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Autore: nigatsu no yuki    22/07/2015    6 recensioni
Iwaoi Week, terzo giorno | Oneshot
Non potevo non lasciarmi ispirare da tutti questi prompt (all'interno il link di riferimento)
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Ovviamente Tooru non lo ascoltò minimamente piazzandogli sotto il naso, sostituendolo al suo pranzo, quel dannato giornaletto «La leggenda del filo rosso del destino, la conoscevi?» chiese «guarda questo test ti fa capire se hai già incontrato il tuo grande amore»
Che stronzate pensò Hajime, pronto a ripeterlo ad alta voce all'idiota che aveva davanti che non voleva, a quanto pareva, fargli finire il pranzo.
Genere: Fluff, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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IwaOi Week, Day 3, prompt:
-- Red Thread of Fate 

--“Well, it seems to me that the best relationships - the ones that last - are frequently the ones that are rooted in friendship. You know, one day you look at the person and you see something more than you did the night before. Like a switch has been flicked somewhere. And the person who was just a friend is… suddenly the only person you can ever imagine yourself with.” (Gillian Anderson)



NA: allora non ci sono scuse, ma data la doppia settimana a tema Iwaoi non potevo non scriverci qualcosa, vi dico che la storia è divisa in due parti, ho messo l'avvertimento AU solo perché mi sono ispirata ad Haikyuu Quest, in più è tutta con pov del caro Iwa-chan tranne una piccola parte.
Questo è il link dei prompt da cui mi sono ispirata.
Beh vi lascio alla storia ^3^ mi ritrovate in fondo!












Red Thread of Fate



Il ripetersi incessante di quelle piccole cose, ogni giorno, potrebbe rendere la vita monotona ai più. C'è chi avrebbe voluto la vita sconvolta ogni giorno, la diversità delle emozioni. C'era invece chi si accontentava della quotidianità, dei gesti ripetuti quasi come un rito.
Svegliarsi presto la mattina, aspettare Oikawa per andare a scuola insieme, lasciarsi trascinare dal ritmo lento delle lezioni aspettando con ansia gli allenamenti pomeridiani, e alla fine tornare a casa.
La quotidianità dava sicurezza, ti lasciava immaginare che nulla sarebbe cambiato, che nulla si sarebbe spezzato o sarebbe sparito. Ecco perché anche solo una piccola perturbazione in tutto quello, una perturbazione che sotto sotto era quasi attesa, faceva paura.


«Iwa-chan guarda un po' qui!»
Iwaizumi era concentrato sul suo pranzo quando sentì Oikawa rivolgersi a lui.
Iniziava a fare caldo, ormai i pasti li consumavano sempre nella mensa scolastica dove bene o male la temperatura era sopportabile. La pausa estiva si avvicinava, gli allenamenti si facevano sempre più duri, perché il torneo primaverile sarebbe iniziato di lì a poco, perché loro non potevano più perdere.
Portò la sua attenzione a quello che l'amico gli mostrava e si trattenne dal tirargli un calcio da sotto il tavolo, solamente limitandosi ad alzare gli occhi al cielo ignorandolo.
Hajime continuava a chiedersi perché continuasse a dar corda a quell'idiota. Con ogni probabilità aveva perso le speranze con Tooru quando lui si impuntava, all'età di dieci anni, perché si incontrassero le notti d'inverno per guardare le stelle, solo perché «Iwa-chan è stato dimostrato che vivono alieni nella cintura di Orione e si vede solo d'inverno»
E se poteva in qualche modo sorvolare il fatto che passava tutti i mesi freddi dell'anno con il raffreddore solo per far star zitto l'altro; sulla sua nuova fissa non riusciva a passar sopra.
Non che le sue altre fisse fossero scomparse. Si erano solo accumulate negli anni rendendo Iwaizumi terribilmente "cattivo" nei confronti di Oikawa, come lui teneva giusto precisare quelle cinque o sei volte in un'ora.
Al momento l'amico stringeva tra le mani uno di quei settimanali da ragazzine pieno di notizie su teen idol o di test sulla personalità o sul tuo probabile amore in arrivo. Tooru era interessato proprio a questi ultimi, convintissimo che capendo questi strani test sarebbe diventato ancora più bravo con le ragazze.
Ad Iwaizumi venne di nuovo voglia di tirargli un calcio.
«Allora Iwa-chan hai visto?» Oikawa indicò il titolo a grandi caratteri scarlatti all'inizio della pagina, Hajime era quasi sicuro che un gruppo di ragazze del secondo anno, sedute al tavolo dietro di loro, non si stessero perdendo una parola del loro discorso.
«Quante volte ti ho detto che non mi interessano 'ste cavolate Culokawa?» borbottò Iwaizumi tornando a concentrarsi sul suo riso.
Ovviamente Tooru non lo ascoltò minimamente piazzandogli sotto il naso, sostituendolo al suo pranzo, quel dannato giornaletto «La leggenda del filo rosso del destino, la conoscevi?» chiese «guarda questo test ti fa capire se hai già incontrato il tuo grande amore»
Che stronzate pensò Hajime, pronto a ripeterlo ad alta voce all'idiota che aveva davanti che non voleva, a quanto pareva, fargli finire il pranzo.
«Sei sempre così rude Iwa-chan» si lamentò Oikawa dopo che l'amico aveva allontanato il giornale dal suo bento «magari il prossimo mese lo compro anche a te, così imparerai qualcosa sulle ragazze, il che non ti farebbe male!»
A quel punto nulla poté salvare Oikawa dal calcio che gli arrivò da sotto il tavolo.


Hajime non si aspettava che qualcosa "cambiasse".
La giornata si era protratta come al solito, era arrivato a casa tardi dopo che Tooru gli aveva chiesto di rimanere un altro po' ad allenarsi con lui. In realtà l'amico non gli aveva chiesto nulla, ma Iwaizumi sapeva che era meglio non perderlo di vista quando l'altro decideva di allenarsi da solo. O avrebbe finito per sfinirsi in modo inutile.
Varcata la soglia di casa, consumata la cena con i suoi genitori Hajime capì che non riusciva a rimanere sveglio per guardare un film e si chiuse nella sua camera deciso ad addormentarsi.
Fu proprio in quel momento che qualcosa cambiò.


