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Autore: End of me    13/07/2015    1 recensioni
- Farai una vita da re, te lo prometto! - Fu la prima cosa che gli disse, e Lovino capì subito che avrebbe odiato, che avrebbe voluto bene a Spagna.
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Una one-shot abbastanza introspettiva su Sud Italia e Spagna, dedicata alla fantastica Sunlitegirl per il suo compleanno. Tanti auguri!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È una bella giornata. Nessuna nuvola disturba il blu perfetto del cielo, la luce fa brillare i pomodori sul campo di Spagna. Sono colorati di un rosso maturo, un rosso che implora di essere raccolto.

In un raro moto di generosità Romano li raccoglie, pensa voglio rendermi utile, Spagna vede che mi rendo utile, Spagna mi vorrà bene. Spagna non gli vuole bene?

 

Antonio lo conquistò. Invase il suo paese, cercò freneticamente il rappresentante del Sud Italia come se stesse cercando un figlio perso, e quando i suoi soldati gli portarono quel bambino tutto tremante, coperto di ferite e polvere, l'abbracciò con tutta la sua radiosità e il suo buon umore.

- Farai una vita da re, te lo prometto! - Fu la prima cosa che gli disse, e Lovino capì subito che avrebbe odiato, che avrebbe voluto bene a Spagna.

 

I primi anni litigarono parecchio, o meglio, Sud Italia insultava Antonio mentre quest'ultimo rimaneva ad ascoltare senza reagire. Spagna sorrideva e annuiva senza davvero sentire mentre Lovino lo accusava di questo e di quello con la faccia tutta rossa. Quando lo spagnolo, poi, s'illuminava e gli diceva hai appena detto una parola spagnola! l´italiano si zittiva di colpo, si allontanava e non diceva più niente per tre giorni.

Una volta, Romano ebbe un attacco d'ira peggiore degli altri. Iniziò ad urlare come un matto, senza nemmeno far caso alle parole spagnole che apparivano qua e là nel suo discorso.

- Perché metti i soldati a vegliare la mia gente? No puedo creerlo! - Spagna si concentrò sulle parole spagnole che uscivano dalla sua bocca, e a quest'ultima frase fece un sorriso così grande che sembrava illuminare l'intero palazzo in cui vivevano. - Non ridere! Non c'è niente da ridere! Perché mi vegli come una pecora? Perché mandi i tuoi soldati nel mio país? Si prendono le mie donne, Spagna, non fanno altro che uccidere gente innocente, non sono più libero, perché mi tratti da perro?! - A queste parole sembrò che Antonio si svegliasse da un sogno. Ora ascoltò con attenzione tutto quello che Romano gridava e non sorrideva più. Non aveva mai fatto una faccia seria durante un litigio, e questo Romano lo notò, quindi, soddisfatto di aver trovato qualcosa che gli facesse male, continuò a premere su quel punto debole. - Hai detto che volevi farmi fare una vita da re, perché mi freghi così? Tu vuoi solo i miei soldi, le mie donne, la mia terra per far bene a te, alle tue regioni dementi, tu non mi vuoi bene, bugiardo idiota!

Spagna alzò la testa e Romano notò delle lacrime ai lati dei suoi occhi verde smeraldo. L'immagine di Spagna sull'orlo del pianto lo fece rinsavire e zittire di colpo. Per alcuni secondi che sembrarono secoli nessuno dei due disse niente. E per la prima volta in un litigio, Spagna contraddisse Lovino. - Non ti voglio bene? Ma se la prima volta che ti ho visto ti ho preso in braccio e ho detto che sei tutto l'orgoglio del mio impero!

Era vero, l'aveva detto subito dopo la promessa di regalargli una vita sfarzosa. Da quel giorno, Lovino non ebbe più il coraggio di discutere con lui.

Antonio non perdeva mai le staffe. Romano non riusciva a capirlo, e l'inquietudine che la pace dello spagnolo gli dava si rispecchiava a sua volta nel suo comportamento. Gli faceva dispetti: stracciava le sue uniformi ufficiali, nascondeva le sue armi e qualche volta le buttava addirittura dalla finestra, distruggeva i pomodori in giardino, lo metteva in imbarazzo davanti a ospiti importanti.

