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Autore: Himenoshirotsuki    12/07/2015    10 recensioni
Il suo corpo era luce, la emanava come una stella nella volta celeste, i capelli simili a lingue di fiamma. Ledah guardò quell'anima splendente, mentre si faceva strada tra i rovi e le spine. In quel luogo opaco, a cavallo tra la realtà e il mondo dell'oltre, ogni suo passo era troppo corto, la sua voce non era sufficientemente forte perché lei si accorgesse che la stava febbrilmente rincorrendo. Per un tempo indistinto inseguì quelle tracce vermiglie, testimoni delle catene corporee che la tenevano ancorata a questo mondo. Poi lei si girò, incrociando lo sguardo disperato di Ledah, e in quell'istante egli capì: lei era il sole nell'inverno della sua anima, l'acqua che redimeva i suoi peccati, la terra che poteva definire casa. Lei era calore e fiamma bruciante. Lei era fuoco, fuoco nelle tenebre della sua esistenza.
Revisione completata
-Storia partecipante alla Challenge "L'ondata fantasy" indetta da _ovest_ su EFP-
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Guardiani'
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28

Il Mio Destino

"Chi combatte con i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. E se guarderai a lungo nell'abisso, l'abisso guardera dentro di te."
F. Nietzsche
 

Il vento soffiava dalle montagne, portando con sé un'aria gelida. Nuvole nere avevano oscurato il cielo, coprendo il tiepido sole primaverile sospeso al di sopra del bosco. Le ombre dei rami che si erano allungate sul terreno avevano fatto sprofondare la foresta nella penombra, costringendo Baldur a rallentare l'andatura e a prestare attenzione a dove metteva i piedi. Da lontano udì il ruggito di un tuono e una leggera pioggerellina cominciò a bagnare la terra. Di tanto in tanto la luce evanescente dei fulmini gettava bagliori sinistri attraverso la fitta vegetazione. Il nano grugnì qualcosa tra i denti quando una grossa goccia d'acqua gli colpì il naso, ma non si fermò. Aveva fretta, molta fretta. Dopo qualche minuto giunse ad un bivio, dominato dall'imponente presenza di un antico ontano che divideva il sentiero a metà. Senza arrestare il passo si girò a guardare la strada che aveva percorso per sincerarsi di non essere seguito, poi svoltò a destra. 
Nei giorni precedenti, con la scusa di andare a cercare erbe per Airis, aveva avuto modo di esplorare la zona e battere i vari sentieri che, un tempo, conducevano a Luthien. Non ci era voluto molto, grazie soprattutto all'aiuto di Raiza, che, non senza un buona dose di fastidio e indolenza, aveva perlustrato il bosco in lungo e in largo. 
L'ennesimo lampo squarciò il cielo, illuminando il sentiero davanti a lui. Un'ombra passò silenziosa sulla sua testa e il gracchiare di un corvo gli graffiò le orecchie. Il vento ululò più forte e nel cielo plumbeo risuonò il fragore di un altro tuono. Istintivamente, Baldur portò la mano all'ascia appesa alla cintola e, nonostante la fanghiglia che gli impediva di marciare spedito, continuò a camminare fino a quando la foresta non si diradò, diventando solo una piccola striscia di prato. A poca distanza il grande lupo se ne stava seduto sulle zampe posteriori a osservare le macerie di Luthien. Il nano avanzò ancora, lo sguardo fisso sullo spettacolo atroce che si estendeva sotto di loro. 
Ricordava di aver scorto Airis su quella stessa altura il giorno in cui erano giunti in prossimità di Luthien. L'aveva osservata da lontano per non più di un minuto, l'aveva vista cadere in ginocchio con le spalle scosse dai tremiti e aveva pensato che, oltre ad aver loro mentito sulla sua identità, quella giovane guerriera fosse anche pazza, come tutti quelli della sua specie. Forte delle sue convinzioni sugli umani, aveva liquidato l'accaduto e lo aveva accantonato con noncuranza in un angolo del cervello, ma, ora che di fronte ai suoi occhi si stagliavano solo un grumo di terra bruciata e case distrutte, si chiese se Airis non avesse previsto in anticipo la tragedia che si sarebbe abbattuta sulla città. Sapeva che i Veggenti, persone capaci di predire il futuro, erano più unici che rari e che tra gli umani solo pochissimi nel corso della storia avevano manifestato questo dono, ma non credeva che anche lei fosse una di loro. Ripensandoci col senno di poi, c'erano ancora molte cose di quella strana ragazza che non era riuscito a capire. 
Sbuffò, ripromettendosi di prestare maggiore attenzione, e incrociò gli occhi eterocromi di Raiza. 
- Allora? Ci hai parlato? - esordì il lupo.
Baldur annuì: - Sì, ma non sono riuscito a convincerla. Sai, le solite cose da Cavalieri. -
- Cose che un mercenario tiene in gran conto, scommetto. - borbottò ironico.
Il nano si limitò a scrollare debolmente il capo, senza replicare. Aveva trascorso la sua esistenza vivendo e combattendo per cause altrui e, per quelli come lui, nessuno si era mai preso la briga di stilare un codice d'onore. 
- Beh, in ogni caso dobbiamo portarla via da qui, assieme alla donna e ai bambini. - 
- Quella Airis non è stupida come credi. Sarà anche umana, ma non dimenticare che prima di tutto è un Generale: sa benissimo che non si può salvare la vita di tutti. Sarebbe sciocco anche solo pensarlo. -
- Nel caso non ragionasse, si può sempre ricorrere alla forza bruta. Ho parlato con Myria, Melwen e Zefiro e stasera verranno di sicuro. - fece un cenno alle sue spalle, - La radura si trova facilmente, basta proseguire per quattrocento passi dall'accampamento. Si defileranno prima dalla cena, quando la sorveglianza è meno ferrea. Non che le guardie siano particolarmente attente a pattugliare quelle quattro tende, ma è meglio essere prudenti. -
- Del Drow che mi dici? -
- Non me ne importa un fico secco di quell'orecchie a punta. -
Entrambi tacquero e la conversazione parve morire lì. La pioggia scendeva imperterrita, ma non sembrava voler aumentare d'intensità. Una folata di vento agitò gli alberi e il silenzio venne disturbato dal fruscio delle foglie e lo scricchiolio dei rami. 
- Perché non sei scappato? - la domanda di Raiza giunse inaspettata.
Dal tono neutro con cui era stata posta il nano capì che al lupo non interessava davvero la risposta, ma decise di farlo comunque: in fin dei conti, quel bestione gli stava simpatico.
- Diciamo che ci sono una serie di cose che non sopporto... - esitò, alla ricerca della parola giusta, - Per esempio, le morti inutili. -
- Stai forse dicendo di avere una sorta di etica professionale? -
- Chiamala come vuoi. Non sono né un Cavaliere né un paladino della giustizia, né mi è mai importato del benessere di qualcun altro al di fuori del mio, ma ci sono certe cose che mi mandano in bestia. -
Una scintilla di curiosità si accese in fondo alle iridi del lupo: - Quindi non sei un mercenario ignorante e senza scrupoli. -