I colori davanti ai suoi occhi vorticavano veloci, così come le immagini confuse.
Si passava dai colori accesi che illuminavano una stanza con i muri di pietra decorata con drappi rossi, un caminetto scoppiettante, un balcone che lasciava intravedere il sole di un tardo pomeriggio invernale.
Fino alla tonalità pastello di una tunica che svolazzava in un prato primaverile, punteggiato di piccoli fiori, tenuto al fresco dai rami allungati verso il cielo celeste di un vecchissimo albero.
Finiva con toni cupi, fuoco spento e fumo, delle rovine, stendardi inceneriti e deformati, un cielo tinto di viola scuro, le nuvole cariche di pioggia.
Quei fotogrammi avevano danzato davanti agli occhi di Iwaizumi per un tempo interminabile, per poi rallentare, dando un filo conduttore a quello che stava vedendo.


Prima di mettere a fuoco un enorme salone con le volte alte, di cui non riusciva a scorgere la fine sentì delle risate, rumore di piedi nudi sbattuti sulla roccia. Due bambini si rincorrevano inciampando nel lungo tappeto nero che conduceva a quello che sembrava un trono all'ombra di una vetrata colorata, ma che non era attraversata da nessuna luce.
«Rallenta sai che non possiamo correre» disse uno dei bambini. I loro volti erano sfocati, le loro intere fattezze; le voci melodiose, sconosciute.
«Il Principe può fare quello che vuole, così ha detto la mamma!» replicò l'altro bambino.
«Fa quello che vuole anche se poi inciampa e finisce con la faccia per terra?» rise l'altro.
Il principe sembro rimanerci male e cominciò a lagnarsi «Non cadrò! Che cattivo!!»


Una schiera di cavalieri dalle armature lucenti e dalla pelle scottata dal sole e dal caldo marciavano in un grande spiazzo. A guardar meglio erano solo ragazzini, ma erano ordinati, obbedienti, perfetti soldati.
Il comandante ordinò loro di fermarsi e di dividersi a gruppi di due per duellare.
Dall'alto di una torre, in una balconata ricolma di piante verdeggianti nonostante il gran caldo, un altro ragazzo spiava l'allenamento dei cavalieri. L'unica caratteristica visibile erano due corna ricurve a decorargli il capo. Sembrava piegato dal peso dei suoi abiti.
Totalmente concentrato si fece richiamare due volte da una voce che proveniva dal castello. A malincuore tornò dentro, mentre una leggera brezza aveva cominciato a spirare portando con sé il gracchiare acuto di un corvo.


«Queste sarebbero le tue idee geniali?» era stato un cavaliere a parlare, un ragazzo, lo stesso che anni prima correva per quella grande sala del trono, addobbata a festa.
«Quando mai non hanno funzionato?» domandò in rimando il principe sorridendo divertito.
«Come quando hai cercato di rubare il cavallo dalle scuderie e dopo che ti hanno beccato sei stato chiuso nella tua stanza per giorni?» alzò gli occhi al cielo il cavaliere.
L'altro rise «Sempre cattivo con me» si lamentò «con le ragazze funziona sempre però»
Il cavaliere alzò le spalle, probabilmente era da interpretare come "fa come ti pare" poi si allontanò dal principe raggiungendo una zona meno luminosa della sala. Guardò fuori da una delle ampie vetrate: la notte era buia e tetra, immobile sotto il cielo stellato.
Fu un lampo, apparve in quel vetro il riflesso della sala del trono, prima ricolma di reali danzanti poi cadente, il fuoco che ne lambiva gli addobbi e il trono.
Sembrò però che il cavaliere non avesse visto nulla, si voltò e di fronte a lui ci fu di nuovo il principe che sconsolato si lamentava di come la sua tattica avesse fatto colpo sulla ragazza sbagliata. Il cavaliere rise apertamente di lui e il principe gonfiò le guance indignato.
Per un momento si sentì solo la musica alta e i passi di danza che calpestavano il suolo.
«Che c'è?» chiese ad un certo punto il cavaliere, probabilmente attirato dall'altro.
Il principe sorrise «Vuoi saperlo un segreto, mio cavaliere?»


Hajime aprì gli occhi di scatto al suono della sveglia, tirandosi su così in fretta che l'intera stanza girò intorno a lui, mentre la testa gli pulsava dolorosamente.
Premette il pulsante su questa che smise di trillare a tutto volume e si passò una mano tra i capelli, era sudato.
Guardò spaesato intorno a sé cercando di fare mente locale: che dannato film di fantasia aveva visto la sera prima?
Il suo respiro si regolò piano - aveva anche il fiatone adesso? - finché capì che non aveva visto nessun film la sera prima.
Era stato un sogno.
Si grattò piano il capo, non aveva mai fatto un sogno così dettagliato. Sembrava una vera storia raccontata con diversi flash, forse non ricordava i volti di quei due ragazzi, ma tutto il resto era impresso a fuoco nella sua mente.
Era stato un sogno strano, ma capì che non poteva stare a rimuginarci troppo, o avrebbe fatto tardi.
Si alzò dal letto andando a prepararsi, accantonando in un angolo della sua mente quel sogno. Hajime si dimenticò di lui.


Ma per le notti successive il sogno tornò a fargli visita. Sempre uguale, come una storia che aveva voglia di essere raccontata.
Sempre quei due ragazzi, sempre quel castello, quel salone, quel fuoco che mangiava la pietra che a sprazzi faceva ingresso nella trama, facendo paura unicamente a lui.
Ben presto si ritrovò a svegliarsi la mattina con un ansia strana che gli stringeva il petto come una morsa, il respiro sempre veloce, le occhiaie per il mancato riposo.
Dopo una settimana di quei sogni incessanti era davvero irritabile, saltava a qualsiasi movimento brusco e tutto ciò si ripercuoteva su chi, ogni giorno, nel bene o nel male, riusciva a fargli perdere le staffe anche solo esistendo.
Ignorare il fatto che Tooru fosse molto popolare era impossibile, Hajime durante gli anni non ci aveva mai dato troppo peso, tendeva solo a dare di matto quando l'idiota preferiva rimanere con il suo fan club a firmare autografi piuttosto che ascoltare il discorso pre-partita dell'allenatore. E quella settimana Iwaizumi, data la mancanza di sonno, era più suscettibile a quel tipo di cose.
Prima dell'allenamento di quel pomeriggio trovò Oikawa davanti alla palestra accerchiato dalle solite ragazze, era del tutto intenzionato ad ignorarlo, evitando così le solite provocazioni che l'amico gli riservava.
«Iwa-chan aspettami!» Tooru lo raggiunse abbandonando il suo bagno di folla - il che fu parecchio strano.
«Siamo in ritardo, vedi di muoverti» borbottò lui aumentando il passo.
Oikawa non rispose, cosa che fece voltare Hajime verso di lui: l'amico lo guardava corrucciato, riuscì a vedere una stilla di preoccupazione incrinare i suoi occhi castani.
«Va tutto bene Iwa-chan?» domandò.
Iwaizumi alzò gli occhi al cielo «Non è nulla, muoviamoci ora» disse entrando negli spogliatoi e stroncando qualsiasi altra obbiezione da parte del capitano.
Non era che Hajime non avesse voglia di parlarne, ma ammettere che non chiudeva occhio la notte per colpa di strani sogni che prevedevano castelli, principi e cavalieri, sarebbe stato parecchio imbarazzante, e per quello bastava Tooru con le sue strane fisse per gli alieni. Si voltò a guardarlo, aveva ancora addosso, sotto la divisa, quella sua dannata canottiera con un ufo stilizzato al centro del petto. E tutto contento chiedeva a Kindaichi se avesse visto l'ultimo film fantascientifico dato in tv la sera prima.
Iwaizumi non ce la faceva più ad ostentare indifferenza o sembrare esasperato da quelle idiozie che tirava fuori l'amico ogni santo giorno.
Si concentrò invece su quello che gli aveva chiesto poco prima: essere amici d'infanzia e conoscersi per tanti anni aiutava molto a conoscere una persona, a leggere tra le righe quando questa non voleva parlare. Se Hajime era comunque abbastanza bravo a leggere Oikawa lui lo era comunque di più, e lo avrebbe esasperato tornando verso casa. Hajime si trovava spesso a rimuginare su quella loro amicizia così radicata, soprattutto quando Tooru lo faceva arrabbiare troppo, si trovava a pensare come sarebbe stata la sua vita senza la presenza di quell'idiota del suo migliore amico.
Si ritrovò a sorridere, e per un attimo quegli strani sogni evaporarono dalla sua mente.


