Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Altariah    22/07/2015    2 recensioni
"La camicia che si stava infilando era di lino chiaro, larga e ruvida in confronto alla dolcezza dell'acqua sulla pelle; la lasciò sbottonata, rabbrividendo quando l'aria fresca vi si insinuava dentro e beandosi di quella sensazione tanto attesa.
L'uomo fece qualche altro passo, ancora più lontano, verso gli alberi. Con la schiena appoggiata ad un salice bianco, poco più avanti, c'era Kenny."
[Kenny x Uri amori miei]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kenny Ackerman
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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And from the rain
comes a river running wild that will create
an Empire for you,
an Empire for two.

 
Uri aveva lasciato i vestiti su un masso asciutto lontano dall'acqua e si era immerso nel fiume gradualmente, trattenendo il fiato quando l'acqua aveva iniziato ad arrivargli all'altezza delle cosce. 
Il freddo gli risvegliò gli occhi stanchi, una volta che fu completamente sott'acqua. Nuotò per qualche metro, verso una pozza più profonda. Respirò brevemente e si immerse di nuovo, puntando verso il fondale, godendosi la sensazione della pressione dell'acqua che gli si premeva addosso e ammirando il paesaggio sfocato delle profondità.
Uscì ancora, a corto d'aria. Prese un respiro profondo che gli riempì i polmoni, con una mano si portò indietro i capelli biondi, appena leggermente scuriti dall'acqua.
Era molto tempo che non si permetteva di fare un bagno lì. L'ultima volta di cui aveva memoria risaliva alla sua adolescenza. C'era stato il tempo in cui lui e Rod a volte andavano a tuffarsi, nelle giornate più calde. L'acqua era sempre stata fredda, però. Proprio come ora; questo se lo ricordava benissimo. 
Ricordava anche come al ritorno di quell'ultima volta erano stati sgridati severamente. Non si sarebbero più dovuti allontanare, il fiume era troppo pericoloso, pieno di mulinelli e correnti nascoste. A quella spiegazione breve e blanda ne era seguita un'altra, molto più concreta a cui inizialmente non prestarono attenzione; sembrava una storia sciocca di re e regine, di discendenti, di riti. Poi arrivarono gli obblighi e le responsabilità. 
Indipendentemente da chi avrebbe proseguito il ciclo, entrambi non avrebbero potuto permettersi di rischiare la vita in alcun modo, e nessuno dei due avrebbe mai dovuto lasciare l'altro. Niente più fiume. 
Il mondo per i due fratelli venne ribaltato d'improvviso. Uri vide la paura negli occhi di Rod, e immediatamente seppe quello che era giusto fare. Doveva essere lui, e lui solo a farsi carico di quel fardello. Se si trattava di qualcosa di maledetto o divino, non era chiaro nemmeno a loro.
Poteva sembrare strano che il vero re avesse a cuore qualcosa di tanto stupido, ma da quando gliel'avevano negata, l'ansa umida e fredda era diventata un pensiero fisso. Il ricordo della superficie pulita e dei fondali verde smeraldo lo accompagnava nei momenti di solitudine, ogni qual volta la fronte iniziava a sudare sotto la frangia bionda. Non si divertiva perché c'era Rod, quando ancora erano entrambi bambini. Lui non c'entrava. Lo ignorava il più delle volte e anzi, avrebbe voluto essere solo. Amava quel posto: era certo che le rocce del fondale e i rami che s'intrecciavano sulle sponde fossero i più belli che in tutto il resto del percorso che l'acqua si era scavata, prima di riversarsi in un fiume più grande e impetuoso.
Uri fece il bagno per un'ora intera: si tuffò da una sporgenza sulla roccia, andò in apnea per vedere quanto i suoi polmoni avrebbero resistito prima di chiedergli disperatamente nuovo ossigeno. Nuotò contro corrente. 
Scrollò i capelli una volta uscito e agitò le mani, cercando di liberarsi in fretta di più acqua possibile. Si rivestì velocemente, lasciando comunque chiazze scure contro il tessuto che si incollava alla pelle ancora umida. 
La camicia che si stava infilando era di lino chiaro, larga e ruvida in confronto alla dolcezza dell'acqua sulla pelle; la lasciò sbottonata, rabbrividendo quando l'aria fresca vi si insinuava dentro e beandosi di quella sensazione tanto attesa.
L'uomo fece qualche altro passo, ancora più lontano, verso gli alberi. Con la schiena appoggiata ad un salice bianco, poco più avanti, c'era Kenny.
"Hai le labbra viola."
Uri poté solamente sorridere in risposta, andando a sedersi al fianco dell'altro. 
Dopo poco il biondo si passò una mano sugli occhi. La stanchezza ora tornava a farsi sentire. "Potrei addormentarmi da un momento all'altro." Disse. Si appoggiò alla spalla di Kenny senza nemmeno aspettare la sua reazione, e premette una guancia sul tessuto della sua giacca. 
"Doveva essere gelida quell'acqua" Sospirò l'uomo dai capelli neri, indicando appena con una mano il fiume. "Sei stato dentro una maledetta ora. Mi stavo preparando a vederti galleggiare e trasportare dalla corrente, morto di ipotermia." I suoi occhi scesero verso la sua destra. Una testa bionda gli premeva contro la spalla, i capelli ancora umidi e gocciolanti che gli impregnavano i vestiti. "Coglione."
Uri soffocò una risata. "Ho sonno", si limitò a dire. 
Con movimenti fluidi si staccò dalla sua spalla e appoggiò la guancia contro le sue gambe. Kenny rimase immobile, guardando come l'altro si stava accomodando sul suo grembo. Forse, qualche mese prima ne  sarebbe rimasto stupito, scioccato. Forse, un anno prima avrebbe riso fino a perdere la voce e gli avrebbe tagliato la gola, di fronte a un gesto simile. Ora era  tutto differente.
"Riesci a vederlo? È bellissimo, qui." Bisbigliò Uri, sollevando Kenny dai suoi pensieri. Il biondo scivolò nel suo sonno vigile appena dopo aver pronunciato quelle poche parole. 
Kenny non era sicuro di aver capito cosa avrebbe dovuto vedere. Alzò una mano e la portò sui capelli dell'altro. Li accarezzò lentamente, ma non erano morbidi come sempre; ora le ciocche erano unite e ancora fradice, sparpagliate senza senso sulla testa di Uri. Immerse le dita nella distesa bionda e arruffata, e leggermente cercò di pettinarla. Forse iniziava a capire perché ad Uri piacesse tanto quel posto. Era fuori dal mondo, era immobile. Anche l'acqua sembrava ferma, contrariata all'idea di dover scorrere verso valle. Nessuno li avrebbe mai visti, lì. Nessuno avrebbe mai saputo la strada per arrivarci.
Lo sguardo di Kenny scese verso il petto di Uri. Lo guardò alzarsi ed abbassarsi, calmo. Il suo sterno scoperto era bianco e risplendeva più delle sue vesti di lino. Era minuto, magro. Androgino. Aveva una bellezza inconsueta, difficile da trovare per chiunque. Percorse il suo collo scheletrico con gli occhi e indugiò sul punto molle sotto il suo mento. Vi passò un dito e toccò leggermente. Ai lati poteva sentire la resistenza tipica delle ossa, la sua mandibola dura che disegnava invece una curva morbida sul viso. Al centro la carne, la lingua poco più sopra. Aveva ucciso più di un uomo trapassandolo con un coltello in quel punto. L'aveva fatto quando lo odiava particolarmente, o quando aveva bisogno di vendetta.
Solo ora, avendo la vita di Uri tra le sue mani come mai prima di allora, aveva sentito il cuore stringersi nel petto. Non era capitato mai nelle volte in cui Uri l'aveva fatto chinare per baciarlo, neppure le volte in cui erano finiti a letto insieme. Solo ora sembrava tutto chiaro, e gli ci era voluto solamente questo per capirlo. Tutto il suo mondo adesso aveva una forma diversa. 
"Ti amo" Si era accorto di pensare. 
"Forse sì, lo vedo." Disse invece, certo che Uri l'avesse sentito, anche se addormentato. Lui sentiva tutto.

