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Autore: Evee    18/07/2015    1 recensioni
“Sono come un pittore che un dio beffardo ha condannato a dipingere, ahimè! sulle tenebre; dove, cuoco dai funebri appetiti, faccio bollire e mangio il mio cuore”
Parigi, fine del XIX secolo. Mademoiselle Du Maurier fa la conoscenza del misterioso professor Fell, il quale le rivolgerà una proposta alquanto inaspettata...
[ Bedannibal stile “La Bella e la Bestia” || Partecipante al contest “C'era una volta - Seconda Edizione” indetto da SemidareEfp sul forum di EFP ]
Genere: Mistero, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bedelia Du Maurier, Hannibal Lecter
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Les entretiens de la Belle et la Bête


 

Je suis comme un peintre qu'un Dieu moqueur
Condamne à peindre, hélas! sur les ténèbres;
Où, cuisinier aux appétits funèbres
Je fais bouillir et je mange mon coeur”

Les ténèbres ~ Les fleurs du Mal, Charles Beaudlaire

 

I - La Rose

 

Le campane dalla basilica del Sacré Cœur iniziarono ad invadere coi loro rintocchi le viuzze di tutta Montmartre, sollecitando i passanti a rincorrerli per raggiungere le proprie abitazioni. Con altrettanta puntualità, al loro suono andò ad aggiungersi quello delle serrande dei vari negozi disseminati per il quartiere, oramai private delle ragioni per cui restar aperte. Solo dopo, anche i vari artisti ordinariamente disseminati ai quattro angoli della Place du Tertre si risolsero a smuoversi dalle rispettive postazioni, e ad iniziare a raccogliere dalla strada i propri averi.

Con un sospiro rannuvolatosi nell'aere, monsieur Maurice si drizzò da sedere amareggiato. Per un giorno di troppo avrebbe fatto ritorno a casa con solo quadri rimasti invenduti, e nessun franco per riempirne la dispensa.

O almeno così credeva.

-Affascinante, questo dipinto.- commentò alle sue spalle una voce sommessa, densa di sfumature straniere.

L'anziano pittore si voltò in un sussulto, scoprendo a poca distanza da sé l'altera figura di un signore elegantemente ammantato in un oscuro cappotto. Non l'aveva affatto sentito approssimarsi, ma d'altronde il tempo si era ormai portato via con sé impietoso la gran parte del suo udito. E, in un fugace attimo che lo rinfocolò di speranza, s'immaginò di esser finalmente riuscito ad attrarre un facoltoso forestiero con uno dei suoi pittoreschi scorci parigini.

Con suo immenso sbigottimento, invece, lo vide sfilarsi il cilindro dal capo e piegarsi in avanti, indicando con l'elaborato pomello del bastone da passeggio una tela seminascosta, volutamente isolata dalle altre. Dal soggetto modesto e di scarsa attrattiva, non raffigurava che il fusto solitario di una rosa sanguigna, lasciata ad appassire e a sgocciolare i propri petali nella penombra.

-E' per caso interessato al suo acquisto, monsieur?- gli domandò allora, leggermente incerto.

-Forse.- rispose l'uomo, senza neppure distogliere lo sguardo dal dipinto -Saprebbe dirmi chi è il pittore che ne è l'autore?-

-Ebbene, ce l'avete davanti!- gli rivelò Maurice, non senza una punta d'orgoglio -E' di mia creazione, proprio come tutti gli altri quadri che vedete qui esposti. Ma, avendo dimensioni tanto ridotte, gliel'offrirei ovviamente ad un prezzo inferiore...-

Solo allora il suo potenziale acquirente volse il viso verso di lui, le labbra sottili tese in una maniera sferzante, quasi derisoria.

-A dire il vero, gradirei discuterne personalmente con il suo vero autore.-

 

*

 

Quando suo padre rincasò con appresso la lieta novella di aver trovato un compratore per il suo quadro, Bedelia non riuscì a condividerne l'entusiasmo che con un tiepido sorriso.

