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Autore: Inathia Len    18/07/2015    4 recensioni
Avevano troppo e gli dei hanno tolto loro tutto. Perché gli dei sono ingrati, perché gli dei sono invidiosi...
Sirius Black e Remus Lupin, due nomi, un'unica storia. D'amore e di salvezza, di dolore e di perdita.
Dagli anni della scuola, la conoscenza e gli scherzi, fino alla fine di tutto, fino a un lampo di luce verde, messaggero degli dei ed esecutore. E poi il ritrovarsi, perché chi si ama non ci lascia mai veramente, lo si può sempre ritrovare...
Genere: Angst, Comico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora, Remus/Sirius
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Classe 1960'
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1996


 

 

No place in Heaven  for someone like me






 

Li aveva mandati via tutti.

Via.

Via.

Non voleva nessuno.

Anche Tonks...

… soprattutto Tonks.

Tonks con i suoi occhi pieni di lacrime. Occhi grigi. L'ultimo sguardo che Remus voleva sentire su di sé al momento.

Tonks a pezzi, senza nemmeno la forza di cambiare il colore dei propri capelli, che ora erano neri e lunghi. L'ultimo colore che Remus voleva vedere.

Via.

Andassero tutti via e lo lasciassero in pace.

Via.

Via anche Tonks.

Lei che ora è la copia di Sirius.

Di un Sirius che non vivrà mai più.

 

***

 

Remus lo sapeva che non era così che si comportavano gli adulti. Una parte razionale di sé l'aveva mantenuta e continuava a sussurrargli che era patetico, che non poteva vivere così.

Ma ignorava quella parte di sé, la chiudeva da qualche parte nella sua mente e la cosa sembrava funzionare.

C'erano riunioni a cui avrebbe dovuto partecipare, c'erano cose anche legali da discutere, c'era una guerra che continuava, là fuori... ma Remus ora non aveva alcuna intenzione di dare ascolto a nessuno. Per quanto gli riguardava potevano andare tutti a morire ammazzati, e anche in maniera dolorosa. Loro con quegli sguardi bassi e pieni di niente, loro con quelle parole di circostanza che non dovevano nemmeno permettersi di rivolgergli.

Cosa ne sapevano loro, eh?

Cosa diavolo ne sapevano loro di quello che stava passando?

E così lo avevano lasciato in pace, alla fine. Non sapeva da chi fosse partita l'iniziativa, non sapeva a chi fosse finalmente venuta la brillante idea di assecondare il pazzo che era diventato, ma sicuramente gli doveva una birra.

 

***

 

I giorni passavano lenti...

I giorni passavano?

Remus non ne era poi così sicuro.

Remus non era più sicuro di niente. A mala pena era sicuro di dove si trovava al momento: la vecchia stanza di lui, l'unica cosa che gli aveva mostrato con orgoglio quando si era ritrasferito lì a Grimmauld Place, fiero dei suoi Incantesimi di Adesione Permanente, fiero degli stendardi oro-rossi che penzolavano dal letto fino alle pareti, fiero delle loro foto appese in giro. Foto dalle quali Peter era stato accuratamente rimosso. Tranne che in una. Non sapeva perché lì lo avesse lasciato, non glielo aveva mai chiesto.

E ora era tardi per qualsiasi domanda.

Come al solito, Remus era arrivato troppo lungo sui tempi.

 

***

 

Gli portava da mangiare Kreacher, annunciando il suo arrivo con il suo trascinio di piedi e borbottio, poi c'era il piccolo tonfo sul pavimento e Remus sapeva che la cena o il pranzo o la colazione erano serviti. Solo così sapeva che il tempo passava. Perché i pasti ruotavano. Per il resto, la sua vita era una notte perenne, ma priva di sogni. Neanche incubi. Sembrava che la sua punizione eterna fosse quella: neanche in sogno poteva rivederlo, nemmeno nei suoi ricordi.

Non c'era più.

Se n'era andato.

E se all'inizio, all'Ufficio Misteri, era dovuto essere forte per Harry, ora che il ragazzo era tornato a Hogwarts e poi dagli zii, poteva lasciarsi andare.

Letteralmente.

Si sentiva un rifiuto umano, con addosso la stessa camicia e lo stesso paio di pantaloni del mese prima. La barba era lunga, i capelli arruffati... Non aveva lasciato quella stanza se non per farsi rinchiudere in cantina durante la luna piena, da Kreacher, che chissà perché obbediva ai suoi ordini.

