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Autore: Magali_1982    21/07/2015    2 recensioni
"C'era una volta". Tante storie iniziano così, anche quelle dove la fiaba non vuole saperne di arrivare e tutto fa paura. Ci sono gli eroi, ci sono i loro alleati, ci sono i nemici. Manca solo una cosa. Il Confine tra Bene e Male. A volte il Giusto sfuma e diventa Sbagliato e le cose non sono come appaiono. Aggiungeteci una famiglia molto particolare, un paio di morti non-proprio-spiegabili e otterrete un ottimo motivo per esplorare le bellezze del Connecticut alla maniera dei fratelli Winchester. Sempre i soliti casini. Cantando ninne nanne da ubriachi.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Quarta stagione
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Thriller


 
" It's close to Midnight
Something evil's a- lurkin' in the dark

Under the moonlight
You see a sight that almost stops your heart "


 
Litchfield Hills, Connecticut, 2009




 
"Femmina, bianca, età approssimativa trent'anni."
Per arrivare in quell' angolo desolato della contea di Litchfield, era stato necessario lanciare l' ambulanza su per un sentiero sterrato e in salita.
La segnalazione, anonima, era arrivata al 911 dieci minuti prima e girata al più vicino ospedale: in un tratto di boscaglia miracolosamente intatto incuneato tra due cittadine, era stato rivenuto un cadavere di sesso femminile.
Se l' informatore si fosse anche attardato a dare una breve descrizione su come era ridotto, forse i paramedici avrebbero avuto il tempo di prepararsi.
"Hai notato che il colorito della pelle è verdognolo?" chiese il primo al collega, rimenendo impalato a un passo dal portello del conducente.
La notte prima aveva piuvuto; il terreno era un ammasso di fango ma attorno al corpo si notava distintamente una sola serie d' impronte. Il buio attorno agli alberi veniva tagliato ritmicamente dall' alternarsi della luce blu e rossa dei lampeggianti.
"Certo che l'ho notato."
"E non ti sembra un po' troppo...soda per essere qui probabilmente da giorni? Non è nemmeno in fase di decomposizione!"
"Adesso ci mettiamo a fare un test tossicologico per via empirica? Accendi quella cazzo di torcia e muovi il culo!"
Faceva freddo. Dalla sommità della collina si scorgevano a malapena le luci dell' abitato più civino, velate da un filo di nebbia stagnante a valle.
Thomas non voleva starsene lì più del necessario, quindi Jack doveva vincere ogni possibile conato di nausea e dimostrare di avere ancora delle palle. Per chi faceva il loro lavoro, spettacoli del genere erano il pane quotidiano.
...Forse.
Maledette voci interiori.
Tornò ad osservare la donna e respirò profondamente a bocca aperta. Nessun miasma ma l'odore del sangue e quello degli intestini perforati erano capaci di appiccicarsi alle mucose nasali come pochi altri assai più sgradevoli, agendo su reazioni fisiologiche difficili da domare, se non si sapeva di possederle.
Jack aveva ragione: stando al colorito dell' epidermide, alla fine del processo di rigor mortis, la poveretta doveve essere lì da almeno quarant'otto ore. Come fosse arrivata era un mistero ma non competeva a loro risolverlo. Sospettò si fosse trascinata fino a lì da qualche parte e a parziale conferma di questo, c'erano i piedi nudi inzaccherati di terra fino alle caviglie e le ferite.
Ovvero il motivo per cui Jack era stato tanto riluttante a raggiungerlo e illuminare la scena.
La parte peggiore era il tronco del cadavere: una serie di profondi fendenti saliva dal fianco sinistro verso la gabbia toracica. Pelle, muscoli e grasso cutaneo erano stati sfilacciati da un oggetto irregolare ma sicuramente affilato. La prima costola fluttuante spiccava bianchissima e priva della parte finale. Sembrava fosse stata asportata da un morso.
"Prepara il sacco, la portiamo all' istituto di medicina legale di Hartford. Dovremo anche avvisare la Polizia."
"Pensi sia stato qualche animale selvatico?"
"Non vedo impronte di zampe. Ma lo escludo, non ci sono tracce di sangue sulle foglie o di altro materiale organico."
"Potrebbero averlo mangiato, quello."
Thomas Dunbarr, paramedico storico della Contea, oltre che essere famoso per i quindici anni di servizio era noto per perdere molto più facilmente la pazienza coi vivi che coi morti. Alzò gli occhi al cielo, nella chiara espressione dell' uomo costretto a chiedersi perché gli toccavano simili prove e lentamente, voltò il capo verso il collega.