Baldur stava per rispondergli a tono, quando nell'aria si levarono delle urla di terrore. Provenivano dall'accampamento. I due si scambiarono una rapida occhiata, poi il nano saltò in groppa a Raiza e affondò i talloni nei fianchi dell'animale, lanciandosi in una corsa sfrenata nel bosco, mentre la pioggia gli sferzava il viso. La terra sotto di loro era diventata una fanghiglia marrone e avanzare in mezzo agli alberi ben presto divenne difficile, ma entrambi sapevano che tagliare attraverso la boscaglia era la via più veloce, l'unica che avrebbero potuto percorrere per riuscire ad intervenire in tempo.
Un fulmine si abbatté su una quercia alla loro sinistra e il tronco esplose in mille schegge ardenti, ma Raiza ci sfrecciò accanto senza fermarsi. La mente di Baldur galoppava più veloce del lupo e, stavolta, afferrò e strinse l'ascia con forza, tenendosi alla pelliccia con una sola mano. 
- Dobbiamo trovare l'umana e i bambini! Più in fretta, Raiza, più in fretta! -
Altre grida, sibili di frecce e clangore di spade.
- Sto andando più veloce che posso! - ringhiò di rimando, affannato.
Il sentiero era scivoloso, perciò non poteva accelerare più di tanto, col rischio di cadere e perdere del tempo prezioso. Il respiro del lupo si fece concitato e il sudore sulla fronte di Baldur si mischiò alla pioggia. Avvertì il lupo rallentare, così gli piantò i talloni nei fianchi, spronandolo a proseguire.
Appena uscirono dal bosco, la prima cosa che li colpì fu l'odore del sangue, che inquinava l'aria come un miasma putrido, soffocante. Un lampo squarciò il cielo, illuminando per pochi istanti la scena raccapricciante stagliata innanzi a loro: gli ammassi neri a terra assunsero i contorni di corpi senza vita, mentre le ombre in movimento divennero sagome umane che fuggivano disperate. 
Raiza ululò e si gettò alla carica.
Una donna cadde a terra e annaspò nel tentativo di fuggire alle grinfie di un soldato. Baldur si raddrizzò, mulinò l'ascia e l'affondò nella mandibola dell'uomo con tutta la forza che aveva nel braccio. La lama spezzò le ossa con uno schianto, strappandogli metà cranio, ma il nano sapeva che un colpo del genere non era sufficiente. Aveva già intuito da qualche giorno che le guardie appostate nell'accampamento erano uguali a quelle che avevano attaccato Luthien e rammentava nitidamente quanto fosse difficile uccidere tali immonde creature. Anche perché erano già morte. Come si uccide qualcosa che è già morto? Inoltre, se, come pensava, era quell'Eigor Felther a comandarle, la situazione si prospettava ancora più complicata.
Il suo avversario barcollò per alcuni secondi, poi recuperò l'equilibrio, fissò i suoi occhi lattiginosi in quelli di Baldur e gli si gettò addosso senza emettere un fiato. La luce di un lampo si rifletté sulla corsesca che aveva in mano, ma Raiza arretrò prontamente, scartò di lato e gli si scagliò contro ringhiando, ancorandolo a terra con le possenti zampe e dilaniandogli la trachea.
- Basta! Non possiamo permetterci di perdere tempo! - esclamò il nano.
Il lupo ringhiò di nuovo, ma mollò la presa, mentre la donna che avevano salvato spariva nell'oscurità. Dopo qualche istante le sue urla attraversarono l'aria, ma il fragore di un tuono fece in modo che nessuno riuscisse a udirle. 
A pochi passi da Baldur e Raiza un uomo inciampò nella corsa e andò a sbattere violentemente con la faccia sui sassi posti intorno a un falò. Il corpo cadde su un'otre, mandandolo in pezzi, e subito l'acqua che ne fuoriuscì si colorò di rosso. Un altro provò a seminare il soldato che lo inseguiva, parve farcela, ma non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo che una lancia sbucò da dietro una tenda e lo trafisse da parte a parte. Poco più in là un soldato nemico sfracellò la testa di una donna a colpi di martello. Nascosta sotto il corpo sventrato della madre, una bambina non riuscì a trattenere un singulto. Il non-morto estrasse un pugnale dalla cintola, le artigliò il collo e la sollevò all'altezza del suo viso. La piccola gridò, poi la lama penetrò nella sua gola e le sue preghiere annegarono nel sangue.
Senza fermarsi, Baldur si fece largo a colpi di ascia, saettando lo sguardo di qua e di là. Chiamò continuamente il nome dei suoi compagni di viaggio, ma in risposta ricevette solo altre urla e altri gemiti disperati. Erano arrivati troppo tardi. Imprecò a denti stretti. Con la coda dell'occhio colse un movimento alla sua destra e recise il braccio di una guardia, che stava per infilzarlo con la spada. Raiza snudò le zanne e gli sferrò una zampata, che lo scaraventò a più di trenta passi di distanza.
- Non possiamo continuare così. Cerchiamo Airis e i suoi amici e portiamoli via! - ansimò il nano.
Non appena finì la frase, il lupo si scansò giusto un attimo prima di venire colpito dalla lancia di un nemico. Baldur torse il busto e riuscì a deviare all'ultimo la traiettoria della lama. La punta della lancia sfrigolò contro il metallo dello spallaccio, ma a quel punto il soldato rimase scoperto. Il nano ne approfittò. Si udì il sibilo dell'ascia, veloce, letale. Il ferro affondò nelle carni marce della creatura, poi con notevole rapidità trafisse di nuovo e questa volta gli staccò la testa dal corpo.
“Se andiamo avanti così, moriremo tutti. Sono troppi e gli unici che possono combattere siamo io e Raiza. Airis non si regge in piedi e Fenrir... bah... a proposito, dov'è finito?” 
- Muoviamoci, Raiza! Prima ho visto Airis dirigersi verso la tenda di Felther, forse è ancora lì. -
Il Lycos accennò un ringhio di protesta, ma un altro non-morto li caricò da sinistra. Baldur spronò il lupo contro l'avversario e con un fendente preciso gli aprì uno squarcio perfetto sulla gola. La testa si inclinò pericolosamente di lato, rimanendo attaccata al collo solo per un minuscolo lembo di pelle, mentre il sangue zampillava sul manto dell'animale in corsa.
- Tu sei pazzo, nano. Sono tutti morti, dobbiamo andarcene. -
- No, possiamo fare ancora qualcosa. - un sorriso sprezzante balenò sotto la sua folta barba, - Se è davvero quel maledetto Felther a comandare questi esseri, allora basterà eliminarlo per metterli fuori gioco. -
Raiza compì un balzo, superando due soldati e travolgendone un altro.
- Ne sei sicuro? -
- Sì. -
Abbatté un altro non-morto e, immediatamente dietro di lui, riconobbe la tenda del Cavaliere del Drago. Se aveva ragione, sarebbe bastato tagliare la testa a quel figlio di puttana per fermare quel massacro, ma doveva fare in fretta. Lanciò un'occhiata alle sue spalle e vide un manipolo di uomini che combattevano contro i alcuni soldati nemici, armati di spade, bastoni e archi rubati ai cadaveri. Valutò di avere meno di una decina di minuti prima che quelle creature li facessero fuori e accorressero a dare man forte al loro capo. Spronò il lupo e insieme irruppero nella tenda.