Non vedeva nessun altro da tempo, ma alla tanto agognata pazzia non era ancora arrivato.

Nessuna visione.

Nessuna strana apparizione.

Niente di niente.

 

***

 

Si era sorpreso, a volte, a fissare come senza vederla, una delle foto che lui aveva appeso.

Lui.

Perché anche solo pensarlo, quel nome, gli toglieva il fiato.

In quella foto c'era il sole, mentre ora Remus era piuttosto sicuro che là fuori stesse piovendo.

Come se a Londra avesse mai fatto qualcosa di diverso, il cielo...

C'era il sole ed erano all'aperto. E c'erano dei visi famigliari che sembravano sfotterlo tanto sorridevano. James che sorrideva.

Peter che sorrideva.

Lui che sorrideva.

Persino Remus stesso sorrideva.

-E guarda il tempo cosa ci ha fatto- mormorò a nessuno in particolare, articolando le prime parole dopo troppo tempo.

 

***

 

Aveva fatto un sogno agitato. Non sapeva cosa, non ricordava più i sogni da tanto tempo... però sapeva di aver sognato qualcosa.

Sperò non fosse qualcuno.

Si tirò piano a sedere sul letto, ingarbugliandosi ancora di più nelle coperte, rendendosi conto solo in quel momento di quanto fosse fradicio di sudore.

Okay. Forse aveva sognato lui.

Stava per ributtarsi tra le lenzuola, quando sentì bussare alla porta.

Per un attimo pensò di essersi sbagliato, nessuno bussava. Anzi, era anche piuttosto certo che nessuno sapesse che era lì. Anche se, oggettivamente, sarebbe stato il posto più logico dove andarlo a cercare.

Ma chi poteva aver bussato?

Non era così sicuro di voler sapere la risposta. Kreacher non bussava, chiunque altro sarebbe stato una rogna.

L'unico che voleva vedere non sarebbe più tornato.

Quindi fece quello che gli veniva quello, quello per cui si era impratichito nelle ultime settimane: si girò dall'altra parte e ignorò il tutto.

Ma il bussare non ignorò lui.

-Chi accidenti è?- gracchiò alla fine e quando la porta si socchiuse ebbe un tuffo al cuore.

Occhi grigi.

Lunghi capelli neri.

-Scusa, Remus, sono io...-

No.

La voce non era quella giusta.

E neanche la statura e un mucchio di altre cose, e così il suo cuore tornò alla velocità normale.

-Vattene- bofonchiò, riconoscendo Tonks nella figura sulla soglia. Era lei e al tempo stesso non lo era, questo poteva vederlo persino lui: i vestiti neri e sobri, l'aspetto fisico ordinario... Ma, d'altra parte, nessuno era stato più se stesso da quella notte al Ministero.

-No- si intestardì lei, entrando e chiudendo la porta dietro di sé. -Dobbiamo parlare.-

-Non credo proprio- la contraddisse Remus, girandosi su un fianco e dandole le spalle, tanto per chiarire ulteriormente il suo pensiero.

-Remus- lo chiamò di nuovo Tonks, sospirando. -Remus, manchi a tutti quanti. Manchi a me- aggiunse in un soffio. -Possiamo provare a cercare una soluzione?-

-Uh, non sapevo sapessi riportare in vita i morti. Questo cambia tutto. Sono tutto orecchie- replicò sarcastico lui, cercando di alzarsi di scatto, ma finendo solo per rovinare per terra, arrotolato nelle coperte.

Tonks assottigliò lo sguardo ma non si mosse per aiutarlo. Remus le lanciò un'occhiata furibondo e poi si districò dalle lenzuola e le lanciò appallottolate sul letto.

-Vattene, Ninfadora.-

-Non chiamarmi Ninfadora!-

-E tu esci dalla mia stanza!-

-Non è la tua stanza, è di Sirius!-

-Ma davvero? Beh, nel caso in cui non te ne fossi accorta, Sirius è morto!-

Erano a un centimetro di distanza l'una dall'altro, i nasi quasi che si sfioravano, gli occhi che lanciavano lampi, le gole secche per le urla, i petti che ansimavano.

-Grazie per la notizia, idiota- sussurrò lei, gli occhi che si riempivano di lacrime. Erano arrossati, lucidi, non dovevano aver fatto molto altro negli ultimi tempi.