«Allora Iwa-chan come mai quelle occhiaie? Sembri davvero stanco» tornando a casa Tooru fece riemergere l'argomento che Iwaizumi aveva lasciato da parte, in un angolo della sua mente.
Sospirò allungando il passo «È da qualche giorno che dormo poco, non hai bisogno di preoccuparti» spiegò Hajime evasivo.
«Ma come? Non puoi far così, quelle occhiaie rovinano ancor di più la tua faccia cattiva» spiegò Oikawa.
«Come scusa?!» l'altro si voltò con sguardo omicida prontissimo a colpirlo in testa con la sua borsa piena dei libri e dei compiti per il giorno dopo. Perché non arrivava il giorno in cui Tooru capiva che farlo irritare in quel modo gli procurava solo calci in culo? O anche solo di pensare prima di aprir bocca solo per dargli aria?
L'interessato gli fece l'occhiolino mimando il simbolo V con la mano «Scherzavo Iwa-chan dovresti proprio vedere la tua faccia» rise lui.
Hajime decise che era meglio non dargli corda, che se c'era qualcosa che faceva più male a Tooru dell'essere picchiato era l'essere ignorato. Soprattutto da lui da cui sembrava, in qualche modo, ricercarne sempre di attenzione.
«Comunque dovresti riposare, non puoi stancarti in questo modo» continuò.
«Di idiota che si sfianca senza motivo inutilmente ne abbiamo già uno, vero?» replicò Iwaizumi.
«Cattivo~!» si lagnò Tooru, poi sorrise, non i soliti sorrisetti che racchiudevano mille sottintesi, né quelli di sfida o quelli che adornavano la sua perenne faccia da schiaffi, uno dei sorrisi veri, di quelli che ad Hajime piacevano - anche se non lo avrebbe mai ammesso «Ho bisogno di te Iwa-chan, lo sai che la squadra non si porta avanti da sola» iniziò «e il mio vice capitano e la sua determinazione sono ciò che mi fanno dare il meglio in ogni allenamento, proprio perché ci siete voi ho promesso alla squadra che vinceremo i nazionali»
Iwaizumi sentì uno strano malessere bloccargli il respiro nella gola dopo quelle parole. Si rimangiò tutti i pensieri di poco prima: odiava Tooru, quando faceva quel suo sorriso così vero, quando si preoccupava per lui, quando lo incoraggiava, quando si faceva uscire quelle parole schifosamente dolci e non necessarie nei suoi confronti, quando gli dava tutta quella importanza che lui non era così sicuro di avere.


I suoni si confondevano, l'unico che era sicuro di sentire erano le fiamme che scoppiettavano, non come quelle di un camino in inverno, queste stavano incenerendo le rocce e la carne.
Poi vide delle mani che si stringevano disperatamente, un sorriso spento che pian piano di immobilizzava fino a sparire.


«Cosa vuoi ancora?»
«Sapevo che ti avrei trovato qui» il principe si avvicinò lentamente «vieni sempre qui quando sei arrabbiato con me»
«Se già sapevi che ero furioso, potevi evitarti la camminata» il cavaliere si alzò in piedi, sembrava che la scena si stesse svolgendo sul tetto di una piccola torre.
«Tu non capisci...»
«Non pensare di rifilarmi queste idiozie» esplose il cavaliere «io capisco tutto anche troppo bene, sono al tuo fianco da una vita, anche adesso che le decisioni importanti spettano a te data la salute di tuo padre, e nonostante quello che dicevano gli altri non ho mai voluto crederci. Egoista, legato al potere, incurante del bene del suo popolo: credi ancora che queste parole possano scivolarmi addosso come prima?»
Il principe sembrava sorpreso da quel fiume di parole, poi sospirò sconsolato, perché forse quello che era successo trascendeva il suo potere? Che non se la fosse davvero andata a cercare?
«Ho peccato di orgoglio e devo prendere atto delle conseguenze» mormorò, come mai aveva fatto davanti a qualcuno, perché ammettere di aver sbagliato gli riusciva solo davanti al suo cavaliere. Lo stesso cavaliere che ora lo guardava deluso e arrabbiato.
«La guerra non è una cosa da poco» disse gli occhi duri come la sua espressione.
«Credi che non lo sappia? Non avrei voluto che capitasse, non ho potuto evitarlo»
«Tsk, risparmia le scuse, non le devi di certo a me» replicò il cavaliere dandogli le spalle.
«Invece sì, sei il primo con cui devo scusarmi»
Il cavaliere si sentì afferrare una mano e si voltò solo a metà per spiare i movimenti del principe, rimasto colpito dal suo gesto.
«Perché ho deluso proprio te e sai che non avrei mai voluto farlo, che odio quando sei arrabbiato con me» il principe gli tirò il polso in modo da poterlo di nuovo guardare bene negli occhi «quindi ti prego, non voltarmi anche tu le spalle, sai che non ce la farei ad andare avanti se non ci fossi tu ad arrabbiarti ogni volta che sbaglio, ad istruirmi sempre verso la via più giusta da prendere, non abbandonarmi anche tu Iwa-chan»
Iwa-chan...
Hajime si ritrovò a guardare senza parole Tooru con il suo mantello lungo e rosso, in cima a quella torre, mentre i confini di ogni cosa sembravano delinearsi meglio, mentre la nebbia che aveva visto in precedenza sembrava dissiparsi senza lasciar traccia.
Tooru continuava a fissarlo, i suoi occhi scuri che indagavano la sua espressione sorpresa.
«Spero che potrai perdonarmi Iwa-chan, non saprei proprio che fare se tu non lo facessi»
A quel punto Tooru aveva stretto la presa sul suo polso mentre aveva poggiato la mano libera sulla sua guancia e lo aveva attirato a sé. Sentì le labbra che premevano sulle sue, e rimase immobile, incapace di fare qualsiasi cosa. Solo alla fine aveva anch'egli alzato una mano stringendola tra i capelli dell'altro, approfondendo quel disperato e confuso bacio.


