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Autore: la luna nera    21/07/2015    7 recensioni
La giovane Rose Morrison riceve dalla prozia Jacqueline, venuta a mancare alla rispettabile età di 107 anni, una strana eredità che non consiste in denaro o gioielli, ma in qualcosa di ancora più prezioso. Di cosa si tratta nessuno ancora lo sa e starà proprio a Rose arrivare a scoprirlo intraprendendo un cammino costellato di numeri, simboli e significati nascosti. Scoprirà anche il segreto della prozia che l'ha resa quasi una mezza strega agli occhi di molti. Accanto a lei il fidato zio Albert e l'irriverente quanto affascinante James Bradley.
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’anziana signora se n’era andata alla veneranda età di 107 anni.
Aveva sempre condotto un’esistenza riservata, specie negli ultimi anni, alimentando pettegolezzi e strane storie sul suo conto. Viveva in una villa di origine settecentesca senza particolarità, circondata da un bel parco decorato da statue che raffiguravano strani esseri umanoidi, numerose fontane tempestate di pietre azzurre che conferivano agli strabilianti giochi d’acqua riflessi davvero unici. Aveva incaricato degli scultori di realizzarle secondo suoi disegni ben precisi, compensando lautamente tutti quelli che in un primo momento si erano mostrati riluttanti. Anche i giardinieri che si erano occupati della manutenzione dell’elegante giardino si erano dovuti piegare alle insolite richieste della proprietaria nel potare e dare forme ben precise agli arbusti, così come nel piantare fiori e siepi secondo disposizioni del tutto singolari, alcune delle quali formavano dei piccoli labirinti o forme apparentemente senza senso.  
Non si era mai sposata nonostante in gioventù fosse stata una ragazza molto bella, aveva rifiutato con fermezza molte proposte di matrimonio e le strane voci sul suo conto l’avevano accompagnata durante tutta la sua lunga esistenza terrena. Malgrado ciò non la si poteva definire triste e sconsolata, le poche persone che l’avevano frequentata la descrivevano come la perfetta incarnazione della serenità, come una donna i cui angoli delle labbra erano raramente piegati verso il basso, forse era questo il segreto per cui la sua pelle presentava meno segni di invecchiamento rispetto ad altri che, sebbene più giovani, portavano addosso in modo sempre più evidente i segni del tempo che passa.
La sua dipartita colse di sorpresa tutta la sua famiglia, comprese le due cameriere che le prestavano servizio da decenni. Non aveva mostrato alcun presentimento della fine, non un colpo di tosse né uno starnuto, la sera precedente aveva solo chiesto di essere lasciata sola nella sua camera, aveva indossato la camicia da notte azzurra, aveva sciolto i lunghi capelli grigi ed aveva congedato la servitù con il solito sorriso. Il mattino seguente le cameriere si erano adoperate nel preparare la colazione ed erano entrate nella stanza, trovandola distesa sul letto con gli occhi fissi verso il baldacchino che sormontava il letto, si erano avvicinate con il massimo riguardo fermandosi solo nel momento in cui la signora aveva rivolto loro una semplice domanda con un impercettibile filo di voce.
“Ditemi, che ore sono? Voglio la massima precisione.”
“Le dieci e sette minuti, madame.”
Sorrise di nuovo. “E’ giunta dunque l’ora che Jhea e Himmel si uniscano per l’eternità.” Ed aveva chiuso per sempre gli occhi.
 
 
 
Tutti i pronipoti e parenti vari si erano occupati della cerimonia funebre ricevendo con mesta cortesia tutti coloro che si presentavano per portare un ultimo saluto alla defunta, molti dei quali mossi solo da curiosità nei confronti della bizzarra signora. La sua residenza infatti era aperta solo a pochissimi familiari, niente persone esterne alla cerchia dei parenti fatta eccezione per le due fidate cameriere. Molti approfittarono quindi della dipartita dell’anziana per ficcare il naso fra quelle mura attorno alle quali aleggiavano dicerie e leggende. E in effetti anche gli interni della dimora rispecchiavano quell’aura di mistero che aveva da sempre caratterizzato la proprietaria: tutte le stanze, benché arredate in modo sobrio ed essenziale, portavano qua e là piccole tracce di cose fuori dal comune. C’era un solo quadro per stanza che raffigurava paesaggi dipinti con la tecnica dei pittori impressionisti, molto amati dalla proprietaria, che si dilettava nell’arte per trascorrere il tempo. Stando alle parole delle cameriere però quelli visibili nelle sale erano solo una minima parte di ciò che aveva dipinto in vita. Delle altre tele nessuno sapeva nulla, una volta terminate venivano come inghiottite dal nulla.  Completavano l’arredamento dei piccoli cofanetti, vasi e oggetti simili ad urne, tutti quanti decorati con pietre azzurro cielo    sistemati qua e là sui mobili e tavoli presenti nelle stanze. Alle finestre, che restavano quasi sempre chiuse, vi erano pesanti tendaggi dai colori scuri ma sempre sulle tonalità dell’azzurro, come a voler impedire alla luce di entrare. Non c’era odore di chiuso in quelle stanze, ma un insolito profumo di fiori freschi che non era dovuto a quanto portato in omaggio alla defunta, c’era sempre stato se quello che veniva raccontato dagli ammessi nella villa era esatto. Insomma, per farla breve c’era aria di primavera fresca e frizzante nonostante tutto facesse pensare al contrario.
La camera da letto dell’anziana, in cui si era spenta, era ancora più insolita. C’erano tendaggi color del cielo ovunque, non solo alle finestre, il baldacchino del letto e la coperta su cui giaceva la salma erano del medesimo colore e sul comò, sormontato da un meraviglioso specchio, c’era uno cofanetto piuttosto grande tempestato di pietre azzurre, all’apparenza lapislazzuli e zaffiri blu.
Nessuno aveva mai saputo cosa contenesse, la proprietaria non permetteva a nessuno di toccarlo, lo spolverava personalmente e quando qualche curioso provò ad aprirlo dopo la sua morte, lo trovò ermeticamente chiuso. Nessuno insomma riusciva a sollevare il coperchio, come se una qualche forza soprannaturale volesse preservarne il contenuto.
 
