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Autore: Artemisia_Amore    18/07/2015    3 recensioni
La trama di questa storia si svolge su due piani temporali.
{I fili del presente si intrecciano continuamente con il passato dove è ambientata la maggior parte della narrazione.}
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Break riapre gli occhi dopo una sanguinosa battaglia. Ha da tempo perso l’uso della vista, e il suo cuore stanco vortica inesorabilmente intorno a quel ricordo che lo ha a lungo perseguitato. Nel frattempo, Reim ripercorre i passi che lo hanno portato alla scoperta di un sentimento inconfessabile, mentre Sharon rivive il giorno in cui cessò per sempre di essere una bambina.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Reim Lunettes, Sharon Ransworth, Xerxes Break
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’albero dei ricordi
 


Quel periodo dell’anno, per la famiglia Rainsworth, era sinonimo di centinaia di lettere e inviti a feste e importanti cerimonie tenute da nomi minori in cerca di visibilità. Non succedeva di rado infatti che le piccole signore della media nobiltà si cullassero nel vano desiderio di avere loro ospite la sempre giovane e deliziosa miss Rainsworth, quando ormai avevano perso le speranze di veder partecipare l’austera e saggia Lady Rainsworth.
 
“… La marchesa di  Bluelake è onorata di invitarVi alla festa da ballo che si terrà in onore del quindicesimo compleanno della marchesina presso la residenza estiva del” Sospiro mantenendo lo sguardo fisso di fronte a me, e rimetto l’invito in mezzo alle altre decine aperte solo nelle ultime ore, senza nemmeno averlo letto del tutto. Esattamente come mia nonna, non ho nessun interesse nel partecipare a questi eventi. Mi allungo sul tavolino delle lettere, le scanso e riprendo la mia tazzina di Darjeeling alle rose. Con gli occhi socchiusi, mi rendo conto che quello che manca a questo pomeriggio è un buon dolcetto.
                  
“Ricordi le tortine alla ciliegia rinforzata di Oscar-sama? Stavo pensando che adesso ne assaggerei volentieri una…” Se qualcuno notasse lo sguardo che ti ho appena rivolto, ne sono certa, lo troverebbe estremamente inappropriato. “E invece non c’è niente se non dei biscotti al burro, Xerx-nii. Dovrei lamentarmi con le cucine da parte di entrambi.” I leggerissimi movimenti del tuo corpo sotto le coperte sono molto più interessanti di queste stupide lettere, per questo continuo a guardarti. Emily sta sicuramente pensando che sono una sciocca a parlare con te mentre dormi. Il suo sorriso riesce a contagiarmi pur rimanendo muto, e i miei occhi tornano a te. Quand’è che la tua Emily è entrata nella tua vita? Scuoto la testa, prendendo un’altra lettera, più voluminosa della precedente. Per quanto mi sforzi, non riesco proprio a ricordare quando è apparsa sulla tua spalla per la prima volta.
 
“… Siamo lieti di invitare Miss Sharon Rainsworth alla… Oh, perché dovrei trovare entusiasmante rincorrere un maialino ingioiellato, fa così secolo scorso!”
“Perché porta un gioiello al collo, ed è quello che ogni miss desidera…” Mi volto e ti sento ridacchiare sotto le lenzuola di cotone candido. “Un gioiello, Xerxes…? Davvero?” Scuoto la testa, ritrovandomi a ridere con in mano l’ennesimo spreco di pergamena, ridendo. “Da quanto sei sveglio?”
“Abbastanza da poter sentire tutti i vostri capricci… Non troverete marito, ojou-sama, continuando così!”
Il sorriso sulle mie labbra si fa più stizzito, e ti risponderei volentieri che non ho bisogno di gioielli o maialini, ma le labbra non collaborano, e quando faccio per aprirle, il tuo respiro è tornato regolare, segno che sei di nuovo caduto tra le braccia di Morfeo. Il mucchio di lettere che ricopre il tavolino è ancora alto, e inizio a pensare di buttarle via senza aprirle. Non ho bisogni così frivoli e mondani. «L’ingresso nell’età adulta è contrassegnato dal cinismo». Non ricordo più dove l’ho letto, ma mi sorprendo di come mi trovi d’accordo in questo momento. Tutti i medici di Reveille, ormai, mi hanno assicurato che questo sonno continuo è segno della tua debole convalescenza, ma davvero, vorrei che ti svegliassi e mi tenessi compagnia come una volta. Emily, senza di te, sente terribilmente la tua mancanza, seduta tutta da sola sulla tua poltroncina.
 