Quello era l'ultimo dipinto da lei realizzato poco prima che la malattia si portasse via con sé sua madre e, per quanto sofferto, ad esso era legato un ricordo di lei da cui ancora faticava a separarsi. A cederlo ad altri, le sembrava di arrecarle un torto imperdonabile. Come se stesse cercando un espediente per cancellarne dalla memoria la scomparsa, la cui mancanza ancora avrebbe dovuto affliggerla.

Tuttavia, neppure poteva perseverare a lungo, nel vivere all'insegna del passato. Al suo tempo presente, la sempre più stringente economia cui era quotidianamente costretta consigliava di non lasciarsi sfuggire una simile occasione per rimpinguare le casse domestiche. Dal resoconto che suo padre le aveva fatto, il professor Fell sembrava una persona distinta e cortese ma, più di tutto, alquanto benestante. Verosimilmente non sarebbe riuscita ad ottenere da lui che una somma modesta, però più che sufficiente ad acquistare un po' di legna per l'inverno.

Pertanto, il giorno seguente Bedelia indossò il più elegante -nonché unico- dei suoi tailleur, raccolse sottobraccio l'ambito dipinto e s'incamminò alla volta dell'indirizzo che le era stato fornito.

Per sua fortuna, non fu costretta ad un tragitto troppo tortuoso: la residenza del professor Fell era situata poco distante dalla sua. Si trattava solo di risalire Montmartre fino alla sua parte più sopraelevata, dove si stendevano i filari delle vigne e le residenze dei più fortunati, che potevano avvantaggiarsi di uno dei migliori panorami di Parigi.

Aiutata da un paio d'indicazioni, individuò con prontezza la via da lei ricercata e gli ampi, articolati cancelli di ferro battuto che si frapponevano alla sua destinazione. Tuttavia, prima di varcarne l'ingresso si trattenne per alcuni respiri, intimidita dalle dimensioni della dimora che lasciavano intravedere, di parecchio superiori a quanto la sua fantasia si fosse prefigurata.

Quella che le si stagliava innanzi, era un'enorme villa padronale in stile tardo-gotico, sviluppata su due piani ed innalzata dalla coppia di torrioni simmetrici che ne ornavano all'estremità le ali. La sua facciata era imbrunita di mattoni a vista, intervallati dalle vetrate e dall'edera che l'arrampicava selvatica, fino a confondersi con le sommità dei salici ad essa circostanti. Non erano abbastanza per potersi definire un parco, ma il vasto giardino all'inglese antistante la residenza ben ne reggeva il confronto, e contribuiva a collocarla in una dimensione fortemente aristocratica, quasi favolistica. Così estranea alle borghesi architetture cittadine tra cui era inserita, e che lei era avvezza frequentare.

Con la mano libera, Bedelia si rassettò nervosamente l'orlo spiegazzato della giacca, per poi disciplinare dietro all'orecchio una ciocca di capelli, che dell'aria inopportuna le aveva scomposto dallo chignon. Recuperata così tutta la sua sicurezza e la calma occorrente, andò a farsi annunciare.

 

*

 

Le dita che danzavano flessuose sui tasti del pianoforte e la mente trasportata dalle suggestioni, Hannibal neppure s'accorse delle voci nell'atrio del suo maggiordomo e dell'ospite di cui era in attesa, appena ricevuta sulla soglia di casa. E nemmeno la vide, quando questi l'invitò a raggiungerlo nel salone ed ella si unì a lui oltrepassandone le porte, giacché stava tenendo gli occhi socchiusi, per meglio ricordare quelle note che avrebbero altrimenti perso in sentimento, a ricavarle da uno spartito.

Cionondimeno, ne indovinò all'istante la presenza dalla speziata fragranza di cui era profumata, diffusasi ovunque nell'ambiente in agrodolce connubio con la sua melodia.

