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Autore: Rei_    17/07/2015    2 recensioni
Caro Alex;
Sì, lo so, forse non vorrai più sentirti chiamare così, con questo nome confidenziale che usavamo solo io e te, eppure non riesco a trovare un altro nome per chiamarti. Forse ora dovrei chiamarti primo ministro. O presidente, sì, forse vorresti che ti chiamassi solo così, e che non usassi il nome che ci davamo quando passavamo le sere insieme.
Perchè anche se ora è tutto cambiato, io so che te le ricordi tutte.

- On. Yanis Varoufakis
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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DISCLAIMER: I personaggi sono reali e non mi appartengono. Il seguente scritto è frutto della mia fantasia e non contiene alcun carattere veritiero nè sui fatti nè sull'orientamento sessuale dei personaggi. La storia non ha scopo di lucro e non intende offendere le persone citate.





Caro Alex;
Sì, lo so, forse non vorrai più sentirti chiamare così, con questo nome confidenziale che usavamo solo io e te, eppure non riesco a trovare un altro nome per chiamarti. Forse ora dovrei chiamarti primo ministro. O presidente, sì, forse vorresti che ti chiamassi solo così, e che non usassi il nome che ci davamo quando passavamo le sere insieme.
Perchè anche se ora è tutto cambiato, io so che te le ricordi tutte.
Soprattutto ricorderai quel giorno. Quello in cui abbiamo vinto le elezioni.
Ah, che gran giorno..
Io ricordo ogni dettaglio di quella sera. Ricordo la festa in mezzo a tutti quanti, con te che ogni tanto mi guardavi, mi cercavi con gli occhi, e io ricambiavo il tuo sguardo, ma in mezzo a tutta quella gente non ci era consentito nient'altro.
Eppure entrambi sapevamo che non sarebbe bastata quella festa a distenderci da tutte le fatiche, tutte le ansie, di quell'assurda campagna elettorale.
Lo pensavi pure tu, forse, quando ci siamo allontanati insieme. Eravamo alla nostra sede, ricordi? Tu mi hai fatto un cenno e hai salito le scale, e io ti ho semplicemente seguito.
Però tu non sei riuscito ad aspettare che arrivassimo dentro il tuo ufficio. Mi hai preso per una spalla, con forza e con dolcezza insieme, e in mezzo al corridoio mi hai abbracciato e poi baciato.
Oh, non me l'aspettavo. Non me l'aspettavo proprio.
Forse avrei dovuto capirlo dal tuo sguardo di prima. O dal fatto che non ti sei mai staccato da me, mi eri sempre vicino, specialmente in quegli ultimi giorni.
Però il mio pensiero non è mai arrivato a tanto. Non volevo illudermi, non sai quanta paura avevo di farlo, di stare male. Non osavo immaginarlo, e tu l'hai realizzato.
Ricordo ogni sfumatura del tuo sapore. Principalmente era champagne, perchè avevamo appena brindato. La tua lingua mi stava facendo vorticare la testa. Forse non te ne sei accorto, ma ero emozionato come un ragazzino. Probabilmente sono arrossito, ma tu mi hai tenuto così a lungo tra le tue labbra che non l'hai visto.
Avevo molto caldo in quel momento, la camicia mi si era appiccicata alla pelle. Ti rispondevo al bacio con delicatezza, a quei tempi avevo ancora paura ad osare di più, anche se tu mi incoraggiavi, eccome se lo facevi..
Trascinato da quel calore non mi sono neanche accorto che mi avevi portato nel tuo ufficio. Non volevi staccarti da me, e perciò non hai nemmeno chiuso la porta. Ti sei mai chiesto se qualcuno ci avesse visto?
Io no. Non mi è mai importato saperlo.
Ti amavo, maledizione.
Non so quando ho iniziato ad amarti. Ricordo che quando facevi i comizi elettorali io ero sempre in prima fila, e ti fissavo. Fissavo ogni tuo gesto, ogni tuo cenno, ogni movimento. Fissavo i tuoi occhi.
I tuoi occhi conquistano, lo sai, caro Alex? I tuoi occhi, a quell'epoca, brillavano di una luce intensa, forte, radiosa. Brillavano di speranza, di lotta, di conquista.
Come potevo non amarti?
Tu non lo sai, ma quando, dopo quella sera, abbiamo continuato a vederci, stavi realizzando il mio sogno più grande e più nascosto.
Il giorno dopo quell'episodio non osavo chiederti niente.
Lavoravamo tutto il giorno, avevamo i nostri problemi da portare avanti. Io sarei diventato ministro da lì a breve, me lo avevi già anticipato.
Lavoravamo vicini, e ogni tanto mi guardavi.
E sorridevi.
