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Autore: Malvagiuo    16/07/2015    1 recensioni
La morte di Roigkal val'Rundor precipita la valle di Askold in una situazione drammatica. L'inverno grava ancora sulle tribù del nord, che contano sul ritorno della loro divinità, Grijndir, per sopravvivere. Solo la possente Bestia del Mare, infatti, può spezzare l'immensa banchisa di ghiaccio che congela le acque di Askold, aprendo la via dell'oceano e della salvezza. Due uomini si disputano la successione, e con essa il dovere di richiamare Grijndir dalle profondità degli abissi. Da una parte il suo unico figlio, Volgrim, giovane e temerario, che dovrà convincere la sua gente a vederlo non più come ragazzo ma come uomo. Dall'altra, Iorig, fratello di Roigkal e zio di Volgrim, guerriero ambiguo e dalle mille risorse, i cui reali propositi costituiscono un mistero per chiunque.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grijndir lo osservava. Per quanto tempo le sue ossa cave avevano giaciuto al di sotto del ghiaccio? Almeno un anno, rifletté Volgrim. Il gelo non era bastato a conservarne le carni. Gli squali del ghiaccio, i pesci carnivori del mare e le altre bestie inferiori avevano infierito sul loro signore, una volta che questi aveva abbandonato le sue spoglie terrene. Ma le ossa erano rimaste, a testimoniare la grandezza di quella creatura che rimaneva immortale negli occhi di chi l’aveva veduta.

La spina dorsale raggiungeva un’altezza tale da offuscare il sole. L’ombra circondava Volgrim, che contemplava l’immenso scheletro come se la fissità del suo sguardo potesse riportarlo in vita. L’estasi che lo colmava non accennava a diminuire, pur essendo consapevole che ciò che osservava non era altro che polvere congelata.

Il mare era tornato liquido, caldo persino. Un miracolo che solo gli Dei potevano compiere. Grijndir l’aveva fatto per migliaia di anni, ma ora aveva cessato di assolvere quel compito. Per quanto angosciante fosse il pensiero, Volgrim in quel momento si rese conto che anche gli Dei, con il trascorrere di epoche infinite, potevano morire. Ma non tutto era perduto, se comparivano nuovi Dei a cui rendere omaggio, a cui chiedere benedizione.

E un nuovo dio era apparso. Dopo millenni di ghiaccio e freddo, era giunto il fuoco.

Kalig non poteva essere l’unica. Era giunta da oltre i valichi, da una terra sconosciuta che forse celava ancora il segreto di quel potere incredibile.
Askoldir era finita. Aveva negato quella realtà per troppo tempo. Tutto ciò che era stata e che avrebbe potuto essere, aveva cessato di esistere con Grijndir. Senza Grijndir, Askoldir e gli askarl non avevano più ragion d’essere.

Volgrim val’Roigkal era di fronte alla più grande decisione della sua vita, più cruciale persino di quella che lo aveva portato ad ascendere al trono. Le vittime di quella scelta erano state suo padre, sua madre, decine di schiavi, l’intero popolo di Askoldir. Non aveva più nulla da sacrificare. Ma il tempo del sacrificio era finito. L’alba riluceva dinanzi a lui, nascondendo il passato che gli era di fronte e illuminando la strada alle sue spalle.

 
 ***
 
Non c’era motivo di aspettare. Avrebbe intrapreso il cammino verso i valichi quel giorno stesso. L’alba era diversa, quel giorno. Un sole caldo, abbagliante, illuminava l’intera baia. Lo sciabordio delle onde sovrastava qualunque altro suono nei dintorni. Uccelli marini stridevano in lontananza. Era la vita che si risvegliava. Il lungo letargo era davvero finito.

Poche ore di preparativi e avrebbe abbandonato Askoldir, proprio come aveva fatto il suo popolo. Volgrim ormai non pensava più a loro. C’era una nuova causa, ben più importante, cui votarsi. Avrebbe trovato i nuovi Dei e si sarebbe consacrato a loro. La marea di fuoco avrebbe travolto anche il sud, ne era certo. Era solo questione di tempo.