Airis non si rese conto del loro arrivo, troppo intontita dalle percosse. Era a terra, le braccia legate dietro la schiena, e il dolore che ancora le formicolava negli arti le indeboliva i sensi. Con quel poco di lucidità che le era rimasta, scorse la propria casacca di tela imbrattata di sangue. Avvertiva un sapore ferroso in gola e l'odore del vomito sui capelli. Felther l'aveva resa innocua per assicurarsi che non gli mettesse i bastoni tra le ruote e lo aveva fatto nell'unico modo che sapeva l'avrebbe immobilizzata per un po'.
Non riusciva a pensare o mettere ordine nel caos di suoni e voci che le sue percezioni distorte captavano. Lottò per rimanere cosciente, supplicando il suo corpo di alzarsi e combattere per quelle persone che là fuori stavano morendo per la seconda volta in poco tempo, ma ogni sforzo risultò vano. I suoi occhi divennero ciechi, le sue orecchie si riempirono di un fastidioso e incessante ronzio e nella sua testa vorticarono silenziose accuse contro se stessa e la propria ingenuità. 
Si stupì non poco quando, ad un tratto, udì il clangore del metallo vicinissimo a lei. Aprì piano le palpebre e, attraverso la nebbia che le offuscava la vista, intravide il baluginio dell'acciaio e il riverbero del fuoco delle torce sulla lama di due diverse armi. Provò goffamente a strisciare verso la sua spada, desiderosa di partecipare alla battaglia e rendersi utile, poi rammentò di avere le mani legate da spesse corde che le ferivano i polsi. Le piaghe bruciavano e lo stretto nodo le ostruiva la circolazione del sangue, facendole perdere la sensibilità alle dita. Un tonfo la fece sobbalzare. Seguirono altri rumori di lotta e dei gemiti sommessi. Poi delle gocce calde le schizzarono sulle guance. A quel contatto la sua coscienza parve risvegliarsi e finalmente fu in grado di definire le forme dell'ambiente che la circondava.
- Per gli Avi! Gli hai sbranato la faccia, eppure questi cosi continuano a muoversi! Ma che razza di... -
- Non importa, dobbiamo andarcene subito! -
“Baldur? Raiza?” 
Cosa ci facevano lì? Dov'erano i bambini e Myria? Dovevano aiutarli a scappare, altrimenti li avrebbero uccisi. Sentì le corde venire tagliate e le sue braccia caddero lungo i fianchi. Qualcosa di umido le sfiorò la fronte e quando alzò lo sguardo si scontrò con il muso peloso di Raiza.
- È sveglia, ma non so quanto sia cosciente. Svelto, caricala sulla mia groppa. -
Airis tentò di parlare, ma appena venne sollevata vomitò di nuovo, probabilmente addosso a Baldur, a giudicare dalle imprecazioni colorite che le giunsero alle orecchie.
- Maledizione, ha un taglio profondo sulla testa! Non so se sopravviverà... -
- Muoviti, nano, non abbiamo tempo! -
Baldur la caricò malamente sulla groppa del Lycos, impedito nei movimenti a causa della bassa statura. La gamba e il braccio sinistro di Airis sbatterono contro la terra e una nuova ondata di dolore le fece contrarre le viscere. In quell'istante ricordò di quando Felther le aveva fracassato il femore con un calcio. Evidentemente, con i colpi successivi, si era premurato di metterle fuori uso anche l'altro braccio. Avrebbe voluto urlare, ma non lo fece, seppur consapevole che avrebbe potuto darle sollievo. Boccheggiava, cercando di respirare, anche se le faceva male sentire i polmoni riempirsi d'aria.
Baldur si arrampicò sul pelo di Raiza e prese posto davanti a lei, agguantandola per la casacca per evitare che cadesse. Poi il lupo sfrecciò all'esterno e cominciò a correre. 
Il vento le sferzò la faccia e subito i rumori della battaglia divennero reali, assieme alle preghiere e alle grida di terrore degli uomini che ancora combattevano. 
- Resisti, Airis, non mollare. -
- Myria, i bambini... almeno loro... -
- Saranno già morti. -
- No... devo... e Felther, lui... -
- Non so. Io l'ho decapitato, spero solo che ci resti e non faccia scherzi. -
Raiza scartò bruscamente a destra. Il corpo della guerriera scivolò, ma il nano riuscì a trattenerla.
- Per favore... devo... aiutarli... -
- Non puoi fare più niente! -
Quelle parole le fecero male. Sapeva di non poter chiedere né a Raiza né a Baldur di cercarli, sarebbe stato un suicidio anche solo pensare di tornare indietro, eppure non riusciva a darsi pace. Il dolore arrivava a scariche alterne e le artigliava le membra con rabbia, irradiandosi fino agli occhi, ma la stanchezza e i rimpianti erano più forti di ogni cosa. Così dalla memoria riemersero i sensi di colpa, la consapevolezza di aver condannato tutti quanti nel momento stesso in cui aveva fatto il suo ingresso nella tenda di Felther. Si era fidata, sorda ai consigli e al proprio istinto, e quello era stato il risultato.
Chiuse gli occhi e una lacrima le rigò la guancia. Perse la cognizione dello spazio e del tempo, assieme a tutto quello che avrebbe potuto tenerla sveglia, e cadde in una specie di dormiveglia, cullata dal dondolio frenetico di Raiza mentre correva. La mente tornò a quel giorno di tanti anni prima quando era rimasta appoggiata a quell'enorme roccia nella pianura di Llanowar, attendendo che la morte venisse a prenderla. Ma, quando stava per chiudere gli occhi, aveva sentito ferita sul petto chiudersi e nelle orecchie era risuonata la voce suadente delle Lich. Forse tutto quel dolore era il fardello che doveva portare per non essersi abbandonata ad essa quando ne aveva l'occasione.
Udì il gracchiare di uno stormo di corvi e nell'aria satura del fetore del sangue i loro aspri richiami risuonarono come un macabro canto. Aveva la lingua gonfia e sentiva freddo, il corpo intirizzito e sudato. Il terreno si muoveva sotto di lei e la sua testa ciondolava da una parte all'altra in risposta alle potenti falcate dell'animale. Le sembrò di aver già vissuto un'esperienza simile, di aver già cavalcato insieme a qualcuno non molto tempo prima. Ma con chi?
Riaprì piano gli occhi e vide l'erba piegarsi sotto le enormi zampe di Raiza.
- Ledah... - soffiò, ormai allo stremo.
Non appena pronunciò quel nome, la memoria fece un balzo indietro, riportandola a quel giorno, quando l'elfo l'aveva sorpresa sulla collina mentre guardava, impotente, il massacro che si stava compiendo a valle.

