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Autore: CJ only    21/07/2015    0 recensioni
"B.R.O.Q. - Brevi racconti di orrori quotidiani" è una raccolta di storie di vite vissute; drammi comuni, affrontati da persone ordinarie.
"Per Amore" è il primo capitolo e narra la storia di una coppia che vorrebbe disperatamente un figlio ma si vede negata questa possibilità...
Questa è una storia di pura invenzione: ogni riferimento a cose, persone o luoghi realmente esistiti è puramente casuale.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Non riesco a tenere ferme le gambe.
Vedo Armando accanto a me agitarsi sulla sedia scomoda della sala d’attesa del ginecologo e so che la colpa è mia.
Non voleva venire qui! Ma io l’ho praticamente costretto.
Il vetro della finestra della stanza, mi rimanda l’immagine di una donna piuttosto paffuta, anzi in netto sovrappeso, con lunghi capelli castani ed occhi scuri, pallida e con profonde occhiaie marcate. Il costante dondolio delle gambe, la rende tremante ai miei occhi.
Se fossi un’estranea, mi farebbe quasi pena. Ma non sono un’estranea: quella donna sono io!
Infastidita dalla mia stessa figura, sposto l’attenzione su mio marito.
Lui è sempre bellissimo, anche se nel corso degli anni ha messo su qualche chiletto.
Il viso da eterno ragazzino, la montatura rettangolare delle lenti che contornano i suoi occhi nocciola, così profondi, la massa di capelli castani quasi del tutto scompigliata sul capo, ma perfettamente rasata dietro e le due tenerissime fossette che gli si formano ai lati della bocca morbida e piena quando sorride…
Solo il pizzetto dà l’idea dell’uomo maturo che si cela dietro quell’aspetto da Peter Pan!
Non raggiunge il metro e ottanta, ma per me va bene così: se fosse più alto farei fatica ad abbracciarlo! Cosa che cerco di fare più spesso possibile.
Lo amo così intensamente!
Ci siamo sposati cinque anni fa, dopo una convivenza di tre, ed io non potrei immaginare la mia vita senza di lui.
E anche lui mi ama. Lo so. Lo sento.
E’ per questo che siamo qui.
L’unica cosa che manca alla nostra unione è un figlio. Il coronamento del mio sogno d’amore.
Un figlio suo, con il suo nasino perfetto e i suoi grandi occhi intensi…
Un frugoletto allegro e pieno di vitalità, proprio come suo padre.
Ma a quanto pare, Dio non vuole concederci questa grazia!
A furia di insistere, sono riuscita a convincere Armando ad accompagnarmi dal ginecologo, per vedere se riusciamo a scoprire il motivo per cui non riesco a rimanere incinta. Ma Arm non è affatto contento: mi ha accompagnato solo perché mi ama profondamente e cerca di rendermi felice in tutto e per tutto.
Non credo che si presterà a fare degli esami approfonditi se si riterrà necessario, però.
Lui è più il tipo che “se arriva bene, altrimenti non era destino”!
Io invece sono irrequieta. Lo vorrei, e lo vorrei subito!
Sento le campane suonare sette rintocchi e Arm sbuffa.
Avevamo appuntamento mezzora fa!
«Gemma? Dobbiamo mettere radici in questo posto?» mi chiede scocciato.
La sua voce, normalmente calda e dolce, è quasi ruvida per l’irritazione.
«Vedrai che tra poco ci farà entrare… capita spesso di dover aspettare da lui: ha una lista d’attesa di due mesi perché è uno dei migliori della zona. Porta pazienza.» mormoro, appoggiandogli una mano sulla gamba.
Lui l’afferra quasi automaticamente, stringendola con affetto.
I nostri sguardi s’incontrano, pieni d’amore ma colmi di tristezza.
Finalmente la porta dello studio si apre, lasciando uscire una donna enormemente gravida.
Fa quasi fatica a camminare e deve appoggiarsi al marito per procedere.
Nonostante sia inverno, ha una maglietta che non riesce a coprirle nemmeno l’ombelico!
E il suo sorriso! Così raggiante… così sereno!
La sola vista del suo pancione così impunemente ostentato, mi provoca una fitta di invidia e un senso di tristezza incommensurabile, mentre la sua espressione mi infastidisce!