L'accompagnò in silenzio fino alla conclusione del pezzo, e si trattenne persistente quand'anche lui riaprì le palpebre, per riscontrare quell'immagine della sua proprietaria che già era riuscita a suggerirgli. Ne incontrò dunque subito gli occhi cerulei, intenti ad osservarlo dal divanetto in raso su cui si era graziosamente adagiata, in compagnia di un dipinto intelato ed appoggiato accanto a sé.

Come aveva sospettato ed il suo modesto abbigliamento gli andava confermando, Bedelia Du Maurier era una donna di umili natali, eppur dotata di quell'innata classe che pareva contraddistinguere ogni parigina, a prescindere dal ceto d'appartenenza. L'orlo della gonna aveva l'aria di esser stato da lei rammendato più e più volte, ma l'aveva adattato alla moda del momento, accorciandolo sul davanti a sfoggiare la punta dei rocchetti che calzava ai piedi. E portava i suoi eterei capelli dorati dietro alla nuca, raccolti in maniera impeccabile. In un'acconciatura fors'anche troppo rigorosa, per i suoi anni... Era una giovane avvenente ed ancora in età da marito, ma di una serietà talmente prematura da mortificarne la bellezza con evidenza quasi premeditata. Teneva infatti costretto il suo corpo in un abito scuro, dal taglio severo e che non rendeva affatto onore alle sue forme femminee. Inoltre, la posa dignitosa che aveva eretto quale proprio baluardo, con le spalle ben dritte e le mani impegnate in grembo, ne rendeva a dir poco impenetrabile l'algida espressione.

Delle difese così irriducibili che appena sbatté le ciglia, all'incontro col suo sguardo analitico. Lo sostenne anzi con fierezza, studiandolo di riflesso. Almeno finché lui non decise d'interrompere quell'intangibile contatto, per sollevare le mani dalla delicata tastiera in avorio e riporla nel suo lucido coperchio di faggio.

-Vogliate perdonarmi per l'attesa, mademoiselle Du Maurier.- si scusò nel mentre, per non farle il ripetuto sgarbo di distogliere da lei l'attenzione -Disdegno la scortesia, ma avrei commesso un torto ancora più imperdonabile a Wagner, se avessi lasciato incompiuta la migliore delle sue sonate.-

-Ed io mi sarei resa colpevole di uno sgarbo davvero scortese, ad interromperla.- si sentì rispondere, con una gradevole pacatezza ed un tono privo d'affettazione -Non mi reputo abbastanza esperta per osare giudizi in termini altrettanto assoluti, ma posso comunque dirle che la sua è stata l'esibizione migliore cui mi sia mai capitato di assistere.-

Le labbra di Hannibal si piegarono dal compiacimento, e si levò da sedere per approssimarsi ed accoglierla come l'etichetta conveniva. Lei rispecchiò il gesto, seppur ricambiando il sorriso con palese forzatura.

-La ringrazio per l'onestà nel suo apprezzamento. Essendomi trasferito qui a Parigi solo da pochi mesi, non ho avuto molte occasioni di allietare un pubblico differente dal mio maggiordomo. E la sua indubbia fedeltà lo rende nelle opinioni ben più incline alle lusinghe che alla schiettezza.- le rivelò nel prender posto sulla sua poltrona in pelle, esattamente di fronte a lei.

Mademoiselle Du Maurier rimase rigidamente in piedi finché non si fu seduto, dunque tornò sul divanetto color borgogna ed alla sua precedente posizione statuaria.

-Credo di poterla comprendere appieno, in questo. E' per me un evento altrettanto raro, che qualcuno apprezzi uno dei miei quadri.- gli replicò con prontezza, portando subito il discorso alla ragione del loro incontro.

Hannibal ne rimase sorpreso. Piacevolmente sorpreso. Le varie dame con cui aveva finora avuto modo di colloquiare non si erano mai lasciate sfuggire gli accenni alle sue affascinanti origini straniere, ed avevano sempre colto l'opportunità per prolungare la conversazione con domande civettuole, sprezzanti della sua riservatezza. Si era scordato che mademoiselle Du Maurier non era per nulla avvezza a quelle nobiliari chiacchiere da salotto, e che non aveva affatto accettato il suo invito perché lo reputava un valido partito, ma solo un buon acquirente. Il loro sarebbe stato un colloquio d'affari, non di piacere.