Jack Forrest era il suo autista da diverso tempo; in genere non era mai stato necessario pungolarlo per fare il suo dovere o mostrargli quel particolare sguardo a occhi socchiusi e bocca stretta. Se non altro, risultava sempre molto efficace.
"...Vado a prendere il sacco."
"Bravo."
"E avviso le autorità."
"Splendido."
L'uomo tornò verso l'ambulanza, imprecando quando per poco non scivolò su una zolla di terra resa particolarmente scivolosa da tutta la maledetta acqua scesa nei giorni scorsi.
Aprì gli sportelli posteriori con malcelato fastidio, deciso a seguire il protocollo nella maniera più efficiente e celere possibile per poi andarsene da lì.
Nel corso della sua carriera, per quanto non lunga come quella di Thomas, aveva avuto la sua bella dose di visioni raccapriccianti. Aveva provato pena, disgusto, pietà, orrore ma questa volta c'era un'altra sensazione, sottile come la nebbia che vedeva ai piedi della collina. Si spalmava addosso, viscida e umida. Penetrava sotto la divisa arancio catarifrangente.
Amplificata dal silenzio, resa tremenda dal più piccolo rumore quando una goccia cadeva rumorosa sulle rocce del sottobosco.
Sembrava l'unico a provare turbamento per tutte le incongruenze rilevate dal compagno con il distacco che si sedimentava caso dopo caso, soccorso dopo soccorso, sulla propria umanità. Avrebbe voluto dirgli di osservare le vesti della donna: un miscuglio di trine e merletti pacchiano persino per le più pompose agenzie funebri della profonda provincia rurale del Connecticut, ferme alla convinzione di dover vestire le proprie assistite come macabri manichini per una ricostruzione storica delle Figlie della Rivoluzione.
Doveva smetterla, decisamente, di seguire show come CSI o Criminal Minds. Il loro lavoro non era certo esaltante come la versione in celluloide in cui troppi finivano col credere; dovevano salvare vite o constatare decessi. Punto. Pochissime deduzioni brillanti, ancora meno indizi in grado di portare via il merito a poliziotti o agenti della Scientifica.
Prese la busta nera e si voltò per tornare da Thomas.
Un rumore raspante. Distante qualche metro.
E l'urlo. Un urlo umano, straziante e terribilmente famigliare.
"Cristo, Thomas!"
Jack si precipitò a soccorrere l'amico e l'ultima cosa che vide non sarebbe sfigurata come colpo di scena in una delle sue serie preferite, se tali serie avessero deciso di virare verso l' horror.
Sarebbe stata una caduta di gusto, visto il loro rigore scientifico ma non importava molto, dal momento che nessuno lo avrebbe saputo.




Castiel non sapeva che sapore avesse il dubbio.
Come fosse fatto, quanto peso poteva schiacciare sulle spalle. La forza terribile con cui scuoteva ogni cosa sotto pelle senza far trasparire alcun cambiamento in superficie.
Fin da quando era nato, aveva saputo quale sarebbe stato il suo compito: credere e obbedire. Forse nessuno più di lui confidava nella bontà delle azioni di Dio; contestarle o peggio, confutarle, erano concetti totalmente estranei al suo modo di vivere. Erano entrambi peccati e il prezzo con cui espiarli gli era parso peggio della morte.
Perdere la propria Grazia. Cadere. Non ricordare più chi si fosse stato e venir perseguitato da visioni senza nessuna spiegazione. Diventare...umano.
Gli era stato detto di andare a salvare un' anima all' Inferno e riportarla nel suo corpo. Che avrebbe saputo di chi si trattava non appena l'avesse vista.
Così era stato.
Una luce vivida, ostinata. Pulsava di rabbia, ribolliva di rimpianto ma non voleva saperne di spegnersi e farsi sommergere dal male, anche se lo stava infliggendo ad altri dannati.
Raramente veniva chiesto dal Cielo di salvare qualcuno già condannato. L' eccezionalità dell' evento dipendeva dal suo riflesso nel mondo reale: scosse di terremoto, improvvisi e repentini cambi atmosferici. Un piano cosmico liscio e perfetto attraversato da una faglia colma di forza primigenia da cui usciva un miracolo.
E poi di nuovo la quiete.
Castiel non aveva mai sbagliato, forte della fede che lo aveva portato sempre dalla parte giusta degli eventi.