Mi volto di scatto, pur di non fissarla, ma l’immagine di quel ventre abbondantemente pieno mi si è impressa nella mente.
Razionalmente capisco la sua gioia, ma ogni volta che vedo una donna incinta mi sento menomata, mi sento privata di qualcosa… mi sento male!
Entro nello studio del dottor Biagio Fizzi depressa e stizzita.
«Buonasera. Mi chiamo Gemma Cardini e lui è mio marito, Armando Meli.» 
«Buonasera. Accomodatevi.» ci saluta l’uomo in tono estremamente cordiale.
Se non avesse superato abbondantemente i cinquanta, lo troverei oltremodo affascinante. Non è bellissimo, ma ha un fascino particolare e un sorriso aperto e sincero che mi mettono subito a mio agio; gli occhi… azzurri, di una tonalità cristallina… sono sfolgoranti; ma quello che colpisce di più è la voce: calda, vibrante… ti tocca l’anima!
Il medico apre un taccuino ed inizia a scrivere i nostri nomi.
«Allora… ditemi tutto!» esclama, in tono confidenziale.
Espongo al medico la mia situazione clinica, parlandogli delle cisti ovariche che mi si formano saltuariamente e del mio ciclo incostante.
«Ormai sono quattordici mesi che ho interrotto l’uso della pillola, ma non sono ancora riuscita a rimanere incinta» gli spiego «inizio a credere di avere qualche problema!» confesso accorata.
«Mmmhhh» mugugna pensieroso alzandosi dalla scrivania «Si spogli dietro questo paravento, poi sieda sul lettino che diamo un’occhiata…» mi dice.
Il medico mi sottopone ad un lungo ed intimo controllo.
«Sì… in effetti nell’ovaio sinistro c’è una piccola cisti, ma non dovrebbe incidere su un’eventuale gravidanza… lei ha fatto qualche esame?» domanda poi ad Armando.
«No e, sinceramente, preferirei non farne: non mi va di ritrovarmi a passare da un ospedale all’altro, a dover vivere in funzione di questo… vorrei che avvenisse tutto naturalmente!» sbotta.
«Capisco» annuisce il medico, prendendo nota sul suo taccuino «E la temperatura basale?» mi chiede, tornando ad alzare la testa.
«L’ho presa per quasi sei mesi… poi sinceramente mi sono stufata.» ammetto.
«E i test d’ovulazione?» chiede ancora.
«No, mai usati. Hanno dei costi piuttosto eccessivi per le nostre finanze…» mormoro.
«Ci sono quelli che si possono usare senza computerino. Dovrebbe cavarsela con meno di quindici euro al mese…» mi informa.
«Non lo sapevo! Passerò in farmacia allora…» rispondo, lanciando una rapida occhiata a mio marito, immobile, lo sguardo basso e le labbra serrate.
«Beh… a meno che suo marito non cambi idea, credo che l’unica cosa che le resti da fare sia provarci. Una volta ogni due giorni sarebbe l’ideale.» mi suggerisce il ginecologo.
Trattengo una risata.
Al massimo, quando va bene, possiamo arrivare a una o due volte la settimana.
Armando si agita.
Il medico torna a fissarlo.
«Qualcosa non va?» gli chiede.
«E’ che così sembra quasi di doverlo fare a comando… » si lamenta.
«Sì, è vero. Ma d’altronde, l’unico modo per concepire un bambino è quello di avere dei rapporti.» replica il medico, con un sorrisetto ironico ma per nulla offensivo.
Dopo aver pagato la visita ed aver salutato il medico, usciamo dall’ambulatorio.
«Te l’avevo detto che non sarebbe servito a nulla!» sbotta Arm appena saliamo in macchina.
Non rispondo. Sì, è vero: ha ragione lui. Ma avevo sperato che si sarebbe convinto a fare qualche esame in più…
 
Le settimane passano e ogni mese mi ritrovo a piangere disperata perché mi arriva il ciclo.
Armando non sa più come prendermi!
Inoltre sembra che attorno a me tutte aspettino un bambino!
