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Autore: Jaqueline    21/07/2015    1 recensioni
Multipairings, het/slash/femslash | Raccolta | Avvertimenti diversi per ogni storia
#Week 7, Talia/Bianca ~ It's a matter of five kisses: C'è dell'affetto nei suoi occhi e qualcosa che non riesce a decifrare nel suo sorriso. Le scocca un bacio sul naso e le dà la buonanotte, poi aspetta che Bianca arrivi alla porta prima di ripartire sgommando.
Bianca è perdutamente innamorata di lei.

[Partecipante alla PJO Shipweek indetta dal CampMezzosangue su Facebook]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Quasi tutti
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Noticine preliminari:
- In questo headcanon, Leo e Calipso si passano sette anni perché volevo ricreare la differenza di età che c'è nel libro, senza però esagerare. Se vi dà fastidio, chiudete ora.
- Questa storia, e in generale la raccolta, partecipa alla pjo shipweek organizzata dal CampMezzosangue ; dovreste parteciparvi pure voi, perché è bellissima e abbiamo i prompts, toh. Il prompt di questa è offerta da Miki Rise (y)
- Mi dispiace per il titolo, ma ho la brutta abitudine di finire le fics e poi scordarmi di aggiungerli, ufff.



 
.:Weeks&Ships:.

 
#Week 3, Leo/Calipso.
Un Colore Alla Volta




Il primo colore che vede è il rosso.
Non che lui sappia cosa sia il rosso, come si può spiegare un colore a qualcuno che non ne ha mai visto uno?, ma adesso sa che le mele, il sangue, il fuoco, i capelli di una sua compagna di scuola ed un sacco di altre cose hanno quel colore.
Ha quindici anni e sta tornando da scuola, diretto verso l'officina di sua madre, e la strada è così piena di gente che all'inizio nemmeno si accorge che c'è qualcosa di strano. Un fiore, crede sia una rosa, attira la sua attenzione: è acceso da qualcosa che non ha parole per descrivere, perciò lo strappa dall'aiuola in cui si trova e corre da sua madre, senza badare alle urla di donna che sente in lontananza - probabilmente il proprietario del giardino, giustamente arrabbiato. 
Quando porge a sua madre la rosa, il suo viso si illumina di felicità, e gli chiede immediatamente chi sia la fortunata. Leo si blocca; tipico suo scordarsi, nella foga del momento, che i colori sono collegati all'incontro con la propria anima gemella. 
Sua madre sembra intuire quello che è successo e gli poggia una mano sulla spalla, rimettendogli la rosa in mano: - Vedrai che riuscirai a vedere anche gli altri, prima o poi.
Quella notte, Leo va a dormire con la consapevolezza che potrebbe vedere solamente il colore rosso in tutta la sua vita.



Ha quasi sedici anni quando vede il giallo. 
È vicino all'aiuola in cui aveva visto il rosso la prima volta, ed è di nuovo un fiore a farglielo scoprire: ha una grande corolla di petali brillanti, e quando ferma un uomo per chiedergli il nome della pianta quello sorride e sembra pronto ad arruffargli i capelli: - È un girasole. Riesci a vedere il giallo, vero?
Leo vorrebbe rispondere che sì, cavoli, riesce a vedere il giallo, eppure non ha idea di chi debba ringraziare per questo, visto che è scappato come uno stupido la prima volta che ha visto un colore, ma probabilmente tutto questo nemmeno interessa allo sconosciuto, che infatti lo saluta con una pacca sulla spalla e si allontana con un cenno. 
Leo si guarda intorno, cercando qualcosa che potesse aiutarlo nella ricerca della propria dolce metà e nota una ragazza con una treccia bionda dai riflessi rossi che sembra chiamarlo, la treccia, non la ragazza, che infatti si allontana a passi svelti e gira l'angolo, sparendo prima che Leo riesca a raggiungerla.
È probabilmente l'unico sfigato sulla faccia della Terra ad essere rifiutato dalla propria anima gemella, sempre se di lei davvero si trattava.
Sulla strada del ritorno scopre che un sacco di persone hanno i capelli gialli (biondi? Non ricorda esattamente che aggettivo abbia usato per descrivere i capelli così chiari), ma nessuno di loro ha i riflessi rossi che sta cercando.