-Ora te ne vai- disse Remus, ma questa volta suonava più come una supplica.

Tonks scosse comunque la testa.

-È un mese che te ne stai rinchiuso qui, anche più- disse, tirando su col naso e asciugandosi le lacrime con una manica della felpa nera che indossava. -Basta.-

-Tu non capisci...- mormorò Remus, l'aria combattiva scomparsa, la voce rotta.

Si allontanò piano da Tonks e si sedette sul letto. Lei non aspettò l'invito e lo seguì, senza staccargli gli occhi di dosso. Erano ancora pieni di lacrime, qualcuna le rigava le guance, ma sembrava disposta ad ascoltarlo.

-Perché non me lo spieghi allora, eh? Perché io non sto capendo più nulla. Perché la sua... la sua... quello che è successo fa male anche a me. E tanto. E mi sento sola con questo male, mentre potremmo essere in due... siamo le due persone che lo conoscevano meglio, alla fine, le due persone a cui era più vicino...-

Ogni volta che Tonks si riferiva a lui parlando al passato, per Remus era come una stilettata, come un pugno nello stomaco. Era la realtà dei fatti, okay, ma non la poteva accettare.

-Tu non capisci- disse di nuovo, interrompendo il balbettio di Tonks. -E non è così facile spiegarlo. Mi manca, Tonks. E mi sento in colpa... io...-

-Ma non è colpa tua!- esclamò lei, fraintendendo il pensiero di Remus. -Sarebbe potuto succedere a chiunque e...-

-Non dico quello. Senti, è... complicato. Molto. E non so se ne voglio parlare ora, okay?-

Tonks sospirò, ma non disse nulla. Si alzò dal letto e si diresse verso la porta. Quando fu sulla soglia, si voltò verso di lui ancora un'ultima volta.

-Io ti amo, Remus, e tu lo sai. E so che ora non è di me in quel senso, ciò di cui hai bisogno. Lo so. Però io ci sono. Continuo a esserci. E quando avrai più chiaro il perché te ne stai rintanato qui e avrai bisogno di qualcuno con cui parlare, vieni da me. Io ci sono.-

 

***

 

Pioveva.

Ovvio che a Londra piovesse.

Ovvio che a Londra piovesse proprio il giorno cui Remus era riuscito a rimettere piede fuori di casa.

L'indirizzo lo ricordava vagamente, così aveva deciso di raggiungerlo alla babbana, per evitare di Spaccarsi. Nella Tube si stava tutti appiccicati, umidi e bagnati, ma Remus era come in trance. Non era ancora convinto che tutto quello stesse davvero succedendo a lui.

Uscì seguendo il flusso di gente, si confuse tra la folla e non si preoccupò nemmeno di aprire l'ombrello o di tirare su il cappuccio del vecchio cappotto. Qualche sporgenza e qualche balcone qua e là erano sufficienti per ripararlo.

La porta era come la ricordava, però, per quello trovò la casa. Per la porta blu dal batacchio rosso fuoco. Tonks aveva passato un turno intero di guardia a raccontargli quanto l'avesse fatta penare il trovare la vernice giusta, dato che non si intendeva per niente dei supermercati babbani...

Bussò piano, abbastanza incerto.

Tonks, mesi prima, gli aveva detto di andarle a parlare, se lo voleva, ma Remus non ne aveva avuto il coraggio. Non fino a quel momento. Non fino a quella giornata di metà marzo.

-Chi è?-

-Remus Lupin.-

La porta si aprì piano, sulla soglia c'era lei: capelli grigio topo e corti, tenuti in dietro da una fascia slabbrata, occhi sospettosi ma sempre grigi, tuta larga e dal colore indefinito. Remus si era informato presso Moody prima di presentarsi così all'improvviso, sapeva che lei era di guardia a Hogwarts.

-Posso entrare?- chiese, quando vide che Tonks non aveva mosso un muscolo da quando lui aveva detto il suo nome.

Lo condusse lungo un breve corridoio fino a un salotto disordinato. Lo fece sedere su un divano di pelle gialla, di fianco a una poltrona di tessuto verde e gli fece lasciare la giacca ad asciugare su un termosifone dipinto di rosa. Tutto in quella stanza gridava colore e vita, tranne i due abitanti.

Dopo che ebbe fatto del tè, Tonks si sedette a gambe incrociato per terra e piantò gli occhi su Remus, senza però invitarlo a parlare.