- Anche se in teoria dovremmo essere nemici e non dovrei preoccuparmi di cosa ti frulla nel cervello, penso di aver capito perché hai scelto di diventare ciò che sei. Tu combatti perché credi che a tutti debba essere donata la possibilità di vivere la propria vita; combatti affinché nessuno venga più ridotto in schiavitù e per costruire un futuro migliore; combatti perché ami Esperya e i suoi abitanti con tutta te stessa. Sei il braccio della giustizia e, come me, sai cosa significa veder morire i propri compagni senza poter fare nulla. Non ci è estraneo il senso di impotenza, l'oppressione e la tristezza. Entrambi le abbiamo sperimentate, ma siamo sopravvissuti. Tu lotti con la consapevolezza che la guerra è orribile, non un gioco da cui trarre profitto, ma sai pure che senza di essa a volte è impossibile difendere chi ci è caro. So che ti sembra di non avere più niente da perdere, ma ti prego, Airis, combatti. Combatti per Copernico, per Melwen, per Mirya. Se non vuoi sguainare la spada per te stessa, fallo per loro. -

Una rinnovata grinta si fece strada in lei: era caduta, ma doveva rialzarsi per lui, per Melwen e per tutti coloro che erano morti. Era il suo compito, la strada che aveva scelto e che si era ripromessa di non abbandonare mai più.
“Sono un Cavaliere.”
Però, per quanto si ostinasse a mantenere gli occhi aperti, scivolò nuovamente nel dormiveglia, troppo spossata per opporsi all'oblio.
All'improvviso, vagando tra la fitta coltre di nebbia che la circondava, scorse il viso di Ledah, o così le parve. Man mano che si avvicinava, la figura dell'elfo emerse dalla foschia e le venne incontro. Era vestito come il giorno in cui avevano ballato, durante la festa del raccolto in onore di Seleneide, con quella tunica di lana grezza che le aveva solleticato il naso quando si era appoggiata al suo petto. Lui le cinse i fianchi dolcemente e l'attirò a sé, come quella volta, coinvolgendola in una danza lenta e un po' goffa. Airis scrutò gli occhi color muschio che tanto le erano mancati, ma non poté vedere il resto del suo volto, poiché Ledah indossava la maschera. Credette di star rivivendo quel ricordo, ma poi, prima di riuscire ad elaborare le intenzioni dell'elfo, egli si chinò a baciarla. Posò le labbra sulle sue in un tocco timido e gentile, accarezzandole la schiena con una delicatezza di cui Airis non lo avrebbe mai detto capace. Ricambiò senza vergogna, per una volta libera da qualsiasi preoccupazione, pregiudizio o pensiero. Il calore della sua lingua le sembrò così vero, come la morbida consistenza delle labbra e il tepore del suo respiro, tanto che si chiese se non fosse quella la realtà e il mondo dilaniato dalla guerra, dalla morte e dall'odio solo un incubo partorito dalla sua mente. 
Poco più tardi, impossibile stabilire quanto, si ritrovò con la bocca piena di sangue denso e viscoso e il corpo morto dell'elfo che giaceva riverso ai suoi piedi, con il cranio spaccato in due, mentre intorno a loro infuriava la battaglia. Airis urlò terrorizzata e cadde in ginocchio scossa dal pianto, stringendolo forte a sé e accarezzandogli il viso con mani tremanti. Gli occhi verdi erano vitrei e fissi nel nulla, ma riflettevano ancora un'espressione terribile.
Gli eventi di quegli ultimi giorni si mescolarono, sovrapponendosi gli uni sugli altri, e la mandarono in confusione. In quell'opprimente oscurità Airis era sola, circondata dalle grida dei vivi e dai volti deformi dei morti. Li osservò a lungo, le labbra bagnate della linfa vitale dell'unico uomo che era mai contato qualcosa per lei, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal macabro spettacolo. Allora, di fronte a tutta quella disperazione, la sua coscienza ruggì e la sofferenza, il disprezzo e la rassegnazione che le opprimevano il torace evaporarono, cedendo il posto alle parole dell'elfo: non avrebbe più permesso che accadesse.
Era ancora avvolta dalle nebbie, quando a un certo punto non sentì più il calore familiare di Raiza sulla pelle. Non capì cosa stesse succedendo, finché la voce spaventata di Baldur non le trafisse le orecchie. Airis spalancò gli occhi per vedere la zampa del Lycos che slittava sul terreno fangoso e la mano che il nano le tendeva farsi sempre più piccola, mentre il suo corpo precipitava in un profondo crepaccio. Al primo impatto con la roccia il dolore l'accecò e l'oscurità e il gelo l'avvolsero in un sudario soffocante. Da lontano udì gli improperi del nano e poco dopo perse i sensi.
Non seppe quanto tempo era passato quando il suo cervello riprese a funzionare. Socchiuse appena le palpebre e notò che la gamba sinistra era piegata in un angolo innaturale, sembrava più corta rispetto all'altra. Tentò di alzare il braccio, ma un grido le si strozzò in gola. Si sentiva compressa, inchiodata al suolo da un peso insopportabile, che solo in un secondo momento comprese essere il suo stesso corpo. Nell'aria aleggiava il tanfo del sangue, misto all'odore di legna bruciata, segno che non era poi tanto distante dall'accampamento come credeva.
Chiuse di nuovo gli occhi, ma dietro alle palpebre c'era un muro rosso, incandescente. 
- ...ris. -
Di chi era quella voce? La conosceva, ne era certa, ma cosa stava dicendo?
- Airis, svegliati. -
Una mano calda le sfiorò la guancia e bastò quel semplice contatto per strapparle un gemito sofferente. Poi da quei polpastrelli fluì un calore che le inondò presto le membra. Percepì le ossa rinsaldarsi sotto la pelle, spinte da quel tacito comando magico, assieme ai tessuti lesionati e alle ferite insanguinate. Solo quando l'ultimo taglio si fu richiuso, Airis ritrovò la forza di aprire gli occhi. 
Tuttavia, quando si apprestò a ringraziare il suo soccorritore la voce le morì in gola.
Lysandra era lì, sopra di lei, e la fissava con un ghigno soddisfatto. Indossava lo stesso abito nero dell'ultima volta che si erano incontrate, ma stavolta i capelli color cenere ricadevano languidamente sul seno. Un corvo dagli occhi rossi stava appoggiato sulla sua spalla e la osservava con indifferenza.
- Non mi ringrazi, mio dolce bocciolo? Sono venuta a salvarti. -
Airis sentì una profonda rabbia montarle dentro. Si tirò su di scatto e la trapassò con un'occhiata gelida.
- Oh, fai ancora l'insolente? Eppure credevo che la lezione dell'ultima volta ti avesse fatta tornare sulla retta via. -
La guerriera contrasse la mascella. La mano cercò la spada sul fianco, ma le dita ghermirono il vuoto. 
- Quegli occhi carichi d'odio mi sono mancati, sai? - le circondò gentilmente le guance con i palmi delle mani, si protese in avanti e posò la fronte su quella di Airis, sfoggiando un sorriso beffardo, - Credevo di averti piegata, ma tu continui a rimetterti in piedi. Per essere un semplice essere umano, hai una forza di volontà invidiabile. -