We welcome the fear;
heavy stones fear no weather.

C'erano le rughe sul suo viso femminile.
Erano passati ventitré anni. 
"Sarà domani, Kenny. Non voglio che tu ci sia."
"Ci sarò, invece." L'uomo chiuse la mascella.
"Sappi allora che non ti guarderò. Non lo farò."
A Kenny si spezzò il fiato. Non avrebbe più visto i suoi occhi. Ricordò la prima volta che li aveva incontrati, aspri e terribili. Ricordava bene cosa aveva pensato la prima volta che li aveva visti. All'epoca era ignaro, ma avrebbe giurato che appartenessero ad una creatura irreale. Come se dietro ad essi si nascondesse uno spirito. Non aveva sbagliato di molto.
Solo dopo aveva scoperto che quegli specchi chiari sul viso di Uri si animavano come fiamme in momenti precisi, che non erano sempre uguali. Capitava quando si agitava ma cercava di non darlo a vedere. Quando si appassionava. 
"Rod è un cazzo di animale." Ringhiò Kenny, la rabbia rassegnata. Frieda avrebbe acquisito l'eredità. Uri sarebbe stato perduto. 
I due uomini si abbracciarono. Uri lo strinse, appoggiò la guancia contro il petto di Kenny. Era sempre stato così alto. 
Kenny assunse uno sguardo severo, sperando di sfuggire al dolore. 
"Io sono felice di andarmene." 
"Non dire stronzate. Morirai. Ti spezzeranno le vertebre... lei berrà... morirai." A Kenny s'incrinò la voce all'ultima parola, raggiungendo un picco alto di cui si pentì subito. 
"Non ho più la forza. Tutto..." Uri si indicò la fronte, poi il cuore, "tutto questo mi sta già divorando dentro. Da sempre." Al fianco di Kenny la vita non era stata bella, ma migliore. "Non preoccuparti, va tutto bene."
Lo sguardo che si scambiarono non fu solo loro. Kenny lo sapeva: vedeva gli occhi dell'altro accendersi di minuto in minuto e aveva capito di non essere il solo testimone. Quel momento si perse tra i riflessi blu degli occhi di uno e poi cadde lontano, quando l'uomo più alto guardò altrove. Era troppo.
Uri lo cinse ancora, stringendogli le braccia attorno ai fianchi; questa volta la sua stretta era cedevole, tremante di disperazione. Era la prima volta che Kenny lo sentiva tremare sul suo petto. L'ultima. Ma durò solo un attimo. L'attimo dopo l'uomo dai capelli chiari stava guardando in su, cercando gli occhi dell'altro con un sorriso lieve a tratteggiare le sue labbra sottili.
"I miei ricordi di te rimarranno. Noi vivremo, Kenny."










 
  
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