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Autore: korime    12/07/2015    1 recensioni
Sono solo un misero insetto davanti alla vastità di questa guerra, davanti alla tua imponente forza e tenebra che mi appare come una luce accecante che indica la salvezza per noi deboli. Sono solo un misero insetto per te? Akira?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Laboratorio scientifico Truppe anti-demone
 
-Pulsazioni?-
-Stabili dottore.-
Che cosa stavano dicendo?
-Gli esami del sangue mostrano particelle anomale estranee ai globuli rossi e alle piastrine, appaiono di un colore verde acido.-
-Disgustoso.-
-E’ stata portata qui insieme ad altri elementi, c’è una ragazza con un corpo tumefatto e delle sporgenze simile alle bocce di un polipo.- altre persone? C’erano altre persone in trappola come lei?
Aprì gli occhi finalmente, senza riuscire a capire bene se quello che avesse sopra alla sua faccia fosse un tetto o una lastra di ferro. Era un soffitto fatto di lastre di metallo, ci era andata vicino
-Si è ridestata.- era vero ma aveva la vista molto annebbiata, riconobbe solo un camice bianco addosso a qualcuno, lo sentì trafficare con qualcosa di metallico su un ripiano proprio accanto al suo viso.
Provò a muoversi ma aveva gli arti formicolanti e immobilizzati
-Cerca di stare ferma. A quanto pare gli insetticidi funzionano con te, non ti uccidono ma ti paralizzano adeguatamente.-
-Io non sono un insetto.- disse con la voce spezzata dal pianto ma anche impastata da quella brutta sensazione che sembrava un post sbornia da sonniferi
-No certo, tu sei molto peggio.- rimane immobile, deglutendo. Disgustata era la voce di quell’uomo, disgustata dal suo aspetto, da quel nuovo aspetto che a lei non era sembrato nemmeno tanto male all’inizio. Il medico le mandò un’occhiata al corpo interamente nudo, ora coperto da segni verdi simili a ghirigori tracciati su un foglio da un bambino armato di pastello verde. Sarebbero stati ancora belli se non avesse avuto, ora, cicatrici di bisturi, bruciature e forbici ad accompagnarli.
Sbatté le palpebre voltandosi a guardare quello che aveva ancora attaccato alle sue scapole.
Chiodi impregnati di insetticida le imprigionavano a quel tavolo da laboratorio dove lei era solo una rana da vivisezione
-Ora vediamo queste ali tesoro.- che falso tono zuccheroso aveva quell’uomo. Lei lo guardò terrorizzata mentre avvicinava quella pinza alla membrana azzurra che componeva la sua parte non umana. La giovane osservo le punte dentate di quell’arnese da tortura avvicinarsi alla sua ala inchiodata
-Per favore no.-
-Voi demoni non avete il diritto di chiedere la pietà, non siete nemmeno bestie, siete creature immonde. Sai?! Io adoro gli animali, ho ben due cani a casa, o almeno li avevo prima che due di voi li sbranassero come spiedini di pollo fritto.- la ragazza scosse il capo lasciando scivolare le lacrime calde dai suoi occhi  color nocciola –Proprio per questo non vi considero nemmeno animali, ma solo aborti che la natura ha sputato via perché troppo disgustata da voi.- pose una mano sulla membrana e poggiò le punte dentate della pinza su di essa
-Io non … non sono stata … io sono un essere umano, lo giuro, una ragazza normale.- boccheggiava a stento ogni parola
-le tue ali da insetto dicono tutt’altro piccolo tesoro.- i denti di quell’arnese, come un mostro famelico, afferrarono un lembo interno della membrana e staccarono via con decisione, un colpo secco e per lei fu come sentirsi strappare via un pezzo di pelle dal braccio. Urlò e gemé annaspando ancora per via nella mancanza di fiato che l’ansia le aveva procurato
-Vediamo che cose interessanti troveremo da questo campione.- disse l’uomo infilando il pezzo di ala strappato in un barattolo come da esposizione. Ormai lei ci vedeva bene ma le lacrime le rendevano tutto annebbiato
-Casa … voglio … mia mamma.-
-Quei traditori sono stati arrestati insieme ad altri traditori del nostro genere.-
-Pensi dottore, in mezzo a loro c’erano anche i coniugi Makimura.- uno degli infermieri parlò come se stesse rivelando chissà quale notizia. Il dottore sospirò quasi deluso
-Ormai a questo mondo non puoi dare fiducia nemmeno alle persone apparentemente oneste.- si pulì gli occhiali con fare rammaricato ma era evidente un sorriso quasi gioioso, come di un bambino, sulle sue labbra accerchiate di baffi brizzolati
-Cosa ne facciamo nel mostro ora?-
-Analizzate il campione di ala e controllate che abbia affinità con una vera farfalla. Ora raccogli un lembo di pelle nelle zone colorate di verde e vediamo cosa troviamo. Voglio vedere che tipo di cellule compongono questi mostri.- a quelle parole la ragazza urlò di nuovo e per poco le sue braccia non si sollevarono dal freddo metallo della barella che le faceva da letto, e forse presto, da tomba stessa
-Oh per Dio, si sta per riprendere?- esclamò l’infermiere
-Fai in fretta e dopo sopprimila, non ho intenzione di sprecare altro materiale per immobilizzarla, c’è un intero reggimento di insetti oltre a lei.- l’infermiere si avvicinò alla prigioniera bloccandole il braccio che aveva tentato di muovere. Prese la piccola cesoia dal banco di lavoro e questo fu una pessima mossa.
