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Autore: Baldr    22/07/2015    1 recensioni
Odino ha scelto Thor e Loki non si dà pace. Il dio degli inganni cerca di sedare il proprio livore soddisfacendo i propri desideri, anche i più perversi, ma questo comportamento lo esporrà a un subdolo ricatto al quale suo malgrado si piegherà.
Quando sarà Thor a essere vittima degli eventi e il trono di Asgard sarà in pericolo, Loki verrà inviato assieme a Sif su Midgard alla ricerca degli ultimi discendenti dell'ormai estinto popolo dei giganti della terra.
Loki cercherà quindi i propri figli e chiederà aiuto a Hela per poter aiutare il proprio fratello. Sarà lei a porlo di fronte a un compito nel quale Loki si cimenterà per poter salvare Thor e Asgard.
Sarà proprio questa ricerca spasmodica della salvezza a condurre il dio degli inganni lungo una via senza ritorno, che alimenterà il gelido inverno giunto nella sua anima.
ATTENZIONE: l'incest è solo accennato
Seguito di Nel passato.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Loki, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Incest
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Kamar







La via dei rimorsi

 

Le stelle tremolavano nel cielo dove, mentre Hati, la luna dal tenue alone azzurro, si tuffava nell’oceano a occidente, Mani, dal fulgore rosato, ne aveva preso il posto accanto alla candida Skadi. Sembrava quasi che gli astri tremassero, percependo il tumulto che agitava l’animo del principe cadetto che, all’apparenza, rimirava la volta celeste, sdraiato sulla soffice erba che danzava, seguendo l’impercettibile melodia suonata dal vento. L’aria era pregna dell’aroma dell’erica che aveva acceso di colori le colline a nord di Asgard.

«Loki.»

La voce di Frigga lo strappò al livore che gli stava corrodendo l’anima. Sciolse le mani da dietro la nuca e si alzò in piedi, volgendosi verso la regina.
«Madre» esclamò Loki, avvicinandosi a lei; prese le mani che ella le offriva e fletté il busto per omaggiarle con un bacio rispettoso, ma sterile. La delusione aveva indurito il suo cuore e l’affetto che nutriva per la donna faticava a sfuggire al suo cupo umore. «Questo luogo non si addice a una regina, soprattutto a questa tarda ora» aggiunse con un sorriso spento.

Frigga colse quell’asprezza nei modi di fare del figlio e sorrise benevola. «Come stai?» Come Odino e i due principi erano rientrati da Alfheim, i figli erano andati a festeggiare con gli amici ma, quando si erano ritirati per coricarsi, Loki si era allontanato da palazzo. I suoi poteri la avevano informata di quell’evento ben prima che Odino sottoponesse i due eredi alla prova per decidere chi di loro lo avrebbe sostituito sul trono. Quello era il motivo per cui ella si era recata sulle colline, dove sapeva avrebbe trovato il secondogenito.

«Bene» rispose prontamente il ragazzo, ormai diventato uomo. Innanzi allo sguardo penetrante della madre, Loki strinse le labbra, intuendo come sua madre comprendesse il suo malessere e fosse preoccupata a riguardo. A volte aveva l’impressione che Frigga riuscisse a leggergli nell’anima. Il principe abbassò il capo, portando l’attenzione sulle proprie mani ancora intrecciate a quelle della donna. «Ho deluso Padre. Di nuovo» soffiò, deglutendo con rammarico.

Frigga scosse il capo. «Non dire così...»

Loki sollevò le iridi di smeraldo, puntandole in quelle di lei. «È così. Ho visto il suo sguardo su Alfheim e, ti assicuro, era tale a quello che mi ha rivolto in molte altre occasioni. L’ho deluso.»
«Capita a tutti di sbagliare...» mormorò lei e il figlio si scostò con un gesto secco, dandole le spalle.

Loki alzò lo sguardo al cielo, arricciando le labbra in una smorfia di disappunto e poi si voltò verso di lei, sollevando la mano sinistra per accompagnare le parole: «Io non ho sbagliato. Ho fatto quello che andava fatto per garantire un futuro solido ad Asgard. Ho fatto quello che qualunque re avrebbe dovuto fare» spiegò accorato.