Immerso nei suoi progetti, Volgrim dapprima non notò la figura solitaria stagliata sulle rive del mare. Quando l’uomo a cavallo avanzò nella sua direzione, si arrestò di scatto, sconvolto da quella visione. Troppe cose, in quella sagoma oscura, turbavano Volgrim: il fatto che quello fosse un cavallo, una creatura di cui aveva solo sentito narrare, e che per un attimo ebbe il potere di meravigliarlo persino più delle spoglie di Grijndir. Poi, il mistero che aleggiava intorno alla figura del cavaliere: chi era e da dove proveniva? Quali erano i suoi scopi? Che cosa era venuto a cercare nella defunta Askoldir?

Ma ciò che turbava Volgrim più di tutto, ciò che gli fece serrare d’istinto la stretta attorno al manico dell’ascia, fu l’impressione di riconoscere, nei tratti del cavaliere misterioso, l’immagine di suo zio Iorig.

 
***
 
«Sei vivo, dunque?»

Volgrim non rispose. Era la voce di suo zio. Iorig gli era di fronte, in groppa a un cavallo dalle zampe tremanti. L’animale era esausto, doveva aver galoppato per molte miglia senza sosta.

«Sono vivo. Mi dispiace dover dire lo stesso di te.»

Con fatica, Iorig smontò da cavallo. La sua postura era ingobbita, l’aspetto molto lontano dalla fierezza e dalla forza di un tempo.

«Sei ferito, vedo.»

«Già. E credo che tu non sia estraneo a quello che mi è successo.»

«Davvero? E in che modo sarei responsabile?»

La testa di Iorig si voltò in direzione del mare. Contemplò per alcuni istanti le ossa di Grijndir e l’oceano brillante che le circondava.

«Hai trovato il modo di spezzare il ghiaccio, alla fine. Lo stesso ghiaccio su cui poggiavo i piedi. Io e almeno un migliaio di altri.»

Volgrim si fermò a riflettere. Comprese solo allora la portata di ciò che aveva fatto Kalig. La rottura della banchisa aveva avuto ripercussioni su tutta la costa per molte miglia, era evidente. Il popolo di Grijndir, marciando verso sud lungo la distesa ghiacciata, era stato coinvolto nel suo scioglimento. Un’eventualità a cui non aveva pensato, e che fece avvampare il suo cuore di sentimenti contrastanti. Non sapeva se sentirsi addolorato o benedetto dal compimento di una giusta vendetta.

«Sì, l’ho fatto» mormorò Volgrim, dopo un lungo silenzio. «La Bestia del Mare è tornata in superficie.»

«Quello che è tornato in superficie» disse Iorig «è un mucchio di ossa congelate rosicchiate dagli squali. Una grande vittoria.»

«Di certo non grande quanto la tua» rispose Volgrim. «Hai tradito il tuo askarl e condotto il tuo popolo in un cammino senza ritorno per il sud. Hai cancellato noi tutti dalla faccia della terra, Iorig.»

All’improvviso, Iorig scoppiò a ridere. Una risata talmente fredda e glaciale che l’aria circostante sembrò tornare a congelarsi.

«I bardi avranno sempre di che sfamarsi, raccontando la nostra storia!» disse, soffocando le ultime risate. «Chi causò la grande sciagura che si abbatté sul fiero popolo di Grijndir? Sedete, giovani, vi narreremo di Iorig, la Guida-Senza-Ritorno, e di Volgrim, il Distruttore di Ghiacci! Accorrete, brava gente, e ascoltate!»

«Tutto questo ti diverte?»

«A seconda di come la racconteranno, la colpa passerà di volta in volta da uno all’altro. Ci siamo contesi il titolo di askarl per tutto questo tempo, ora ci contenderemo per sempre quello di carnefice di Askoldir» disse Iorig. «Sì, lo trovo davvero divertente.»

«Non hai mai voluto risvegliare Grijndir, non è vero?»

Gli occhi di Iorig scintillarono. Volgrim non seppe come interpretare quel cambio di espressione. Che cos’era quella luce sinistra apparsa per un breve momento nel suo sguardo? Un barlume di follia emerso dal lato più recondito dell’essere umano? Volgrim non voleva saperlo.

«Io ero l’unico a non poter attendere che la Bestia del Mare decidesse il mio destino, a quanto pare. Trascorrere la vita a catturare sacrifici per il sommo Grijndir, perché questi aprisse il mare e ci permettesse di correre a catturare altri sacrifici per l’anno a venire, in un cerchio senza fine? No, questo non lo accettavo già da bambino. E Roigkal, il mio stesso fratello, così cieco nella sua devozione, così feroce nel difenderla... non poteva che allontanarmi dalla rotta che voleva che seguissi. Alla fine, ho trovato una nuova strada, ed ero disposto a tutto pur di seguirla. Se questa decisione richiedeva a sua volta un sacrificio, sarei stato ben lieto di offrirlo.»