Credo che dovrei prendermi una pausa. Questo pomeriggio si è trasformato in un incubo di stupide perdite di tempo macchiate di inchiostro. Potrei finire di leggere quel romanzo che ho portato a casa dalla biblioteca di villa Barma. Dovrei, prima che il Duca si accorga che manca uno dei suoi preziosi volumi dalla sua preziosa collezione.
… E invece sono qui, in piedi a spiarti mente dormi. Sai, Xerx, questo vizio non l’ho mai davvero perso…. Quando mia madre ti sorprendeva a fissare l’orizzonte dal giardino di casa, e tu finivi col raccontarle di un passato di cui non hai mai voluto parlarmi, io ero lì, nascosta dietro i cespugli di ciclamini, a spiarti quando ti addormentavi sul suo grembo, e lei continuava imperterrita ad accarezzarti quei tuoi capelli lunghi e fuori dal tempo. Ti sei mai chiesto perché ti portassi sempre mazzolini di ciclamini al risveglio? Sorrido, allontanandomi prima che all’immagine delle dita di mia madre sui tuoi capelli si sovrappongano le mie, troppo audaci adesso. La quercia è ancora lì, fuori dalla tua finestra, imponente e secolare come lo era quando ero poco più che una bambina. Vorrei poter tornare a quei giorni. Tutto profumava di estate e possibilità, e niente sembrava più difficile di un’arrampicata verso il sole…

 

“Ti prego, Xerx-nii!”
“Assolutamente no, ojou-sama… Se Shel—vostra madre vi vedesse adesso, non credo che—“
“Oh, sciocchezze! E chiamami Sharon, Xerx. Che senso ha che io ti chiami “niisan” se per te sono sempre “ojou-sama”? Per favore…”
“D’accordo, Sharon,” quel sorriso beffardo che volevai provocare sbuffi e borbottii, “ma se non scendete da quell’albero, sarete “ojou-sama” a vita.”
 
Mia madre non avrebbe potuto vedermi in quel momento; colpita da una febbre crudele per la terza volta in quel mese, passava le sue giornate a riposo, con l’assoluto divieto di uscire di casa anche solo per una passeggiata in giardino. Sapevo che era una messinscena, eppure il pensiero di non ottenere nemmeno un po’ della sua confidenza mi fece ripercorrere a ritroso quasi due metri del tronco nodoso di quell’albero monumentale che avevo a fatica conquistato.
 
“Volevo solo riuscire a vedere Reveille dall’alto…” Da quando Xerxes aveva imparato a sorridere di nuovo, raramente aveva smesso e, anche in quel momento, mi guardava con un luccichio estremamente divertito. Cercai di spiegare la gonna sgualcita e con qualche strappo e tentai invano di apparire più donna di quanto non fossi, sostenni il suo sguardo, ma fui sconfitta dal suo occhio, e girai sui tacchi piena di dispetto. “Molto bene, allora tornerò in casa.”

