto tutti quegli sguardi pieni di compassione… Ormai ho mollato, troppi errori, non si può rimediare a una cosa del genere.-

-Non sto parlando dell’arma…- mi sforzavo ma continuavo a non capire –Scusa ma… Proprio non c’arrivo…-

-La boxe Morgan, la boxe.- risi ironicamente a quella che doveva essere una battuta –Bella questa… Me la devo segnare…- ormai mi ero calmata ma la cosa della boxe mi infastidiva non volevo ascoltarla più. –Dai… Da quant’è che combatti?- ci riflettei un attimo… Avevo dieci anni quando iniziai… E ora ne avevo trentadue, ventidue anni fa ho iniziato a tirare pugni contro un sacco, sedici anni fa invece ho iniziato a sbattere la testa contro il muro… Beh, non è male. –Da ventidue anni. Ma ora lo faccio solo per sano sport… Mentre prima, bè ti ricordi?- lei mi sorrise –Si, ricordo quando in un anno mi hai vinto quarantasei incontri su cinquantatre… Sei stata… Eccezionale. Poi però hai mollato tutto per… Per un capriccio.- tutta quella consolazione che avevo udito nelle sue parole si arrestò all’istante, la mia vita era solo un capriccio per lei? –Capriccio? La mia esperienza da carabiniere mi ha cambiato la vita, mi ha formata, mi ha reso onesta, mi ha reso quella che sono oggi.-

-Sì scusa, non volevo dire quello, volevo solo dire che, dentro quella stanza…- mi indicò quella porta bianca che non avrei aperto mai più –C’era tutta la tua vita di ieri, e c’è anche la vita di oggi. Io ci farei un giretto. Ora vado a letto, tua figlia è un tornado…- sorrisi e inspiegabilmente mi addormentai sulla poltrona.

"-Shh… devi stare calma okay? Ce ne andremo di qui.- guardavo il suo viso con le mani appiccicaticce attaccate a quel vetro spesso che ci divideva, la sua voce usciva deformata da quel microfonino. –Cosa succederà a Giorgia? Cosa farà senza di noi?-

-Tranquilla quando saremo a casa lei non si accorgerà nemmeno della nostra breve assenza…-

-E se non tornassimo?- chiesi a Davide con una voce che ormai non era più mia ma era figlia del dolore che mi attanagliava la gola. Lui stava per rispondermi quando dal megafono sistemato dietro di me sentii una voce contraffatta. –Salve a voi… Capitano Miceni, Tenente Marianelli.- vidi Davide voltarsi per cercare da dove provenisse quell’avvertimento che odorava di morte e anche lui si accorse di un altoparlante collocato in un angolo della grotta buia divisa in due da quella lastra infrangibile. –Ho ascoltato i vostri discorsi e non avete nominato neanche una volta il "come mai sono qui" significa che lo sapete già vero? Non mi aspetto una risposta. Mi aspetto una preghiera, una richiesta che dovrete fare insieme. Dovete dirmi chi morirà tra voi due. Uno solo si salverà… E’ semplice. E’ vero, forse rimanere vivi, e condannare a morte la persona che si ama è peggiore... Ma io voglio solo sapere un nome. Voglio solo vedervi soffrire un poco… Non chiedo molto… Se nessuno dei due risponde, morirete entrambi. Riflettete. A voi la scelta.- La voce fredda e tagliente come il ghiaccio se ne andò com’era venuta. Ci guardammo per degli attimi che sembravano infiniti. Ormai ogni attimo era diventato prezioso, ogni minuto di silenzio era sprecato perché entrambi sapevamo che saremmo morti, si vedeva negli occhi, la paura, il desiderio di morire subito per non soffrire ancora, la voglia di uscire subito interrotta dalla certezza che nessuno di noi sarebbe mai uscito di lì, e poi la disperazione, la disperazione di non poter mai più vedere Giorgia. Non avremmo mai potuto darle più niente, né io né lui. –Secondo te è meglio schiattare per primi o per secondi?- mi chiese con quell’ironia che spuntava solo nei momenti peggiori. –Non ti mettere a scherzare, per favore, non è il momento. Non moriremo entrambi no l’hai capito? E se ti riferisci a un suicidio in seguito non è una buona idea.- lui mi rise in faccia. Era una risata disgraziata, mi fece salire su una rabbia, non riuscii a trattenerla e sferrai un pugno contro il vetro. Poi mi piegai su me stessa per cercare di non sentire il dolore. –Dai… non fare così-

-Tanto devo morire no? Che differenza fa se ho una mano rotta o no?-

-Morgan.- disse il mio nome con voce ferma e controllata. –Sì?-

-Vieni qui…- fece segno di avvicinarmi alla vetrata e io obbedii –Che c’è?- risposi singhiozzando –Non sopporterei mai di vederti soffrire così capisci? Non che tu debba sopportare per tutta la vita un peso così grande... Non voglio che tu ti strugga davanti all’idea di avermi ucciso. Non reputarmi egoista ma… voglio che tu muoia.- appoggiai le mani al vetro e mi lasciai scivolare ormai presa dal pianto. Anche lui s’inginocchiò di fronte a me e cercò il contatto con la mia mano, anche se non potevamo toccarci ci sentivamo così vicini che… -No! Non voglio che tu mi veda morire! No! No!- con la mano risalì al mio viso e fece finta di sfiorarmelo, come per rassicurarmi che era li con me. –Ehi tu! Mi senti! Cazzutissimo figlio di puttana mi ascolti?- si alzò e iniziò ad urlare contro l’altoparlante –Voglio che Morgan muoia ora! Subito!- poi lo vidi guardarmi con uno sguardo pieno di colpe –Scusa Morgan. L’ho faccio per te. Ti amo.- poi ritornò quella voce gelida –Bene, avete fatto la vostra scelta, o meglio la vostra preghiera, ma io non sono misericordioso e quindi non l’accetto. A morire sarà il Tenente Marianelli. Addio.- era il momento il momento in cui ci saremmo separati per sempre. –Ci rincontreremo. In un’altra vita. Okay?-

