Libri > Divergent
Segui la storia  |      
Autore: Padfoot_07    18/07/2015    4 recensioni
Un seguito diverso. Da, e per chi non si è rassegnato al finale della trilogia. Alla fine della storia tra Tris e Tobias.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Four/Quattro (Tobias), Tris
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Tobias” mi chiama Marc dal fondo del corridoio “questa devi vederla!” esclama concitato.

Corrugo le sopracciglia interdetto, tutti sanno quanto questo giorno sia sacro per me. Il giorno dell’anniversario della SUA morte. Mi sorprende anche che Marc si sia azzardato a rivolgermi la parola, di solito le persone qui al Polo Governativo mi lasciano stare. E gliene sono grato.

L’espressione di Marc si fa imbarazzata di riflesso alla mia seria, ma nonostante le chiazze rosse spuntategli sulle guance non demorde. “Riguarda Tris signore. Beatrice Prior.” Quel nome come ogni volta che l’ho sentito negli ultimi sette anni, è come un pugno dritto allo stomaco. Sento il petto stringersi, e la sensazione di vuoto e disperazione farsi opprimente. Non credo sia qualcosa che potrò mai superare.

Ho smesso di trascinarmi in giro come l’ombra di me stesso, ho ricominciato a fare le cose più semplici, automaticamente, fino a sembrare di nuovo una persona viva, ma dentro di me, il vuoto lasciato da Tris, non è qualcosa che potrò mai davvero colmare, sarà sempre lì, farà sempre male.

Sono diventato bravo a chiudere il dolore in scomparti. E il cassetto Tris è quello che tengo più sigillato, più chiuso, perché aprirlo potrebbe annientarmi. Ricordo echi di una conversazione lontana. Ho sempre saputo che aveva torto quando mi diceva che me la sarei cavata senza di lei, che l’avrei superata. Non subito, ma col tempo si. Lo sapevo allora, e lo so ora, non è nella mia natura lasciarmi le cose alle spalle, e soprattutto, non LEI. Come potrei?

“Ehm…” mi rendo conto solo in quel momento di essermi assentato più del dovuto alla mia coscienza, Marc mi studia preoccupato. Credo che pensi sia in stato di shock. Mi riscuoto, assumo il mio solito cipiglio severo, certo che questo farà tornare anche il ragazzo in riga.

“Di che si tratta?” lo interrogo.

“Oh…” Marc si scuote a sua volta, e riprende il solito fare efficiente e sbrigativo. Mi domando se sarebbe stato erudito, o un intrepido. Mi do dello stupido da solo, ma certe impostazioni mentali sono difficili a morire.

“Deve vederlo coi suoi occhi. Mi segua” e mi fa strada.

Mi incammino infastidito al seguito di Marc. “C’è una persona che vuole vederla, non ha voluto parlare con nessun altro. Dice che deve parlare con Tobias Eaton, e nessun altro.”

“Mmm” la cosa mi puzza. Le persone che vogliono parlare con me, perché sono chi sono, hanno a che fare coi miei genitori.

Arriviamo al corridoio al piano terra, dove teniamo gli uffici, in uno di quelli più appartati. Arrivati alla porta, me la apre con circospezione e rimane impalato sull’ uscio. Lancio un’occhiata diffidente a Marc ed entro. Rimango interdetto. Alla scrivania, seduto dritto, rigido come un fuso, a testa china, sta seduto un bambino di ad occhio e croce sei, sette anni. I capelli biondi brillano sotto la luce artificiale della lampada che pende sul tavolo che ci divide. Quando mi sente entrare, alza appena il capo dalle mani che tiene strette in grembo, ma mi guarda di sbieco. Senza puntare gli occhi nei miei.

E’ minuto, e magro, ma non sciupato. La pelle è scura, anche se meno della mia. Non ha l’aspetto represso di un bambino abnegante, ovviamente non è un pacifico, non lo potrebbe mai essere così taciturno, c’è una certa rigidità e fierezza nel modo in cui sta dritto al suo posto. Mi costringo ad aprire bocca per capire il perché di quella chiamata.

“Ciao” esordisco, non sono abituato a parlare con bambini.

Lui alza appena un po’ il capo. I capelli color grano che gli ricadono sul viso, scivolano indietro sul naso dritto, a scoprirgli il viso.

“Ciao” mi risponde. Nonostante l’apparenza timida, la voce è ferma. Senza traccia di timore o incertezza.

“Sei tu, Tobias Eaton?” mi domanda.

“Si” gli rispondo titubante.

Il silenzio si protrae per qualche secondo. “Sai” esordisco “non è educato non presentarsi. Specialmente dato che tu conosci il mio nome”.

Lui alza gli occhi, come pungolato nell’ orgoglio, e il fiato mi si mozza in gola. Conosco quello sguardo. L’ho visto solo replicato su un altro viso. Milioni di volte. Un viso che amavo, un viso che amo.

La stessa intensità, lo stesso magnetismo, ma qualcosa è diverso. Il colore.

Ora che mi fissa apertamente in viso, posso distinguere il blu scuro, quasi nero dei suoi occhi, i miei occhi. Gli occhi degli Eaton.

Rimango senza fiato. Chi è questo ragazzino? Il cervello fatica ad elaborare la situazione. La mia immaginazione mi gioca brutti scherzi. Perché vedo lei in lui? Perché vedo me…?

“Mi chiamo Andrew. Andrew Eaton”.

FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE. ALLA PROSSIMA.

  
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Divergent / Vai alla pagina dell'autore: Padfoot_07