Airis le schiaffò via le mani e si allontanò, senza perdere il contatto visivo. Il Lich la fissò stupita e increspò le labbra in una smorfia di disappunto, ma poi batté le ciglia e riassunse l'aria compiaciuta.
- Dovrò punirti di nuovo, se continui così. Hai anche bisogno di sangue, perciò non fare la bambina capricciosa. -
- Non voglio più niente da te, mostro! - sibilò feroce.
- Sei diventata impudente, Airis. Hai davvero intenzione di sfidarmi? Non hai imparato nulla in questi anni? -
Si misurarono con lo sguardo per alcuni istanti. La giovane sapeva che il suo corpo esigeva il sangue del demone, lo capiva dal calore che le aveva prepotentemente invaso le viscere, ma stavolta non avrebbe ceduto.
- Dunque, vuoi continuare a giocare al valoroso soldatino? Non ti sei stufata? - 
Airis tacque e continuò tenere le labbra serrate, ma anche se avesse voluto rispondere il gesto che seguì le ultime parole di Lysandra la spiazzò completamente. Abbassò lo sguardo. Ai suoi piedi il demone aveva lanciato un pugnale di pregiata fattura, dalla lama rastremata e l'impugnatura di argento alchemico. Sull'elsa era incastonata una gemma rossa, che emanava bagliori sanguigni.
- Questo è il mio regalo per te. Coraggio, prendilo. -
La luce del sole baluginò sulla lama e la pietra brillò di nuovo, pulsando come se fosse stata di lava incandescente. Airis si sentì invadere da una strana inquietudine, ma si impegnò per non farlo notare, sforzandosi di rimanere impassibile.
- Ho ricevuto armi migliori di un semplice pugnale da cerimonia. - la sbeffeggiò.
Lysandra schioccò la lingua, scocciata.
- Ti sbagli, mia cara. Il mio regalo per te è una scelta. -
- Scelta? Aspetta... - guardò il pugnale e la consapevolezza di cosa fosse la paralizzò.
- Esatto. È la cosa che hai desiderato più di ogni altra in tutti questi anni. In quella pietra ho racchiuso una goccia del mio sangue. Se lo affonderai nel tuo cuore, morirai. E stavolta sarà per sempre. -
- C-cosa ti aspetti che faccia? Che mi ammazzi qui, davanti a te? Vuoi togliermi di mezzo spingendomi al suicidio? - domandò a raffica, sbigottita e spaventata.
La risata spietata di Lysandra vibrò nell'aria e una scintilla ferale rifulse in fondo alle iridi scarlatte.
- Oh, no, certo che no. In verità vorrei tanto sapere cosa tu ti aspetti da me. Credi che ti lascerò libera di fare quello che vuoi? - si avvicinò ancheggiando, sensuale come una tigre pronta a balzare sulla sua preda, - Che arriverò a nutrirti ogniqualvolta ti affaccerai alla soglia della follia? No, no, Airis cara. Ti sto solo dando la possibilità di scegliere come morirai. Che non si dica che non sono una regina magnanima. -
Con mani tremanti, la guerriera si chinò e raccolse il pugnale. Lo osservò incantata e, senza che se ne rendesse conto, le sue dita si strinsero attorno all'elsa. Era perfetta, sembrava fosse stata forgiata apposta per lei, affinché le desse il coraggio di soddisfare finalmente il suo desiderio. Sarebbe bastato poco, una pugnalata sotto il seno sinistro, proprio sopra la cicatrice, e tutto sarebbe finito: niente più dolore, niente più sensi di colpa. Sarebbe stata finalmente libera e, forse, avrebbe potuto correre per i campi dell'Elwing Telperiën assieme a suo padre. Ma con quale faccia si sarebbe mostrata a Kale, se avesse compiuto un gesto simile? 
La tentazione era forte e dentro di lei infuriava una battaglia tra i suoi ideali e la brama di libertà. Pietrificata davanti a un bivio, percepì appena la carezza di Lysandra sulla guancia.
- Non ti preoccupare di ciò che ti lascerai dietro, Airis, né di quello che troverai una volta passata oltre. Questo mondo non merita la tua pietà, ti sei già sacrificata abbastanza per gli uomini e l'unica cosa che hanno saputo fare è stata chiederti un tributo di sangue. Ti hanno strappata all'infanzia, ti hanno portato via la famiglia e infine la freschezza degli anni più belli: non hai mai portato le gonne lunghe, non ti sei mai agghindata per la festa della primavera, non ti sei mai sentita stringere da un uomo e non hai avuto la possibilità di accompagnare i tuoi genitori verso il tramonto della vita. Hai solo udito le storie dei bardi agli angoli delle strade quando marciavi in file serrate, con la celata dell'elmo abbassata e l'armatura del tuo Ordine che ti pesava addosso. - le soffiò all'orecchio, abbracciandola come una madre, - Questo mondo è marcio, Airis, non merita un Cavaliere come te. Sii egoista e muori, mio dolce bocciolo, e nella morte troverai finalmente la pace che tanto agogni. Te lo prometto. -
Lysandra fece un passo indietro e le diede le spalle per concederle la dovuta intimità. Il corvo, che era rimasto tranquillo sulla sua spalla fino a quel momento, gracchiò e spalancò le ali, alzandosi in volo.
- Ah, dimenticavo. - inclinò appena la testa, quel tanto che bastava per incrociare i loro sguardi, - Non ti preoccupare per Ledah. Mi prenderò io cura di lui. È mio figlio, d'altronde. - rise sommessamente e scrollò la chioma bionda.
Infine svanì in un turbine di piume nere.
Airis rimase immobile a lungo, il pugnale stretto tra le dita e la lama che rifletteva un viso terreo, attonito. Ripensò a tutto quello che aveva passato fin da quando era bambina e alla fine si convinse che sarebbe stata la via più facile, l'uscita sul retro che le avrebbe permesso di defilarsi senza incontrare gli occhi pieni di biasimo delle persone che avrebbe lasciato. La voce dolce della tentazione le sussurrò suadente all'orecchio e Airis le permise di parlare finché anche questa non si zittì da sola, inghiottita da uno spesso strato di silenzio.
Un singhiozzo la fece tremare, ma le lacrime rimasero nascoste dietro le ciglia. La mano che teneva il pugnale formicolava, mentre il il cuore batteva sempre più lentamente contro la cassa toracica: anche se non lo voleva ammettere, aveva già scelto, non aveva mai avuto bisogno di pensarci veramente. Accarezzò la gemma rossa con la punta delle dita, conscia che non sarebbe più potuta tornare indietro. Poi, senza esitazione, gettò l'arma a terra. Finalmente il groppo che le ostruiva la gola si sciolse e l'aria le riempì di nuovo i polmoni, regalandole una sensazione di leggerezza che da anni non provava.
Inspirò a fondo e abbozzò un sorriso, fiera di sé. Suo padre sarebbe stato orgoglioso di lei.
In quel momento, un nome le balenò nella mente, assieme alle parole della strana ragazza che aveva incontrato in sogno, e avvertì nascere in sé una nuova determinazione. Alzò il capo, sfidando con lo sguardo le stelle e gli dei, e pronunciò quel nome.
- Cyril! Ho fatto la mia scelta! - urlò e il vento le fece turbinare i capelli come fiamme vive.