Una delle mie migliori amiche mi ha dato l’annuncio a gennaio. Mia cognata il mese successivo. Due mie vicine di casa sono in attesa, così come una della palazzina accanto.
E ieri sera anche la moglie di un amico di Armando ci ha comunicato la bella notizia. Che gioia!
Ogni volta che mi danno il felice annuncio, mi viene l’impulso di mandare tutti al diavolo!
Gli amici di Arm, poi, sono addirittura venuti qui da noi per festeggiare. Accidenti a loro!
Ma non hanno un minimo di sensibilità?
Ora sono qui, come ogni mattina, a fissare il test per capire se sto ovulando o meno.
La lineetta di sinistra è leggerissima, quella di destra è molto marcata. Ci siamo! Dovrei dirlo ad Armando, ma immagino già la sua reazione: per prima cosa si metterebbe a sbuffare, poi inizierebbe a lamentarsi che in questo modo gli passa la voglia e infine litigheremmo.
Va sempre così: oramai siamo ai ferri corti.
Mi viene quasi da pensare che, questo figlio, lui non lo voglia affatto!
Decido di agire diversamente.
Vado a lavorare pensando alla serata. Gli farò le lasagne, il suo piatto preferito, poi andrò a fare la doccia e a prepararmi!
Le ore sembrano non passare mai, anche se in ufficio c’è sempre la solita baraonda: corrieri che scaricano, altri che devono caricare, bolle da fare al volo, ordini all’ultimo minuto… E le telefonate poi, si rincorrono una dietro l’altra: clienti che vogliono al più presto il loro materiale, altri che chiedono dilazioni di pagamento, fornitori che pretendono gli ordini con anticipi assurdi… io e la mia collega abbiamo i capelli dritti all’ora di sera.
E, come sempre, non riusciamo ad uscire in orario.
Fiorella è scocciata: deve passare a prendere suo marito perché hanno una macchina sola e lui la sta già aspettando da più di mezz’ora. Quando arriverà, le farà una bella ramanzina!
«Tutte le volte così!» sbuffa «Certe cose te le devono dire mentre stai spegnendo il computer.» borbotta riferita ai capi.
«Già… non cambieranno mai. E dire che lo sapevano di avere quella riunione domattina. Non potevano dircelo nel pomeriggio, così avremmo avuto tutto il tempo di stilare una bella relazione?» le faccio eco, irritata. Volevo andare a casa un po’ prima stasera…
Finalmente riusciamo a timbrare il cartellino, segnando un’ora e mezza di straordinario ed usciamo nell’aria fresca di metà ottobre.
Salgo in macchina e schizzo a casa.
Faccio i salti mortali affinché sia tutto pronto per quando torna Armando, ma lui non si accorge di nulla.
«Che giornata…» si lamenta, sedendosi a tavola e attaccando le lasagne.
«Sì, anche la mia è stata un disastro.» mormoro, ma lui non mi sta ascoltando.
Prende il telecomando ed alza il volume della televisione, come se io non ci fossi.
La cosa mi fa infuriare, ma mi mordo la lingua. Devo mantenere la calma se voglio riuscire a fare l’amore con lui stasera!
Quando lui si sposta sul divano, io sparecchio e rassetto la cucina in tempo da record e poi filo in camera.
Ho già preparato la mise per la serata: una semplicissima camicia di velour bianco, completamente trasparente. La indosso e torno in salotto, sedendomi accanto a lui.
Armando continua a guadare la televisione, indispettendomi ulteriormente.
Inspiro profondamente e parto all’attacco: mi accoccolo vicino a lui ed inizio ad accarezzargli la testa, dolcemente.
Lui si volta a guardarmi come se fosse la prima volta che mi vede in tutta la sera.
Mi chino a baciarlo e lui mi passa un braccio dietro la schiena, ricambiando le mie effusioni, poi si allontana.
«Scusa. Devo aver mangiato troppo…» si giustifica.
Sento le lacrime di frustrazione riempirmi gli occhi.
«Come vuoi.» rispondo in tono amaro.
Mi alzo e torno in camera.
Mi stendo sul letto e prendo il libro che sto leggendo dal comodino, ma è troppo triste e dopo nemmeno venti pagine sto già piangendo a dirotto, così decido di chiuderlo.