Stava bene.

-L'arte è la mia prima ragione di vita, mademoiselle. Riconoscerla nelle opere altrui, il mio mestiere.- le spiegò, lisciandosi con simulata noncuranza una piega dei pantaloni -E a prescindere dalla mano che ne vada rivendicando il merito con la propria firma.-

Lanciò l'ambigua insinuazione con malizia, una stoccata sufficientemente diretta perché l'acume di lei potesse coglierla ed il suo onore le impedisse di sottrarsi ad essa.

-Non biasimi mio padre per aver cercato di trarvi in inganno, monsieur Fell. Sono stata io, a suggerirgli l'idea.- ammise allora la giovane donna, e senza un'ombra d'imbarazzo -Purtroppo, i più non riescono come lei a valutare la pittura femminile senza troppi pregiudizi.-

Gli occhi di Hannibal si portarono nuovamente nei suoi, luccicando divertiti.

-In tutta sincerità, mademoiselle Du Maurier, ritengo che nell'accostare i vostri quadri con quelli di un banale artista di strada abbiate più da perderci che da guadagnarci.- commentò, astenendosi per pura buona creanza di esternare appieno quanto considerasse dozzinali le opere del padre -Certo, la vostra tecnica è alquanto migliorabile, tuttavia possedete un gusto sorprendentemente avanguardistico... Decadente, persino.-

Le morbide labbra che la donna già teneva strette fremettero, serrandosi in una morsa a dir poco ostile.

-Suona più critica che positiva, come definizione.- osservò caustica.

Si era offesa, comprensibilmente. D'altronde, i cosiddetti intellettuali che amavano dar sfoggio di sé al Salon l'avevano appositamente coniata in accezione dispregiativa.

-Non per me.- la rassicurò Hannibal, scuotendo la testa ed appianando la conversazione su toni nuovamente cordiali -Reputo che il decadentismo sappia esprimere una visione del mondo così estranea al pensiero comune, da risultare ben più autentica di qualunque presunto, ipocrita realismo.-

Questa volta, fu lei a muovere il capo in segno di diniego.

-Mi andate attribuendo doti che che non mi appartengono, monsieur Fell. Dopotutto, non ho fatto che dipingere una natura morta...- tentò di schermirsi.

Hannibal non poté trattenersi dall'inarcare un sopracciglio, con fare scettico ed intimamente beffardo.

-Davvero, si è trattato solo di questo?- le domandò provocatorio -Perché non una rosa appena colta, allora? O un intero vaso di fiori...?-

-Se così avessi fatto, non sarei stata fedele a quanto i miei occhi avevano dinnanzi.- obiettò lei, quasi con ovvietà -Possedevo quell'unica rosa, che già stava appassendo. Fingere di non vederlo, sarebbe stato come ignorare l'impotenza degli uomini allo scorrere del tempo, e l'intrinseca solitudine delle loro vite.-

Hannibal annuì, appagato da quella risposta. Era proprio ciò di cui anche lui era convinto, e che aveva percepito non appena aveva intravisto di sfuggita la sua rosa morente, lasciata ad agonizzare sul ciglio della strada. Un'immagine così visceralmente densa di macabre suggestioni, che ne era rimasto all'istante conquistato. Bisognoso di comprendere le ragioni che avevano indotto un'altra anima ad incupirsi quanto la sua, e fino a che punto quell'apparente somiglianza potesse svelare una ben più intima affinità. Ancora era prematuro giungere ad una simile conclusione, poiché l'esperienza gli aveva insegnato quanto fosse facile sprecare un potenziale latente, se non correttamente disciplinato. Cionondimeno, mademoiselle Du Maurier aveva al momento confermato le sue aspettative, e dunque destato tutto il suo interesse.

-Precisamente. E non potevate raffigurarne la caducità in una maniera più appropriata.- l'elogiò sentitamente.