Ad un tratto, una luce l'avvolse e Airis serrò le palpebre, ma non ebbe paura perché sapeva che non c'era niente da temere. Quando riaprì gli occhi, davanti a lei c'era la ragazza con le orecchie alate che le sorrideva, immersa in un bianco infinito e accecante.
- Sono felice della tua tua decisione. Sapevo già dove si sarebbe diretto il tuo cuore, ma temevo comunque che avresti avuto paura. - si avvicinò e il vestito le accarezzò le gambe, agitato da un vento impercettibile.
- In effetti non è stato facile. - mormorò la guerriera.
- Pensi di aver compiuto la scelta sbagliata? -
Airis scosse la testa. 
- No. Lysandra mi ha offerto una via di fuga, ma se fossi scappata non mi sarei mai potuta definire veramente libera. Certo, la mia anima avrebbe lasciato questo mondo e io mi sarei sbarazzata del peso del mio passato, ma a che prezzo? Quello di abbandonare chi ha creduto in me? - sospirò e un sorriso sghembo le arcuò le labbra, - Non fraintendermi, non sono rimasta per diventare la Guardiana dell'umanità, come tu vorresti. Non ho più motivo di sacrificarmi ulteriormente, ma al contempo non posso tradire la fiducia delle persone a me care. Conoscendomi, avrei dei rimpianti anche da morta. -
La risata argentina di Cyril la stupì. 
- Scusa. - si portò una mano alla bocca, cercando di darsi un contegno, - E' che sapevo che lo avresti detto. -
La guerriera si accigliò, ma non fece commenti. 
- Comunque, immagino tu voglia delle spiegazioni. Cosa vuoi sapere? -
Airis raccolse le idee e si prese un secondo per pensare: - In quanto Guardiana, cosa ti aspetti che io faccia? Ovviamente non sto dicendo che lo diventerò. -
Cyril si fece improvvisamente seria. Alcune piume bianche danzarono attorno a lei, per poi adagiarsi delicatamente su quel pavimento di luce.
- Io ti posso indicare la via, ma spetta a te decidere se imboccarla o meno. Posso darti i mezzi, ma sarai tu a scegliere come avvalertene. -
- Cosa significa? Non capisco. -
- Come quando ci siamo incontrate la prima volta e ti ho detto che non potevo rivelarti nulla se non lo stretto necessario, anche adesso il mio consiglio non deve condizionare le tue decisioni. - si portò una mano al cuore e socchiuse appena le palpebre, - Non mi è concesso rivelare nulla ai Guardiani, il mio compito è solo quello di eleggerli e aiutarli nella loro impresa, affinché il destino segua il suo corso. -
- Ma se non mi dici cosa devo fare, come posso accettare di diventare una Guardiana? - la voce le uscì più rabbiosa di quello che avrebbe voluto, - Se il mio compito è quello di essere la mano sinistra di Yggrasill sulla terra, come posso difenderla se non so qual è il mio scopo? -
- Un Guardiano nasce quando l'umanità emette un grido di sofferenza o quando rischia di divorare se stessa. Coloro che voi chiamate eroi, quegli uomini di cui i bardi narrano le gesta, non sono altro che Guardiani che hanno combattuto di epoca in epoca contro l'oscurità. Arawan, Alcad, Therestia, Arisha e tutti gli altri che sono morti in silenzio sono stati scelti per difendere il Mondo Nato dal Nulla. -
Airis scosse la testa, confusa: - Therestia non è riuscita a salvare nessuno. Ha guidato l'esercito allo sbaraglio e ha perso contro Eryelew, condannando Esperya a un secolo di orrore e disperazione. Non prendermi in giro, persino i cantori più indulgenti non hanno altro che parole di biasimo nei suoi confronti. -
La ragazza alzò lo sguardo e rimase alcuni istanti in silenzio. Ad Airis parve di intravedere una lacrima incastrata nelle delicate ciglia argentee.
- A volte il disegno degli dei non è chiaro nemmeno a me. Quando il mio predecessore morì e su di me venne riscritta la storia del Mondo Nato dal Nulla, credevo di poter impedire che le disgrazie accadessero di nuovo, ma quando tentai di aiutare Therestia il futuro cambiò e gli eventi precipitarono nel modo che tutti conosciamo. La Guardiana ascoltò le mie indicazioni e i fiumi si tinsero di sangue innocente: ecco il prezzo della mia intromissione. -
- Non ti dovresti sentire in colpa per quello che è accaduto. - cercò di consolarla.
Cyril si rabbuiò e con un gesto affrettato si asciugò la lacrima che era rotolata sulla guancia: - Non provare pena per me, Airis. Con il passare dei secoli sono riuscita a curare le mie ferite e il dolore è diventato parte di me. Non mi sono abituata, non penso sia qualcosa a cui qualcuno possa abituarsi, ma assistere alla vittoria della luce sulle tenebre mi ha aiutata a superarlo.-
- Va bene. Ho più o meno afferrato cosa devo fare: il mio ruolo di Guardiana consiste nel fermare l'oscurità che sta per travolgere Esperya. Tu mi fornirai le armi e i consigli necessari per farlo, ma l'esito dipenderà completamente da me. -
L'altra annuì.
- Tuttavia, Lysandra rimane una minaccia reale e tangibile. Non appena uscirò di qui, lei capirà che sono ancora viva e mi darà la caccia. Inoltre... io non posso sopravvivere se non bevo il suo sangue. In quanto Risvegliata, se starò troppo tempo a digiuno la mia volontà comincerà a svanire, fino a quando... -
- Lo so. Se tu impugnassi Amarnwyn ora, probabilmente la spada divina non ti riconoscerebbe come Guardiana e ti ucciderebbe, poiché il suo potere consiste nel distruggere il Male. Per questo motivo devi morire. -
La guerriera strabuzzò gli occhi. Era arrivata a tanto così dal farlo dianzi e ora le veniva chiesto di togliersi la vita?
- So che sei confusa, ma è l'unica soluzione possibile. Non preoccuparti, io ti... - esitò, - restituirò la vita. -
- Ma? -
- Ma, come puoi ben immaginare, non sono una divinità. Nel mio corpo scorre un frammento del potere di Yggrasill, però non posso fare miracoli. Quello che farò sarà legare l'anima ad un guscio mortale, come quando un fabbro incide le rune sull'acciaio temprato e infonde nell'arma l'essenza della magia. Però, proprio come una lama col tempo si smussa e si incrina, allo stesso modo quel corpo non avrà vita lunga. -
Airis incrociò le braccia al petto e la scrutò con diffidenza: - Di quanto tempo parliamo? -
- Purtroppo non sono in grado di unire completamente il corpo al tuo spirito, quindi il guscio in cui vivrai sarà sempre più fragile e meno longevo del tuo corpo normale. Se te ne prenderai cura, esso potrà resistere abbastanza da permetterti di portare a termine la missione, ma se lo sottoporrai a uno sforzo troppo grande si indebolirà e il tempo a tua disposizione diminuirà. Nel migliore dei casi, potresti sopravvivere un anno. -
- E nel peggiore? -
Cyril guardò il vuoto sopra di loro: - Meglio che tu non lo sappia. -
- Immagino sia necessario che usi questa... Amarnwyn per combattere. -
- È l'arma che Yggrasill ha lasciato ai propri figli per combattere le tenebre. Senza di essa non potrai fronteggiare i nemici. È la profezia che lo narra. -
- La profezia? Di cosa parli? -
Cyril sorrise e recitò:

