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Autore: GReina    16/07/2015    8 recensioni
Il come i quattro fondatori di Hogwarts siano diventati tali credo ce lo siamo chiesti tutti.
Mi piace pensare che sia accaduto questo.
Storie di amicizie e sacrifici.
Spero vi piaccia
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Godric, I, fondatori, Priscilla, Corvonero, Salazar, Serpeverde, Tosca, Tassorosso
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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“DRACO DORMIENS NINQUAM TITILLANDUS”
“NON SVEGLIARE IL DRAGO CHE DORME”

 

Un'altra giornataccia. Era sempre così. Era come se ogni cosa andasse per il verso sbagliato a causa di una forza superiore. 
Salazar non era quello che si potrebbe definire un eroe, ma anche lui aveva degli ideali, degli scopi e degli obbiettivi. Se doveva scegliere se preservare il bene suo o di qualcun altro non esitava a scegliere se stesso. Non per questo però era malvagio. Poteva essere egoista, a volte anche meschino, ma era tutta colpa del suo orgoglio incondizionato. 
Era cresciuto in un piccolo villaggio in mezzo alla palude. I Serpeverde vivevano lì da generazioni e la residenza della famiglia non sarebbe cambiata. Almeno non finchè suo padre fosse stato al comando. Salazar aveva preso il carattere da lui: ambizioso e astuto, neanche la determinazione gli mancava. Seorus Serpeverde avrebbe fatto qualsiasi cosa per garantire potere alla sua casata. 
Era un paesino paludoso, escluso dal mondo. I suoi abitanti non volevano avere niente a che fare con i babbani. Ad assicurarsene era sempre stato il capo del villaggio. La famiglia Serpeverde non ammetteva nessuno che non fosse prole di maghi a loro volta prole di altri maghi. 
In altre parti del mondo le streghe e gli stregoni si mescolavano con chi era nato senza poteri magici. Davvero non capivano. I babbani avrebbero portato alla fine della loro razza se loro non avessero provveduto prima. Gli esseri umani senza il dono della magia erano una specie superata. Dovevano capirlo. Dovevano capire di essere inferiori. Il mondo doveva conoscere un'era dominata solo dai Sangue Puro. Salazar Serpeverde non era sempre stato di questo avviso, ma solo dei mostri avrebbero potuto uccidere una madre di famiglia senza un motivo ben preciso. E loro era questo che facevano. Seorus Serpeverde invece credeva che bastasse far finta che non esistessero per vivere in pace. Aveva sempre detto al figlio che la loro famiglia dominava quel villaggio da generazioni e, in quanto unico erede, lui doveva continuare la tradizione. Non potevano lasciare il villaggio. Era il loro villaggio. Ma Salazar lo sapeva, suo padre era un codardo. L'anello debole della catena. Non usciva dal villaggio perché aveva paura di quegli esseri inferiori. Quegli esseri che quando Salazar aveva sei anni ingannarono sua madre e la arsero al rogo. Molte streghe si divertivano a farsi ardere. Esisteva un incantesimo per tutto, anche per sopportare le fiamme. Ma sua madre era diversa. Come tutti al villaggio lei era una Sangue Puro, ma aveva sempre creduto che i babbani non erano da evitare. Non aveva interesse per la magia, lei aveva interesse per il mondo: voleva girarlo e non fermarsi mai in un posto per più di un ciclo di luna. Stava convincendo anche il figlio. Povera ignara creatura, ma chi altro potrebbe ascoltare un bambino di soli sei anni se non l'amata madre? 
Una sera il padre di Salazar era furibondo. Iniziò a lanciare maledizioni per tutta la casa. Neanche il bambino fu risparmiato. 
Non appena si addormentò, la madre prese il figlio ed uscì dalla palude. Seorus Serpeverde non li seguì. Non si usciva dalla palude.
Non durarono molto. I babbani scoprirono che la donna era una strega e senza conoscere l'incantesimo che ti protegge da esse, la madre venne uccisa dalle fiamme. 
Era da allora che che il giovane Serpeverde viveva con la famiglia Tassorosso, ma Salazar non aveva dimenticato cosa i babbani gli avevano tolto, e con le lacrime alle guance si era promesso di estirparli tutti. 