Hajime aprì gli occhi di colpo al suono insistente della sveglia, mentre il sogno di quella notte gli cadeva addosso come un macigno, cercò di regolarizzare il respiro ignorando in tutti i modi il battere furioso del cuore nel suo petto.
Quello era troppo.
Non poteva andare avanti con quei sogni, non poteva davvero credere che il suo subconscio avesse immaginato una storia così articolata e tangibile e mettere alla fine dei veri personaggi ad interpretarne i ruoli.
Non lui e Oikawa.
Si alzò di colpo tanto da farsi venire un capogiro – di nuovo - e schizzò verso il bagno aprendo l'acqua gelida della doccia ed infilandocisi sotto, con tutta la speranza che quei pensieri potessero passare, potessero essere congelati e lavati via.
Cosa diavolo significava tutto quello? Perché continuava a fare quel sogno, perché?
Senza che il suo cervello gli avesse dato l'ordine di farlo di portò le dita tremanti alle labbra.
Improvvisamente gli tornò alla mente l'unica ragazza che avesse mai baciato, due anni prima, appena arrivato al liceo, dopo che questa gli aveva chiesto di venire a vedere una sua partita di basket, e che per ringraziarlo gli aveva lasciato un bacio a fior di labbra. La storia non era andata avanti, non erano neanche mai veramente usciti insieme, lui non aveva tempo anche per quello e non voleva invischiarsi troppo nell'ambito amoroso, non si sentiva ancora pronto.
Arrischiandosi cercò di ricordare il sogno che pochi minuti prima lo aveva svegliato: per quale dannatissimo motivo avrebbe dovuto sognare quello che aveva sognato?! Lui e ... Oikawa?! Gli veniva solo voglia di prendere a calci il muro della doccia talmente forte da farsi male.
Perché doveva tormentarlo anche nei sogni quell'idiota? Non bastava già che lo sopportasse tutte le ore di scuola, quelle degli allenamenti, e i pomeriggi che spesso passavano insieme?
Appoggiò la fronte al muro, il getto di acqua gelida a colpirgli la schiena. Doveva assolutamente levarsi dalla testa quel sogno. Ripensò allo sguardo che aveva visto sul volto del principe, qualcosa non andava.
Non poteva però farsi influenzare in quel modo, già era abbastanza strano di per sé che avesse sognato di baciare il suo migliore amico.
Come se poi il suo migliore amico avesse bisogno di baciare lui, dato che aveva avuto un sacco di storie e che aveva intorno così tante ragazze da essere a posto per una vita intera.
Chiuse l'acqua con rabbia, perché improvvisamente quel pensiero lo fece incazzare più di ogni altra cosa, e non aveva davvero voglia di distruggersi una gamba perché aveva iniziato a prendere davvero a calci il muro.


Arrivò a scuola da solo Iwaizumi, parecchio in ritardo, avendo avvisato Tooru di andare da solo e non aspettarlo.
Non sarebbe riuscito a reggere il suo sguardo felice accompagnato dal solito «Buongiorno Iwa-chan!» trillato come se l'aspirazione più grande della sua vita fosse continuare a ripetere quel nomignolo all'infinito.
Davanti al cancello della scuola però trovò il suo migliore amico, e non era solo.
Il suo solito fan club lo accerchiava contento, le ragazze assicuravano che avrebbero fatto il tifo per lui quel pomeriggio nell'amichevole che avevano organizzato.
Hajime le odiò tutte.
Non gli era mai capitato prima, ma quella mattina sembrò vedere quella scena per la prima volta con occhi diversi.
Odiava le ragazze e più di tutti odiava Oikawa che stava lì tutto contento in mezzo a loro. Lo odiò ancor di più quando notandolo gli sorrise salutandolo sventolando il braccio - e forse odiò anche se stesso quando, senza degnarlo di uno sguardo, entrò dentro la scuola chiudendosi forte la porta alle spalle.


«Cos'è successo oggi Iwaizumi-kun?» chiese l'allenatore a fine partita, prendendo Hajime da parte.
Il ragazzo aveva ancora il fiatone, passandosi una mano sulla fronte che gli pulsava terribilmente, sospirò «Mi dispiace coach, è stata una settimana difficile e...» iniziò.
«Ti vedo pallido e stanco da un po'» ammise l'allenatore «forse dovresti passare in infermeria»
Hajime assicurò che stava bene e non c'era bisogno di preoccuparsi, poi si scusò nuovamente per la partita sottotono disputata infine uscì dalla palestra, bisognoso di aria fresca.
Quella giornata stava diventando peggiore ogni ora che passava, la brutta partita disputata ne era la prova. Sospirò arrabbiato, se solo fosse riuscito a pensare qualcosa che non fosse l'assurdo sogno della sera prima.
Ringhiò frustrato, voleva solo andarsene a casa, non poteva aspettare Tooru.
«Mmh Iwaizumi-san?»
Hajime si voltò, davanti a lui c'era una ragazza bassina, con una coda morbida e degli occhiali scuri, non gli sembrava di averla vista nelle classi del suo anno, forse era ancora al secondo.
«Si?» chiese lui.
La ragazza si presentò sorridendo, non aveva un nome già sentito, quindi era di sicuro più piccola.
«Mi spiace uscirmene in questo modo dal nulla, ma sono venuta a vedere diverse vostre partite e mi chiedevo...» iniziò a parlare tirando fuori dalla tasca un bigliettino con scarabocchiato a penna blu un numero di telefono. Hajime a quel punto capì e decise di anticiparla «Se vuoi dare quel biglietto a quell'idiota di Oikawa puoi farlo senza paura, è sempre molto felice di ricevere inviti di questo tipo, non essere timida, apprezzerà molto puoi star sicura» non riuscì a capire per quale miracolo quelle parole non gli uscirono più dure o arrabbiate, perché in quel momento avrebbe davvero voluto urlare.
La ragazza lo guardò confusa, poi sorrise «Non intendevo dare il mio numero da Oikawa-san, ma a te» spiegò nascondendo un velo di imbarazzo che le aveva imporporato il viso.
Hajime spalancò la bocca. Quello non era mai successo, di solito lo fermavano solo per chiedere se poteva consegnare qualsiasi tipo di cosa a Tooru. Nessuno aveva mai fermato davvero lui. Si sentì un completo stupido per la figura che si era appena fatto.
«Ecco... io... Mi spiace» disse «di solito queste cose non succedono» ammise piano, la rabbia quasi del tutto scivolata via.
Afferrò il bigliettino che la ragazza gli porgeva ringraziandola. Sperando che lei non notasse l'imbarazzo in cui lui si trovava, era quasi sicuro di avere le orecchie fin troppo rosse.
Lei sorrise «Se hai voglia domani a pranzo possiamo mangiare insieme» osò.
Hajime si ritrovò ad annuire e a salutarla ritrovandosi inaspettatamente a sorridere. Forse non tutta quella giornata era da buttare via.