La madre intrecciò le dita sul grembo, guardandolo con espressione pacifica. Il marito le aveva raccontato ciò che era accaduto su Alfheim, dove i due principi erano stati sottoposti alla medesima prova. Ciascuno di loro era stato incaricato di accompagnare il futuro erede al trono degli elfi della luce nel cuore della foresta sacra. Egli era apparso loro come un bambino viziato e maleducato, che li aveva tediati per tutto il tragitto, sino a quando la sua vita non si era trovata a dipendere dalle scelte di chi lo scortava.

Thor, nonostante le offese e le umiliazioni, gli aveva salvato la vita, mentre Loki aveva lasciato che spirasse, privandolo volontariamente della possibilità di sopravvivere.

Da quell’azione, Odino aveva dedotto che il secondogenito fosse pronto a colpire un alleato in difficoltà, approfittando della sua debolezza e aveva deciso di scartarlo, preferendo invece Thor.

«Raccontami come è andata» sussurrò Frigga, sorridendogli amorevolmente.

L’espressione del figlio si indurì. «Sai già com’è andata: Thor ha superato la prova e diventerà re fra tre anni.»
Lei scosse il capo, socchiudendo gli occhi per pochi istanti, poi afferrò la stoffa della gonna, la sollevò un poco e si sedette sull’erba.

Loki la guardò diffidente, spiazzato da quell’azione e sollevò un sopracciglio quando Frigga lo invitò, con un gesto della mano, ad accomodarsi al suo fianco.

«Voglio sentirlo narrare da te, voglio conoscere come lo hai vissuto tu e non tramite le parole di terzi, che filtrano i fatti tramite il proprio modo di percepire il mondo. Loki, dimmi cosa ti è successo su Alfheim, per favore.»

Lui strinse le labbra, ispirando a fondo, per poi sbuffare e sedere alla sinistra di Frigga. Lei sorrise e gli posò la mandritta su una coscia, offrendogli il palmo.
L’espressione di Loki si addolcì e scosse il capo, la guardò e con le mani accennò a quel gesto materno: «È infantile» commentò.
La donna sollevò un sopracciglio e sorrise. «Sei mio figlio e nel mio cuore di madre sarai sempre il mio bambino.»
Lui sorrise, lasciando che l’affetto che nutriva per Frigga trasparisse anche nelle iridi scintillanti come le numerose stelle che impreziosivano i cieli di Asaheim. Posò la mano su quella che la madre gli offriva e le strinse dolcemente il pugno tra le dita. Scese il silenzio, disturbato solo dal frinire dei grilli che annunciavano l’arrivo dell’estate. Lui osservò il palazzo stagliarsi fulgido contro il cielo. Le stelle sembravano incoronarlo, attestando che Asgard e i suoi abitanti fossero i difensori dell’ordine in tutti i nove regni. Loki, in realtà, non lo vedeva; davanti ai suoi occhi scorrevano le immagini della sua prova, i suoi ricordi ripercorrevano gli eventi e le sue scelte e tutti gli apparivano logici e ineccepibili.

Loki spostò lo sguardo su Frigga e le raccontò di come avesse camminato nella sacra foresta elfica, di come avesse combattuto contro un imponente cinghiale dal manto bianco, privato dei propri poteri dalle peculiarità di quel luogo antico quanto Yggdrasill stesso. Le parlò del principe Diarmuid morente che si era rivelato debole, inadatto a regnare e a mantenere l’alleanza con Asgard e della sua decisione di non salvarlo, per non intaccare il potere che Odino aveva faticosamente costruito nell’arco dei secoli. Era sua convinzione che gli elfi avrebbero potuto scegliere un nuovo regnante che, facilmente, si sarebbe rivelato migliore del giovanissimo principe.

Frigga lo ascoltò senza mai interromperlo e, solo quando Loki tacque, prese parola. «Perché pensi di aver deluso tuo padre?»

