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Autore: Eleanor S MacNeil    14/07/2015    1 recensioni
C'è stato un tempo in cui gli uomini temevano le tenebre; un tempo oscuro e colmo di terrore. Ogni rumore notturno era il diavolo che cercava di prendere le anime degli innocenti. Ogni sibilo del vento era il serpente primordiale che tentava gli animi umani con le sue false promesse.
In quel tempo alcune donne lasciarono Salem per fuggire all'odio dell'Inquisizione e stabilirsi in un luogo sicuro e, sulle rive del fiume Mystic, fondarono Stone River's. Ma la storia non è tutta qui, secoli dopo la fondazione qualcosa sta per accadere.
A Stone River's il male è stato rinchiuso e qualcuno vuole liberarlo per far piombare il mondo nell'oscurità. I nemici diverranno amici e l'oscurità incomberà sugli uomini.
Una famiglia nata per custodire un segreto.
Un amore senza tempo.
Il male sta per risorgere.
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 2

The Stone






Oscuro è il cuore della strega

che di sangue grondano le mani.

Maledetta è la sua tomba di pietra

su cui nessuno si reca a pregare.

Il suo dominio di terrore e morte

le cinque streghe hanno fermato

e Stone River's liberato.

Ora giace nella fredda pietra

ma se la luna di sangue sorgerà

la strega sorella giungerà per liberarla.

Una vita per una vita

Un'anima per un'anima

Le Tenebre caleranno,

dal fiume la nebbia si alzerà,

antichi nemici diverranno amici,

e quando sorgerà la luna di sangue,

nessuno sarà più al sicuro.





Aveva sempre pensato di poter vivere tranquillamente, di andare avanti senza eventi rilevanti, di crescere sua figlia in un mondo tranquillo e pacifico.

Vane speranze.

Il risveglio non fu dei migliori. Dopo una notte passata ad osservare il soffitto, andando avanti e indietro per il corridoio, passando dalla sua stanza a quella di Cassandra per controllare che dormisse, Avalon si rese conto che sperare non portava a nulla.

In piedi, attorno alla pietra, Avalon, Phoebe, Ellen, Lauren e Siusan osservavano il monolito con preoccupazione e timore. La crepa si stava allargando e potevano chiaramente sentire il potere di Willow al suo interno. Il melo di Deana stava lentamente appassendo, come se improvvisamente fosse arrivato l'autunno.

«Non so voi, ma stare qui davanti a fissarla mi mette a disagio!» esclamò Ellen smorzando la tensione.

Phoebe continuava a giocherellare con una ciocca di capelli biondi, cercando di capire cosa fare. Ma come poteva? Aveva solo diciotto anni, era una ragazza che voleva semplicemente vivere la sua vita e divertirsi, non pensare alle sorti del mondo e al suo ingrato compito di guardiana di una tomba. «Io vado, farò tardi a lezione!»

«Forse nel grimorio c'è qualcosa.» Avalon l'aveva detto per dare una speranza, ma sapeva anche lei che il grimorio, per quanto antico, non conteneva nulla, nemmeno un incantesimo che potesse tornare utile a quella situazione.

«E se tentassimo di guarire l'albero?» domandò Lauren, ma Siusan la guardò con sguardo ammonitore. No, qualsiasi ipotesi era da scartare.

Poi Avalon ricordò un racconto, una specie di filastrocca che la sua bisnonna le aveva cantilenato da bambina. «Se la crepa è comparsa, può darsi che qualcuno stia cercando di liberare Willow, qualcuno fuori dalla città che non ha ancora abbastanza potere per riuscirci.»

«Cosa?»

«Ma se la luna di sangue sorgerà la strega sorella giungerà per liberarla.» disse Avalon. «La filastrocca di nonna Charlotte!»


***


Seduto al bancone del bar, con la visiera del cappellino abbassata quanto bastava per vedere, Connor beveva piccoli sorsi del whiskey che aveva ordinato. Osservava la vita scorrere tranquillamente, in attesa del momento giusto per fare la sua mossa.

Poteva andare da Avalon subito, parlarle, cercare di dirle la verità, ma come poteva sperare che lo perdonasse? Era un cacciatore di streghe che aveva tradito il giuramento fatto innamorandosi di una strega. Come avrebbe reagito lei una volta venuta a conoscenza del vero motivo che l'aveva spinto a lasciarla?

E sua figlia?

«Siamo in una piccola città, credevi davvero di poterti nascondere tanto a lungo?»

Quella voce. Connor sorrise, senza nemmeno voltarsi, ascoltando lo scampanellio dei bracciali di Ellen. «Come lo sapevi?»

Ellen fece spallucce, sedendosi accanto a lui. «Te l'ho detto, è una piccola città.»