Quella sera però sei stato tu a fare il passo avanti, mi tirasti fuori con una scusa, invitandomi a mangiare qualcosa.
Il mio cuore batteva forte, e io mi sentivo uno stupido mentre ti seguivo sul taxi e non sapevo cosa dire. Forse hai pensato che non parlavo perchè ero stressato dal lavoro, entrambi lo eravamo.
Poi abbiamo mangiato insieme, e io stavo dannatamente bene.
Ero solo con te.. e ti ero così vicino, tanto da poter studiare ogni tuo movimento, ogni tua cosa che ti rendeva speciale. Speciale e meraviglioso, non so come altro poterti descrivere.
Abbiamo parlato tanto, me lo ricordo. Parlavamo di tutto ciò di cui non si parlava durante il giorno, in mezzo agli altri. Eravamo solo tu ed io, e tutto era così bello, così semplice.
Quando siamo usciti fuori e l'aria fresca della sera ci ha accolti pensavo che da lì a poco non avrei resistito. Perchè io non ero nessuno, ero uno tra tanti, uno dei tanti, però ero lì, solo con te.
E questo è ciò che non sai. Perchè il resto lo sai bene, sai che dopo quella sera ne è seguita un'altra e poi un'altra ancora. Ogni volta avevamo una scusa per stare da soli, e ogni volta iniziavamo parlando, e qualche volta finivamo in un altro modo.
Non sai quante volte ho sognato, soprattutto in questi giorni in cui passo le notti da solo, il tuo corpo meraviglioso addormentato accanto al mio. Non sai quante volte mi sono svegliato terrorizzato, immaginando di sentire ancora la tua pelle calda vicino la mia e il tuo respiro dolce che mi riscaldava il viso. Mi piaceva molto abbracciarti quando dormivi, forse solo in quelle occasioni trovavo il coraggio di farlo, perchè sapevo che tu non potevi sentirmi. Eppure quelle volte ti sentivo rilassato, ed era così bello, quella sensazione di averti solo per me..
Forse ti suonerà strano, o anche inappropriato da dire, però devo ammetterlo che era stato ancora più bello dopo, nei giorni in cui io e te passavamo un giorno ad Atene e l'altro a Bruxelles, persi in interminabili summit e tavoli di accordi. Ogni dannato giorno l'ansia era la nostra costante, in ufficio la tensione era palpabile, eravamo sempre agitati ma nessuno di noi parlava.
Avevamo così tanta paura di fallire. Di sbagliare qualche mossa.
Però sapevamo di stare combattendo insieme, vero? Per questo continuavamo a vederci ininterrottamente, ogni sera.
Tu eri la mia più bella consolazione in quei giorni. Il mondo poteva crollarci addosso, però tu eri con me, tu mi accarezzavi e sembravi dirmi che sarebbe andato bene comunque, che non avremmo sbagliato, che insieme avremmo vinto..
Le tue parole non dette mi hanno dato fiducia, voglia di lottare.
Voglia di non arrendermi.
Non capirò mai perchè tutto questo è dovuto finire. Avevamo il nostro piano d'azione, tutto pronto, tutto preparato. Ogni casualità era stata calcolata, d'altra parte è sempre stato quello il mio mestiere.
Avevamo vinto il referendum. E la sera di quella vittoria ci guardavamo negli occhi fieri, anche se sapevamo che ci aspettava un percorso in salita. Il popolo era con noi, giusto? Era dalla nostra parte, e noi dalla parte del popolo. Stavamo per mantenere le nostre promesse da campagna elettorale. Non era un risultato grandioso?
Il giorno dopo mi sono dimesso. Te l'avevo detto, qualche sera prima. Tu mi dicevi che non era necessario. Io ti dicevo che sarebbe stato meglio, era giusto così, era per la causa. E quindi alla fine non mi hai impedito di farlo.
Era il momento di fare quel maledetto accordo. Quando partisti per Bruxelles io passai in aeroporto a salutarti. Tu eri freddo, eri molto teso, ma io ti ho abbracciato comunque, e ti ho sussurrato all'orecchio di avere coraggio.
Solo questo, avere coraggio.
Il resto sono venuto a saperlo dai giornali. Avevi accettato l'accordo, quell'accordo che ostinatamente intendevamo rifiutare, fino alla fine.
Tornasti indietro, ad Atene e non ci sentimmo più. Un pezzo del partito ti aveva abbandonato, e io feci un intervista dove mi dichiaravo in disaccordo con te. Non so neanche se tu l'hai letta, o se tu hai capito ciò che volevo dirti.
Quel giorno ti avrei preso per le spalle, ti avrei scosso forte e gridato in faccia di non farlo. Non era per questo che noi eravamo stati eletti, e tu non dovevi accettare, l'avevamo deciso insieme, non ricordi?