§  §  §  §  §


Tooru aveva sempre avuto la presunzione di credere che potesse controllare la sua vita. Se non nella sua interezza - perché alla fine nonostante quanto si impegnasse la Shiratorizawa non l'aveva mai sconfitta - alcune cose pensava di poterle controllare. Non nel senso che avrebbe costretto le persone a far quello che voleva lui, ma sapeva o sperava di aver la forza di mantenere vicine le persone per lui importanti.
Si alzò un'altra palla preparando il salto, all'apice di questo colpì il pallone che acquistò velocità fino ad andarsi a schiantare sull'angolo sinistro del campo avversario, quasi sulla linea di fondo campo, mancando di qualche centimetro una bottiglietta che usava come bersaglio.
Imprecò dentro di sé per il centro mancato andando a prendere un altro pallone, mentre nella sua mente vorticavano veloci gli avvenimenti del giorno precedente.
Rivedeva l'occhiata di fuoco che Iwa-chan gli aveva lanciato davanti alla scuola, la sua partita sottotono, il suo sguardo arrabbiato e perso nel vuoto, il suo volto disteso e sereno, forse solo un po' sorpreso, mentre parlava con quella ragazza.
Strinse con forza il pallone sentendosi improvvisamente inutile, come quando Tobio-chan era diventato un alzatore migliore di lui, come quando il suo ginocchio aveva ceduto la prima volta, come dopo le innumerevoli partite perse contro i migliori della prefettura.
L'inutile Oikawa Tooru, con quella sua personalità schifosa, incapace di essere il numero uno, di vincere, di non perdere il suo migliore amico. L'unica persona che avrebbe voluto avere al suo fianco sempre. Tooru sapeva bene quanto quello fosse egoista, non poteva pretendere che Iwa-chan sarebbe stato per sempre con lui, lo aveva sempre sopportato quando erano bambini, quando la notte andavano a guardare le stelle e catturare lucciole, quando tutto era più semplice. Il giorno prima si era reso conto che c'era qualcosa contro cui non avrebbe mai potuto vincere. Anche se Iwa-chan diceva di odiarlo, se si arrabbiava con lui, se lo colpiva ogni volta che lui diceva qualcosa di stupido, era sicuro che gli volesse bene, che quel loro legame, quel loro dipendere l'uno dall'altro non sarebbe mai cambiato.
Però ora capiva che contro una ragazza non avrebbe mai vinto.
Avrebbe perso anche Iwa-chan.
Alzò di nuovo la palla e di nuovo mancò la bottiglietta, non si arrese, nonostante fosse lì da solo ad allenarsi da diverse ore ormai, qualcosa gli diceva che solo quello gli era rimasto.
Dato che ormai Iwa-chan lo evitava e non gli parlava più - il perché non lo sapeva - sapeva che mancavano diverse ore di allenamento prima che sarebbe di nuovo stato in grado di trovarsi con lui e parlargli a viso aperto.