Sud Italia notò che c'erano sempre più guardie ad osservarlo e a cercare di fermarlo mentre metteva in atto le sue stupidaggini, ma lo spagnolo non lo affrontò mai in un discorso diretto. Quindi, col passare del tempo, i suoi piani diminuirono, ma aumentarono d'intensità: cercava il momento giusto per poter ferire Spagna senza avere guardie tra i piedi, e anche se era solo un bambino, qualche volta riusciva a far scorrere del sangue sulla pelle scura del suo conquistatore. Allora Antonio lo fermava, gli girava le braccia dietro la schiena e lo teneva fermo finché non arrivava qualche guardia a portarselo via. Spagna non dava mai nessun ordine mentre consegnava il bambino, però la guardia di turno sembrava sempre sapere quel che doveva fare: qualche volta, Sud Italia veniva messo in una cella puzzolente e buia, qualche volta veniva percosso dalla guardia stessa.

Ma Spagna non lo affrontò mai personalmente.

Dopo una punizione di frustrate particolarmente forti, Sud Italia smise di parlare con Antonio e chiuse tutti i suoi problemi e i suoi sentimenti in sé. Il quel periodo fu come una pentola bollente, bollente di astio e di ira, che niente e nessuno riusciva smuovere. Qualche volta, quando la pentola era così piena e calda che minacciava di traboccare, solo una cosa la faceva vacillare e smettere di bollire per qualche secondo, e questi erano degli inspiegabili sensi di colpa e di vergogna.

Spagna soffrì molto sotto questo lungo periodo di silenzio. Gli andava bene l'ostilità di Lovino, gli andava bene la sua strana mischia di amore e odio, gli andavano bene perfino i suoi dispetti, anche se pericolosamente aggravati negli ultimi tempi, ma quel silenzio lo faceva impazzire.

- Romanito, ti prego, parla.

- Giuro che non ti farò più soffrire. Dimmi dove ho sbagliato, Romanito.

- Per favore..!

Sud Italia non gli diede retta e continuò a mantenere tutti i suoi problemi per sé.

Poi arrivò il giorno in cui anche lo spagnolo perse la pazienza.

Nel prossimo litigio, i ruoli si invertirono: questa volta fu Spagna a iniziare a parlare, mentre Romano si limitò a restare in silenzio come un vigliacco. Antonio si sforzò di mantenere una voce calma, ma il suo disappunto si sentì lo stesso.

- Cos'è questa nuova cosa a Napoli? Lovino stava disegnando e si concentrò a creare una bella margherita sul foglio bianco. - Si chiama... Camorra. - L'ho creata perché i tuoi soldati sono troppo stupidi per aiutare gli italiani a risolvere i loro conflitti, pensò Lovino, ma non ebbe il coraggio di dirlo. Così continuò a tracciare linee curve che dovevano rappresentare i petali del fiore, quando uno schiaffo così forte da farlo cadere dalla sedia gli fece tracciare una linea brutta e scura fino al bordo del foglio. - Rispondi! - Urlò Spagna minaccioso. Dopo un piccolo momento di confusione, Lovino fissò i suoi occhi in quelli di Spagna e incominciò a ridere.

Fu la prima volta che Spagna lo punì personalmente.

E da allora Romano parlò di nuovo con Antonio, odiandolo dal profondo del suo cuore.

 

Sud Italia ha preso una bella cesta di vimini, di un marrone chiaro che armonizza con i pomodori. Le gustose palle vermiglie rotolano sollevate nel contenitore. Quest'anno hanno fatto un buon raccolto. Da Spagna si fa sempre un buon raccolto. È come se la felicità di Spagna motivasse i frutti a crescere più sani, più belli, più grandi.

Lovino è geloso della felicità di Spagna. È geloso della sua gentilezza, della sua generosità, della sua vivacità. Forse è per questo che è sempre ostile nei suoi confronti. Qualche volta desidera che Spagna lo schiaffeggi come nel loro ultimo litigio per strappare definitivamente i suoi sentimenti cattivi, ma Antonio non lo picchia mai. E allora Lovino continua ad odiare, a voler bene a Spagna.