Tu continuavi a giustificarti con il popolo che non c'era una seconda via, ma il popolo non ti stava già credendo più. Chissà come ti sarai sentito in questi giorni, da solo contro tutti.
Forse ora vorresti andartene, vero? Lasciare il posto a qualcun altro, dopo tutta la fatica che abbiamo fatto per vincere.
Però ancora non sai come mi sento io. Ogni volta che sono solo nel letto, ogni volta che ti incrocio in un corridoio, ogni volta che vedo la tua faccia in TV e ogni volta che tengo in mano il cellulare aspettando una tua chiamata.
Mi succede spesso di farlo. Soprattutto in quel giorno dell'accordo, ho aspettato a lungo.
Oh, quel giorno forse ho anche pianto. Non lo so, forse me lo sono già dimenticato. Forse non voglio ricordare quanto ci sono stato male. Ti avevo detto di avere coraggio, e tu non l'hai avuto, proprio per niente.
Sai cos'ho pensato?
Che non ti sei fidato di me.
Perchè è così, vero?
Io ti proponevo le mie soluzioni, e tu sembravi convinto. Ma intanto non ti fidavi, intanto non ci credevi veramente.
Perchè non ti sei fidato di me? Perchè?
Perchè non mi cerchi? Perchè non mi chiami? Cosa diavolo è cambiato tra noi, ora?
Mi manchi, e non sai quanto. Non ho più il coraggio di parlarti, di guardarti negli occhi. Sono solo capace di fare interviste dove riverso tutto il mio odio, che però odio non è. È solo frustrazione la mia. È tristezza. Vorrei solo farti incazzare abbastanza da costringerti a parlarmi, a venire qui e insultarmi. Poi ti ricorderei ogni parola che ci dicevamo prima e dopo aver vinto le elezioni, te le urlerei in faccia una per una.
A quel punto scoppierei a piangere, perchè davanti a me non vedrò più Alex, il mio Alex, ma solo uno.. uno di loro. Tu mi vedresti piangere, e forse ti chiederesti perchè, e allora ricorderai tutto, ogni sera insieme nel letto, ogni pomeriggio passato in un polveroso ufficio, insieme, a darci coraggio.
Ti chiederai cos'è cambiato, così come me lo sono chiesto io.
E forse, pensandoci, scoppieresti anche tu in lacrime. O forse no, non saprei dire se lo faresti. Forse piangere non è da te. Forse non mi amavi veramente, perchè altrimenti ti saresti fidato, e quindi non avrai alcun motivo per piangere.
No... lo so che mi amavi. La tua bocca me lo diceva, il tuo sguardo me lo diceva in ogni momento. Il tuo stesso bisogno di me era un messaggio chiaro e limpido.
Ora ti chiederai perchè ti sto scrivendo questa lettera. Queste poche, insulse parole che forse finiranno chissà dove, forse neanche leggerai, impegnato come sei a leggere altre cose e a stringere accordi con i nostri peggiori nemici.
Non voglio farti cambiare idea, anche se non sono d'accordo con te. Non è per questo che ti sto scrivendo.
Neanche perchè vorrei che tu, in questo momento, corressi da me e suonassi quel maledetto campanello, anche se lo vorrei con tutto il cuore.
Ti sto solo scrivendo perchè ho la brutta sensazione che tu, in questo momento, ti senta solo. Senza nessun sostegno, nessun aiuto, nessuno a fianco.
Non posso rimediare a questo, non posso venire lì, non posso abbracciarti, non posso baciarti come vorrei.
Però posso ancora sussurrarti all'orecchio: coraggio. Pronuncerò queste parole a bassa voce, e so che tu le sentirai, ovunque tu sia. Ti sembra stupido, vero? Ma se domani verrai in Parlamento e ti vedrò più sereno, meno ansioso, meno teso, allora penserò che è stato merito mio, che le mie parole sono servite a qualcosa.
Non avrò bisogno di una risposta. Mi basterà vedere di sfuggita un tuo sorriso, anche solo quello. So che il passato non tornerà indietro e noi continueremo a essere dei perfetti sconosciuti, o peggio, dei cordiali colleghi.
Non importa, perchè verrà, prima o poi, il giorno in cui anche questo smetterà di fare male.


Posso solo ringraziarti, perchè per qualche giorno ho finalmente capito cosa voleva dire essere felice. Quella felicità che ti da la forza di spostare montagne, di rifiutare gli accordi, di tentare l'impossibile, di andare dove nessuno aveva mai osato.

Non sarebbe mai stato possibile, non senza di te.


Ora mi tocca dirti solo addio, caro Alex. E anche ossequi, onorevole presidente.


Si ricordi solo questo, presidente. Lei non è solo, non lo è mai stato, non lo sarà mai.


 

On. Yanis Varoufakis.

   
 
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