Il principe sospirò addolorato. «Perché ho disubbidito: ci era stato detto di servire e proteggere Diarmuid e accontentare ogni sua richiesta. Ho disatteso invece il suo ultimo ordine, venendo meno al volere di Odino.»
La donna strinse impercettibilmente le labbra. «Tesoro, disubbidire non sempre è sbagliato e Odino questo lo sa bene. Ma se invece tu fossi stato superficiale nella tua scelta? Forse non hai ponderato la situazione come tuo padre si aspettava che tu facessi...»
Loki la guardò perplesso. «Ho valutato la possibilità che a Diarmuid venisse affiancato un tutore, che lo avrebbe accompagnato sino alla maggiore età, ma non conoscendo quest’ultimo, ho ritenuto che l’attuale rapporto che lega Asaheim ad Alfheim sia l’ideale al momento e che, quindi, Re Finn avrebbe potuto prolungare la sua carica piuttosto che abdicare in favore dell’erede.»
Frigga sorrise e sollevò una mano, posandola sulla guancia del figlio. Anche se non lo era davvero, lo aveva cresciuto, plasmato e lo amava come sangue del proprio sangue. Capiva quel suo modo di ragionare che poteva apparire contorto e oscuro, ma vedeva anche la luce che Loki inseguiva in quei ragionamenti.

«La personalità di un individuo è la somma delle sue esperienze, Loki. Da piccolo eri timido, taciturno, non sei forse cambiato crescendo?» chiese con tono gentile.

Lui aggrottò la fronte, poi chinò il capo, schiudendo le labbra. «Pensi che sarebbe potuto cambiare crescendo?»
Frigga continuò a sorridere amorevolmente. «Sarebbe cresciuto e magari avrebbe trovato una persona con cui condividere il peso del trono.»
Loki sollevò lo sguardo e la rimirò alla luce delle due lune rimaste in cielo. «Un consigliere che potesse educare, mitigare e guidare...» mormorò, mentre quella nuova consapevolezza lo colpiva come un’epifania.

«Tuo padre non stava testando la capacità di essere re dell’elfo, ma la tua e quella di tuo fratello… e un re deve essere lungimirante, deve saper guardare lontano» spiegò paziente.

Lui si passò una mano sul viso. «Sono stato cieco, avrei dovuto salvarlo, invece questo mio errore di valutazione mi è stato fatale.»
Frigga sorrise. «Non essere così duro con te stesso. Sei ancora con noi e assieme a tuo fratello potrai fare di Asgard un posto migliore.  Entrambi siete nati e cresciuti per essere re. Thor sarà un buon sovrano anche grazie ai tuoi consigli.»
Loki avvertì un brivido, che gli corse lungo la schiena al pensiero di affiancare Thor sul trono. Il principe sii vide nel ruolo che Frigga ricopriva al fianco di Odino e si immaginò a riprendere le sembianze di Jarnsaxa. Con i polpastrelli di indice e medio si sfiorò le labbra e poi un nodo gli si strinse allo stomaco. Era un’illusione, un errore in cui non doveva più accadere. Amava Thor, ma entrambi non potevano permettersi di indulgere in quello sbaglio. Jarnsaxa non sarebbe mai più apparsa, era morta e tale doveva essere anche quell’insana ossessione per il fratello.

Loki riportò l’attenzione sulla madre, le sorrise e si sporse verso di lei per posarle un bacio affettuoso sulla gota. «Grazie per farmi dono della tua esperienza» disse sincero, quindi si alzò e le porse le mani, aiutandola a rimettersi in piedi.

Ritornarono a palazzo, conversando di incantesimi e Frigga si rese conto che ormai vi erano poche cose che poteva insegnare al figlio in quel campo. Anzi, Loki era uno sperimentatore e, probabilmente,avrebbe potuto dispensare il proprio sapere a lei.

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La luce filtrava attraverso le ampie vetrate della biblioteca di corte, assumendo le sfumature di colore delle figure dipinte sui vetri. Nell’area di lettura, a pochi metri dalla porta, poche erano le figure chine sui pregiati tomi che, solitamente, affollavano gli imponenti scaffali che si elevavano sino al soffitto affrescato.