Dunque si levò nuovamente in piedi, incapace di trattenere la frenesia che l'aveva assalito repentina. La sfogò intrattenendo le proprie gambe in una breve passeggiata, che lo condusse finanzi alle finestre e a scostare il pesante broccato che ne incorniciava i bordi. Ponendosi in una posizione di vantaggio, che gli consentisse di nascondere la propria eccitazione e di curare al contempo il contegno della sua interlocutrice, ben riflesso sulla superficie del vetro.

La donna rimase immota per alcuni istanti, in attesa. Finché l'impazienza non la spinse a parlare, tornando alla questione che più le stava a cuore.

-Dunque, ne devo dedurre che acquisterete il mio dipinto?- gli chiese, diretta e pragmatica.

Hannibal si prese giusto un secondo di ponderazione, prima di risponderle.

-Sì, ma non quello che avete con voi.- le annunciò, volgendosi di nuovo a guardarla -Desidero commissionarvi un ritratto.-

La notizia giunse così inattesa, che neppure col suo freddo autocontrollo mademoiselle Du Maurier riuscì a riceverla senza spalancare gli occhi dallo stupore. Ma lo riguadagnò presto, seppur con un lieve rossore che continuò a turbarne il candido incarnato in prossimità delle gote.

-Se è così, temo proprio di doverla deludere, monsieur Fell.- lo disattese con preclusiva fermezza -Non ne dipingo uno da troppi anni, ormai...-

Stava cercando di sottrarsi alla proposta con una risposta perentoria ed il suo sguardo più risoluto, ciononostante ad Hannibal non sfuggì il tono amareggiato con cui pronunciò quelle ultime parole, rimaste sospese dal rammarico. Non doveva che far leva su quello, per convincerla come inconsciamente anche lei gli stava chiedendo di fare.

-Quale miglior pretesto per ricominciare, allora...- affermò, sfoggiando un sorriso tentatore -Le assicuro che per me non rappresenta affatto l'inconveniente che pensa. Anzi, sono proprio curioso di scoprire ciò che riuscirà a vedere in me, madamoiselle Du Maurier.-

 


N/A - H^o^la!
Complice il connubio tra l'hype che mi era salito guardando i primi trailer della terza stagione e la fiaba che mi è stata assegnata al contest cui partecipo, ho deciso di fare la mia prima apparizione nel fandom con una storia. Tra l'altro, è anche la mia prima AU. Ed è pure una long. Credo che la motivazione dietro ad una simile scelta si possa riassumere in una sola parola... Masochismo. *ride per non piangere*

Vabbeh, bando alle ciance e veniamo al merito della storia. Innanzitutto, il perché del contesto è piuttosto semplice: la fiaba della Bella e la Bestia è stata scritta da madame Barbot de Villeneuve, ed il cognome della cara Bedelia ben si prestava ad un'ambientazione francese. Secondo, a Montmartre ci sono stata personalmente e la fine dell'800 era il clima culturale ideale in cui inserire il buon Hannibal. Per lui, invece, ho preferito lo pseudonimo fiorentino che meglio si adattava ai suoi interessi in campo artistico.
Per il resto, per la trama ho voluto prender spunto da vicende, topoi e dialoghi della versione Disney della fiaba e delle prime due stagioni delle serie. Sono troppi per perdermi in elenchi superflui, dunque lascio a voi tutto il divertimento di individuarli.
Da ultimo, preciso solo che il brano suonato da Hannibal è la sonata per pianoforte in A flat, WWV 85 di Richard Wagner, compositore piuttosto influenzato dalla corrente del decadentismo. Se avete la curiosità, potete ascoltarla qui.
Chiudo ringraziandovi tantissimissimo per la lettura, e dandovi appuntamento al prossimo aggiornamento. Se per ingannare l'attesa avrete pure il cuore di lasciarmi le vostre prime impressioni, renderete quest'umile scribacchina una fanwriter felice.
XOXO

Evee

   
 
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