“Potrei mostrarvi io, Reveille dall’alto…” Cosa?! Non ebbi il coraggio di chiedere, ma nemmeno la forza per proseguire sui miei passi, così mi ritrovai a fissarlo attonita. “Beh, quando eravate una bambina vi portavo sulle spalle e vi mostravo Reveille…”
Fu come sentire una morsa stringere lo stomaco in un solo attimo, il cuore in gola e la vista annebbiata. “Non potrei mai salirti sulle spalle! Non… Sarebbe decoroso, io… Non sono più una bambina, ho compiuto13 anni la scorsa settimana!”
 
Sorrideva ancora, di certo sorpreso, e teneva la testa inclinata. Nonostante l’imbarazzo, sentii le guance andare in fiamme. Più vicino a me di qualche passo, aveva piegato le ginocchia e i suoi occhi erano ormai dritti di fronte a me. “Avete proprio ragione, ojou-sama. Ora che me lo fate notare, siete parecchio più alta!” Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, quel giorno. Stizzita, non gli rivolsi che uno sguardo che speravo fosse il più gelido possibile, e lo ignorai dandogli le spalle per rientrare alla villa.
 
Orgogliosa come solo una giovane fanciulla può essere, era impensabile credere che Xerx-niisan non si fosse accorto che ero cresciuta. Avevo cambiato il taglio degli abiti e avevo ottenuto il permesso da mia madre di portare poche gocce di profumo. Mi era stato persino concesso di indossare pochi centimetri di tacco ai piedi.
Xerx-niisan doveva essere proprio uno stupido per non accorgersi di tutto questo. Che assurdità, pensare di prenderla sulle spalle come se fosse… Una bambina!
 

 
Sto ridendo come una signorina per bene non dovrebbe mai fare. Di gusto, allegra e senza pensieri. Mi chiedo come potesse sopportare la piccola e viziata ragazzina che ero. E allo stesso tempo mi chiedo come potesse non accorgersi che ognuna delle cose che facevo per diventare donna, le facevo per sembrarlo ai suoi occhi. Sfioro i contorni della mia - nostra - quercia con le dita sul vetro della finestra, ma non smetto di sorridere. Tredici anni erano davvero troppo pochi per capire come funziona il mondo, ma erano abbastanza per provare dei sentimenti forti e sinceri. E lui adorava prendermi in giro per vedere fino a che grado di rosso le mie guance potessero arrivare. Nel voltarmi ancora verso di te, lo sguardo cade sull’interminabile pila di lettere. So che non è possibile, ma sembrano essere cresciute negli ultimi minuti. Mia nonna è sempre stata molto più brava di me nel leggere e rispondere alla corrispondenza, e da quando ho deciso di assumermi io questo onere, Xerxes è sempre stato accanto a me, alleggerendo ogni notizia con i suoi consigli sulla risposta più affilata da recapitare.

“Forse è per questo che, mia cara Emily, ti ho voluta al posto d’onore… Il nostro Xerx-nii non vuole saperne di aiutarmi e io…” Lo guardo ancora, non riesco proprio a smettere, cercando il suo nuovo risveglio. “Ho proprio bisogno di qualcuno che condivida con me questi stupidi annunci.” Ne prendo uno dalla cima del cumulo e lo agito davanti al letto. “Vedi, Xerxes? Non c’è gusto a leggere queste sciocchezze da sola…” Una volta aperta, però, devo ricredermi sul contenuto di quella specifica lettera. Non è un invito a chissà che festa, bensì una copia del rapporto ufficiale dello scontro con i Baskerville. “Due settimane fa, questo rapporto era in ritardo di due giorni e, senza nessuno di valido a sollecitarne l’invio, ho dovuto attenderne altri tre prima di poterlo leggere…” La piccola Emily mi guarda muta in risposta al mio disappunto, ma so che, se potesse, mi direbbe che nessuno sa sollecitare i rapporti come Break-san… O lo avrebbe chiamato semplicemente Xerxes…? Oh, accidenti, Xerx-nii, non posso certo ricordare nella mia mente la voce della tua bambola in eterno. Dovresti guarire e riprenderti in fretta! “Emily ha bisogno di te! Tutti… Abbiamo bisogno di te…” Sospiro, sfogliando le pagine di quel rapporto tanto atteso per scoprire che ci sono più di un’incongruenza, più di un dettaglio mancante e che, definitivamente, sembra che a scriverlo sia stato qualcuno che passava di lì per caso o, anche peggio, qualcuno che non è mai stato lì.
 