La permanenza terrena della signora, o per chi vuol essere preciso, signorina Jacqueline McEvans si concludeva alle ore dieci e sette minuti del dieci luglio millenovecentosette ed i suoi resti furono tumulati nella nuda terra, di lato all’ingresso della tomba di famiglia, secondo precise indicazioni lasciate nelle mani di un notaio il quale custodiva anche il testamento della defunta.
Un’altra cosa che era apparsa singolare riguardava proprio quelle carte: l’anziana donna lo aveva redatto lo scorso marzo e consegnato personalmente nelle mani del notaio stesso il giorno venticinque del terzo mese di quel medesimo anno. Una persona  come lei in là con gli anni, se intenzionata a far testamento, non avrebbe dovuto attendere così tanto visto che aveva superato il secolo di vita. Ripeteva sempre che era ben consapevole della sua età e che avrebbe  scritto di suo pugno le sue volontà nel momento opportuno. Nessuno aveva compreso il significato delle sue parole, a volte parlava in modo quasi crittografato e si divertiva a proporre enigmi e indovinelli. Forse ve ne erano anche nel testamento?
C’era dunque grande ansia e curiosità per quel mucchio di carte su cui erano scritte le sue volontà e soprattutto enorme impazienza per chi sperava di essere il beneficiario della sua notevole fortuna.
 
Dopo dieci giorni dalle esequie alle 10 e 7 minuti del mattino i familiari della defunta furono convocati nello studio del notaio che avrebbe finalmente svelato il nome di chi non avrebbe più avuto problemi economici per gli anni a venire. Non appena tutti ebbero preso posto, il distinto signore si alzò in piedi con in mano il foglio al centro delle attenzioni.
“Do lettura delle disposizioni testamentarie della defunta miss Jacqueline McEvans datato venticinque marzo millonovecentosette… Dunque… Io sottoscritta Jacqueline McEvans nel pieno delle mie facoltà, una volta abbandonata questa vita lascio la mia abitazione e tutto ciò che in essa si trova ai figli della mia unica sorella Ariette che già non è più fra noi. Mio nipote William Morrison sarà custode di tutto con l’ausilio della sua famiglia, così come l’altro mio nipote Albert e dovranno entrambi preservare ogni scultura ed opera d’arte che in vita ho provveduto a far realizzare. Ogni singolo centesimo dei miei averi in denaro dovrà essere speso solo ed esclusivamente per la manutenzione di quanto sopra citato.”
“Perdonatemi sir.” William si alzò. “Volete dunque dire che erediteremo tutto senza poter disporre del denaro per ciò che vogliamo?”
“Esattamente sir. Miss McEvans vi lascia tutto affinché possiate provvedere alla cura della sua residenza.”
William guardò in faccia la moglie Catherine, anch’essa visibilmente delusa. Albert, il fratello, incrociò le braccia sorridendo nel vedere la cognata apprendere della grigia realtà, sapeva bene che la cara moglie del fratello aveva un debole per i gioielli e che sperava in una cospicua eredità per soddisfare questa sua passione.
“C’è dell’altro.” L’attenzione di tutti tornò sul notaio. “Lascio la chiave della mia residenza alla mia adorata pronipote Rose Morrison, nella quale potrà dimorare e soggiornare ogni qual volta ne avverta il desiderio. A lei lascio anche la busta sigillata con la ceralacca del cui contenuto ne dichiaro erede assoluta, custode e unica beneficiaria.”
Si voltarono tutti verso la più giovane della famiglia che dal canto suo non sprizzava certo di gioia. Voleva molto bene alla prozia Jacqueline ed era una delle poche persone con cui trascorreva lunghe giornate parlando di mondi lontani e fantastici, promesse misteriose di difficile comprensione e significati nascosti.
Forse la cara prozia intendeva rivelarle qualcosa a proposito di quella busta?
La ragazza ricevette dalle mani del notaio quella strana eredità con buona dose di timore mentre i suoi fratelli e le sue sorelle la guardavano con sospetto ed invidia. Stringeva fra le dita la chiave dorata della villa e quell’involucro di carta giallognola  sigillato dalla ceralacca domandandosi cosa mai potesse contenere di così importante da tenerlo ben chiuso e lasciarlo in esclusiva proprio a lei. Nonostante la curiosità e le pressanti richieste dei suoi parenti, Rose decise con fermezza di rimandarne l’apertura. L’avrebbe fatto in completa solitudine e ben lontana dagli occhi curiosi ed impiccioni delle sorelle.
 
 
 
 



 
 
Ciao a tutti!
Non so cosa mi abbia spinta a lanciarmi in questa nuova avventura ed iniziare la pubblicazione di questa storia, spero di incontrare il favore di qualcuno di voi sotto la canicola che ci sta attanagliando. Devo lavorarci ancora e confido nei vostri commenti per cercare di velocizzare la pubblicazione dei capitoli futuri.
Prima di lasciarvi, che ne pensate del banner? E’ self-made e ve lo riproporrò spesso in quanto fondamentale per molte cose che affronteranno i protagonisti.
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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