Erano passati anni da quella promessa, era ancora intenzionato a rispettarla, ma con gli anni crebbe con lui anche l'intuito: la vendetta è un pasto che va servito freddo. Non c'era giorno in cui il ragazzo non progettasse un modo per uccidere quei parassiti, ma nel frattempo c'era Tosca a tirarlo su di morale. Era l'unica figlia della famiglia adottiva e se non ci fosse stata lei l'oscuro pozzo delle tenebre avrebbe avvolto completamente l'anima del giovane Serpeverde sin dalla morte di sua madre. 
Aveva due anni in meno di lui, ed era l'unica che riusciva a distrarlo. La famiglia Tassorosso viveva in mezzo ai babbani. Erano costretti a nascondersi da quei mostri ogni giorno. Potevano usare la magia solo in casa e con le finestre sbarrate. Salazar e Tosca si divertivano la sera sotto le coperte a fare uscire fasci di luce luminosa dalle proprie bacchette. Non era una brutta vita. C'era Tosca al suo fianco. Ma come Tosca era lì accanto a lui, fuori dalla porta c'erano anche gli assassini di sua madre. Quegli insetti avrebbero ucciso anche quella che era diventata una nuova luce per lui se avessero scoperto le loro capacità. Doveva portarla via, ma lei non si convinceva. Quella era la sua casa. Non si sarebbe mai separata dai suoi genitori che d'altro canto non avevano la minima intenzione a lasciare il piccolo feudo nella valle ''siamo sempre stati bene qui, Salazar. Vedrai che ti ci abituerai anche tu'' continuavano a ripetere. 
Ma Salazar aveva ragione. L'aveva sempre avuta riguardo a quegli sporchi babbani dalla morte della madre. 
La famiglia Tassorosso resistette fino all'ultimo. Quando saltò fuori che era stata l'unica famiglia a cui non fosse morto neanche un membro durante la pestilenza, venne accusata di praticare la stregoneria. 
I genitori di Tosca erano potenti. Avrebbero potuto battere il padre di Salazar con gli occhi chiusi. Ma come potevano loro, che fondavano i loro valori sulla lealtà e la cortesia e l'amore per il prossimo, fare dal male agli amati vicini con torce e forconi in mano? 
Ebbero la decenza di nascondere i bambini, prima di arrendersi al loro destino.

Salazar e Tosca erano soli adesso. Non potevano più restare in quella valle. Camminarono e camminarono. Incontrarono e superarono feudi di ogni tipo. E gli anni passavano. Vivevano di stenti. Sopravvivevano grazie alla magia e l'odio verso i babbani cresceva. 
Raggiunsero un castello imponente. Proprio in quel periodo si tenevano i giochi per decidere il marito della principessa. 'Solo un altro feudo da superare' questo pensava Salazar, ma non sapeva dire di no a Tosca. La dodicenne non aveva mai visto una città in festa, e chiese a quello che ormai reputava un fratello maggiore di andare a dare un'occhiata. Si mescolarono tra la plebe e riuscirono ad ottenere la prima fila per assistere alla giostra. 
Tosca rimase affascinata. I cavalieri cadevano e le lance si spezzavano, ma Salazar non aveva mai visto la piccola Tassorosso così eccitata. 
Sotto richiesta della streghetta, i due ragazzini rimasero nei paraggi per un altro paio di giorni. Il torneo andava avanti e Tosca non voleva andar via. 
La sera del terzo giorno, la bambina convinse il più grande a passare per l'accampamento dei cavalieri partecipanti dove  - tra tutte - spiccava una tenda rossa e oro con lo stemma raffigurante un leone rampante rappresentato nello stendardo svolazzante. 
Dalla tenda uscì un ragazzo sui 14 anni, la stessa età di Salazar. Aveva lividi da tutte le parti, ma non appena si accorse dei maghi, rivolse a Tosca un sorriso galante. Salazar provò a tirarla via, ma lei sembrava come incantata. Fece resistenza e nel frattempo il giovane in armatura si avvicinò. Era biondo e con gli occhi azzurri; i muscoli scolpiti. Tutto l'opposto di Salazar che era smilzo con occhi e capelli nero pece. 
''Mi lady'' disse con un profondo inchino rivolto a Tosca. Le prese il dorso della mano e se la portò alle labbra ''non credevo che la principessa ci avrebbe onorato con una sua visita'' disse con aria spavalda. Tosca era come ipnotizzata. Come faceva a non vedere che erano frasi già fatte per ammaliare le donne?
''Io non sono la principessa'' rispose la ragazzina ormai tutta rossa
''no? Ma è impossibile! Solo le principesse sono così belle'' ribatté lui facendo sbucare una margherita dalla manica 
''Dobbiamo andare'' tentò Salazar afferrando il braccio dell'amica. Lei non parve approvare, ma si lasciò trascinare via.
 