“È davvero inaudito che… Questo rapporto non si regge in piedi, non…” Sbuffo, ma nessuno può rimproverarmi per averlo fatto, e metto da parte il rapporto. Finire di leggerlo non mi porterà giovamento, e potrò capire perché sono state scritte così tante inesattezze solo quando andrò alla Pandora. Il piccolo orologio a pendolo che ti ho costretto ad appendere in camera mi dice che non manca molto prima che la carrozza venga a prendermi. Sempre che tu dia la carica al tuo orologio, Xerxes… Coraggio, se non altro, la carrozza mi sottrarrà a questa montagna di lettere, e nonostante ciò, ho ancora tempo per leggerne ancora una… “… Con gioia e onore… Invitiamo Miss Sharon Rainsworth… Le nozze… Baronetto Wetmore” Richiudo l’invito con un sorriso incerto. Il baronetto Wetmore si sposa in pompa magna? Mi rendo conto di fissare il tuo corpo sotto le coperte senza battere le palpebre, così piano piano, la vista mi si annebbia. Se avessi accettato la sua corte, quel pomeriggio ai Giardini di Reveille, avrei potuto essere io a… Scuoto la testa, riprendendo il controllo dei miei occhi. No. Di certo no. Fuori dalla finestra, il sole si sta abbassando, e la quercia è entrata nella stanza, disegnando ombre contorte. Non io.
 
 

Il sole aveva appena iniziato la sua discesa oltre l’orizzonte: quello era il mio momento preferito per farmi abbracciare dalle antiche radici del grande albero in compagnia di un romanzo. Quando l’età mi consentì di comprendere completamente ciò che i romanzi d’amore descrivevano tra quelle parole dolci, feci di essi il mio genere preferito. Ma c’era un libro che, su tutti, amavo leggere, e che avevo letto ormai così tante volte che le pagine erano logore e gli angoli della copertina, di pelle marrone, smussati e consunti. Il titolo, però, quel pomeriggio brillava ancora come se fosse stato appena acquistato. “Lo stagno fatato” era lì, a coprire con la sua vecchia copertina il mio piccolo corpo di fanciulla addormentato, come quasi ognuno di quegli assolati pomeriggi.
                                            
Il sole aveva da poco smesso di trafiggere le mie palpebre, segno che mancava poco al tramonto, quando una mano mi sfilò il libro dal petto, svegliandomi.
“Non credevo che vi interessaste ancora a questo genere, ojou-sama…” Avevo richiuso gli occhi nel preciso istante in cui alla sorpresa per il risveglio era seguita la sicurezza delle sue dita leggere. “Quello è il mio libro preferito, lo sai… Anche se non mi piace, la fine.” Incoraggiata dal suo silenzio, aprii gli occhi e proseguii. “Il principe non avrebbe dovuto sposare la principessa. È così ingiusto che non si sia nemmeno accorto che tutte le parole che gli diceva venivano dalla sirena. Voglio riscrivere la favola.” Ricordo la vitalità con cui mi alzai e lo guardai dal basso. Sorrisi, quando mi accorsi che in mano portava un panino dolce, per me. Mi sollevai sulle punte, cercando di mantenere la schiena dritta, e trattenni il fiato sfiorando le punte dei suoi capelli, morbidi e sottili. I battiti del mio cuore correvano veloci, ma il rossore sul mio viso fu ancora più veloce. 
 
