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Autore: darkrin    18/07/2015    1 recensioni
1. Quando l’Olimpo cade e gli dei si spengono come stelle e il mondo finisce, Jason muore – o forse l’Olimpo cade, il mondo finisce, gli dei si spengono come stelle perché Jason muore.
Una mattina, Piper scopre di non essere l'unica ad essere sopravvissuta.
2. Piper è contenta e tira un sospiro di sollievo, quando Eracle se ne va, sbattendo la porta e imprecando e insultando suo padre e tutti i figli di troia che ha sparso per il mondo. [...] Ora sarà tutto diverso, non ci sarà più nessuno a fermarla per le scale e a farla indietreggiare fino a sbattere contro il muro.
3. Eracle l’aveva avvicinata perché era bellissima e perché Jason – Jason, il ragazzo perfetto, il figlio ideale; Jason che era disposto a fare qualsiasi cosa per Hera - era pazzo di lei e assolutamente incapace di dimostrarlo e questo la rendeva ancor più attraente, ai suoi occhi. (Eracle/Piper/Jason)
(Eracle/Piper | angst!fest | Ex: Regret is deeper than the sea / But love is longer than the way, ora una raccolta discontinua. Titolo tratto da un verso di Neruda | Il secondo capitolo partecipa alla #PjShipWeekItalia indetta dalla community campmezzosangue)
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Gli Dèi, Piper McLean
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: - il titolo è composto da due versi di: "Riddles Wisely Expounded (Child Ballad #1)", che io ho ascoltato cantata da Anaïs Mitchell & Jefferson Hamer; 
- ho iniziato questa storia subito dopo aver letto dell'incontro con Eracle nel Marchio di Atena, perché mi piaceva l'idea di scrivere qualcosa su Eracle e Piper, ma non riuscivo ad immaginarli insieme in un mondo in cui Jason fosse ancora vivo, quindi, ecco. Era un bel po' che non scrivevo angst e spero di essere riuscita e spero di esserci riuscita. /o/
- al solito i tempi sono un po' intrecciati, se avete problemi a seguire o bisogno di chiarimenti, sono qui. :3
- la traduzione della frase che le rivolge Eracle è probabilmente non quella della traduzione italiana perché ho letti i libri in inglese e tradotto da lì. /o/




Regret is deeper than the sea / But love is longer than the way
 
 
 
Quando l’Olimpo cade e gli dei si spengono come stelle e il mondo finisce, Jason muore – o forse l’Olimpo cade, il mondo finisce, gli dei si spengono come stelle perché Jason muore. Jason muore come un pretore romano: si sacrifica e cade per proteggere una coorte di semidei di Nuova Roma, che non hanno mai smesso di essere i suoi uomini, e Piper grida e vorrebbe morire, vorrebbe gettarsi sul suo corpo e sul sangue che zampilla dalle ferite aperte, e impedire ai mostri usciti dal Tartaro di toccarlo ancora, ma Gea ha altri piani per lei. Ha altre punizioni in serbo per la figlia di Afrodite che ha osato sfidarla, che ha osato fingersi una dei sette, nonostante non sapesse combattere come Percy o non fosse intelligente come Annabeth o capace come Leo o Frank.
Piper è solo una frode e, come una frode – come qualcosa troppo debole per essere fonte di timore -, Gea la lascia sopravvivere in quel mondo privo di dei che crea dalle ceneri di quello che i suoi figli distruggono.
 
 
 
 
 
 
- Stai pensando di nuovo a lui. –
 
 
 