«Quale sacrificio eri disposto a offrire?»

«Quale sacrificio non sarei stato disposto a offrire?» ribatté Iorig. «Non c’è niente che non avrei sacrificato, Volgrim. Né la mia anima, né il mio popolo.»

Volgrim cominciò a intuire dove volessero andare a parare le parole dello zio, anche se un’ombra ancora ne velava il significato.

«Avresti ucciso tutta la nostra gente, in cambio della tua libertà?»

«No di certo. Avrei scambiato la loro libertà per la mia.»

D’un tratto, Volgrim comprese. Il progetto di Iorig, dopo tanto tempo, finalmente gli fu chiaro.

«Li avresti venduti come schiavi?»

«Non sono mai stati altro che schiavi, Volgrim. Avrebbero solo cambiato padrone.»

«Non voglio più prestare ascolto alla tua follia. Vattene. Perché sei tornato?»

Iorig esplose in una nuova risata. L’urlo sguaiato che produsse la sua bocca era una chiara manifestazione della pazzia che ormai lo divorava.

«Continui a sbagliare le domande, Volgrim» disse, fissandolo ora con occhi che parevano schizzare dalle orbite. «La domanda giusta è: perché mi hai obbligato a tornare?»

Convinto della follia di Iorig, Volgrim non tentò nemmeno di trovare un senso alla sua domanda. L’unica cosa che sapeva era che doveva lasciarlo parlare. Doveva guadagnare tempo.

«Perché dici questo?»

«Il tuo miracolo, il tuo prodigioso richiamo della carcassa del vecchio Grijndir, non ha sterminato solo il branco di orsi scabbiosi che abitava in queste capanne incrostate di ghiaccio e merda» sibilò Iorig. «La donna che amavo, e gli uomini che ci avrebbero accompagnati in trionfo verso una nuova vita, condividono la loro stessa tomba. Non riesco a immaginare un affronto più vergognoso. Quella stessa donna che mi aveva dato un figlio, un figlio che non potrò mai vedere, al quale ho avuto la dissennatezza di dare il tuo nome, giace sotto una lapide di ghiaccio senza nome, sommersa dalle acque che tu hai sprigionato, mentre eri animato da una follia ben più assurda di quella che credi di leggere dentro di me.»

Iorig fece una lunga pausa. Nessuno dei due parlò per molto tempo.

«Tu hai cancellato per sempre la mia libertà. Ecco perché sono qui.»

«Vuoi uccidermi, dunque?» disse Volgrim. La sua voce era priva di inflessioni. «Eccomi. Non ho armi per difendermi e non tenterò di difendermi. Io sono l’askarl, eletto per volere di Grijndir, signore di questa terra. Posso solo morire da askarl, Iorig

Iorig non ribatté. Lo fissò con compassione, come se ascoltasse un bambino disquisire su un argomento che non capiva con il suo povero, ingenuo linguaggio. Estrasse il pugnale e si avvicinò.

 
***
 
«... Iorig

Iorig si arrestò a metà fra un passo e l’altro. La sorpresa gli fece quasi perdere l’equilibrio, prima di poggiare il piede a terra. Non era stato Volgrim a parlare. Le sue labbra erano rimaste serrate, mentre il suo nome veniva pronunciato. L’askarl era immobile di fronte a lui, le braccia sollevate, le mani spalancate e vuote, invitandolo a colpire.

La voce, inoltre, non era la sua.

Ebbe bisogno di un istante per comprendere che la voce gracchiante che aveva sentito proveniva da un punto imprecisato alle sue spalle.

Si voltò, e la vide.

Una creatura informe, che ricordava vagamente un essere umano, avanzava barcollando verso di lui. Iorig fu percorso da un fremito di terrore, nell’osservare le condizioni di quell’essere. Era gracile quanto uno scheletro, ricoperta da uno strato di pelle incenerita e fradicia, gli occhi iniettati di sangue che lo osservavano famelici.

Era verso di lui che si muoveva, non c’erano dubbi. Avanzava dalla riva del mare barcollante, ma decisa.

«Che cos’è questa cosa?» mormorò Iorig, ormai dimentico della presenza di Volgrim.