Il giorno dopo era quello dedicato alla mischia, e Tosca non aveva occhi se non per il galante cavaliere in armatura rossa e oro della sera prima. 
Era bravo, non c'è che dire, ogni volta che veniva attaccato riusciva a difendersi e a far volgere a suo vantaggio la situazione. Immancabilmente ogni volta che veniva attaccato la streghetta stringeva la mano in quella del Serpeverde. Quel genere di contatto l'avrebbe mandato al settimo cielo se non fosse stato che la ragione per cui la ragazza a lui amata gli stringeva la mano fosse per paura che un altro si facesse male. 
Alla fine erano rimasti solo in quattro a combattere in campo. Il cavaliere rosso e oro duellava con un uomo il doppio di lui in armatura blu, e altri due facevano lo stesso dalla parte opposta dell'arena. Dopo qualche minuto il giovane riuscì a stendere l'avversario facendolo svenire. 
L'altro duello era più violento. Un cavaliere in nero non aveva nessuna intenzione di far solo svenire il proprio sfidante. Colpiva con l'intento di uccidere. Il rubacuori dovette averlo capito. Iniziò a correre verso di loro, ma era troppo tardi. Il cavaliere nero incombeva sull'avversario, la spada stretta in mano. Tosca si coprì gli occhi, ma tutti gli altri lo videro: videro il giovane rosso e oro urlare puntando la mano verso il cavaliere in nero e questo fare un volo di due metri a quel gesto. Il ragazzo si rese conto soltanto allora di quello che aveva fatto. Guardò suo padre che negli occhi aveva soltanto la paura - paura di essere stato scoperto - e poi il re che dopo un momento di stupore urlò ''È il figlio del diavolo! Uccidetelo!'' guardie e cavalieri scesero nell'arena. Per il mago in armatura fu facile occuparsi dei primi, ma non li uccideva, li colpiva con l'elsa della spada stordendoli e   mentre i rinforzi arrivavano quelli storditi iniziavano a riprendersi. Il ragazzo non ce l'avrebbe fatta. Lo sapevano sia Salazar che Tosca, e fu proprio per questo che lei scese in campo. Estrasse la bacchetta e prima che il corvino potesse fermarla, la streghetta era a combattere al fianco di quello spaccone. Non poteva abbandonarla. Così combatté anche lui. Si fecero strada grazie a quello che avevano imparato nei quattro anni da nomadi. Raggiunsero dei cavalli e insieme al ragazzo appena conosciuto riuscirono a fuggire dalle mura del castello.
Si nascosero in una grotta fino al calar della notte, e poi con l'oscurità come alleata superarono i confini. 
''Mi avete salvato la vita'' disse il cavaliere una volta al sicuro ''sono in debito con voi'' Tosca era rossa da far paura, ma Salazar non si fidava 
''puoi saldarlo andandotene via'' rispose burbero 
''Sal!'' lo riproverò Tosca ''Sei stato tu a dire che non possiamo fidarci dei babbani, ma solo dei maghi. Bhe lui lo è'' 
''mi chiamo Godric'' tese la mano verso Salazar ''Godric Grifondoro'' il giovane Serpeverde non gliela strinse, ma lo lasciò rimanere con loro.
 
Continuarono a vagare senza una meta ben precisa. Crescevano, e Tosca e Godric si avvicinavano sempre di più. 
I tre maghi iniziarono a pensare di doversi fermare da qualche parte. Era stato Godric a dare l'idea: un posto dove ogni mago e strega potesse sentirsi al sicuro.
 