Il suo mondo si rifiutava di tornare tranquillo. Aveva scagliato un sasso in un lago ma i cerchi concentrici generati dall' impatto con l' acqua invece di esaurirsi, tornavano e ne formavano altri.
Tutto si era confuso, ribaltato, spaccato.
O forse la sensazione di rimescolamento era dovuta ad altri fattori, ora.
Non tornava dai fratelli Winchester da dopo la morte di Uriel; per alcuni giorni, il Cielo non aveva parlato.
Si rifiutava di credere che non importasse la morte di decine di Angeli per mano di un loro fidato fratello e almeno in questo caso, la ricompensa era stata una nuova rivelazione.
E le rivelazioni andavano portate ai diretti interessati.
"Dean, le macchine! Frena!"
"Cosa cazzo credi stia provando a fare?!"
La forza centripeta, assolutamente assente fino al secondo prima in cui un Angelo aveva deciso di fare la propria comparsa sul sedile posteriore di una Chevy Impala del Sessantasette, spiegò ogni sua ragione d'esistere facendolo reclinare su un fianco.
Una Chevy Impala in corsa.
Su una Route di confine tra lo stato del Connecticut e Massachussets.
Castiel si trovò sballottato a destra, finendo col premere guancia e mani al finestrino, osservando stranito il guidatore intento in una manovra disperata per non scatenare una carambola potenzialmente mortale.
L'auto si piegò sulle ruote della fiancata sinistra, sbandò e si produsse in un mezzo testa-coda che la portò sul ciglio della strada, fuori da ogni pericolo.
Dean Winchester, occhi sgranati e mani artigliate al volante, aspettò di veder tornare indietro i pochi anni della sua vita che stavano per abbandonarlo un' altra volta, si accertò di avere ancora un cuore funzionante e puntò uno sguardo gelido sullo specchietto retrovisore.
Suo fratello Sam era accasciato a destra, ancora incredulo di aver salvato la pelle dal modo più stupido e insieme assurdo di morire, per un Cacciatore. A causa di un' apparizione divina.
"Non.Farlo.Mai.Più!" gli venne sbraitato contro da un duetto di voci alterate. L' Angelo sbatté le palpebre; la sua aria assolutamente serafica e appena smarrita smontò la rabbia di Dean nel giro di un secondo. E dire che possedeva ogni sacrosanto diritto di avercela con lui.
Essere inconsapevoli iniziatori dell' Apocalisse avrebbe dovuto essere il motivo numero uno per cui avercela non solo col mondo intero ma con Inferno, Paradiso, Universi Paralleli dove qualcuno aveva deciso di usarti come pedina senza darti possibilità di scelta.
Il motivo numero due era la debolezza odiosa provocata da un' espressione colma di ogni significato dell' aggettivo "mortificato"; era già successo e nemmeno tanto tempo fa. Aveva ancora una cannulla infilata nel naso, ogni osso monitorabile rotto e in gola l'urlo angoscioso che reprimeva dal giorno in cui era emerso dalla tomba. Cass lo aveva osservato e si era sentito l'essere più abominevole della Terra perché aveva osato ribellarsi a un disegno di cui non voleva più far parte.
Riprovare la stessa, identica sensazione dopo pochi giorni era semplicemente sfiancante.
La morte di Pamela, la minaccia di una nuova venuta di Lucifero, la consapevolezza di essere solo un uomo preda di eventi troppo grandi e che nessuno si disturbava a spiegargli, non lo stava ben disponendo nemmeno ora.
Sì. Dire di avercela contro Castiel sarebbe stata solo una ridicola scusa. Una scusa comoda a meno di mezzo metro dal suo sarcasmo Nerd di bassa lega forse, ma terribilmente efficace.
"Dovevo parlarvi."
"Spiacente ma lo sportello "Mutuo soccorso alle schiere celesti" è chiuso", sbottò acido. Tuttavia spense il motore e voltò il capo, trincerandosi dietro un muro di ostinato silenzio, disposto ad ascoltare suo malgrado.
L' Angelo sospirò.
Pessimo momento per scoprire cosa fosse la stanchezza.
Non sarebbe servito a nulla ammettere di essere dispiaciuto, di provare un profondo senso di colpa nel vedere tanto provato l'uomo in cui doveva riporre ogni speranza.
Se solo avesse capito di essere stato costretto a usarlo in quanto allievo di Alastair, l' unico in grado di poterlo far confessare. Era un Agente del Fato, al di sopra di ogni parte, fedele al disegno tracciato da qualcuno molto più in alto di tutti loro. Sarebbe bastata solo della fede, l'accettazione serena dell' inevitabile.