Le abitudini di Loki lo portavano a leggere rinchiuso nei propri appartamenti, ma aveva lasciato le proprie stanze alle cure dei domestici e si era ritirato in quell’ala del palazzo in cerca di quiete. Il silenzio aleggiava nell’ampia sala, creando un’atmosfera magica, pregna dell’odore delle pergamene e della carta antica, mentre il pulviscolo danzava sui raggi di luce senza che nessuno si curasse della polvere.

Il rumore della porta non attirò alcuno sguardo, come invece accadde per la parola pronunciata ad alta voce, senza alcun rispetto per quel luogo.
«Fratello!»
Loki sollevò lo sguardo su Thor, sollevando un sopracciglio e assumendo un’espressione stupita.

Thor sorrise teso e si avvicinò al suo tavolo con passo pesante, mentre sguardi di disappunto accompagnarono il suo incedere. «Ti ho trovato! Desideravo...»
Il cadetto sollevò una mano davanti alle labbra, zittendolo e poi gli indicò la sedia innanzi a sé. «Fratello» sussurrò, «comprendo come tu non sia avvezzo a questo luogo ma, ti prego, modera il tono di voce e limita la tua irruenza» disse severo, scrutandolo intensamente.
Il dio del tuono aggrottò la fronte e parlò, lasciando che la sua voce possente violentasse la quiete. «Scusa!» Davanti allo sguardo gelido del minore, chiuse la bocca e si sedette, rimanendo in silenzio. Prese uno dei tomi impilati vicino a Loki e arricciò le labbra, leggendone il titolo, per poi appoggiarlo sulla superficie di legno. Portò le iridi celesti su Loki, trovandolo nuovamente intento a leggere e sospirò.

«Fratello...» sussurrò, sporgendosi verso il cadetto, «sei arrabbiato con me?»
Loki si limitò a sollevare gli occhi e a fissarlo. «Come, scusa? Perché dovrei?»
Thor lo guardò a disagio, appoggiò gli avambracci sul tavolo e spiegò sommessamente: «Perché Padre ha scelto me...» Si ritrasse, appoggiando la schiena allo scranno. «Quando ieri siamo andati a festeggiare, sei sparito. Non ci ho pensato subito, ma stamane mi è venuto il dubbio che potessi essere adirato con me» ammise candidamente il suo timore.

Loki poté scorgere i sentimenti del fratello, scorrere impetuosi e limpidi dietro le barriere celesti che erano i suoi occhi, senza che nulla potesse inquinarli. Thor si era preoccupato al punto di andarlo a cercare in quel luogo a lui così poco familiare.

Loki scosse il capo. «Non mi stupisco che tu abbia impiegato un’intera notte per formulare un pensiero così complesso» commentò sommessamente, per poi sorridere radioso. «Non sono arrabbiato con te. Il mio biasimo va unicamente alla persona che ha causato il mio fallimento...» Il pensiero corse a Odino e Loki si irrigidì. Possibile che una parte di sé considerasse suo padre colpevole?

«L’unico responsabile sono io e le scelte che ho effettuato» assicurò il dio degli inganni sottovoce, scacciando l’idea che aveva fatto capolino alla sua mente.

Thor lo afferrò per un braccio e lo fissò duramente. «Non hai colpe. Anche io avrei potuto fallire la prova, Diarmuid ha rischiato di morire anche con me, non sono stato sufficientemente abile da proteggerlo come avrei dovuto» sentenziò deciso, attirandosi le occhiate degli studiosi presenti e suscitando qualche parola di biasimo.

Thor si alzò stizzito. «Smettetela» tuonò rivolto agli sconcertati spettatori. «Sono il vostro futuro re e sto discutendo di cose importanti con mio fratello!»
Loki si passò le dita sulla fronte con un’espressione di fastidio, si alzò, afferrò il fratello per un braccio e lo trascinò fuori. Lo guardò duramente e Thor allargò le braccia.