La mano della ragazza demone si aprì e l’infermiere si trovo il braccio invischiato in una materia bianca e candida ma di consistenza appiccicosa che gli bloccò il braccio fino a espandesi lungo il polso e la mano
-Maledetta puttanella.-
-Presto strappala via, è ancora troppo debole perché sia efficace contro di noi.- il dottore, che aveva avuto già modo di analizzare quella strana sostanza, diede quell’ordine che non tardò ad essere eseguito dal suo sottoposto che si strappo via di dosso la materia bianca e vischiosa con il solo uso della mano libera. Solo qualche frammento gli rimase appiccicato al manico del camice da laboratorio ma non era un problema. Se li sarebbe tolti con calma buttandoli poi nell’immondizia insieme al cadavere di quel mostro dall’aspetto di giovane donna unito ad una farfalla
-No, no vi prego.- ormai era un fiume in piena lei. Un fiume di lacrime e respiri soffocati mentre sentiva di nuovo la sensazione pungente di una lama che invadeva la sua pelle giovane. Ribellarsi di nuovo sarebbe stato inutile, che fare se non accettare quel destino? Stavolta, almeno, sarebbe stata l’ultima …

Ricordava solo un boato immenso. Un urlo strozzato e un rumore sordo di qualcosa che cade a terra sul bagnato. La giovane chiuse gli occhi mentre la polvere e i detriti di piccola dimensione volavano anche vicino a lei
-Cosa … - l’infermiere ora le dava le spalle e tremava, con le mani strette alla sua barella e la cesoia proprio ai suoi piedi
-No, fermo … - guardava qualcosa e lei provò a seguire il suo sguardo. C’era qualcosa tra il fumo e le macerie dell’ingresso del laboratorio
-Voi … - una voce profonda, animalesca e umana allo stesso tempo. le fece gelare il sangue nelle vene
-No, questi non sono compagni tuoi, sono mezzosangue non vedi? Sono solo scarti non centri nulla con loro.- l’infermiere non parlava propriamente, urlava più che altro. La figura si mostrò meglio alla sua vista senza volerlo. Lo osservò e il sangue gelato divenne brina.
Un corpo perfetto di muscoli e possenza, appartenente a qualcosa che era anche meno umano di lei. Occhi profondi e famelici risaltavano su un capo nero ornato di corna a forma di ali di pipistrello. Le forzute gambe ricoperto di pelo nero di animale camminavano verso di loro lasciando oscillare dietro a sé la lunga coda. Più che chiedersi chi fosse, lei avrebbe voluto chiedersi cosa fosse. Se lei appariva mostruosa agli occhi delle persone, come poteva apparire quell’essere?
Sguainò i denti il nuovo mostro, lasciando vedere per bene le zanne aguzze che sorridevano affamate e divertite
-Dovrei ammazzarvi senza ripensamenti.- possibile che in quella voce demoniaca sentisse uno straccio di anima? E perché le arrivava così vicino al cuore? Come se la facesse sentire protetta in quel momento e allo stesso tempo terrorizzata
-No … no … - l’uomo si mosse attorno alla barella e tremava così tanto e si muoveva così goffamente da far cascare a terra tutti gli strumenti di tortura che erano posati lì accanto apposta per lei. Il possente demone saettò come se si fosse più che altro teletrasportato e agguantò la testa dell’uomo
-Non ho tempo … ora.- furono le parole che lei udì prima di vedere la testa dell’uomo svuotata del suo contenuto sul suolo, con il solo ausilio della mano possente di quel mostro. Fu secco e veloce come se nemmeno lui volesse farlo in modo convinto, come se ci fosse il rischio che ci ripensasse, ma quella scena la fece di nuovo urlare di terrore.
Ora toccava a lei? Era come lei? O era uno di quei mostri che avevano sbranato tutti i suoi compagni di classe proprio due giorni prima?
La guardò e pesante fu quello sguardo addosso al suo viso, alle sue ali e al suo corpo sfregiato
-Andiamo via.- una voce squillante e femminile arrivò dal ingresso distrutto della sala operatoria. Lei distinse una ragazza dai corvini capelli corti e il corpo sfigurato da un essere simile ad un aborto di polipo. Lei in qualche modo la riconobbe. Era su quel enorme camion dove era stata trainata dentro con la forza. Tra tutte quelle che erano con lei, quella ragazza polipo era la più tranquilla, o meglio, la più rassegnata.
L’enorme uomo diavolo si avvicinò ulteriormente e la squadrò ancora, sfiorandole il corpo ferito con il suo artiglio.