- Ammantato delle tenebre degli Abissi, 
il Protettore delle Profondità marcerà sul Mondo Nato dal Nulla, 
portando con sé la Stirpe forgiata dal suo stesso sangue. 
I Popoli prenderanno le armi e la Morte li divorerà.
Tempo di spade, vento di distruzione, fuoco e cenere,
s'infrangeranno scudi e si alzeranno grida.
Tempo di tempesta, tempo di gelo. 
Gemerà il suolo al tonfo dei cadaveri e il crepuscolo avvolgerà il Mondo al calar del centesimo inverno.
Sotto un unico stendardo, i Popoli leveranno le armi al cielo e riforgeranno i vincoli di sangue dimenticati.
Tempo di luce, vento di primavera, fuoco purificatore.
Splende, fulgida, Amarnwyn nella sinistra del Guardiano. -

La guerriera scavò nella memoria, cercando di far mente locale. Conosceva quella profezia, ma non ricordava dove l'aveva vista o sentita. All'improvviso rivide le parole vergate sulle pagine del vecchio diario di Haldamir e la rivelazione la colse alla sprovvista. Durante la lettura era stato uno dei pochi pezzi che aveva trovato interessanti, ma quando aveva letto che era solo una frammento di una pergamena che Haldamir aveva fedelmente trascritto, aveva liquidato la cosa senza pensarci. 
Incrociò lo sguardo di Cyril e gli occhi della ragazza si illuminarono.
- Era l'antica profezia che la Veggente aveva preannunciato poco prima che scoppiasse la guerra contro Aesir. All'epoca nessuno ci ha creduto, ma quando i Drow attaccarono Llanowar e uccisero Aasterian, Arawan accettò di diventare un Guardiano e le parole della Veggente si esaudirono. -
Airis si massaggiò le tempie, cercando di assimilare la montagna di informazioni che le erano state riversate addosso. 
- Puoi dirmi dove si trova la spada? - chiese infine.
Non era molto speranzosa che Cyril le rispondesse, quindi non riuscì a nascondere lo stupore quando la vide annuire.
- Quando ti sveglierai ti sarà tutto chiaro. Ma ricorda: hai meno di sei settimane. -
- In che senso? -
- Conosci i piani di Lysandra, sai che vuole riportare in vita Aesir e per farlo ha bisogno di una particolare congiunzione astrale, che avverrà appunto tra meno di sei settimane. Devi impedire che porti a termine il rito, altrimenti sarà troppo tardi. -
La guerriera imprecò a mezza voce. 
- C'è qualcos'altro di utile che mi puoi dire? - insisté. 
L'altra si limitò a sorriderle enigmatica.
- D'accordo. - sospirò Airis arresa, - Comunque, ho bisogno di un'arma. -
- Significa che accetti il ruolo di Guardiana? -
La giovane mugugnò imbronciata, ma annuì.
- Ah, menomale! Beh, per l'arma non ci sono problemi. -
Cyril disegnò un segno nel vuoto e l'aria si condensò in una nuvola bianca, che mutò fino a prendere la forma di un pugnale dalla lama rastremata, con una gemma rossa sull'elsa. Airis fissò allibita l'arma e poi fissò Cyril alla ricerca di una risposta.
- Per recidere il legame con Lysandra è l'unico modo. -
La ragazza glielo porse, avvolgendo poi le mani della guerriera in una stretta delicata e rassicurante. Le ali che aveva al posto delle orecchie le sfiorarono le spalle e le piume le solleticarono la pelle, strappandole un timido sorriso.
- Non avere paura, Caillean. Fallo e finalmente sarai libera. -
A sentirsi chiamare col suo vero nome, Airis ebbe un tuffo al cuore, ma non chiese come facesse a conoscerlo, non aveva importanza. Lentamente le dita di Cyril scivolarono via, ma il loro calore indugiò sul dorso delle mani della guerriera e scacciò via l'inquietudine che la vista del pugnale aveva risvegliato. Stringendo l'elsa con rinnovata determinazione, poggiò la punta sul petto, là dove sapeva esserci la cicatrice. Rivolse un'ultimo sguardo titubante alla ragazza alata, che le sorrise con affetto, come a suggerirle che sarebbe andato tutto bene. Airis deglutì e trasse un profondo respiro.
"Sono io la padrona del mio destino."
- Ho una sola condizione, Cyril. -
- Quale? -
Airis pensò a Myria, Zefiro, Melwen, Baldur e Fenrir e pregò che qualche divinità benevola vegliasse su di loro in sua assenza. Poi pensò a Ledah e sentì lo stomaco annodarsi dolorosamente. Avrebbe tanto voluto averlo accanto, compagno di avventure, gioie, tristezze, litigi e risate, dispensatore di saggezza e conforto, ma l'elfo era lontano, disperso chissà dove. Il bacio che aveva sognato riemerse dagli anfratti della sua mente e la scaldò dall'interno, donandole la forza che cercava. Era necessario, doveva farlo, nonostante l'anima si disperasse alla sola idea.
“Ledah, non mollare. Ti salverò, non permetterò a Lysandra di farti del male. Vivi fino al mio ritorno... vivi per me.”
- Voglio che i miei amici e tutte le persone che conosco pensino che io sia morta. Non voglio metterli in pericolo più di quanto abbia già fatto. Compirò questo viaggio da sola. - affermò decisa.
Cyril la scrutò in silenzio per qualche secondo, poi acconsentì: - Come desideri. -
In un attimo la lama penetrò nella carne, lacerando il tessuto della casacca e conficcandosi nel cuore.