«Ho capito che bisognava fare silenzio, ma là dentro pare che non si sia liberi di starnutire senza destare astio!»
Il principe cadetto sollevò le sopracciglia e poi scoppiò a ridere, stringendosi l’addome con il braccio sinistro e soffocando l’ilarità con il pugno destro.

«Fratello, sei irrecuperabile!» commentò Loki, passandosi una mano sotto l’occhio destro, per poi dare una pacca sulla schiena di Thor, il quale gli passò un braccio sulle spalle.
«Non mentire, Loki. Senza di me saresti perso! Nessuno è in grado di farti ridere come ci riesco io!»
Il giovane sorrise e annuì. «Questo è vero, hai una dote unica per riuscire a far ridere il buffone di corte.»
Thor si fermò e gli mise le mani sulle spalle. «Non sei un buffone. Sei mio fratello e nessuno può insultare la tua persona. Neanche tu.» Si fissarono per alcuni istanti e, quando Loki annuì, Thor gli diede un paio di pacche sulle spalle, poi si incamminò lungo i corridoi di palazzo, assieme a lui.

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Il temporale imperversava sulla città, versando violente scariche di pioggia sui tetti dei palazzi di Asgard. Coloro che erano stati colti dall’acquazzone lungo le strade, si stava affrettando per cercare un riparo.
Loki, con il cappuccio ben calato sul volto, avanzava lungo l’acciottolato, diretto alla sua meta, mentre il cielo si incupiva, inginocchiandosi innanzi all’imminente notte.

Il principe si guardò attorno con rammarico: anche nel Regno Eterno esistevano zone oscure come quelle, zone dove la legalità era messa a dura prova. Da bambino ne era disgustato, mentre ora le trovava utili per i propri studi. Alcune pozioni richiedevano ingredienti insoliti, rari, talvolta illegali e i bassifondi costruiti a ridosso del porto erano il luogo ideale per trovarli.

Quella sera, però, non erano le pozioni a condurlo nelle bettole da marinaio.
Loki alzò lo sguardo, sollevando con una mano il cappuccio per osservare l’insegna del bordello. Non aveva paura di essere riconosciuto, visto che aveva magicamente mutato i propri tratti, in quelli di un uomo dai capelli rossi, gli occhi azzurri e una corta barba. Deglutì, strinse le labbra e controllò lo spiazzo davanti l’edificio a due piani. Non era la prima volta che si recava in una casa di piacere, ma mai in quella zona e mai…

Il principe sbuffò, a grandi passi raggiunse la soglia ed entrò. Socchiuse gli occhi per abituarli alla penombra ancora più marcata di quella che, all’esterno, preannunciava le tenebre. Si schiarì la gola, infastidita dal fumo che riempiva l’ambiente angusto dal soffitto così basso da trovarsi a poco meno di una spanna sopra alla sua testa. Decine di occhi si posarono sulla sua figura e, quando una donna dal prosperoso seno si avvicinò, lui si decise ad abbassarsi il cappuccio sulle spalle.

Lei lo squadrò e sorrise. «Non sembri un marinaio.»
Loki sollevò l’angolo delle labbra verso l’alto in un mezzo ghigno. «Non importa quel che sembro, ma quel che desidero.»
Il sorriso di lei si allargò. «Cerchi compagnia?» Lui annuì impercettibilmente e lei gli diede le spalle. «Seguimi.» La donna si incamminò, ancheggiando, e Loki la seguì, guardandosi attorno con discrezione. Allucinogeni, liquori illegali, prostituzione: la sala era un caleidoscopio di perversioni.

Quella che si rivelò essere la proprietaria, fermò una cameriera, scambiò con essa due parole e poi proseguì, conducendo Loki in una stanza adiacente. L’odore di chiuso lo colpì come un pugno allo stomaco.

Poco dopo il loro ingresso, da dietro un pesante arazzo che adornava la parete che aveva innanzi, si palesarono una decina di donne, di diverse età, un paio erano avvenenti, mentre altre erano divorate dalla sifilide.