A diciassette anni e mezzo, quando ormai ha quasi perso la speranza, ne vede altri due. Li nota sempre nell'aiuola, ma uno dei due sembra espandersi all'infinito, e woah, è quello il colore del cielo?
- La parola che stai cercando è azzurro -, una vecchietta si ferma e gli indica il fiore. - Quello è un non-ti-scordar-di-me, che però è più blu che azzurro. 
Leo le indica un fiore vicino, che ha una sfumatura più intensa.
- Oh, quella? Quella è una viola, ed è, beh, viola.
La vecchietta ridacchia quando Leo le stringe le mani e le scocca un bacio sulla guancia, prima di mettersi a correre dietro quella che sembra essere la ragazza dalla treccia arancione. Quando si accorge di essere seguita, si volta brevemente e allunga il passo, e Leo quasi cade alla vista del colore dei suoi occhi: sono profondi e caldi e hanno il colore della corteccia degli alberi, ora che riesce a vederli davvero. 
La ragazza approfitta della sua distrazione per seminarlo, e a Leo non resta che tornare a casa come ogni altra volta, ingoiando la delusione cocente.

La mattina dopo i suoi capelli e i suoi occhi hanno la stessa tonalità di quelli della ragazza, e sua madre scoppia a ridere quando le urla dal bagno: - Ehi, mamma, ho i capelli marroni!



Ha diciotto anni quando vede il verde.
Fino a quel momento aveva visto le macchie colorate dei fiori, ma mai il colore vibrante del prato. Ha voglia di urlare, perché il suo mondo non è più in bianco e nero, ma la ragazza responsabile per questo miracolo non vuole avere nulla a che fare con lui.
Ecco perché pensa di stare sognando quando la trova seduta sui talloni vicino alla sua aiuola, che lo guarda sorridendo mentre si toglie i guanti da giardinaggio sporchi di terra. Ok, adesso si sveglierà sudato nel suo letto e cercherà di scaricare l'energia in eccesso inventando qualche diavoleria che gli farà saltare in aria la stanza, come praticamente succede da due anni a questa parte e, oh, crede di aver detto tutto ad alta voce perché la ragazza sta ridendo, e la sua pelle si è tinta di un colore leggero e delicato e, già, ora riconosce il rosa.
- Mi dispiace averti fatto aspettare così tanto.
Leo si avvicina come in trance, sedendosi, anzi, praticamente buttandosi a terra accanto a lei. - Perché? -, chiede.
- Perché tu eri davvero piccolo -, arriccia un po' il naso, come se il pensiero gli dia ancora fastidio. 
Leo aggrotta le sopracciglia e piega la testa di lato, probabilmente assomiglia ad un Labrador confuso, ma non gli interessa più di tanto in questo momento. - Quanti anni hai tu? Non puoi averne più di venti.
La ragazza fa un'altra smorfia: - Venticinque.
Leo sgrana un po' gli occhi, ma scopre che in realtà non gli interessa più di tanto la differenza d'età. Sua madre non gli aveva mai voluto dire esattamente quanti anni avesse suo padre, ma aveva ammesso di essere di almeno quindici anni più piccola di lui. Sette anni non erano nulla. Decide di cambiare discorso.
- Come ti chiami?
- Calipso.
- Ok Calipso, adesso mi devi almeno una lezione intensiva di botanica, mi hai fatto importunare sconosciuti per anni.
Calipso ride, e dopo avergli chiesto il suo nome, comincia a indicargli varie piante: alcune le riconosce - rose, girasoli, non-ti-scordar-di-me, viole -, altre sono a lui sconosciute (- Mi sono perso un colore o quel fiore è bianco?), ma tutti sono profumatissimi e sono stati piantati amorevolmente dalle mani callose di Calipso. Gli dispiace per la rosa strappata a quindici anni, glielo dice, ma a Calipso non importa, perché ne ha altre mille ed è felice che quella l'abbia avuta Leo.
Quando suo madre, preoccupata, lo trova seduto sul marciapiede con Calipso accanto, sorride e si presenta tendendole la mano. I suoi capelli marroni sono raccolti in una crocchia sudata e ha le mani sporche di grasso, ma Calipso non si tira indietro; Leo sente un moto di affetto per entrambi e si sporge ad abbracciarle.
Sua madre risponde subito all'abbraccio, ma è Calipso che lo stupisce: si stringe a lui e lo bacia sulla guancia; sente il sorriso sulle sue labbra anche senza vederlo.
Ci ha messo tre anni, ma ha trovato la felicità in un'aiuola, insieme ai suoi colori.
   
 
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