“Se solo mia madre non ti avesse tagliato i capelli, saresti stato perfetto per il principe, in una recita” Lui impallidì appena, e si toccò i capelli proprio nel punto in cui poco prima le mie dita avevano indugiato. “Un principe, ojou-sama…?” Annuendo, sorrisi, coi capelli baciati dall’ultimo sole della giornata. “Nella mia favola, il principe sposerebbe la sirena, ne sono sicura.” Se solo quel giovane cavaliere avesse immaginato quanti sogni a occhi aperti avevo fatto sugli errori che il principe aveva commesso nella sua vita di carta e inchiostro, probabilmente avrebbe capito quanto fosse importante per me quel personaggio.
 
Ma non lo sapeva, e rimase a ragionare sul perché la sirena avrebbe dovuto essere un partito migliore della principessa per un minuto di troppo. Continuavo a guardarlo, in silenzio, in attesa che dalle sue labbra uscisse qualcosa di acuto, di memorabile, ma il suo silenzio mi convinse che non voleva partecipare a quelle fantasie. Come una danzatrice al termine della musica, tornai coi piedi per terra, davanti al primo rossore del cielo, gli strappai dalle mani il mio bel libro datato e lo lasciai lì, immobile e incredulo.
 


“Quel pomeriggio, non ho trovato il coraggio di confessarti che in quella recita, io avrei voluto interpretare la sirena…” Le mie dita scorrono implacabili sul sottile cerchio d’oro intorno al mio anulare, e i miei occhi cadono sull’intricato gioco di perle che incornicia il piccolo zaffiro color porpora. “… Sarebbe stato il matrimonio più bello… Della storia del teatro!” Che senso ha tenere quell’anello al dito quando sono da sola? L’abitudine ha preso il sopravvento e ha sconfitto il mio astio nei confronti dei gioielli, anche i più delicati e raffinati. Potrei toglierlo e lasciarlo qui, accanto alle lettere, al tè che non ho finito di bere e a questi biscotti poco graditi, e nessuno se ne accorgerebbe.
 
Due colpi alla porta mi riportano alla realtà, e la maniglia si muove, aprendo gli orizzonti della camera con uno scatto deciso. “La carrozza è arrivata, miss Rainsworth. Lunettes-san vi aspetta di sotto…”
 
Lunettes-san.
Rinuncio ai miei propositi di libertà e mi alzo senza il minimo riguardo per la taffettà color lavanda del mio nuovo abito. La piccola Emily ha bisogno di nuovi abiti, dovrò ricordarmi di commissionargliene uno di questo stesso tessuto, davvero incantevole. La riporto sul tuo comodino, Xerx-nii, perché sembra attendere solo te per potersi prendere di nuovo gioco di chiunque, in questa villa, me compresa. I suoi boccoli sono sempre pettinati e in ordine, e uno le adorna il viso in un modo davvero delizioso. Te l’ho sottratta senza permesso per poter avere un po’ di te sempre vicino. L’ultima conversazione che abbiamo avuto in questa casa è stata così scarna che mi sembra di non averla mai avuta.
 
La mia mano destra si è avvicinata alla tua senza controllo, mentre tu, addormentato, forse non te ne rendi conto. “Al tuo risveglio, ti prometto un’intera torta al cioccolato, tutta per te!” Te lo prometto e lo prometto a me stessa. Vorrei chiederti di svegliarti, di sorridermi come quella volta sotto la quercia, o come tutte le altre volte che il tuo sguardo si è posato su di me. Mi manca il tuo viso, e credo che non rendersi conto di ciò che si ha finché non lo si perde è una nuova e più dolorosa perdita. Ma tu sei qui. Mi piego appena su di te, costringendo il mio corpo a non superare quel limite, e ti sfioro ancora i capelli, come quel pomeriggio di troppi anni fa, e poi ti lascio andare. Sono convinta che al mio ritorno, ti troverò sveglio, a lamentarti della posizione di Emily troppo leziosa per una signorina moderna come lei.





   
 
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