«Avalon lo sa?»

«No, non le ho detto nulla. Abbiamo altro a cui pensare.»

Ellen era la figlia minore di Siusan. Avalon l'adorava, spesso la definiva la sua confidente, forse per il fatto che più di una zia, Ellen si comportava più come amica che come parente.

Aveva gli occhi sempre contornati dall'eyeliner nero, come se volesse farli sembrare più sottili, quasi da gatto. Portava bracciali con charmes tintinnanti e collane lunghe con ciondoli grandi. Era strana, se la si giudicava solo dalle apparenze, ma aveva un cuore grande.

Ellen aveva perso il fidanzato pochi giorni prima del matrimonio, morto in un incidente stradale mentre la raggiungeva per le prove della cena di nozze. Un tragico incidente che le aveva spezzato il cuore. Peccato, perché aveva solo trentasei anni ed era una bella donna, meritava di essere felice.

Quando era arrivato a Stone River's, cinque anni prima, aveva fatto ricerche sulle Douglas, frequentando Avalon aveva scoperto i poteri di tutte le streghe della famiglia. Se ricordava bene, Ellen era una medium in grado di manipolare i fulmini a suo piacere e con sensi psichici acuti, forse perfino sensitiva, ma non ne era certo. Lauren, la madre di Avalon e Phoebe, poteva manipolare i ricordi delle persone, perfino prenderne il controllo e far fare ciò che più preferiva, poteva anche leggere il pensiero e spostare gli oggetti con la forza del pensiero. Avalon, la sua Avalon, era in grado di controllare gli elementi naturali, una medium e una sensitiva capace di prevedere il futuro, proprio come sua sorella Phoebe che era anche una telecineta. Era Siusan quella da temere, la strega che, non solo possedeva molti più poteri delle altre, ma poteva trasferire il suo spirito in altri corpi, perfino varcare le soglie del mondo degli spiriti, suo padre pensava perfino che fosse in grado di riportare in vita i morti, ma quelle erano solo voci, non c'erano vere e proprie prove a riguardo.

«Perché sei tornato, anzi, perché te n'eri andato?»

«Storia lunga, Ellen.»

«Se sei qui per recuperare il rapporto, ti do un consiglio» disse Ellen, alzandosi dallo sgabello. «Vattene finché sei in tempo!»

Minaccia o avvertimento?

«E se ti dicessi che so tutto sulle streghe Douglas?»

Ellen si bloccò all'istante, guardando Connor posare lentamente il bicchiere sul bancone. «Non so di cosa tu stia parlando.»

«So che siete streghe, tutte quante. So che avete un segreto legato ad una strana pietra nel frutteto.»

«Abbassa la voce.» Ellen si guardò attorno, cercando di decidere il da farsi, ma la realtà era che Connor l'aveva sorpresa. Doveva agire, ma come? «Chi sei?»

«Il mio nome non è Connor Reynolds e non sono nato a Boston.»

«Vuoi dirmi il tuo vero nome, oppure preferisci che ti faccia seriamente del male?»

«Connor Wolf, di Salem.»

La famiglia Wolf di Salem, la più temuta famiglia di cacciatori di streghe del Massachusetts, erano i diretti discendenti di Cotton Mather, uno degli inquisitori di Salem che per poco non prese le sue antenate. Perché diavolo gli stava dicendo tutto questo?

Ellen si sentì gelare il sangue; per la prima volta nella sua vita si trovava di fronte ad un cacciatore di streghe. «Chi è tuo padre?»

«Jeffrey Solomon Wolf.»

Il cacciatore per eccellenza. Il flagello delle streghe. Jeffrey Solomon Wolf era un uomo senza pietà e senza coscienza; aveva ucciso centinaia di streghe senza lasciare tracce, si diceva ne collezionasse gli occhi per puro vanto. Se il figlio sapeva di loro, allora voleva dire che erano finite.

«Prima che tu scappi, voglio solo dirti che non sono qui per uccidervi.»

«No? Sei qui per il the delle cinque?»

«Sono qui per aiutarvi. Mio padre manderà altri cacciatori ad uccidervi. Dovevo farlo io cinque anni fa, ma non ce l'ho fatta.»


***


Lo chiamavano “Scrigno dei ricordi”. Era una semplice scatola di legno finemente lavorata, con incisioni runiche ed il marchio delle antenate sul coperchio. Era stata intagliata in un pezzo di frassino e resa impossibile da aprire tramite la magia.

Lauren ne teneva in mano uno. Era stata sua madre a crearla per lei quando, anni prima, aveva capito che il suo cuore stava iniziando ad amare Marcus. L'aveva supplicata di aiutarla, non poteva permettere che il marito morisse, non voleva soffrire, non voleva che la maledizione portasse alla morte un uomo innocente.

