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Autore: Miele_e_Cianuro    18/07/2015    2 recensioni
Solipsismi si accommiatano in un ultimo bacio. Mondi ipotetici sorgono e crollano in un istante prima che la voce di Bilbo si imponga sui pensieri del nano. Le labbra di Thorin tremano lievemente.
“Non ho sonno.”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quando Thorin allunga le dita, l’aria fresca della notte è un liquido chiaro di luce lunare. La compagnia dorme ed un dubbio sottile striscia alle sue spalle, mormorando parole dolci all’orecchio della sua mente.

 Potresti…

 Si, potrebbe. Sarebbe facile. Più che facile. Una scelta tanto sbagliata da sembrare quasi giusta. 

E la luna è così bianca, l’aria così fresca che per un attimo potrebbe persino impazzire. La calma immobile della notte, l’impossibile caos di pensieri che vortica nel suo cuore. Sono contrasti di forze nella luce chiara che cala dall’alto, di sassi gettati in un lago la cui superficie non tornerà mai più immobile. 

“Ecco dove eri finito.” 

Bilbo attraversa la sala comune di Beorn, e si appoggia al davanzale della finestra. 

“Non vieni a dormire?” 

Solipsismi si accommiatano in un ultimo bacio. Mondi ipotetici sorgono e crollano in un istante prima che la voce di Bilbo si imponga sui pensieri del nano. Le labbra di Thorin tremano lievemente. 

“Non ho sonno.” 

“Devi averne. Lo abbiamo tutti. È stata una giornata pesante, con quel buffo balletto di Gandalf e tutto il resto. Senti come russa Bifur.”

“E tu perché non dormi?”
Lo sguardo di Thorin è ancora rapito dalla vastità del cielo, dalla profondità di un dubbio. 

“Perché non dormo bene da solo” ammicca lo hobbit.

Il nano scuote la testa, ciocche scomposte scendono sul suo volto. “Verrò a coricarmi fra poco.”
“No, non verrai. La cosa in sé non è un problema.” Bilbo si stiracchia, e avvicina a sé una delle sedie intagliate del salone di Beorn. Estrae la piccola pipa da una tasca del panciotto, ed inizia a caricarla.

 “Il vero problema, al contrario, è cosa trattiene te dal sonno, Thorin Scudodiquercia.” 

Con lui funziona sempre. Chiamarlo per nome risveglia il suo orgoglio. È come soffiare su carboni ardenti. Il nano si volta, posando su quel buffo abitante dell’ovest uno sguardo forse troppo duro.

“Non mi piace quando fai il saccente. Abbiamo già lo stregone, con i suoi bizzarri piani. Ti ho già detto che sono molto geloso dei miei pensieri.” Bilbo scrolla le spalle avvicinando una pagliuzza al fuoco.

“ Ed io sono molto geloso della tua compagnia, quindi siamo pari.” Con due rapidi sbuffi la pipa si accende, e sul volto di Bilbo si disegna un’espressione preoccupata.

“Vedi, potrei pensare che tu ti ritenga offeso dal fatto che Beorn non ci abbia riservato l’accoglienza che senti di meritare, e che abbiamo dovuto impiegare uno stratagemma non certo regale per guadagnarci un tetto sopra la testa ed un pasto caldo. Ma so che c’è dell’altro. Lo leggo nei tuoi silenzi, nella durezza del tuo sguardo. Ci arriverò, Thorin, prima o poi. Quindi ti chiedo: risparmiami la fatica, e permettimi di aiutarti.”

“Che il cielo fulmini gli Hobbit e il loro naso acuto.” “E che contemporaneamente fulmini i nani e le loro teste dure.”

Thorin scrolla la testa, allontanandosi dalla finestra. Va a sedersi sul pavimento, a fianco di Bilbo. Tende la mano, e fra le sue dita compare la pipa accesa.

“Quindi, mentre sediamo qui in attesa che il cielo ci fulmini entrambi, hai qualcosa da dire?”

Thorin inspira dalla pipa, sbuffando fumo dal naso. Bilbo gliela sfila di bocca, riprendendosela.

“Tiri come un mantice. Finirai col farci spuntare sopra una crepa.”
“Se si crepa la colpa è dell’artigiano. Non è una pipa per nani.”

“Certo che no! Scommetto che ad Erebor ne avevate fatte di oro e zaffiri. Ma stai evitando l’argomento.” “Che senso ha tutto questo trambusto?”

Bilbo inarca un sopracciglio. Seduto sulla sedia, gli lancia uno sguardo dall’alto in basso mentre il nano si prende le ginocchia fra le braccia sbuffando. “Non mi aspettavo di sentirtelo dire.”