Armando mi raggiunge dopo più di un’ora.
Mi accarezza una spalla, baciandola delicatamente.
«Scusa per prima… stai già dormendo?» mi chiede.
«No… non ancora.» replico, voltandomi verso di lui.
Riprendiamo a baciarci e ad accarezzarci. Ormai ci conosciamo alla perfezione, e i gesti sono quasi automatici.
E’ un po’ triste e monotono, ma dopo tanti anni non ci si può far nulla, credo!
Ci spogliamo rapidamente, e torniamo ad abbracciarci.
Le nostre mani si muovono decise, coscienti di cosa piace al nostro partner e in poco più di mezz’ora siamo sdraiati a fissare il soffitto, ansimanti.
M’infilo tra le sue braccia, cercando ancora un po’ di coccole e lui mi bacia la fronte teneramente.
Era un bel po’ di tempo che non lo sentivo così vicino! Penso, sorridendo beata.
 
E rieccomi ancora qui… nel periodo del ciclo, in ansia nella speranza che non arrivi.
Sono agitata: le solite macchioline rosa che precedono di circa cinque giorni l’arrivo del ciclo, non si sono ancora manifestate. Vorrei fare un test, ma mi trattengo… non sono ancora effettivamente in ritardo!
Ma alla fine chi se ne frega? Rosa, mia cugina, mi ha dato un sacco di test da tenere in casa quando le ho detto che Armando ed io volevamo avere un figlio. A lei non costa nulla: lavora in un laboratorio analisi dell’ospedale di Rogazzano e ne può prendere a iosa.
Decisa, ma con mano tremante, apro l’armadietto del bagno ed afferro un test di gravidanza.
Seguo le istruzioni e aspetto l’esito.
Non riesco a tenere ferma la gamba, che continua a ballonzolare; le mani mi sudano e dopo i tre minuti indicati sulle istruzioni, mi rendo conto che impugnavo talmente forte il labbro con i denti da lasciarmi il segno!
Prendo il testo tra le mani, serrando forte gli occhi, pregando affinché sia positivo.
Ne socchiudo uno, spiando la provetta: due lineette. Una rosa e una fucsia.
Cosa significavano due lineette? Mi chiedo afferrando le istruzioni e scorrendole velocemente.
POSITIVO!
Sono incinta! L’urlo si eleva dentro di me, scuotendomi tutta.
Crollo in ginocchio, piangendo di gioia.
Dopo un tempo indefinibile, mi alzo e vado da Armando, che pisola sul divano.
Mi siedo accanto a lui, non volendo disturbarlo, ed aspetto che apra gli occhi.
Quando lo fa, mi fissa sconcertato. Ho ancora gli occhi umidi di pianto!
«Ho un ritardo…» inizio.
«Ci sono mille motivi per cui…» mette subito le mani avanti, forse perché sa che se non fossi incinta ci resterei ancora peggio!
«Ho fatto il test.» dico.
«Eh?» mi chiede lui, titubante.
«Aspettiamo un bambino!» replico, scoppiando di nuovo a piangere.
Lui non reagisce subito; mi fissa, incerto, poi sorride.
«Bene.» esclama semplicemente.
Le due seguenti sono un fermento di telefonate ed esami.
Esami del sangue, contatti con il ginecologo per la prima ecografia, prenotazione della traslucenza nucale e di tutte le visite ospedaliere… non credevo si dovessero fare tante analisi!
Una mia amica mi ha regalato il disco della gravidanza: è un cerchietto in cartone in cui, se si indica il giorno dell’ultima mestruazione, compare la data di nascita e il periodo in cui si è al momento. E’ simpatico e utile! Ci sono scritte anche le visite da fare!
Il mio bambino dovrebbe nascere il 22 dicembre!
Ieri sera mi ha chiamato una mia amica.
«Me l’hai fatta sotto al naso eh?» mi ha chiesto.
«Come scusa?» le ho domandato, sconcertata.
«Ho saputo che sei incinta! Lo sai che io ci provo da quasi un anno?» mi accusa quasi.
«Mi spiace…» ma io ci ho provato per quasi due! E dire che per delicatezza non glielo avevo nemmeno detto. Chissà da chi l’ha saputo.
Ora sono alla sesta settimana.