 
 

Angolino Autrice.
Finalmente siamo giunti all'ultimo capitolo. Lo so, lo so, avevo detto che avrei concluso al 30esimo, ma, alla fine, ho pensato che non fosse necessario dividere questo capitolo. Avrei solo smorzato l'atmosfera e non avrebbe avuto senso.
Comunque, non ci credo nemmeno io di aver scritto la parola "fine". Certo, ci sarà un seguito e probabilmente revisionerò di nuovo la storia, ma questo viaggio durato quasi tre anni ormai è concluso e io mi sento... vuota. Non sono un'autrice buona, come avete potuto vedere nel corso della storia, non ho lesinato sofferenze e dolore a nessuno dei miei personaggi, ma durante la stesura di quest'ultimo capitolo, in alcuni pezzi ho avuto un groppo alla gola. Non tanto perchè mi sentissi in colpa ( non ho una coscienza, l'ho venduta su Ebay), ma perchè sapevo che mi avvicinavo sempre di più al finale. Anche ora che sto scrivendo questo angolo autrice, ho ancora le dita che mi tremano. Non ho mai avuto molto da dire alla fine dei capitoli, ho sempre preferito lasciar parlare i miei personaggi piuttosto che esprimermi direttamente in questi spazi, ma stavolta credo sia doveroso scrivere qualcosa di più dei soliti saluti.
Innanzitutto, volevo ringraziare tutti voi lettori, silenziosi e non. Ricevere i vostri pareri mi ha spesso strappato un sorriso e mi ha dato la forza di andare avanti. Forse esagererò, ma questo è quello che sento XD Spero che questo ultimo capitolo vi abbia soddisfatto.
Poi, volevo ringraziare alcune persone in particolare che mi sono state vicino durante tutta la stesura dello scritto.
Ringrazio mia sorella, la mia Lao Tong, perchè si è sorbita i miei deliri e i miei estratti mandati agli orari più improbabili. Ti ringrazio davvero, perchè di persone come te ce ne sono poche e io sono stata davvero fortunata ad incontrarti. Abbiamo condiviso tanti momenti brutti, belli, di pazzia assoluta, ma tra alti e bassi sei comunque rimasta sempre accanto a me, nonostante a volte fossi insopportabile e non mi meritassi tutte le tue attenzioni. Grazie, Giglio Bianco, grazie davvero di esserci e di esserci stata, di essere mia sorella e la " vecchia me stessa".
Ringrazio la mia beta, Lady1990, perchè senza di lei "Fuoco" non avrebbe questa forma. Hai reso aggraziata una storia che di grazia, sie nei modi in cui era scritta che nei contenuti, ne aveva ben poca. Con te sono cresciuta come autrice e sono riuscita a migliorarmi per davvero, seguendo i tuoi consigli che, spero, continuerai a darmi. Credo di avere ancora molto da imparare da te che sei e rimarrai una delle mie autrici di riferimento qui su EFP e, forse, anche fuori. E ora smettila di nasconderti in quell'angolino buio o tiro fuori i fari da stadio -.-
Ringrazio Aurelianus, Vy e Dest, tre amici con cui ho cominciato a scrivere un'altra storia e con cui ho condiviso tutta una serie di preoccupazioni. Grazie per tutte le discussioni in cui mi avete coinvolta, per le risate che mi avete strappato e per la vostra pazzia contagiosa. Siete degli ottimi amici e degli ottimi autori, smettetela di sminuirvi e spaccate il culo a chi ha qualcosa da ridire. Un giorno, pubblicheremo tutti, ne sono più che certa.
Infine, ringrazio la persona che mi è sempre stata vicino da dietro le quinte, che mi ha redarguito, guidato, sostenuto, raccolto le mie lacrime e dato la forza nei momenti più bui. Ti ringrazio per esserci, per far parte della mia piccola e scombinata famiglia e, anche se a volte mi sarei meritata un rimprovero più che una parola gentile, sappi che assieme a mia sorella, hai un posto di riguardo a casa mia e nel mio cuore. Ti amo e spero di poter camminare per sempre al tuo fianco.
E di nuovo, un ringraziemento a tutti i lettori vecchi e nuovi. Un grande abbraccio e alla prossima, con il seguito di Fuoco. Non so quanto tempo ci metterò a scriverlo, ma cercherò di continuare la storia di Ledah e Airis quanto prima. Spero che un giorno le loro avventure diventino libri, libri veri, con le parole vergate con l'inchiostro su fogli di carta profumati e farò di tutto perchè ciò accada.
Prima di lasciarvi, vi lascio i link dei disegni fatti da una bravissima autrice che ha rappresentato i miei eroi. Non potete immaginare la gioia quando li ho visti perchè, nella mia testa, sono esattamente così XD Spero vi piacciano.

 

Link alla pagina della disegnatrice per i crediti (merita davvero!): Elisa Serio ART

Venite a trovarmi anche sulla mia pagina di FB che ho una domanda da porvi! u.u
Hime-chan: Hime-chan

E ora arrivederci, stavolta, davvero.
Hime

  
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