«Quale preferisci?» gli domandò la matrona.
Lui le studiò, tentato di sceglierne una, ma non era lì per quello. «Vorrei una compagnia particolare, sebbene costoro siano tutte molto graziose.»
La donna sollevò le sopracciglia. «Lo sai che il servizio si paga in anticipo, vero?»

Loki scostò il mantello e le lanciò una sacca, gonfia di monete d’oro. Lei ne saggiò il peso con diffidenza, sciolse il legaccio e sgranò gli occhi, incredula. Afferrò un pezzo di metallo e lo addentò, per saggiare la purezza del metallo.
La matrona sii volse alle altre donne e le scacciò con gesti frettolosi. «Sciò, via di qua e chiamatemi i ragazzi. Thrud, mandami Oddar.»

Pochi istanti dopo, a uscire da dietro l’arazzo, furono dei giovinetti, alcuni fin troppo giovani e dai lineamenti efebici. Loki si avvicinò e li studiò attentamente, uno dopo l’altro.
«Quanti anni hai?» domandò a un ragazzotto, sollevandogli il mento per guardarne gli occhi azzurri.

«Tredici» rispose il ragazzo, fuggendo il suo sguardo.
Loki vide il rossore diffondersi sul suo volto e gli atteggiamenti tipici di chi è abituato a mentire ma non lo fa con cura. Inoltre, il giovane era troppo alto per l’età che dichiarava. Lo colpì con un manrovescio. «Non mentirmi, argr(*)
Il giovane, tenendo la mano sulla guancia dolorante, alzò lo sguardo spaventato sulla proprietaria, alla quale si era avvicinato un marinaio con la faccia poco rassicurante. Lei gli passò la sacca di soldi ricevuti da Loki e si avvicinò al cadetto.

«Mio signore, perdonatelo. La colpa è mia che gli ho sempre detto che ha tredici primavere, ma in realtà ne ha tre in più» assicurò, manipolando la menzogna per giungere alla verità.

Mentre lei parlava, Loki osservò il marinaio: era poco più alto di lui, con un fisico robusto come quello di Thor, il viso bruciato dal sole e i capelli che, sotto lo sporco, dovevano essere biondi.
«Allora?» La domanda della donna lo strappò dai suoi pensieri e Loki la guardò crucciato.

Lei sorrise e ripeté: «Scegliete il giovane Snorri?»
Loki tornò a guardare il sedicenne e poi annuì. «Sì.»
«Ottima scelta» rispose lei e gli indicò una scala accanto alla quale aspettava una cameriera. «Vi accompagnerà alla stanza che vi ho fatto riservare» aggiunse.
Lui si incamminò ma, come mise il piede sul primo gradino, si voltò e tese il braccio verso il marinaio. «Voglio anche lui.»
La matrona sgranò gli occhi. «Ma… mio signore!»
«Il denaro che ti ho dato basta a mandare avanti questo porcile per una luna intera, ma se non avrò anche quell’uomo, me lo riprenderò e ne dovrai fare a meno» minacciò Loki con voce tagliente.
Lei strinse le labbra e guardò il marinaio che scosse il capo e lei lo zittì con un gesto secco della mano. Sorrise e fece una riverenza. «Lo avrete!» assicurò remissiva.
«Bene. Prima di farli salire, fate a entrambi un bagno: cercate di togliergli di dosso l’odore di fumo e pesce.» Loki seguì quindi la cameriera che lo condusse al piano superiore.





 
(*)Argr nella lingua dei vichinghi era l’aggettivo che indicava un omosessuale che, nelle rapporti, aveva il ruolo di passivo.

Ed eccoci al seguito di Nel passato. Non so quanto saranno veloci gli aggiornamenti, perché è ancora in scrittura. Potrebbero esserci molti più errori rispetto a prima, perché i corvi sono migrati su altri trespoli, quindi ci sono meno occhi a controllare gli strafalcioni che scrivo ^^'
Grazie per chi ha seguito Nel Passato ed è approdato qua desideroso di leggere il seguito. Grazie a chi è appena arrivato, invece.
Per chi fosse interessato può leggere anche Nel Passato.

Grazie a tutti i lettori.
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Daniela

 

   
 
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