§  §  §  §  §


Iwaizumi stava tentando invano di studiare quel pomeriggio. La pausa estiva era iniziata da tre giorni, per quelli del terzo anno, caricati di una quantità di compiti elevatissima, più che qualche settimana di vacanza sarebbe stato come se la scuola non si fosse mai conclusa. In più c'erano gli allenamenti della squadra di pallavolo, Hajime quella mattina si era impegnato al massimo, ancora conscio di dover riscattarsi con tutta la squadra per la deludente prestazione di alcuni giorni prima.
Si dondolò distrattamente sulla sedia passandosi una mano tra i capelli, fissando i numeri di quella difficile funzione matematica senza davvero metterci l'impegno necessario.
Gli eventi in quei pochi giorni gli si erano riversati addosso senza che avesse la forza di opporsi - forse senza che avesse il coraggio di affrontarli. Ripensò a quei sogni a quanto tutto fosse cambiato dopo il loro arrivo inaspettato e non richiesto nelle notti insonni del ragazzo. A quando non avrebbe mai messo in dubbio il modo in cui guardava Tooru.
Quella mattina Oikawa all'allenamento non gli si era avvicinato, sembrava solo parecchio stanco. Non un'occhiata, non una provocazione che gli erano così comuni.
Iwaizumi non poteva certo biasimarlo, era stato lui ad iniziare tutto quello, ignorandolo.
Aveva segretamente ed egoisticamente sperato che Tooru passasse sopra alla cosa, che si presentasse davanti casa sua sorridente assicurandogli che quel giorno potevano andare ad allenarsi insieme, perché voleva vedere se riusciva a schiacciare le sue nuove alzate. Invece non lo aveva fatto, Hajime aveva capito che questa volta sarebbe dovuto andare a parlargli di persona. Doveva sistemare le cose, doveva dirgli la verità.
Si sbilanciò troppo e quasi cadde dalla sedia.
Sentì il suo volto scaldarsi pericolosamente, perché quella, che era l'unica spiegazione logica, gli sembrava la cosa più terribile che gli sarebbe mai potuta capitare.
Perché Tooru?
Sospirò alzando il viso e fissando il soffitto dove la ventola girava pigra senza rinfrescare abbastanza la camera di Hajime. Si ritrovò a pensare all'ultimo giorno di lezioni in cui aveva mangiato e poi si era fatto convincere a fare un giro nel pomeriggio dalla ragazza che alla fine della partita lo aveva fermato. Ripensò al suo sorriso sincero e un po' imbarazzato, alla sua mano piccola che si allacciava alla sua, a quel bacio appena accennato che aveva trovato solo sbagliato. Perché un'azione simile gli era riaffiorata alla mente sentendo quelle labbra posarsi sulle sue - inutile negarlo, ci aveva provato incessantemente da giorni.
Si era scusato alla fine, dicendo che non era pronto per quel genere di cose, mentendo.
Senza pensare tornò a guardare il foglio immacolato, per poi spostarlo di lato e poggiare la testa sulla scrivania, se guardava fuori dalla finestra al fondo della strada riusciva ad intravedere la casa di Tooru.
Sbuffò mentre alla mente gli tornavano i sogni di quelle due notti e dentro di sé sentiva solo la voglia di morire e di sotterrarsi per la vergogna.
Aveva visto di nuovo il castello vuoto in fiamme, poi un temporale scuro che si era abbattuto sul regno mentre il principe e il cavaliere si allenavano con la spada in un grande salone interno, li aveva conosciuti meglio entrambi. Aveva rivissuto quei baci lievi che il principe riservava al cavaliere riuscendo solo a farlo imbarazzare e infuriare come non mai, era stato a cavallo a cacciare un grande cinghiale insieme ad altri cavalieri.
Era andato a dormire stanco nella sua stanza di pietra e aveva sentito dei passi lievi calcarne i pavimenti centenari mentre il principe si intrufolava nel letto del cavaliere, perché dato che da piccoli dormivano insieme non capiva - scioccamente, la malizia dipinta nello sguardo illuminato dalle braci del caminetto - perché non potessero rifarlo da grandi. Poi il principe, incurante delle lamentele del cavaliere, che giustamente era stravolto e voleva solo dormire, avrebbe iniziato a parlare e parlare. Fino a farli finire imprigionati in un lungo bacio.
Ricordava alla fine solo di aver sentito il principe che saliva a cavalcioni su di lui ridendo divertito, tornando ad impegnarsi in quel bacio, e le sue mani che lente risalivano il suo petto sotto la maglia da notte.
A quel punto Iwaizumi si era svegliato di colpo, ringraziando mentalmente gli dei perché gli avessero evitato qualsiasi cosa sarebbe successa in quel sogno se non si fosse ridestato. Tooru che lo guardava divertito comodamente sdraiato su di lui, era un'immagine che lo tormentava ormai dalla mattina prima.
Grugnì infastidito cercando in tutti i modi di levarsi dalla testa tutto quello, aveva solo voglia di morire d'imbarazzo ripensandoci.
Iniziò a mordicchiare l'estremità di una matita chiedendosi dove fosse finita la sua dannata quotidianità.
Se quei sogni non fossero cominciati a quest'ora lì con lui ci sarebbe Tooru a fare i compiti, magari lo avrebbe anche aiutato dato che era bravo in matematica, poi avrebbe iniziato a blaterare le sue solite idiozie e a quel punto Hajime lo avrebbe minacciato di rimettersi a studiare se non voleva essere preso a calci. Di solito il tutto si concludeva con Oikawa che riusciva a tornare buono solo se Iwaizumi gli fosse andato a comprare un ghiacciolo dal negozio dall'altro lato della strada, ghiacciolo che poi avrebbe diviso con lui, aggiungendoci un sorriso e un «Grazie mille Iwa-chan~!» esclamato con tutta la gioia del mondo.
Ora la sua stanza vuota e quello, quasi non poteva credere di averlo pensato, gli sembrava solo infinitamente triste.
 

Le scuderie di notte erano relativamente silenziose: non tutti i cavalli dormivano tranquilli, mentre gli schiamazzi dalla città di sottofondo erano comunque udibili. Le strade lì non erano vuote neanche a notte fonda, neanche con l'avvicinarsi della guerra.
Il cavaliere si avventurò tra le varie stalle dei cavalli, fino ad arrivare a quella dove il suo ancora non dormiva. Lo sellò in silenzio, la mente e i pensieri che vorticavano veloci nella sua testa, si rincorrevano senza sosta.
Alla fine guidò il cavallo fino alla strada che costeggiava da dietro il castello e che portava alla porta est della città, di lì sapeva sarebbe riuscito ad allontanarsi senza dare troppo nell'occhio.
Stava per montare a cavallo quando un rumore di passi leggeri lo distrasse.
«Iwa-chan...»
Sì voltò trovandosi davanti il principe, anche se forse era meglio iniziare a pensare di chiamarlo re. Era vestito di abiti semplici, una casacca scura e delle braghe color mattone, i capelli erano disordinati, le corna sul capo sempre lucenti.
Il cavaliere capì che ciò che stava per fare richiedeva l'obbligo che non incontrasse gli occhi dell'altro, che la rabbia e la delusione di pochi giorni prima tornasse a galla.
«Cosa vuole, sua eccellenza?» chiese con un sussurro impaziente.
Il re fece qualche passo nella sua direzione «Ti prego Iwa-chan non fare così... Non puoi...»
«Cos'altro hai da chiedermi Tooru?» sbottò il cavaliere «non ti è bastato mai tutto ciò che ti ho dato, lo so bene, il potere che tanto cercavi! Mi dispiace io non ci sto più, tutto questo deve finire e se non sarai tu a porla questa fine io qui non posso rimanere»
Il re fece un altro passo avanti, il cavaliere si arrischiò a guardare i suoi occhi, vi trovò pentimento, ma nonostante tutto quello sguardo era cambiato, quello non era più il suo re. Il re per cui Iwaizumi avrebbe dato la sua vita, il re al quale aveva giurato di rimanere sempre affianco. Quello che aveva davanti non era che una mera immagine distorta di quello che Tooru era stato, un burattino adesso, trascinato in un gioco più grande di lui che lo aveva indissolubilmente cambiato.
«Iwa-chan non andare, lo sai che ho la forza di trovare la giusta via solo se ci sei tu con me, ho bisogno di te... Ti prego, ti prego»
Il re non lo aveva mai pregato in quel modo, se questa sua distorta versione orgogliosa lo stava facendo, il cavaliere capì che poteva stare ancora un attimo a sentire le sue parole.
«Sono ancora io e sai che ciò che ho fatto andava fatto, questa guerra era impossibile da evitare...»
«Era impossibile evitare anche di allearti contro il regno che tuo padre ha sempre cercato di sconfiggere?» domandò in rimando Iwaizumi.
«Tu non capisci»
«Non capisco molte cose secondo te, avresti dovuto solamente spiegarmele»
«Iwa-chan, Iwa-chan...»
Il cavaliere capì che era il momento di andare, montò a cavallo, se rimaneva lì era sicuro di non poter reggere tutto quello, sentiva come se l'intero cielo gli stesse franando sulla testa.
Il re, prima che il cavaliere potesse far partire il cavallo, si aggrappò alla sua mano sinistra «Ti ricordi la leggenda che mia mamma ci raccontava da bambini Iwa-chan quella del filo rosso del destino» iniziò Tooru con sguardo basso «so che quella storia è vera, io lo posso vedere» gli sfiorò il mignolo della mano «ed è legato qui, fino a me. Questo filo c'è e deve voler dire qualcosa, deve farti capire cosa sei per me. Credimi Iwa-chan lo sai anche tu che i demoni hanno potere di vedere ciò che il destino nasconde dietro il suo velo»
Il cavaliere ora lo stava fissando senza parole, senza sapere cosa dire, senza riuscire a fare nulla che non fosse guardare la sua mano alla ricerca di un segno di qualcosa che lui non sarebbe riuscito a vedere.
«Quindi non puoi abbandonarmi, non potrei farcela senza di te» sussurrò alla fine.
Il cavaliere capì che quello era l'ultimo momento per fare ciò che doveva, perché quella notte gli stava scivolando via dalle mani, proprio come tutta la volontà che appena un'ora prima l'aveva fatta allontanare dalle sue stanze, arrabbiato, deluso, con l'unica voglia di andarsene il più lontano da lì, sperando che quello avrebbe fatto aprire gli occhi al suo re.
Strinse le redini con la mano destra, con la sinistra strinse ancora una volta le dita di Tooru, sussurrò un «Mi dispiace» e poi calciò il fianco del cavallo perché partisse al galoppo.
Si girò solo una volta, riusciva ancora a scorgere le corna lucenti del re, la sua mano ancora alzata a mezz'aria ed era del tutto sicuro di aver visto un lungo e sottile riflesso rosso stendersi e allungarsi tra di loro. Ma lui non poteva fermarsi.