La felicità di Spagna, però, è anche contagiosa. E, anche se è molto difficile contagiare Lovino, qualche volta viene colpito anche lui.

 

Tutti vogliono visitare Napoli.

Vedi Napoli e poi muori.

Anche Romano visitò Napoli, Lovino visitò se stesso, osservò tutto quello che Spagna aveva fatto costruire nella sua città, non seppe se essere offeso o affascinato. Osservò con disprezzo i quartieri spagnoli, però non ebbe niente da criticare sul Maschio Angioino e sulla Via Toledo.

Visitarono Napoli durante una festa - Lovino non sa più quale di preciso.

I napoletani festeggiavano, festeggiavano come se non esistesse un domani, le strade erano piene di canti, balli, castagnette, tammorre, qua e là si scorgeva perfino un mandolino.

Erano canzoni popolari quelle che riempivano Napoli quel giorno, Francia le avrebbe definite rozze, ma Romano le avrebbe preferite a qualsiasi musica di alto livello.

- Ti piace Napoli? - Chiese Spagna accanto a lui, gonfiando il petto orgoglioso.

- Stai scherzando? È diventata brutta come la tua faccia. - Romano non l'avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma in fondo, veramente in fondo, era contento della maggior parte delle modifiche. Certo, alcune cose non gli andavano a genio, ma non poteva negare che si sentiva più forte e sano sotto il potere di Spagna.

- La mia faccia? - Antonio si indicò con finta sorpresa. - La mia amante ha detto un'altra cosa ieri notte.

- Ti odio! - Quando lo spagnolo metteva in mezzo le ragazze conquistate da lui, Lovino scoppiava sempre di gelosia ed era proprio per questo che Spagna le rivelava. Rise e diede un buffetto affettuoso all'italiano rosso di rabbia. Poi si allontanò per qualche minuto, e quando tornò aveva due paia di rozze castagnette in mano.

- Voglio ballare anch'io questa cosiddetta tammurriata, fammi vedere come si fa! - Lovino incrociò le braccia offeso e lo guardò in cagnesco, perché sapeva che Antonio lo diceva solo per farlo sentire importante. Volendo, Spagna avrebbe solo avuto bisogno di guardare una coppia ballare per dieci minuti per capire come funzionava quella danza, che tra l'altro, doveva ammettere Sud Italia a denti stretti, s'era ispirata a una danza spagnola. Spagna, un eccellente ballerino, sarebbe stato l'ultimo al mondo ad avere problemi con quella versione semplificata di uno dei suoi balli popolari.

- Fai schifo, io ballo con le donne, non con i maschi effeminati come te. - Sbottò il bambino e volle girare sui tacchi, ma si sentì afferrare da sotto le ascelle e, poco dopo, si ritrovò nel cerchio di ballerini. Le persone che formavano il cerchio battevano le mani, cantavano, entravano e uscivano dalla “pista” di ballo.

Alcuni napoletani riconobbero Romano come Sud Italia e fischiarono a denti stretti, incitandolo a ballare. I cittadini si sentivano importanti, Sud Italia era venuto in visita, volevano avere l'onore di vederlo ballare la sua danza, lui, che la sapeva ballare come nessun altro.

Ma Romano non era conscio della sua bravura e si sentiva piccolo, si sentiva il bambino che era.

Spagna guardò la coppia accanto a loro, iniziò a imitarne i movimenti, volse lo sguardo verso la sua colonia, sorrise, disse: - Sii magnanimo, il tuo popolo vuole che tu gli faccia onore!

Lovino non volle cedere e incrociò le braccia per una seconda volta. Era difficile, però, resistere al richiamo del suo popolo, resistere alla solarità del suo conquistatore, che lo guardava pieno di speranza, battendo le castagnette in un ritmo molto più elaborato dei ballerini accanto a loro.

Prima ancora di rendersene conto, Sud Italia iniziò a muoversi, sì, iniziò a ballare, urlò a Spagna: - Non farmi vergognare, idiota, balla in modo decente e suona le castagnette per bene! E no, non me ne importa che il ritmo della tammurriata è troppo monotono per te!