«Quella, Iorig...» rispose Volgrim, in un sussurro «... è l’erede di Grijndir.»

Iorig ascoltò senza capire. Le parole di suo nipote non avevano più alcun senso. Non aveva mai visto un essere umano ridotto in quello stato. Quale forza soprannaturale animava quelle spoglie semidistrutte, quale volontà muoveva i suoi muscoli? Nessun uomo sarebbe sopravvissuto con ferite simili... ferite da fuoco, senza dubbio.

Un istinto primordiale lo fece indietreggiare. Percepiva il pericolo, in lei. Il modo in cui lo guardava, l’ostinazione con la quale si sforzava di avvicinarsi... era una creatura troppo sinistra per non averne soggezione, era come se la morte stessa procedesse tentoni verso di lui, cercando di agguantarlo.

«Non so che cosa tu voglia da me» disse Iorig, obbligandosi ad assumere un tono di voce autoritario «ma stammi lontano. Non ti farò del male, se mi lascerai in pace.»

La figura solitaria si fermò. Gli si stagliava innanzi, alta e minuta, l’oceano alle spalle. Il rombo delle onde e il gorgoglio dell’acqua sulla spiaggia era l’unico rumore per miglia.

D’un tratto, Iorig percepì una strana sensazione sulla pelle del volto.

Calore, per quanto assurdo. Un caldo da estate del sud cominciò a irradiarsi dal suo viso. Un accesso di febbre, fu la prima cosa a cui pensò. Era ancora debole, la ferita era profonda e avrebbe avuto bisogno di molto tempo per riprendersi. Ma quel calore, così improvviso, era davvero strano. Si stava trasformando a poco a poco in bruciore.

La pelle della donna arse. Iorig osservò le fiamme prendere vita dalle sue braccia, dalle gambe, le spalle e ogni altra parte del corpo. Fu inghiottita dal fuoco. Iorig pensò di fuggire, ma le sue membra non risposero all’ordine. Rimase immobile, inerme, sconcertato da quella manifestazione di stregoneria.

Ignorò la pelle che abbrustoliva e desquamava, gli occhi che si scioglievano e le ossa che incenerivano. Il suo ultimo pensiero, lampo fugace nella mente che liquefaceva, non fu per Syrri o per il figlio che non avrebbe mai visto.

Pensò a Roigkal, suo fratello.

E a ciò che aveva generato.

 
***
 
La fiamma non fu avvolgente come quella che aveva sciolto i ghiacci. Volgrim poté osservarla senza nascondersi. Non dovette neppure celare gli occhi. Fu una fiamma contenuta, ma forte abbastanza da spegnere due vite allo stesso tempo.

Iorig cadde a terra, divorato da migliaia di fiammelle danzanti. Di Kalig non rimase nulla, quel poco che era rimasto del suo esile corpo si dissolse del tutto, senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio sul suolo di Askoldir.

Quando l’incendio si fu placato, Volgrim si avvicinò, cauto. Le ceneri di Kalig e Iorig colavano in un’unica scia verso il mare, accompagnate nel tragitto da un rivolo d’acqua nato dalle nevi in scioglimento. Il mare li avrebbe presi, il mare sarebbe stato la loro tomba.

Per Volgrim, non c’era motivo di far sì che le cose andassero diversamente.

Era solo. Completamente solo.

Non c’era più niente ad Askoldir, nel nord, per cui valesse la pena restare.

Recuperò il pugnale dai resti di Iorig. Avrebbe potuto trovare un’altra arma, frugando nelle capanne abbandonate. Ma non voleva un’arma diversa. Una parte di lui desiderava che ci fosse qualcosa di Iorig ad accompagnarlo nel lungo viaggio che lo attendeva. Non avrebbe saputo spiegarlo, ma era così.

Si voltò, scrutò le montagne all’orizzonte, in cerca dei valichi nascosti.

S’incamminò lungo la strada, affondando i piedi nella neve.

C’era aria di primavera.



SPAZIO AUTORE
E questa fatica è compiuta! Siamo giunti alla fine, non posso che ringraziare di cuore chi mi ha seguito fino a questo lontanissimo punto. Grazie per aver dedicato tempo e pazienza alla mia storia. Se volete lasciare un commento sull'intera storia, una critica, due parole di qualunque genere, domande e dubbi non risolti, beh, questo è il momento giusto!
A presto!
   
 
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