Qualche anno dopo si unì a loro una ragazza di un anno più grande di Salazar: Priscilla Corvonero. 
Anche Priscilla veniva da una famiglia di maghi. Suo padre aveva deciso di rinchiuderla in un monastero e farla suora. Lei si era innamorata, suo padre lo aveva scoperto e ucciso il ragazzo, lei era scappata, e sarebbe morta se i tre non l'avessero trovata. Era una ragazza intelligente, fu grazie alle sue strategie se per tutti gli anni successivi non ebbero problemi. 
Ogni sera accendevano un falò, e ben presto tutti legarono. Suo mal grado, Salazar iniziò ad apprezzare il rivale in amore che gli insegnò ad usare la spada e a far colpo sulle ragazze. Lui aveva una dote naturale per quello. Con la magia erano sempre più bravi e iniziarono a duellare tra loro per allenarsi. 
Il giovane Serpeverde scoprì di essere un rettilofono e gli altri tre ne erano meravigliati. Erano passati dieci anni dalla morte della madre, Salazar non aveva dimenticato il torto subito, ma la vendetta iniziava a passare in secondo piano. Ora aveva anche Priscilla e Godric oltre a Tosca. 

Stava arrivando il X secolo, e i quattro amici stavano festeggiando il Natale in una grotta, a nord dell'Inghilterra. Il fuoco scoppiettava e i maghi ballavano intorno ad esso. La mattina dopo uscirono in mezzo alla neve e raggiunsero il lago ghiacciato. Priscilla era bravissima ad inventare incantesimi, e quella mattina ne fece uno: imparò ad emettere spruzzi d'acqua dalla sua bacchetta, in poco tempo lo impararono tutti ritrovandosi completamente zuppi dopo qualche minuto. Per evitare la polmonite dovettero spogliarsi e fare asciugare i vestiti, ma le ragazze stavano crescendo, e Salazar e il migliore amico dovettero cercarsi un'altra grotta.  
''Sarebbe bello non trovi?'' iniziò Godric ''Fermarci in un luogo sicuro. Potremmo fondare una scuola e insegnare ad usare la magia a tutte le persone con poteri magici'' 
''dove i babbani non sono ammessi'' aggiunse esaltato l'ormai sedicenne Salazar
''potremmo avvolgere la scuola con un incantesimo per non farla trovare alle persone comuni'' propose Godric.
Trovarono una grotta e accesero un fuoco con le bacchette. Quando gli abiti tornarono asciutti raggiunsero le ragazze, e tutti e quattro continuarono verso nord. 

Una settimana dopo trovarono un castello abbandonato. Gli adolescenti si avvicinarono ed iniziarono ad esplorarlo. Era il più grande castello che Salazar avesse mai visto. Di stile gotico-romanico dalle grandi arcate e vetrate, sebbene la maggior parte in frantumi, costituito da fabbricati alti e svettanti contornati da torri e torrette. Principalmente il castello era diviso in due zone un tempo collegate tra di loro da sottili ponti ormai caduti. L'idea di Godric si faceva sempre più realistica: avevano trovato quel luogo sicuro che da anni cercavano. 
Ci misero qualche settimana a ricostruire ciò che era crollato e a far sparire la polvere. Ognuno di loro mise un po' di magia all'interno dell'edificio: Priscilla incantò le scale, facendo in modo che cambiassero posizione di tanto in tanto. Godric creò una stanza al settimo piano che apparisse solo a chi ne avesse avuto bisogno. Per poterci entrare bisognava passare davanti a una parete tre volte pensando intensamente a cosa avevi bisogno, ma Tosca si lamentò dicendo di dimenticare sempre la parete giusta, quindi mise l'arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll, raffigurante uno stolto mago che voleva insegnare la danza classica ai Troll non avendo molto successo, di fronte alla parete vuota che rivelava il portone della stanza segreta. Con un tocco di bacchetta, la maga riuscì a dare vita ai personaggi ritratti in quell'arazzo, così come a tutti quelli delle cornici presenti nel castello. Infine Salazar circondò l'intero castello da un incantesimo di camuffamento. Se un solo babbano fosse arrivato talmente vicino da vedere la scuola, avrebbe visto solo un vecchio castello in rovina infestato dai fantasmi e sarebbe corso via terrorizzato. 
Una volta sistemato, i quattro fondatori si misero a discutere su come organizzare la scuola. 
''Potremmo decidere chi ammettere e chi no'' disse Salazar 
''e stabilirlo tra tutti e quattro?'' controbatté Priscilla ''È impossibile trovare un punto d'accordo'' 
''perché non creiamo delle Case?'' propose Tosca ''Ognuno decide che tipo di persona è degna di entrare nella propria'' spiegò ''io farei entrare nella mia le persone leali e altruiste'' 
''io invece i più intelligenti e creativi'' si emozionò Priscilla
''i coraggiosi e gli audaci saranno i benvenuti della Casa Grifondoro!'' fece Godric estraendo la sua spada.
Tutti scoppiarono a ridere ''Casa Grifondoro? Vuoi dargli il tuo nome?'' disse Tosca tra una risata e l'altra 
''Perché no? Saremo riconosciuti come i quattro fondatori della più grande scuola di magia e stregoneria di tutti i tempi!'' 
''Ci mancherebbe altro'' rispose Salazar sbuffando ''è l'unica'' 
''sono sicuro che in molti vorranno fondare una scuola per quelli come noi dopo aver visto la nostra. Ma non non ci faremo sminuire! Chiunque ci proverà avrà pane per i suoi denti! ''Non disturbare il drago che dorme'' potrebbe essere un buon motto''
''perché non in latino? Come tutti gli incantesimi: Draco dormiens ninquam titillandus'' suggerì Priscilla
''perché no!'' approvò il biondo ''In questa enorme sala metteremo quattro tavoli: uno per ogni Casa. Priscilla potrebbe incantare il soffitto così da sembrare stellato''
''Ogni Casa avrà un simbolo'' si convinse Salazar ''quello dei Serpeverde sarà il medaglione che ho preso a mio padre prima di lasciare la palude'' si tastò il petto, per quanto ci provasse non riusciva a disfarsi di quel pendente. Era d'argento con venature verdi, e al centro regnava una enorme ''S'' 
''Il mio simbolo sarà la spada che mi forgiò il re dei folletti per vincere la mano della principessa e troveremo dei simboli anche per le ragazze!'' non erano mai stati così esaltati. 