Chissà se è normale sentire già il seno così teso?
Vado in bagno e una leggerissima macchiolina rosa negli slip attira subito la mia attenzione.
Il panico mi assale.
Accendo il pc e mi collego ad internet.
Indico “perdite gravidanza” nella barra di ricerca di Google e aspetto che appaiano le risposte.
Ce n’è un’infinità!
 
“Durante la gravidanza può capitare che insorgano delle perdite di sangue dai genitali. Spesso si tratta di perdite che si risolvono da sole e che non mettono in pericolo il proseguimento della gestazione e la salute del feto; in alcuni casi, però, possono essere una spia di un problema serio. In tutti i casi, qualsiasi perdita di sangue non va sottovalutata, per cui è necessario un controllo medico immediato per identificarne la causa (visita in pronto soccorso ostetrico).
La causa ed il significato di un sanguinamento vaginale cambiano a seconda dell’epoca gestazionale in cui si presentano.”

 
“Possono avvenire piccole perdite ematiche, non preoccupatevi non sono sempre sono segno di minaccia di aborto, avvertite il vostro ginecologo di fiducia che saprà tranquillizzarvi e consigliarvi su accertamenti e comportamenti. Se la perdita di sangue è abbondante ed è superiore alla perdita mestruale avverta immediatamente il suo ginecologo di fiducia o si rivolga alla struttura ospedaliera di riferimento per la zona dove abita.”
 
“Cosa dovrei fare se noto delle macchie o delle perdite di sangue mentre sono incinta?
Chiama il dottore immediatamente, anche se il sangue sembra essersi fermato. Potrebbe essere una cosa da poco, ma potrebbe anche rivelarsi un problema serio.”
 
Per prima cosa mando un sms al dr. Fizzi.
Mi dice di tenere sotto controllo le perdite, se aumentano di andare all’ospedale.
Vado in bagno.
Sono leggermente aumentate.
Vado in camera e mi stendo sul letto. Forse se sto a riposo smettono!
Ma non è così!
La sera sono già diventate filamenti rossi ed io sono angosciata!
L’indomani mattina perdo sangue; quasi fosse un ciclo normale.
Chiamo l’ostetricia dell’ospedale di Rogazzano e spiego loro la situazione.
«Signora, deve stare tranquilla. Io non posso dirle nulla per telefono: venga qui e facciamo un controllo.» dice con voce asettica l’infermiera.
Chiamo Armando.
«Vuoi che venga con te?» mi chiede. Dal tono della voce capisco che non ne ha alcuna voglia.
«No, grazie. Posso andare anche da sola.» replico sconsolata.
Prendo l’auto e parto, mentre calde lacrime mi scorrono lungo il viso.
In ospedale mi fanno aspettare più di due ore.
Alla fine mi visitano.
«Signora, non riesco a dirle nulla di concreto… non riesco a vedere il battito, ma è ancora troppo presto per dire qualcosa di definitivo. Aspetti ancora una settimana…» esclama il medico, ma la sua faccia non promette nulla di buono.
Torno a casa al colmo dell’angoscia.
Mi butto sul letto e mi lascio travolgere dall’emozione.
Quando Armando rincasa, mi trova in uno stato pietoso; cerca di consolarmi, ma io rifiuto le sue attenzioni.
Nei tre giorni successivi, le perdite sono diventate un vero e proprio ciclo mestruale.
Vado in bagno e, nella carta, trovo un grumo violaceo vischioso… tutto il mio essere si oppone all’evidenza!
Urlo il mio dolore, svegliando Armando che ancora dormiva, visto che è domenica!
Lui non parla… mi fissa rattristato, senza nemmeno avvicinarsi.
Mi lavo e mi vesto.
«Vado in ospedale.» mormoro, la voce resa graffiante dal dolore, come sabbia sotto le scarpe.
«Ti accompagno.» risponde lui atono.
L’attesa è ancora più lunga, visto il giorno festivo.
Dopo tre ore mi fanno entrare in uno studio medico, dove aspetto l’arrivo del medico altri venti minuti.
Il ginecologo mi visita, scuotendo il capo.