-Che … cosa vuoi?- per un istante aveva quasi creduto di avere salva la vita ma effettivamente non c’era nulla che le aveva garantito ciò, se non il fatto che avesse ucciso i suoi aguzzini.
E poi, in fondo, che vita poteva salvare? Una vita a fuggire, nascondersi? Non aveva più modo di nascondere quelle ali tanto appariscenti per tutta la vita. Era così fondamentale salvarsi in un mondo che ormai la vedeva come bestia, mostro … demone? Un mondo allo sfacelo e sull’orlo dell’autodistruzione
-Stai bene?- Le domandò il diavolo, e la sua voce le apparve meno profonda e minacciosa, almeno rivolta a lei. Lo guardò pensando quasi che fosse un sadico modo per burlarsi di lei prima di mangiarle la testa
-No.-
-Lo immagino.- la sua mano artigliata estrasse con decisione i chiodi che le imprigionavano le ali. Il movimento fu secco e doloroso e non potè trattenere altre grida e gemiti di dolore, ma le sue ali di farfalla demone si mossero libere fino a coprirle il corpo nudo, cosa che le braccia ancora non potevano fare
-Non avere vergogna.- lo guardò ancora ansimando, stanca per il troppo dolore subito. Il suo aspetto stava mutando. Le sue strane corna e il suo capo scuro stavano diventando una folta chioma mora, scura, più scura anche di quella di lei, avrebbe detto neri. Anche i suoi spaventosi occhi mutarono, divenendo neri e accerchiati da profonde occhiaie che, insieme alle sopracciglia folte, donavano al suo sguardo la capacità di mantenere comunque quell’aspetto ombroso e quasi animale. La pelle era un po’ abbronzata sul fisico ancora perfetto e scultoreo, segnato solo da due segni che gli sfregiavano le spalle da dietro le costole fino a sopra i pettorali. La sua altezza, comunque, diminuì di qualche centimetro ma non era, per questo, troppo meno imponente di come apparisse prima. Era umano adesso? Oppure no? sembrava quasi più demoniaco adesso anche se era una esagerazione dirlo e pensarlo.
Le faceva ancora paura, e non aiutò di certo il sorriso decorato di canini quasi vampireschi che lui le stava mostrando
-Starai meglio tra un po’.- allungo le mani su di lei e le aprì le ali facendola arrossire nel sapere di essere totalmente nuda ai suoi occhi. La ragazza dai capelli corti non pareva essere della stessa preoccupazione, si guardava attorno spaesata e spaventata, sicuramente pensierosa all’idea che qualcuno potesse avvicinarsi. Eppure lei non temeva questo, era come essere davanti al diavolo in persona che nemmeno un intero esercito armato avrebbe potuto fermare.
Lui le afferrò le braccia ancora addormentate e formicolanti e le sollevo il busto
-Non puoi camminare vero?- lei lo guardo in quegli occhi, rimanendone pietrificata
-Vuoi mangiarmi?- domanda a bruciapelo che le servì solo per sapere se stava effettivamente per morire
-Non stai ragionando più dico bene?- lui sorrise, ora quasi dolcemente –Se avessi voluto mangiarti non ti avrei liberata, non mi sarei disturbato a farlo dico bene?- le sfiorò la fronte, calda e sudata. Lei continuava a fissarlo e il suo cervello viaggiava a mille
-Ti conosco?-
-Non penso.- rispose secco lui e le passò le mani sotto i glutei sollevandola dalla barella e posizionandosela tra le braccia. Lei smise di preoccuparsi della sua intimità violata dagli sguardi di altri e si strinse alle sue spalle
-Non so il tuo nome compagna.- le domandò
-Compagna?- guardo di nuovo la ragazza che li attendeva davanti all’ingresso distrutto –Noi siamo … compagni?-
-Sei un umano?- le domandò
-Non più.-
-Ma non sei un demone.-
-No, e mai lo sarò, o forse sì?- lui scosse il capo rassicurandola –Sei un Devilman, come noi, e insieme a noi, lotterai, da viva, non da cavia da esperimento.- si avviò finalmente verso l’uscita portandola con sé senza la minima fatica, come se portasse tra le braccia un cuscino di piume
-Il tuo nome bambina?-
-Guarda che ho 15 anni.- lui rise rassicurandola ulteriormente.
Nome … quel nome non le serviva più, tanto valeva gettarlo via
-Chou.- fu la prima cosa che le venne in mente. Ridicolo
-Che nome scontato.- appunto
-Lo so.- lei pose la guancia sulla sua spalla, era comoda –Non mi so inventare di meglio.-
-Il tuo vero nome lo lascio dentro la tua testa fino a quando lo riterrai opportuno.- che animo comprensivo.
Devilman, un uomo diavolo. Anche lei lo era? Ma quella persona non sembrava avere un diavolo in corpo, sembrava così umano, così terreno
-Sentiamo il tuo nome scontato.- gli domandò, quasi in procinto di addormentarsi mentre lui superava il cadavere del dottore e i detriti dell’ingresso
-Akira Fudo.- rispose l’uomo diavolo.
 
  
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