Dalla settimana successiva iniziarono a cercare studenti e professori.
Scoprirono che i maghi e le streghe nascosti erano più di quanti immaginassero, e ben presto la scuola aprì. 

Diedero alla scuola il nome di Hogwarts e per qualche tempo vissero felici. 

Quella felicità però era destinata a crollare.

Nella scuola gli studenti erano sempre di più, e tra loro iniziarono a spuntare i Nati Babbani. Avevano poteri magici, ma non erano degni della scuola secondo il parere del fondatore Serpeverde. Secondo lui non ne erano degni neanche i Mezzo-Sangue, maghi con un genitore babbano e l'altro no. 
Gli esseri umani senza il dono della magia erano una specie superata. Dovevano capirlo. Dovevano capire di essere inferiori. Il mondo doveva conoscere un'era dominata solo dai Sangue Puro. Salazar ne era sempre più convinto. Chiunque avesse una goccia di sangue babbano in vena andava eliminato. 
Iniziò a scontrarsi sempre più spesso con i suoi amici. Tosca: non aveva mai smesso di amarla, ma lei ora lo guardava con occhi pieni di disprezzo. Priscilla: lei non prendeva mai le parti di nessuno. Era la più grande e la più intelligente e riusciva a riappacificare sempre ogni dissidio, ma adesso neanche ci provava. I suoi occhi non erano diversi da quelli di Tosca. Godric: il suo migliore amico. Sembrava l'unico a preoccuparsi per lui ormai. Cercava di convincerlo di abbandonare l'idea di bandire i maghi con sangue babbano dalla scuola, ma niente e nessuno avrebbe fatto cambiare idea a Salazar. Allora convinceva gli altri a non cacciare l'amico. 
Gli anni passavano, e crescendo i Serpeverde divennero seguaci del loro fondatore. Ben presto la scuola vide una rivolta. Coloro che appoggiavano Salazar contro gli altri. 
I Serpeverde iniziarono a sterminare chiunque non fosse di Sangue Puro.
Era accaduto quello che Tosca Tassorosso aveva evitato una vita fa: le tenebre avevano inghiottito Salazar. 
Per un'ultima volta il mago corvino cercò di portare dalla sua l'unico vero amico che gli restava. Da mesi ormai il Serpeverde riusciva a sorridere solo con lui, ma il cavalleresco Grifondoro rifiutò. 
''Non posso accettarlo Sal! Ragiona! Non è questo il modo. Finiamola con questa follia'' lo supplicò l'amico 
''Gli esseri umani senza il dono della magia sono una specie superata. Devono capirlo. Devono capire di essere inferiori. Il mondo deve conoscere un'era dominata solo dai Sangue Puro.'' Salazar disse finalmente ciò che pensava dall'età di sei anni ad alta voce ''Ci manderanno alla rovina se non lo facciamo prima noi a loro'' la sua voce era calma e sicura 
''non posso permettertelo Sal'' Godric piangeva. Salazar non glielo aveva mai visto fare. Duellare a morte con il suo migliore amico era la cosa più difficile che avesse mai fatto, ma lo era ancora di più accettare il sangue babbano. Estrasse la bacchetta e la puntò contro l'amico ''Ti voglio bene Godric, ma ti ucciderò se non mi lasci passare'' non avrebbe ceduto. Il Serpeverde lo aveva capito da quel giorno alla mischia: Godric Grifondoro non avrebbe mai abbandonato i suoi ideali. Piuttosto la morte.  Il duellante alzò la bacchetta a sua volta, e con il dolore negli occhi di entrambi, iniziarono uno scontro all'ultimo sangue. 