Così Siusan aveva creato quello scrigno, relegando al suo interno tutti i ricordi belli, tutte le emozioni ed i sentimenti di Lauren per Marcus. Aveva funzionato.

Il giorno dopo era stata la stessa Siusan ad allontanare l'uomo ed imporgli il divorzio. Era stata dura? Non lo ricordava, perché ogni sentimento provato per lui era chiuso in quella scatola magica.

Almeno era salvo.

Lauren aveva sacrificato l'amore per suo marito pur di saperlo vivo. L'aveva fatto cacciare, allontanato, facendogli credere che per lei era stato solo un mezzo per generare una nuova stirpe di streghe, ma non era così.

Seduta sulle sponde del fiume Mystic guardava la superficie dello scrigno. Era stata così speranzosa il giorno delle sue nozze, aveva scelto di rischiare, sicura di poter trovare un modo per aggirare la maledizione, ma niente, nemmeno il sacro grimorio, il ricettario che le sue antenate avevano scritto nel corso dei secoli, era servito a qualcosa. Se lei si fosse lasciata andare all'amore, suo marito sarebbe morto prematuramente.

Non era stato facile prendere quella decisione, ma alla fine aveva scordato tutto. L'amore, la felicità, i bei momenti, a stento ricordava cosa aveva provato per lui, c'erano solo i sentimenti per le sue figlie, nient'altro.

Lo Scrigno dei Ricordi. Sua madre ne aveva uno identico. L'aveva creato il giorno dopo la morte di Peter, suo marito, il padre delle sue due figlie. A differenza dello scrigno di Lauren, quello di Siusan serviva per contenere il dolore e l'amore. Perdere il marito era stato devastante per lei, un vero e proprio colpo al cuore. Lo Scrigno l'aveva aiutata a dimenticare tutto. In quella scatola di legno aveva relegato ogni singolo ricordo, ogni sentimento, ogni minima traccia di Peter e, questo, l'aveva resa la donna fredda e spietata che tutti conoscevano.

Non era sempre stata così, c'era stato un tempo in cui Siusan aveva amato talmente tanto da soffrirne, ed era stata una donna affettuosa, amorevole, soprattutto con Lauren ed Ellen. Ma la morte di Peter le aveva portato via quella voglia di vivere e, per superarlo, aveva scelto di chiudere tutto nello Scrigno.

La maledizione non perdonava e loro dovevano imparare a conviverci.

«Cosa succederebbe se tu l'aprissi?»

Lauren si voltò, scostando una ciocca di capelli biondi dalla fronte per vedere meglio sua sorella Ellen avanzare verso di lei.

«Marcus morirebbe, perché io tornerei ad amarlo.»

«Beh, non saresti l'unica vedova di questa famiglia» disse Ellen con amarezza, sedendosi accanto alla sorella.

«Sai che puoi chiedere a nostra madre di creare uno scrigno anche per te.»

«No, io voglio ricordare Thomas, voglio ricordare tutto l'amore che ho provato per lui e tutta la felicità che mi ha donato.» Ellen aveva perso l'amore della sua vita, ma aveva scelto di soffrire e ricordare. «Abbiamo un problema.»

«Cacciatori?»

«Peggio» disse Ellen. «Jeffrey Solomon Wolf.»

Lauren non aveva l'aria stupita, del resto leggeva il pensiero, aveva già compreso cosa passava per la testa della sorella. «E Connor? Credi che lascerà Stone River's?»

«No, a quanto pare ama la nostra Avalon e non se ne andrà senza prima averle parlato e combattuto per lei.» Ellen alzò gli occhi al cielo. «Uomini!»


***


«Credi sul serio che possa tornare?» Phoebe osservava la lezione di danza, disegnando le figure delle ballerine alla sbarra. Avalon la lasciava assistere alle lezioni che teneva per le ragazzine e sfruttava l'occasione per ritrarre le adolescenti nelle loro pose tirate, un ottimo esercizio.

Avalon fece spallucce, tenendo sotto controllo i movimenti delle sue allieve, lasciandosi trasportare dalla musica di Tchaikovsky. «Non lo so, ma quella crepa è preoccupante e l'albero sta' appassendo.»

«Per non parlare delle mie visioni, sono sempre più forti ed oggi ne ho avuta una ad occhi aperti!»

Phoebe somigliava molto alla madre, stessi occhi verdi e capelli biondi, pelle diafana e delicata, ma c'era qualcosa in lei, nel suo sguardo, che ricordava ad Avalon il padre. «Quando parli così sembri papà!»

«Peccato che non ho idea di come sia o dove sia.»

«Meglio sapere che è vivo, piuttosto di saperlo morto, non credi?»