“Il problema è proprio quello. Loro si aspettano qualcosa da me. Si aspettano che io li guidi in qualche modo alle sale dei nostri padri, e poi che in qualche modo io faccia i conti con il drago. Sono anni che descriviamo nei nostri canti i tesori nascosti in sale buie, e l’indescrivibile ricchezza sopra la quale un verme smisurato consuma sogni morbosi. Loro si aspettano che io restauri un regno, e lo guidi alla gloria. Loro si aspettano che io dia loro un luogo, su questa terra, a cui possono appartenere.” Thorin si interrompe, maledicendo il modo in cui il mezzuomo lo spinge a parlare. Una piccola mano gli scompiglia i capelli.

“Questo è solo metà del pensiero. E si tratta della metà meno importante, e meno dolorosa.”

“Smettila, Bilbo. Non mi va.”

“Lo so che non ti va, ma ci aspetta un viaggio difficile. Abbiamo pericoli davanti, e forse anche qualche brutto ceffo che prova ad inseguirci. Non posso permettere che una nube nera si addensi sulla tua fronte, Thorin. Sei il nostro punto di riferimento, il nostro capitano. Sei capace di cose grandi e meravigliose, che solo tu puoi compiere; ma al tempo stesso sei anche l’unico in grado di fermarti. E sei il nano che amo.”

Thorin scatta, alzandosi in piedi. Sta per alzare la voce, ma Bilbo, con un cenno, gli indica i compagni che stanno dormendo e la figura di Gandalf, avvolta nel mantello in un angolo lontano della sala. La voce del nano è quindi un sussurro astioso.

“Pensi davvero di potermi dare consigli? In un momento come questo dovresti piuttosto lasciarmi riflettere.”

“Al contrario. I dubbi cresceranno nella tua mente, e si metteranno in mezzo nei momenti in cui tu dovrai agire d’impulso, rallentandoti e rendendoti incapace.” Bilbo inspira, sbuffando placidamente un anello di fumo.
“Sai che ho ragione, Thorin.”

Thorin torna a sedersi. Bilbo ascolta il suo silenzio per qualche tempo, senza provocarlo ancora.
“Non me la passo così male. Io dico: al diavolo questa spedizione. Torniamocene ad Ovest, e che il drago si tenga il tesoro.”

Bilbo ammicca, tirando indietro la testa.

“Prego?”

“Non sono sicuro di voler essere Re sotto la Montagna. Forse voglio solo essere con te.

“Le due cose non si escludono.”

“Ne sei sicuro? Pensi che non sarei a quel punto chiamato a dare un erede al mio popolo, sposando una nana di buona famiglia? Pensi che sarei mai libero di disporre del mio tempo, con tutte le decisioni, le responsabilità, le incombenze che verrebbero?”

Bilbo abbassa la testa.

“Lo sapevamo sin dall’inizio, Thorin, sin da quando non ti ho cercato la prima volta. Devi avere fiducia in me. In qualche modo sistemeremo le cose.”

“E perché mai dovremmo sistemarle? Ci basterebbe non romperle, sin da ora.”

Bilbo sospira.

“Ti spiego subito il motivo. Poniamo che adesso piantiamo tutti in asso, con un bel saluto ed un cortese inchino, e ce ne torniamo nella Contea. Ti trasferisci da me, di camere ne ho a sufficienza, e penso che a parte qualche migliaio di pettegolezzi sul nostro conto ce la potremmo passare egregiamente. Dei tuoi nessuno te ne vorrebbe, almeno non a lungo. Si tratta di un’impresa ardua, quasi pazzesca. Passato il malumore iniziale, penso che nessuno della compagnia rifiuterebbe un invito a cena.”
Bilbo si interrompe, sogghignando a quel pensiero.

Thorin annuisce, sollevando un braccio.
“E sia, poniamo quanto hai detto. Non è un buon piano?”

“Lo è nella misura in cui a te va davvero bene. Sei sicuro di voler rinunciare al tesoro di tuo nonno? Sei sicuro di voler abbandonare un titolo che è tuo di diritto, e che il drago ti ha strappato? Puoi smettere di essere grande, senza diventare infelice? Vivresti un’esistenza placida e tranquilla, in un luogo sereno e remoto. Il problema è proprio questo. Vuole Thorin Scudodiquercia aiutarmi a scegliere se nel mio giardino si debbano piantare sambuchi o begonie? Vuole Thorin Scudodiquercia svegliarsi la mattina sapendo che deve comprare miele e pan di spagna dal fornaio di Saccoforino, perché altrimenti rischiamo di non avere abbastanza spuntini per il torneo serale di freccette? Thorin, posso portarti a vivere nel mio mondo, ma saresti davvero a tuo agio a scrivere bigliettini per lo scambio dei mathom? La Contea mi andava stretta. Ora che ho visto Gran Burrone, le Montagne Nebbiose e una buona fetta delle Terre Selvagge per me è abbastanza. Ma per te, che sei già da vivo materia per i canti, è sufficiente? Potrai accontentarti di invecchiare tra i merletti e le partite di canasta, bevendo il thé mentre l’ombra del mulino si allunga in lontananza? Oppure sprecheresti invano il tuo tempo in una terra rustica ed angusta, spegnendo il fuoco che ti arde dentro? Che sarebbe del principe nanico costretto a istruire quella testa di legno del mio giardiniere? Saresti felice, allora, Thorin?”