-No!!! Non ci credo lo sai! Non c’è niente dopo questo! Niente!- poi sentii un rumore, uno sparo provenire da una parete. Lo colpì dritto alle spalle, in corrispondenza del cuore. –Davide! NO! Davide!!!- si accasciò con il sangue che colava da un lato delle labbra –No! Uccidimi cazzo! Uccidimi!- non potevo fare niente, non potevo neanche abbracciarlo per sentire l’ultima volta il calore del suo corpo, non potevo fare più niente –DAVIDE!!!"

Mi svegliai di soprassalto con il viso bagnato sperando di non aver urlato. Non volevo che si svegliasse Giorgia… O Monia, che sarebbe stato ancora peggio. Era stato solo un sogno, o meglio un incubo, o meglio ancora: era stato l’angolo più doloroso della mia vita. Magari fosse stato un sogno, in quel momento mi sarei addormentata nel mio letto accanto all’uomo che amavo, e se mi fossi svegliata di soprassalto mi avrebbe abbracciata e avrei avuto un appiglio a cui aggrapparmi. Invece ora ero alla deriva, lui non c’era più e dovevo farmene una ragione. Forse Monia aveva ragione. Dovevo ricominciare a vivere, dovevo ricominciare con la boxe. Perché ho guardato la televisione? Ah… giusto, dimenticavo che adoro il masochismo. Mi alzai dalla poltrona e iniziai a camminare nel buio. Appoggiavo le mie mani affusolate ad ogni oggetto per sentirne la forma e il calore. Il muro che a prima vista poteva sembrare liscio aveva migliaia di piccole venature ruvide percepibili al tatto. Mi avvicinai a quella porta bianca che non volevo aprire, ma lo feci ugualmente. Entrai nella stanzetta in cui non entravo da un tempo che sembrava una vita. Appena varcai la soglia fui travolta dall’odore dei ricordi. Nell’oscurità cercai di focalizzare gli oggetti, sfiorai dei giornali su un mobile in legno, una coppa… il mobile era finemente intagliato e sentivo tutte le forme sotto i polpastrelli. Ritornai agli oggetti che ci si appoggiavano sopra, una cornice… immaginai la fotografia, noi tre abbracciati, magari in parco, dove c’era tanto verde, tanti alberi e… davanti a me un armadio, ne ero sicura, quella stanza la conoscevo a memoria. Mi ci avvicinai sempre di più fino a toccare la sua divisa ancora attaccata ad un ometto, c’era ancora il suo profumo…

"-Non mi aspetto amicizia, attaccamento, non mi aspetto niente da questo incarico, non mi aspetto niente tra voi e me. Ho solo ventisei anni ma di strada ne ho fatta… Mi aspetto da voi solo il rispetto che è il fondamento di tutte le relazioni. Sono il Capitano Miceni e voi i miei uomini.

Non mi aspetto niente da voi. Niente.- era stato davvero divertente recitare la parte del Capitano stronzo che è appena arrivato e che crede di stravolgere la loro routine, mi è sempre piaciuto fare la stronza… si, e poi mi avevano dato una squadretta non formata, erano degli uomini che credevano di essere una squadra, ma non lo erano. Una cosa ho imparato nella mia breve carriera: gli uomini se sono contro qualcosa, in particolare un Capitano, sono più uniti. Volevo fare di loro una squadra vera. Sarebbero diventati una squadra vera. Mi accomodai sulla mia sedia girevole e iniziai a ruotare su me stessa, quanto lo adoravo!

Sistemai le cose che erano ancora dentro la scatola, la foto mia e di Monia insieme abbracciate ai giardinetti, a Roma…La misi sulla scrivania, poi mi alzai e riempii alcuni scaffali neri con trofei e vecchi ricordi della mia vecchia carriera nella boxe… E poi la foto di me e Federico… Mi aveva invitato a cena per la sera stessa… Non vedevo l’ora. Mi risedetti sulla poltrona di pelle nera, mi voltai verso il muro e felice mi morsi il labbro inferiore.

-Salve Capitano.- i miei pensieri su Fede si interruppero dalla voce di uno dei miei collaboratori, non capii chi era, non avevo ancora abbinato i nomi alle voci ed ai volti. –Sì?- dissi voltandomi ed esibendo un po’ di altezzosità perché io potevo avere quell’ufficio e soprattutto quella sedia. –Le ripeto il mio nome e grado perché magari… Si è dimenticata ecco. Sono il Tenente Davide Marianelli.- mi morsi la lingua per sforzarmi di non ridere, non so perché ma trovavo tutta quella situazione estremamente esilarante. –Ha fatto bene, faccio ancora un po’ di difficoltà a distinguervi tutti e trenta. Comunque mi dica Tenente.- aveva gli occhi… Non erano azzurri, neanche grigi erano blu, blu elettrico. –Volevo solo precisare che…- fece un grande respiro e io mi domandai il perché, cosa mi stava per dire? –Che neanche noi ci aspettiamo niente da lei.- bene… Almeno aveva usato il noi. –Lo so.- risposi ridendo mentalmente della mia sfacciata indifferenza. Lui ci rimase un po’… Era strano ecco, la sua espressione era da fotografia. Uscì facendo il saluto militare e io ricominciai a roteare sulla mia sedia. Come ho già detto mi è sempre piaciuto fare la stronza."

  
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