Phoebe sbuffò, riponendo i fogli e il carboncino, alzando lo sguardo sulla sorella. Era pronta a ribattere, ma quando vide gli occhi di Avalon si fermò. Era dolore quello che vi leggeva, rabbia e disperazione. Non si stava riferendo solo al padre, ma anche a Connor. «E se ci fosse un modo?»

«Un modo per impedire a Willow di tornare?»

«No, un modo per spezzare la maledizione. Il grimorio delle antenate contiene talmente tanti incantesimi, alcuni in una lingua sconosciuta, magari c'è anche la soluzione.» Phoebe si alzò, prendendo il braccio della sorella. «Potremmo porre fine a questa sofferenza, a queste morti.»

«Credi che nonna Siusan non ci abbia già provato?» Avalon si liberò della presa di Phoebe, cercando di tenere un tono basso. «Abbiamo scandagliato il libro, carattere per carattere, ma nessuna delle nostre antenate ha mai trovato un incantesimo o un modo per aggirare la maledizione. Siamo condannate alla sofferenza eterna, ad innamorarci per poi vedere morire gli uomini da noi amati.»

La musica finì e Avalon dovette tornare alla realtà, fingendo che nulla stesse accadendo, che il dolore che provava era solo un pallido miraggio. Batté le mani, annunciando la fine della lezione. Attese che le sue allieve uscissero, cominciando a racimolare la sua roba. «Fattene una ragione Phoebe, e prima che tu te ne accorga riuscirai a chiudere il tuo cuore all'amore» disse, prendendo le sue cose e lasciando l'aula.

«E diventare una senza cuore come le donne della nostra famiglia?» urlò Phoebe, ma ormai Avalon era già uscita.

C'era stato un tempo in cui sua sorella aveva amato, il suo sorriso era stato diverso, più solare e contagioso; ora, dietro quegli occhi, nascondeva il dolore di essere sola. Connor se n'era andato e, per fortuna, l'aveva fatto di sua spontanea volontà, senza che fosse Avalon a cacciarlo. Non le aveva dato il tempo d'innamorarsi di lui, ma le aveva spezzato il cuore. Forse un bene, dato che il sentimento di affetto era stato eclissato dalla rabbia e dall'abbandono. Aveva concentrato tutte le sue energie e le sue attenzioni verso Cassie, dimenticandosi di Connor e della felicità provata con lui. Non aveva rinchiuso il suo ricordo come sua madre aveva fatto con quello di Marcus, ma aveva semplicemente tramutato qualsiasi sentimento positivo verso l'amato in un sentimento negativo e corrosivo, corroborando tutte le altre emozioni per offuscare qualsiasi minima fiaccola di amore. Il tutto per mantenere in vita un uomo che l'aveva lasciata da sola con una figlia da crescere.

Ci doveva essere un modo per impedire tutto questo, per dare alle donne della sua famiglia quella felicità che meritavano. Amare per poi soffrire, era la maledizione della Douglas, la loro croce e, presto, sarebbe stata anche la sua. No, lei non voleva soffrire come sua zia Ellen, non voleva rinchiudere i suoi sentimenti in una scatoletta di legno come sua madre e sua nonna, diventando fredda e priva di sentimenti positivi. Lei voleva amare, voleva sentirsi le farfalle nello stomaco, sposarsi, avere dei figli ed invecchiare con l'uomo della sua vita, ma sapeva che era tutto impossibile.

Senza rendersene conto giunse a casa, addentrandosi nel frutteto. Era di fronte alla pietra e la crepa sembrava più grande rispetto a quella mattina.

«É tutta colpa tua» disse, guardando attentamente quel monolito maledetto, la tomba che ospitava l'anima di colei che continuava a causare così tanto dolore alla sua famiglia anche dopo secoli dalla sua morte. «Mi hai sentita? Io ti odio!» urlò, avvertendo la rabbia montarle in corpo. «Hai rovinato le nostre vite!»

Afferrò un sasso a terra, alzando il braccio sopra la sua testa, era pronta a tirarlo, ma qualcuno le prese il polso, impedendole di lanciare la roccia e distruggere la tomba. Vide i simboli incisi sul tronco del melo illuminarsi, mentre si voltava per guardare in faccia colui che l'aveva fermata. «Connor!»







Angolo autrice

Eccomi di ritorno, scusate l'attesa.

In questo capitolo scopriamo qualcosa di più, conosciamo meglio il personaggio di Phoebe e Lauren, abbiamo un quadro della situazione di famiglia e apprendiamo altre informazioni su Connor e chi è in realtà. Ma la domanda vera è: perché i simboli sull'albero si stanno illuminando?

Altre domande le cui risposte arriveranno col tempo!

Vi lascio a questo capitolo che, spero, sia stato di vostro gradimento!



   
 
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