Il nano rimane in silenzio, socchiudendo gli occhi.

Bilbo scende dalla sedia, appoggiando la pipa sul pavimento. Getta le braccia al collo di Thorin, nascondendo la testa fra i suoi riccioli.

Thorin fa per protestare, ma lo hobbit sussurra nel suo orecchio

“Ti porterei a forza a Bags End, se solo sapessi che tu così saresti felice. Ma sono certo che così non è. Almeno, non lo è ora. Thorin, tu non sei come tutti noi. Hai una specie di luce tutta tua, come quella di una stella. Io voglio vederti brillare, e se per ottenere ciò dovessi seguirti in capo al mondo, o persino nelle fauci di un drago, io dico: Bilbo Baggins, servo vostro.”

Prima di poter pensare a cosa dire, Thorin sta già ricambiando l’abbraccio.

“Ho paura, Bilbo. Ho paura di non essere in grado di portare questa cerca a buon fine. Ho paura di non poter proteggere uno di voi, o di mettere a rischio la tua vita. Ho paura di non essere all’altezza del compito che mi sono scelto.”

Bilbo gli prende il viso fra le mani.

“Hai paura, ma sei anche coraggioso. Vieni a dormire, testone di un nano. Domattina sarai riposato. Avrai dodici nani ed uno stregone al fianco, e nel caso le cose si mettano davvero male potrei persino prendere in considerazione l’idea di intervenire e rimettere tutto a posto.”

Thorin sorride, baciando la fronte dell’hobbit.

“Figlio dell’occidente generoso! La fatica di questo viaggio è compensata dalla tua sola presenza.”

Thorin si getta una pelliccia sulle spalle, facendo cenno a Bilbo di sdraiarsi sul pavimento al suo fianco. Lo hobbit sorride, svuota la pipa nel braciere e lo raggiunge, accoccolandosi accanto a lui.
“Ma cosa ti è saltato in mente, pazzo d’un nano! Farti certe idee, quando non manca poi così tanto alla Montagna Solitaria.”

Sotto la pelliccia, Thorin scrolla le spalle. “ Non so, è stata la malinconia di un momento. Ho fatto un sogno, e quando mi sono svegliato mi sentivo come se fossi stato privato delle mie forze.”

Bilbo lo guarda, sorridendo. I suoi occhi, però, sono attenti e penetranti.


 

“Non dare troppo valore ai sogni, Thorin. Conta solo quello che puoi toccare con le mani.”

“O stringere fra le braccia, nel mio caso.”

I due sono costretti a soffocare le risate, avvolgendosi stretti nella pelliccia.


 

“Ma alla fine, cosa avrai sognato mai?”


 

“Un grande orco albino.”


 

 

 


Due o tre notarelle. Non possiedo i diritti per nessuno dei personaggi, che appartengono ai loro legittimi propretari (almeno fino al sette dicembre 2022, data in cui tenterò una scalata finanziaria alla Tolkien Estate e renderò canon l'inserimento di JoJo in Arda)
 

Questa storia ha una storia strana, ed il bisticcio di parole è intenzionale. C'entrano una scommessa avventata, una strana scelta di parole da parte di Tolkien nei primi capitoli dello Hobbit, alcune long in fase di revisione e un contrabbandiere maltese con la benda sull'occhio.  
Qualcosa di quanto detto sopra è vero, qualcosa è falso: con l'eccezione - si capisce- del contrabbandiere.
Scherzi a parte, quello che volevo ottenere era una scena di fluff fra Thorin e Bilbo, che non fosse fine a sé stessa, inquadrandosi in tutta una serie di discorsi di maggior respiro. Non ho potuto trattenere, alla fine, una piccola goccia di cianuro. Cose che succedono. 
Per me si è trattato soprattutto di uno studio tecnico su due personaggi su cui non mi sento molto preparato. Tecnica, tecnica. Ovvero? Sto continuando a sperimentare quanto iniziato -pur in contesto del tutto diverso- con "Come il canto del caprimulgo", ovvero cercare una formula per ottenere un'introspezione fluida e spontanea. È possibile che altri tentativi ( sia in ambito Thorinduil che in ambito Thilbo) seguano prossimamente, nella speranza di trovare la giusta alchimia per questo genere di narrazioni. Rispetto all'altro testo il punto di vista è più intimo e psicologista, un tipo di impressionismo in tonalità minore. C'è qualcosa dell'Ellis delle parti calme di American Psycho, credo ( il pezzo su Stevie Wonder, wow); poi forse Buzzati, magari Calvino. Dal punto di vista dell'ascendenza qui sono confuso. Sarà il caldo. Credo di essermi meritato, a questo punto, un gelato. Mi saprete dire.

Cuoricini&cianuro,

Miele.

  
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