Indagare ora su cosa lo avesse spinto a preoccuparsi dell' integrità di Dean mentre si accaniva sul Demone che lo aveva tormentato per mesi - anni - in una buca infernale, sulla volontà divenuta una catena, era senza dubbio inopportuno.
Anna lo aveva chiamato "dubbio". Non era certo gli piacesse.
Faceva male. Infastidiva. Non voleva saperne di sparire.
Doveva fingere e portare a termine la missione affidatagli.
"E' molto importante" esordì circospetto. "Sono qui di mia iniziativa e se non vorrete aiutarmi, lo capirò."
Calò un silenzio strano nell' abitacolo. Così denso e pieno di parole taciute da rendere assordante il sommesso tichettare delle quattro frecce accese per la sosta.
"Naturalmente stai per esporci in modo chiaro e senza segreti cosa ti serve."
La diffidenza di Dean era ghiaccio secco nell' aria, contrastata dalla strana empatia mostrata da Sam, un' onda calda che fendeva il gelo.Il minore dei Winchester, così impacciato al loro primo incontro, sembrava intuire qualcosa della sua segreta agitazione. Un uomo di luce ma privo di paura per l' ombra.
"Sì. Hai la mia parola."
Stavolta non ci fu bisogno di avvertire addosso gli occhi ammonitori di Sam. Suo fratello maggiore fu immediatamente preda dei sensi di colpa senza bisogno di altre spinte.
"Di cosa si tratta?"
La domanda sanciva la resa di Dean; sperare fosse la manifestazione di un briciolo di fiducia rediviva nei propri confronti sarebbe stato un azzardo ma Castiel lo ritenne un buon punto di partenza. Il cuore gli sembrò subito più leggero.
"Abbiamo saputo di strane morti proprio in questo Stato."
"Quanto strane?"
"Tanto strane da essere avvenute e poi...essere state corrette."
"Corrette?"
"Non trovo verbo migliore."
Era rarissimo che Castiel usasse parole senza senso.
"Come sarebbe a dire?" Sam agrottò la fronte. "Dubito qualcuno possa ripensarci e tornare."
"E ci siamo appena passati per un problema simile, un po' più di fantasia non guasterebbe."
L' Angelo irrigidì le spalle. Gli occhi blu, in cui già in condizioni normali era sconsigliabile perdersi, divennero taglienti.
"I Reaper questa volta non c' entrano. La questione è di nostra competenza e più antica."
I due Cacciatori si scambiarono un' occhiata, senza bisogno di sottolineare di aver capito in qualche modo.
"Vediamo di trovare dove fare colazione", borbottò Dean spiccio. Certi temi andavano affrontati a stomaco pieno e lontano da certi sguardi.
Era stato sincero con se stesso prima: non era arrabbiato con Cas. Ma lo odiava quando si trovava esposto totalmente al suo giudizio con una sola frase.
I primi scampoli di un' aurora nebbiosa stavano tingendo il cielo quando l' Impala tornò in moto, puntando verso le contee sud-orientali del Connecticut.




Da quando sua moglie era morta, Gerard aveva cercato da subito di non far avvertire alla figlia il peso di una perdita immane.
Christine aveva dieci anni quando Gretchen Morgan non era tornata a casa in una notte che doveva essere simili a tutte le altre, dove si assentava per lavoro.
Una bambina lasciata sola sulla soglia dell' età più ingrata. Era il commento più ricorrente e superficiale a cui erano ricorsi in molti, nel loro quartiere, speso con sorprendente generosità dal momento che molti pensavano di conoscerla.
L'uomo scosse il capo; doveva essere una caratteristica delle mattine con foschia, il tornare a pensare al passato. Il forno della cucina trillò, dandogli il segno di doversi dare una mossa a sfornare i muffin fatti in casa.
Gerard, cosa comune a molti appartenenti come lui all' "incapace razza maschile" - affettuosa affermazione di nonna Tessa -, era stato una frana in cucina. Lo aveva salvato una forza di volontà riconosciutagli persino dalla famiglia della moglie e a costo di dure lezioni imparate sul campo, dal mettere banalmente lo zucchero nell' acqua della pasta al bruciare una padella dove stavano rosolando delle costolette d' agnello con tanto di chiamata ai Vigili del Fuoco, era riuscito a diventare un buon cuoco.