Non è l’unica a sopravvivere.
Un giorno Eracle si presenta alla sua porta e Piper non sa come l’abbia trovata né le interessa; non si ferma a pensare a cosa voglia dire, a quale altro piano abbia in mente Gea, si limita a sbattergli la porta sul naso e sperare di fargli male – come le sue parole, scagliatele addosso come profezie, l’hanno ferita, quando gliele ha rivolte alle porte del Mare Nostrum, come Jason, come il mondo, bruciando, l’ha ferita
Gli sbatte la porta sul naso e spera che sia finita, ma non lo è. Ogni mattina, quando apre gli occhi su quel mondo vuoto e desertico che si staglia oltre il suo uscio, Eracle è lì, saldo come un’ultima statua di un qualche eroe dimenticato.
Non ne sono rimaste altre, di statue, ad Atene o nel mondo. Le effigi degli dei e degli eroi sono state le prime cose ad ardere dopo la caduta dell’Olimpo. Piper ,dalla gabbia in cui Gea l’aveva rinchiusa, ha visto creature mostruose dilaniare con denti, aculei ed artigli quegli ultimi resti bianchi dell’antica civiltà greca, li ha visti smembrarle e sfigurarle fino a non lasciarne neanche le ossa.
Eracle rimane lì, sulla soglia. A volte le parla, più spesso rimane in silenzio a farle ricordare le parole che le aveva scagliato secoli prima – Fai, attenzione, tesoro. Un figlio di Zeus può essere… -; a volte la guarda con una tale fame che Piper sente dei brividi scorrerle lungo la schiena mentre gli occhi del dio percorrono ogni centimetro della sua carne e sembrano in grado di scivolare oltre la cute, fin dentro quell’anima carica di risentimento che le riempie le ossa; più spesso rimangono a fissarsi negli occhi, a scrutarsi come cani rabbiosi, separati solo dal fragile vetro della finestra.
Gea le ha dato una casa, le ha dato un pezzo di terra, in cui vivere; l’ha privata della necessità di mangiare o bere e la ha donato un limbo in cui ricordare come Leo sia morto divorato dal fuoco, come Percy sia annegato, come nelle immagini che aveva visto nella lama di Katoptris – ed era stato inutile vedere, inutile sapere, inutile come lei -; come Annabeth sia caduta preda delle infinite zampe del suo peggiore incubo e come Hazel sia stata uccisa dalle armi del suo stesso padre, come Frank ne sia impazzito e sia volato tra le picche dei loro nemici. Le dona un limbo protetto in cui ricordare come lei non abbia potuto fare niente per salvarli o per fermarla.
Quando Eracle giunge alla sua soglia, Piper pensa che sia parte dell’ennesimo piano di Gea per punirla e distruggerla perché nessuno può raggiungere quel luogo senza il permesso dell’antica dea. Ma la presenza dell’uomo la fa arrabbiare tanto da farle dimenticare il sangue di Jason, di come ogni mattina si lavi le mani fino a quando la cute non diventa rossa e dolente per cercare di cancellare tutto quel sangue che zampillava, tutto quel sangue che le imbrattava le dita e le urla e il clangore della battaglia e le statue arse insieme agli stendardi di Roma, e Piper è quasi certa che questo non fosse nei piani della donna. È quasi certa che sia una benedizione.
 
 
 
Piper scuote piano il capo e mugola qualcosa, quando le dita dell’uomo scivolano a premerle delicatamente un punto tra gli occhi. A volte, quando si toccano, Piper sente la cute bruciare come se vi avessero versato sopra del veleno, ma quella mattina le mani dell’uomo non risvegliano alcun dolore mentre le scivolano addosso.
- Ti viene sempre una ruga qui, quando pensi a lui – mormora Eracle, contro la pelle della sua spalle, prima di depositarvi un bacio, e Piper vorrebbe rispondere che è alle sue spalle e non può vederla e come fa a sapere che le è venuta una ruga?, ma Eracle continua ad depositare morsi leggeri lungo la sua schiena e Piper non vuole pensare, non vuole iniziare l’ennesima discussione che finirà con metà della sua casa distrutta e quello stesso dio che si spinge tra le sue cosce, ringhiando rabbiosi insulti alla memoria di Jason.
Si gira verso Eracle, lasciando che il sottile lenzuolo scivoli, scoprendole il seno candido e lasciandolo preda dello sguardo e delle labbra dell’uomo.
Quando Eracle affonda dentro di lei, Piper gli tira i capelli e per un attimo immagina di fargli lo scalpo, come in quel film che, secoli prima, aveva visto con suo padre (una Piper bambina aveva nascosto il volto tra le mani ed esalato un gemito solo alla vista del dolore di quegli uomini e Tristan aveva riso piano e l’aveva stretta a sé. – Va tutto bene, Pipes. È solo un film – aveva mormorato contro la corona dei suoi capelli); immagina di avere un coltello per tagliarli la gola. Da come, il dio, pianta i denti nella sua gola, soffocando un grugnito gutturale, immagina che per lui sia lo stesso.
Quando affonda dentro di lei, Piper dimentica.
 
 
 
Forse, spera aprendo la porta e allungando un piede oltre la soglia, forse se tutto quello che tocco muore, se tutto quello che ama muore, forse troveremo la pace.
- Perché non entri? – gli chiede una mattina, con le mani ancora rosse e doloranti per tutta l’acqua che non è riuscita a lavarne via il sangue. – Ti sarai stancato di stare sempre qui fuori. -
   
 
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