«Qui non si vede più nulla, signora. Mi sa che ha espulso tutto da sola… non deve nemmeno fare il raschiamento!» esclama come se stesse parlando di una macchia di grasso sulla cucina!
«Possiamo riprovarci?» domando, la voce rotta dal pianto.
«Sì, certo. Tra un paio di mesi… è una cosa normale sa? Capita al 15-20% delle donne.» mi spiega.
E chissenefrega?? Non sono mai arrivata tra i primi dieci in nulla, dovevo rientrare in una percentuale così esigua proprio una volta che sono riuscita a restare incinta?!
Non riesco a sentire il resto del discorso del dottore.
Esco come un automa dallo studio, dirigendomi alla macchina.
Per la strada mi squilla il cellulare.
E’ mia zia.
Passo il telefono ad Armando: io non voglio parlare con nessuno, non ci riuscirei nemmeno. Sono scossa dai singhiozzi!
Lui spiega la situazione, ascolta e risponde.
«Glielo dirò, grazie.».
Mi sembra di vivere una situazione assurda… non può essere successo davvero! Non ci credo! Non è possibile… penso fra i singhiozzi.
A casa, mi chiudo in camera e mi getto sul letto, ignorando Armando e il telefono che sembra voler squillare ininterrottamente.
«Mi dispiace…» mormora Armando.
E’ in ginocchio accanto a me. Non l’ho nemmeno sentito entrare.
Davvero? Avevo avuto l’impressione che non volesse un bambino!
Lo scosto da me, troppo sconvolta per ragionare coerentemente.
«Gemma… io…» la sua voce s’incrina.
Mi volto a guardarlo e noto che ha le lacrime agli occhi.
Lo abbraccio, stringendomi a lui disperatamente: sta soffrendo quanto me!
 
Sono passati mesi, dieci per l’esattezza, e siamo ancora qui.
Non so se riusciremo mai ad avere un bambino, ma continuiamo a provarci.
All’inizio Armando era preoccupato; aveva paura che se fossi rimasta incinta avremmo passato nove mesi in ansia, ma la sua paura è inutile: sono certa che  non avremo mai il bambino che desideravamo tanto!  Ho perso ogni speranza…
Nel frattempo ho messo su più di dieci chili e una vena di amarezza che non mi è mai appartenuta.
Ho smesso di contare le persone che mi dicono che sono giovane – cosa peraltro nemmeno tanto vera, visto che ho già superato i trentacinque anni! – e che ne arriverà un altro!
Come se avessi perso un paio di scarpe! Ignoranti. Ma come caspita gli viene in mente?
E a quelli che mi consigliano di fare l’amore spesso? Cosa dovrei rispondergli?
L’unica cosa che mi viene in mente è troppo volgare!
Intanto, due mie cugine mi hanno dato la bella notizia: anche loro aspettano…
Non riesco a non odiarle almeno un pochino.
E nemmeno la mia vicina, che ha partorito il 26 dicembre scorso… l’ha chiamato Moreno: proprio come l’avremmo chiamato noi se fosse nato…
Non riesco a guardarlo, è più forte di me: ogni volta che li incontro cambio strada!
E’ impossibile spiegare il dolore che si prova quando si perde un figlio, per quanto mai nato… è una cosa che ti corrode dentro, ti senti inadeguata, impotente, sai che in un certo senso la colpa è tua… è tua la macchina che si è inceppata… è come se l’anima si lacerasse, il cuore si spezzasse e il corpo si squarciasse… quasi impossibile da sopportare.
A volte mi chiedo perché Dio permetta che certe cose accadano: perché fa partorire ragazzine che poi gettano via i loro bambini appena nati e non fa invece procedere gravidanze a donne come me, che non chiedono altro di avere un figlio da amare?
Certo, razionalmente so che Dio in tutto questo non c’entra, che lui può solo darci la forza di sopportare i mali della vita, ma emotivamente è diverso…
Sento un vuoto dentro di me… un baratro senza fondo… un precipizio… e non so proprio a cosa attaccarmi per risalire in superficie!
Solo una cosa mi fa andare avanti: Armando.
Il mio amore per lui ed il suo amore per me. Solo questo. Per me lui è la luce del mattino e l’astro della sera…
E’ solo per amore suo che sopravvivo…
   
 
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