Forse non avrebbe mai posseduto la sensibilità femminile occorrente a interpretare i lunghi silenzi della figlia, le sue corse in camera mentre piangeva e implorava di venir lasciata sola ma non le avrebbe mai fatto mancare tutto il suo sostegno, il suo affetto e le colazioni più prelibate di Forest Street.
"Lo sai che non è necessario, papà."
Scalza e con i capelli ancora umidi, in mano un asciugamano con cui tamponarli, Chris era scesa dalle scale attirata dal profumo del caffé e dei dolci.
I tre anni passati dalla telefonata che aveva sancito l' inizio di nuovi, imprevedibili, terribili eventi per il mondo intero avevano affinato i tratti dolci e adolescenziali del viso della ragazza e reso più duri i grandi occhi blu. La bellezza delicata ereditata da Gretchen rimaneva appena sotto la superficie, custodita dal fare sardonico con cui arricciava la bocca nel sorriso strafottente preso dal padre.
"Quante volte me lo dici?" Gerard aprì un armadietto per prendere un paio di mug. Sempre le stesse, da quando erano state comprate: una con il logo del musical "Wicked" per la figlia e un' altra con quello delle Stark Industries.
La passione per i musical era stata un dono di Gretchen, convinta sostenitrice dell' impossibilità di vivere senza aver sentito almeno una volta uno dei lavori di Andrew Lloyd Webber e illustri colleghi; l' impressionante collezione di fumetti Marvel nella casa padronale dei Morgan era stata portata dal marito il giorno dopo il loro matrimonio.
"Ogni mattina?"
Sorrise nel dirlo, sedendosi e appoggiando i gomiti sul piano della penisola.
"E sei mai riuscita a farmi smettere?"
"Ti ricordo che la testa dura è una caratteristica di famiglia."
Christine aveva deciso di andare a vivere da sola esattamente dopo quel giorno di tre anni prima.
La sua presa di posizione aveva scatenato il vero e proprio clan che era la famiglia Garrett: un nucleo protettivo e soffocante, classica e unica evoluzione possibile dopo la tragedia da cui era stata colpita. Talmente sconvolti dalla possibilità che la loro adorata nipote, allora ventenne, decidesse di affrontare il mondo senza l' indispensabile supporto di nonni, zii e moleste cugine, non l' avevano nemmeno sentita dire una semplice frase: sarebbe andata a stare nella casa accanto a quella del padre.
Sarebbe bastato questo a far capire, anche al più sbadato dei conoscenti di Hartford, di avere a che fare con gente totalmente fuori di testa e assurda. E dire che tutti sapevano cosa era successo dal giorno in cui si era saputo della morte di John Winchester.
Che un Cacciatore perdesse la vita in modo violento o meglio, sovrannaturalmente violento, non avrebbe dovuto stupire gli abitanti di quella bucolica via immersa nel verde a pochi passi dal centro di Harfford.
Scegliere di combattere quanto non veniva mai visto e meno ancora creduto portava a stringere patti. A creare equilibri di forza spesso azzardati e con un solo, prevedibile e triste finale.
Sì, a volte si vinceva. A prezzi altissimi. Venivano sconfitti vampiri, liberati fantasmi, uccisi dei Mutaforma ma da diverso tempo non era più solo questione di portare a termine con dignità una spietata partita a biliardo, recuperare le palle finite in buca e pozisionarle di nuovo al centro.
La normalità dell' anormalità spariva, se si tiravano in ballo esseri antichi come il mondo, malvagi come le profondità di un mare inesplorato e capaci di portare pazienza per decenni, pur di arrivare al proprio scopo.
I sussurri attorno a Winchester non avevano fatto che aumentare e infine, erano esplosi divenendo i colpi di una pistola leggendaria e il rumore indescrivibile di una soglia proibita aperta il tanto che era bastato a portare una parte dell' Inferno sulla Terra.
Christine ci pensava di continuo. Anche adesso, nella linda cucina di una casa dove viveva troppo poco e non si godeva mai veramente nulla.
"Niente lavoro, in questi giorni?"
La domanda del padre arrivò sulle note fruttate del profumo di arancia e cannella del suo tea preferito. Posò la salvietta sullo schienale dello sgabello e si strinse nelle spalle.
"E' un periodo fiacco."
"Se non altro ti svegli di buon umore."
"Ti mancano i miei cuscini lanciati in faccia?" domandò con una punta di bellicosa ironia.
"Quelli e certe compagnie alternative."