In quel momento, Antonio e Lovino lo sapevano entrambi, non esistevano conquistatori e colonie, paesi e politica, camorra e corruzione, ma erano semplicemente loro due a ballare, Antonio e Lovino, in tutta la loro umanità.

Sud Italia non ricorda a chi era dedicata quella festa. Qualche volta chiude gli occhi, ripensa a ogni dettaglio di quella giornata, cerca di afferrare immagini di una processione, parole, frasi, spezzettoni di discorsi sentiti in strada, ma non riesce a rammentare quale santo fosse stato il protagonista di quella giornata.

A dire la verità è un dettaglio futile, ma si concentra su di esso per non permettere ai suoi pensieri di riflettere su quello che ha capito quel giorno. Quella scoperta lo coglie all'improvviso, mentre mangia, mentre osserva il campo di pomodori, quando maledice Spagna per un nonnulla, quando si alza la mattina: lui vuole bene a Spagna, nonostante le sofferenze, nonostante l'odio che prova.

 

Romano ha riempito tre ceste, ma è da almeno cinque minuti buoni che è rimasto fermo col quarto cestino in mezzo al campo, perso in chissà quale pensiero.

- Lovinito. - Sud Italia sussulta, ma si calma quando si rende conto che è solo lo spagnolo.

- Che vuoi, cretino? Non vedi che ho da fare?

- Ma come sei carino! - Antonio lo guarda come si guarda un bambino che ha appena detto la sua prima parola. - Stai raccogliendo i pomodori... Per me?

Colto con le mani nel sacco, Romano inizia a balbettare cose sconnesse, non trovando una scusa plausibile con cui giustificarsi.

- Non devi vergognarti, tanto lo so che mi vuoi tanto, tanto bene! - L'uomo prende in braccio il bambino e gli scocca un bacio sulla guancia. Ora è veramente troppo per l'italiano.

- Che schifo! Levati di dosso o vado in giro a dire che ci provi con i bambini!

È come parlare a un muro. - Che ne dici di fare la paella? Tanta, tanta paella. Ho certe cozze che se le vedi piangi di gioia, giuro!

E mentre Spagna continua a blaterare di cozze e gamberoni, Romano si chiede cosa farà il giorno in cui non sarà più sotto il dominio di Spagna – perché sì, quel giorno sarebbe arrivato, ne era sicuro. Mentre Antonio si carica una cesta di pomodori sulla spalla e si dirige in cucina, descrivendo il sapore irresistibile della paella accompagnata da un buon vino, Romano stringe la sua manina intorno al mignolo e all'anulare della sua mano libera in una stretta leggera leggera, per paura che Antonio lo noti. Spagna esita un momento e poi continua a parlare senza dar segno di essersi accorto di qualcosa. Forse, quell'esitazione, Romano se l'è solo immaginata.

Lo odio. Gli voglio bene. È la prima volta che lo pensa coscientemente. Non riuscirò mai a separare l'odio dall'amore, l'amore dall'odio. Sarà per sempre amore-odio. Sud Italia lo sa che domani si schiferà per questo gesto e questi pensieri, ma sa anche che certe riflessioni sono frutto della sua debolezza. Se non fosse così fragile riuscirebbe a decidersi fra amore e odio. Ogni volta che ci ha provato è stato sopraffatto da ricordi sia belli che brutti, e alla fine ne è uscito fuori sempre con lo stesso risultato: amore-odio.

Lovino è fragile.

Deve aggrapparsi a questo amore-odio. Deve aggrapparsi a Spagna per non cadere.

 

 

Note dell´autrice:

Ta-daaa! Beh, qualche volta mi faccio sentire anche io xD come già rivelato nell´introduzione, questo è il regalo di compleanno di Sunlitegirl, ma grazie a tutti quelli che leggeranno e che (magari) lasceranno una recensione a questa storia! 
Beh, a dire la verità non ho molto da dire XD mi rendo conto che la tematica è simile a una trattata in una mia flash-fic, però non posso farci niente, perché secondo me questo amore-odio è molto azzeccato per Lovino. 
Beh, ora sparisco anch´io, grazie per essere arrivati fin qui!

 

   
 
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