Due minuti o due ore. Sarebbero potuti essere passati persino due giorni. Il mago dai capelli corvini perse la cognizione del tempo. Anni prima Godric l'avrebbe battuto all'istante, ma era stato un buon allievo. Sotto la guida del miglior amico era migliorato fino ad eguagliarlo. Così credeva. Dopo un tempo indeterminato entrambi erano a corto di forze. Nessuno aveva più l'energia di muovere un muscolo, ma Godric aveva delle vite sulle spalle. Si alzò tremante ed estrasse la spada. La tenne con entrambe le mani e con il fiatone riuscì a dire ''Arrenditi Salazar. Ti prego…'' aveva la voce rotta di chi sta soffrendo dal più profondo dell'anima ''non voglio ucciderti'' concluse. Ancora le mani tremanti, ma strette sull'elsa ''richiama i tuoi seguaci.'' 
Salazar riuscì ad alzarsi appoggiandosi al muro ''Non ci riuscirai Godric. Non riuscirai a farmi rinnegare le mie idee. Tu dovresti saperlo più di chiunque altro. Piuttosto morirei'' 
''lo so'' le lacrime rigavano il volto dell'ex cavaliere, con in mano quella che probabilmente sarebbe stata l'ultima cosa che Salazar avrebbe toccato in un gelido bacio d'acciaio. 
L'amico divenuto fratello si avvicinava al mago troppo debole per scappare. Avrebbe affrontato la morte a testa alta. Si mise ritto e lasciò la presa dal muro aspettando il freddo tocco della spada creata dai folletti ad occhi chiusi e braccia aperte. Ma questo non venne. Il tocco che sentì era invece il più caldo che avesse mai sperimentato. Godric lo stava abbracciando nell'ultimo vano tentativo di riportarlo nella strada giusta.
Salazar non era quello che si potrebbe definire un eroe, ma anche lui aveva degli ideali, degli scopi e degli obbiettivi. Se doveva scegliere se preservare il bene suo o di qualcun altro non esitava a scegliere se stesso. Non si fece sfuggire l'occasione. Tolse la spada di mano al fratello e lo trafisse al fianco. Non era riuscito a colpirlo ad un punto vitale. Priscilla lo avrebbe guarito come se niente fosse, ma lui non sarebbe rimasto per assicurarsene. 
Adagiò l'amico al terreno delicatamente. E lì, dove avevano deciso il nome della scuola gli disse le ultime parole che si sarebbero mai scambiati ''Nessuno potrà mai levarmi i miei ideali fratello. Sei stato tu a insegnarmi che per un uomo d'onore sono essenziali. I Sangue Puro sono l'unica vera razza degna di esistere. Non tornerò mai più in questo castello. Abbandono la mia casa per lasciarne una a te. Ma un altro verrà: il mio erede arriverà ad Hogwarts e aprendo la Camera dei Segreti finirà quello che io ho iniziato.'' 
Richiamò i suoi seguaci, e non tornò mai più alla più grande scuola di magia e stregoneria di tutti i tempi. Godric aveva  ragione. Dopo loro in molti avevano aperto scuole per gente magica. Il cavaliere che un tempo chiamava il ragazzo dall'armatura rossa e oro aveva anche aggiunto che chiunque avesse osato mettersi contro di loro se la sarebbe vista brutta. Aveva avuto ragione anche su quello.
Draco dormiens ninquam titillandus ''Non disturbare il drago che dorme'' Salazar lo aveva fatto. E aveva perso tutto. 
   
 
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