Il blu degli occhi della ragazza s' incupì. Gerard pensò fosse più saggio far cadere subito il discorso e non destare malumori quando si poteva semplicemente ingozzarsi di uova strapazzate e sani carboidrati. Aveva la sua bambina a casa a orari umani, senza piume di gallina, fango e sangue addosso.
Senza strane presenze attorno.
Senza temere venisse scoperta e braccata.
Essere l'erede di una ciurma di pazzi iper protettivi aveva degli indubbi svantaggi, se si veniva a sapere delle loro origini.
Il telefono prese a suonare.
"Vado io. Non vorrei mai dividerti dal terzo muffin che stai divorando."
Chris lanciò al padre un bacio con le dita sporche di cioccolato, tornando a concentrarsi sulla colazione.
In effetti era passata una settimana esatta dall' ultima chiamata ricevuta. Aveva potuto dedicarsi alla conclusione di un restauro particolarmente impegnativo su uno dei libri custoditi nel museo dove lavorava ufficialmente ma trovava strana una simile calma.
Il tuono cadde, fragoroso e improvviso, sotto forma della voce cordialissima di Gerard.
"Gliela passo subito, Tessa."
L'uomo le fece penzolare davanti la cornetta del cordless, dal cui microfono usciva un'odiosa campionatura dell' Elisa di Beethoven.
"Tua nonna."
"Quanti insulti?" domandò timorosa, dopo aver deglutito a fatica un boccone divenuto pesante e indigesto.
La perfetta mattina tra padre e figlia era finita nel peggiore dei modi.
"Sono attualmente a "insulso grumo d' inutilità virile" e "rimpianto dell' umanità intera". Stamattina mi ama, è stata decisamente buona."
Tessa Garrett, famosa in tutto il Connecticut per la tenacia con cui professava sempre ciò che pensava, aveva odiato Gerard dal giorno in cui aveva osato chiedere in sposa la minore delle sue belle ragazze. Arrivando a un passo dall' omicidio quando Gretchen era scappata con lui pur di non lasciarlo.
Le famiglie di pazzi sapevano decisamente essere pericolose.
Chris desiderò per un ardente istante di provare la sensazione inebriante di un' esistenza normale, banale e senza scosse. Finito quel momento di fantasticheria necessaria, schiacciò un tasto e sospese l' attesa di chiamata.
"Ciao Tessa." Guai a chiamarla nonna.
"Tesoro mio! Morgan mi ha detto che stavi facendo colazione. Se non altro non ti fa morire di fame."
Dolcezza e insofferenza si alternarono per altri tre, lunghissimi minuti in cui le venne chiesto se gli studi specialistici proseguivano, se l'essere infimo responsabile dei suoi giorni si comportasse bene e se non avesse preso freddo, era un autunno tanto umido.
"Sì, sto bene. Cosa posso fare per te?" domandò precipitosamente per interrompere la seconda fase dell' interrogatorio.
"Oh, giusto. Il motivo per cui ti disturbo è per sapere cosa diavolo hai combinato, signorina Morgan."
Chris rabbrividì.
Non era questione di metafora: le sembrò davvero di venir sfiorata mortalmente da un refolo di puro ghiaccio filtrato da centinaia di metri di distanza in un innocente microfono.
Per la prima volta in ventitre anni, il tono da banchisa polare artica veniva riservato a qualcuno che non era suo padre.
Rassegnata, aspettò spiegazioni su cosa poteva essere accaduto di tanto grave da far perdere la pazienza a una delle Negromanti più potenti degli Stati Uniti, arrivando a dare la colpa alla sola che poteva competere con lei.






Angolo (tetro e buio) dell' autrice: i versi in apertura sono tratti da una canzone che penso conosciate tutti. "Thriller" di Michael Jackson ha rivoluzionato il mondo intero, non solo quello musicale ed era il brano perfetto per introdurre i primi "cattivi" di questa storia.
Il musical Wicked l'ho già omaggiato in un' altra fan fiction: è la storia delle due Streghe del mondo di Oz e debuttò a Broadway nel 2003. A tutt' oggi è uno dei musical più famosi al mondo, a Londra è rappresentato in pianta stabile all' Apollo Theatre.
Mi scuso per il ritardo nell' aggiornamento: ieri ho avuto il mio primo giorno di riposo dopo un periodo in cui ho dovuto coprire ferie delle mie colleghe e...temo di aver dormito decisamente troppo!
Prossimo appuntamento tra due settimane, buona colazione con i Winchester e Cas!
Maddalena




















 
  
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