Oscurità improvvisa di nuovo, rombi lontani.
Ancora il castello distrutto, mangiato dalle fiamme, i drappeggi e le bandiere incenerite. Corpi senza vita tutt'attorno.
Di nuovo quelle mani intrecciate, di nuovo quel sorriso spento che si immobilizzava, questa volta a decorarne la scena c'era come protagonista un sottile filo rosso.


Iwaizumi aprì gli occhi. Si era appisolato sulla scrivania, il sole ormai era tramontato.
Appena tirò su la testa una strana ansia gli attanagliò lo stomaco e senza pensarci due volte si fissò le mani: non poteva credere che quei sogni l'avessero portato di nuovo a pensare all'idiozia di Tooru e dei suoi giornaletti da due soldi.
Si alzò in piedi traballando, improvvisamente invaso da un unico bisogno: andare a vedere che Oikawa stesse bene, mettere a tacere l'ansia, la paura, quel filo di eccitazione nello scoprire dove quei sogni l'avevano condotto.
Se quel finale della storia prevedeva davvero tutta quella distruzione, doveva far in modo di riparare tutto nella vita reale.
Si precipitò fuori di casa di corsa.


Dovette ritornare fino a scuola, a casa di Tooru regnava il silenzio e lui era quasi sicuro che avrebbe trovato l'altro ad allenarsi nonostante fosse ora di cena. Arrivato alle porte della palestra ne rimase appena al di fuori, osservando attento.
Tooru provava il servizio: dall'altro lato del campo una bottiglietta era messa in un punto strategico per essere usata come bersaglio. Mancò la bottiglietta di poco ed arrabbiato e stravolto di avvicinò ad un altro pallone. Questa volta il servizio finì lungo, fuori dalla linea del campo.
Iwaizumi a quel punto entrò nella palestra. Tooru lo notò subito lasciando trasparire sorpresa dallo sguardo, non sembrava però intenzionato a lasciar perdere quello che stava facendo, iniziò a palleggiarsi il pallone per terra pronto ad alzarselo.
«Dovresti riposare un po' Culokawa, sei evidentemente stravolto» disse Hajime facendosi avanti nella palestra.
Tooru non distolse lo sguardo dalla palla, troppo impegnato ad ignorarlo o a concentrarsi «Non c'è bisogno che ti preoccupi per me Iwa-chan» rispose neutro. Alzò la palla andando a colpirla, questa volta non superò la rete andando ad infrangersi contro la banda bianca superiore.
Oikawa si lasciò cadere su un ginocchio, quello sano grazie al cielo, ringhiando frustrato «Dannazione!» era stravolto, il sudore imperlava la sua fronte, il respiro si accavallava, senza riuscire a dargli abbastanza ossigeno, lo vide strizzare gli occhi.
Iwaizumi gli fu di fronte abbassandosi davanti a lui, con l'asciugamano che aveva preso dalla borsa di Tooru glielo poggiò sui capelli, tamponandogli la fronte «Ringrazia che sei già a terra o ti ci avrei sbattuto io a suon di pugni, quanto sei idiota Oikawa? Da quanto non ti fermi?»
Tooru, rimasto colpito dal primo gesto dell'amico, riprese comunque la sua espressione stizzita in un lampo «Che importa a te?» replicò scontroso.
«Mi importa perché sono sempre io quello che deve venirti a salvare il culo, anche se questo vuol dire prendertelo a calci» sbottò infastidito Hajime, poi però si ricordò che doveva evitare di perdere la calma, doveva parlare con lui, doveva fare anche in modo di riportarlo a casa o era sicuro che sarebbe collassato del tutto sul pavimento da un momento all'altro.
«Alzati andiamo, ti accompagno a casa» questa volta Tooru non replicò, si lasciò guidare fino a casa, lasciò che fosse Iwaizumi a portare la sua borsa, a chiudere la palestra dopo aver rimesso a posto i palloni, persino ad aiutarlo a reggersi in piedi durante il cammino, quando inciampò su un gradino. Hajime non aveva mai visto l'amico in quello stato, neanche dopo aver perso contro la Shiratorizawa l'ultima partita di qualche mese prima, neanche quando la sua tartaruga quando avevano nove anni era morta.
Tooru aprì bocca solo quando arrivarono a casa, dicendogli solo che i suoi erano andati a trovare sua sorella nel week end e che si sarebbero fermati da lei per altri due giorni, quindi era rimasto a casa da solo.
Hajime scaldò quello che trovò nel frigo, che la mamma di Tooru aveva lasciato lui, e che il ragazzo sembrava non aver ancora finito, cosa che provocò un'altra esplosione di rabbia verso Oikawa che come unica cosa si premunì di rimanere in silenzio.
Alla fine lo spinse dentro il bagno intimandogli di farsi un bagno e che se provava anche minimamente ad addormentarsi dentro l'acqua della vasca sarebbe entrato dentro lui a salvarlo solo per poi ucciderlo con le sue mani.
Quando uscì dal bagno Hajime spinse Tooru fino nella sua camera, ordinandogli di dormire un po' che era davvero quello che gli serviva.
In piedi al centro dalla sua camera però Tooru si voltò verso di lui, Iwaizumi si trovò a ripensare a tutte le volte che quella storia si ripeteva, a lui che scavando oltre il muro che a volte l'amico si costruiva attorno, riusciva a trascinarlo verso la luce, senza dimenticarsi qualche insulto per strada. Era comunque del tutto sicuro che Tooru sapesse che quelle parole sgradevoli che gli riservava in quei momenti erano solo utili per spronarlo, per ordinargli di reagire, di essere la persona forte che alla fine lui era – il resto degli insulti Oikawa se li meritava tutti, in un modo o nell'altro.