-Sono stato uno stupido...- cominciò allora a un certo punto, tra il primo e il secondo lampo.

-Sì- lo gelò lei. La pazienza di agosto se n'era andata, insieme alla gentilezza, e Remus sapeva che era colpa sua. Lei gli aveva scritto, lei gli aveva fatto capire che ci sarebbe sempre stata... lui non aveva risposto alle lettere ed era semplicemente scomparso.

-Scusa- disse allora, perché non c'era davvero altro da dire. Aveva passato così tanto a domandarsi se amasse o meno Tonks, che alla fine l'aveva persa anche come amica.

Lei poggiò violentemente la tazzina sul pavimento e incrociò le braccia.

-Spero per te che ci sia altro- lo provocò.

Era cambiata, era diventata più dura e Remus sapeva di essere parzialmente (se non totalmente) responsabile di quel cambiamento.

-A essere sinceri, sì. C'è molto altro. C'è una lunga storia da raccontare- ammise Remus alla fine, il groppo in gola che tornava prepotente come mesi e mesi prima. Come sarebbe stato sempre.

Tonks inarcò un sopracciglio come per indicargli di continuare. Forse era curiosa, forse lo stava ancora studiando. In ogni caso, non lo aveva ancora cacciato.

-Comincia più di venticinque anni fa e non è ancora finita, Dora- disse Remus e lei sussultò nel sentirgli usare quel nomignolo. La chiamava così quando erano soli loro due... l'aveva chiamata così prima di baciarla prima di spezzarle il cuore. -È una storia d'amore che nessuna delle persone che vivono ora conoscono, nessuna. È un segreto che custodiscono i morti e che custodisco anche io. È la mia storia, Dora, era il segreto mio e di Sirius. Vuoi sentirla?-

 

 

Alla fine del racconto, Remus piangeva. Per la prima volta in quasi un anno piangeva.

Tonks, che nel frattempo si era spostata accanto a lui sul divano, piangeva a propria volta, grosse lacrime che rotolavano lungo le guance pallide e smagrite.

-E così ora sai tutto- mormorò Remus, accettando il fazzoletto per soffiarsi il naso. -Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo prima... ma non era facile.-

Lei annuì.

-Almeno ora tutto ha un senso. Tutto. Be', quasi. Ma una buona parte sì- disse, incartandosi nelle sue stesse parole. -Non avrei mai immaginato...-

-Fu una sorpresa anche per me, all'epoca. Ma poi fu facile abbandonarsi al tutto. Lo hai conosciuto, anche se per poco, e sai che persona era. Un ciclone che trascinava tutti con sé.-

Più il tempo passava, più era facile parlare di Sirius al passato. E anche pensare al suo nome.

Ora Remus non abitava più a Grimmauld Place, che era di Harry adesso, e aveva smesso di pensare che ogni rumore potesse preannunciare l'arrivo di Sirius nella stanza. Era stato un lungo processo, allontanarsi da Londra e andare di nuovo in missione come infiltrato tra i lupi mannari aveva aiutato, e alla fine era sopravvissuto, anche se credeva che non ci sarebbe mai riuscito.

Tonks poggiò la testa sulla spalla di Remus, continuando a piangere. Lui le circondò le spalle con un braccio e le posò un leggero bacio sulla testa. In quel punto, i capelli per un attimo tornarono il rosa cicca che lo avevano fatto innamorare di lei. Ma fu un attimo.

-Ti ha amato per tutto questo tempo, vero? E tu hai amato lui. Ecco perché non potevi stare con me...-

-Sirius mi ha amato. Nello strano modo che aveva di farlo, soprattutto negli ultimi tempi, ma mi ha amato. Su questo non ho mai avuto dei dubbi- annuì Remus. -Io... io non sono così perfetto e così fedele. E sì, Sirius e le nostre situazioni irrisolte hanno influito sul nostro rapporto, ma... ma non c'è solo quello, Dora. Non possiamo stare insieme- disse alla fine.

Tonks si spostò di scatto, quasi Remus scottasse.

-E questa assurdità da dove ti è uscita? Ora so anche la verità, so tutto quanto...-

-Dora, io...-

-È Tonks- lo corresse lei, improvvisamente fredda. -Comunque vai, avanti. Sentiamo anche questa. Ancora quella cosa che sei un lupo mannaro e baggianate varie?-

Remus scrollò le spalle.

-Non sono baggianate. E poi sono troppo vecchio per te. E... e soprattutto adesso non ce la faccio. Non ancora.-

Lo sguardo di lei si addolcì, ma non disse nulla.

-Io mi sento in colpa, te l'ho detto, in colpa perché alla fine stavo scegliendo te e non lui. E ora Sirius è morto e io... io non ce la faccio. Ogni volta anche solo che penso a una vita con te, penso a quella che non ho mai avuto con lui, penso a quella merda che è la guerra, a tutto quello che ci ha portato via! Penso a cosa sarebbe successo se solo Peter non avesse mai tradito James e Lily, penso a cosa sarebbe successo se Sirius non fosse mai andato ad Azkaban...-

-Tu pensi troppo- sentenziò Tonks, mentre Remus si prendeva la testa tra le mani e toccava a lei cingergli le spalle con un braccio.

-Lo so- ammise lui, l'ombra di un sorriso che spuntava tra le lacrime.

-Non puoi andare avanti così. Con tutti questi “se” e tutti questi “forse”. Non voglio essere crudele, ma questa è la realtà. E sono certa che se Sirius fosse qui ti direbbe esattamente le stesse cose. Che tocca a noi che siamo rimasti andare avanti, con quello che abbiamo. Capisco quello che dici, ma la vita è fatta di variabili. Altrimenti non sarebbe la vita, no?-

-Quand'è che sei diventata così saggia?- riuscì a prenderla in giro Remus.

-Mi prometti almeno che ci penserai?-

Remus annuì e allargò le braccia, stringendo Tonks a sé. Non si era reso conto di quanto le fosse mancata, di quanto gli fosse mancato abbracciarla o anche solo stare con lei. C'era stato un tempo in cui Sirius era stato tutto quello a cui riusciva a pensare, prima perché ne era innamorato, poi a causa del senso di colpa. Quando si erano ritrovati, erano rimasti in una specie di limbo sospeso per due anni. Forse le cose sarebbero state diverse, forse se avessero avuto più tempo e Tonks non fosse entrata nella loro vita... ma la ragazza aveva ragione, non è con i “forse” che si vive.

E lui voleva finalmente vivere, vivere davvero.

-Ci penserò- sussurrò.














Inathia's nook: 

Ed eccomi qua con il penultimo capitolo. Questa volta sono abbastanza soddisfatta. Per quanto la prima parte mi abbia distrutta psicologicamente. Sirius, Remus e i Malandrini in generale sono tra i personaggi che reputo più interessanti e belli di tutto l'universo creato dalla Rowling, per svariati motivi: il periodo "storico" in cui hanno vissuto tutti insieme (gli anni '70 e parte degli '80) mi affascina in mille modi (moda, avvenimenti storici, musica, atmosfera in generale...), poi c'è l'evoluzione che hanno attraversato (da ragazzi a soldati) e infine il terribile finale. E con questa storia (per quanto zoomando sul rapporto tra Sirius e Remus) ho rivissuto tutto quanto per l'ennesima volta (è la terza long che scrivo su di loro...). E arrivare a questo punto, con Remus che per l'ennesima volta tenta di costruire qualcosa che la guerra gli porta via... scusate, ma il groppo in gola è d'ordine. 
Passando al capitolo, diciamo che è ambientato tra il 96 e il 97, e troviamo Remus alle prese con i suoi sensi di colpa (che vengono spiegati alla fine) e con la confessione spinosa da fare a Tonks. E infine la Remadora finale, ambientata pochi mesi prima della morte di Silente, quando finalmente si mettono insieme. 
In realtà non ho tanto da dire in generale, se non che anche questo capitolo è stato un parto, più che altro per l'argomento. Sono sempre stata legata a Sirius come personaggio, sin da quando ero bambina e ancora non capivo tutta la dietrologia di questo personaggio, Remus è anche lui in cima ai preferiti... insomma, scrivere di loro così... non è stato bello, ecco. 
Ma tagliamo corto che queste sono le note autrice, non il mio incontro settimanale con lo psicologo XD
Per quanto riguarda il prossimo aggiornamento, forse sarà il 24, forse il 26. Alla brutta il 27. Parto, vado al mare e non sono sicura che in albergo il wi fi funzioni bene... Ah, sì. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, così vi liberate di me ;)
Un baciozzo,

I.L.

 
  
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