«Perché sei venuto a cercarmi oggi?» domandò piano Tooru.
Iwaizumi alzò un braccio per grattarsi la nuca, un po' di imbarazzo gli si era dipinto sul volto «Avevo bisogno di parlarti e...»
«So già tutto Iwa-chan, ho visto» fece increspare le sue labbra dal sorriso più falso di cui era capace «ora che hai quella ragazza il tempo per me si annulla vero? Non importa davvero, spero che potrai farla felce e noi comunque potremmo passare un po' di tempo insieme agli allenamenti. Ma dimmi, lei come si chiama?»
Quel fiume di parole, così sbagliate, colpì Hajime con forza. Aspetta, cosa? si trovò a pensare confuso.
«Allora il suo nome non me lo vuoi dire?» continuò lui facendo un risolino, che sembrava qualcosa a metà tra un sospiro e un singhiozzo «guarda che non ho intenzione di provarci con lei, è la tua ragazza adesso e sono davvero felice per te Iwa-chan te lo meritavi... ora io vado a dormire, non importa del resto, domani pomeriggio abbiamo l'allenamento, risponderai ai miei dubbi allora» a quel puntò si voltò del tutto intenzionato a raggiungere il suo letto.
«Non c'è nessuna ragazza, razza di idiota» sbottò Hajime a quel punto fissando la schiena di Oikawa pervasa da un brivido «ho pranzato con lei e abbiamo fatto un giro nel pomeriggio, tutto qui... e poi cosa diavolo significa tutto questo? Pensi che se mai avessi una ragazza potrei smettere di prenderti a calci tutto il giorno o che in qualche modo tu la smetterai di essere così noiosamente te stesso nei miei confronti?»
Tooru non ripose subito «Devi andare Iwa-chan ho bisogno di dormire»
«Non hai sentito quello che ti ho detto?»
«Hajime ti prego, vai»
Iwa-chan non andare...
No, non se ne poteva andare, aveva ancora una cosa da dire.
«Devi lasciarmi parlare un attimo Tooru» rispose a quel punto.
Oikawa si voltò di nuovo appena verso di lui – forse essersi sentito chiamar per nome doveva averlo indotto a pensare che quel discorso era serio.
«Ti ricordi il tuo dannato giornaletto di due settimane fa, dove c'era quella storia del filo rosso del destino? Beh continuo a credere che sia una stronzata colossale e credimi, in questi giorno l'ho odiato, ho cominciato a fare dei sogni strani, ho cominciato a non dormire ed ad arrabbiarmi sempre di più»
Hajime sospirò, ormai non si poteva tirare indietro, sentì una strana ansia bloccargli in gola le parole, aveva paura adesso? Dopo i giorni d'inferno che aveva passato? Da perdere non aveva proprio nulla, Tooru gliene aveva appena data la conferma.
«Questi sogni erano come una storia, parlavano di un castello, di un principe e di un cavaliere. In due settimane ho visto tutta la loro storia e ho capito alla fine come quel filo rosso li unisse anche se si erano allontanati. Per loro non sembra essere finita così bene ecco perché devo mettere a posto le cose con te. Andiamo, tutti si sono accorti che qualcosa non va, Matsukawa e Hanamaki ieri mi chiedevano se finalmente mi fossi stancato delle tue stronzate tanto da non parlarti più» Hajime prese un respiro, accertandosi di avere ancora su di sé tutta l'attenzione di Tooru.
«Mi hanno spaventato quei sogni, tutto qui» ammise alla fine «mi hanno fatto capire delle cose... cose che con ogni probabilità avevo sepolto così bene da dimenticarmene. Comunque quella ragazza non c'entra nulla con tutto questo, anche se tu sembra ne sia parecchio geloso»
A quel punto Oikawa si voltò del tutto verso di lui «Non sono geloso di lei!» negò fermamente, mentendo ancora.
«Perché quella scenata di poco fa allora?» domandò l'altro in rimando.
«Iwa-chan hai bisogno che io sia geloso di te?» domandò mimando uno dei suoi soliti sorrisetti che attiravano solo schiaffi.
Hajime lo fulminò per poi riprendere a parlare «Sai mi è venuta in mente solo un'altra occasione in cui ti ho trovato così sfatto da allenarti fino a distruggerti, senza contare la storia con Kageyama, ed è stato quando al primo anno sono uscito con...»
«Me lo ricordo, ma non c'entra nulla» ritornò sulla difensiva Tooru sfuggendo sempre al suo sguardo.
«Credo che tu mi stia mentendo Tooru, da parecchio tempo» disse Iwaizumi «tu poi, che trovi la cosa più divertente del mondo anche informarmi del colore delle tue mutande, mi tieni un segreto. Potrei capirlo sai, se non fosse che mi riguarda in prima persona» a quel punto vide Oikawa tremare, voltarsi e dargli le spalle «E adesso, mi vuoi ancora tenere all'oscuro, anche se ho capito»
«Se hai capito non c'è bisogno di dirsi altro»
«No invece, voglio sentirtelo dire Tooru»
«Non posso dirtelo Iwa-chan, non posso...»
Hajime a quel punto lo prese per le spalle costringendolo a girarsi, ad affrontarlo «Tu devi farlo, ora» gli ordinò.
Lo vide a quel punto assottigliare gli occhi, cercando di nascondere quel velo di tristezza, cercando di mascherarlo da rabbia «Cosa vuoi sentirti dire Hajime?» sbottò «che quando tutti i bambini mi prendevano in giro tu eri l'unico che veniva sempre a salvarmi, che pensavo fossi il mio cavaliere che mi avrebbe sempre protetto? Ti sei mai chiesto cos'è il Grande Oikawa-san senza di te? Nulla, sarei nulla. So di essere il secondo capitano più forte della prefettura, il secondo alzatore migliore e col tempo ho capito che sarei stato la seconda tua persona preferita, perché una di quelle ragazze sarebbe stata prima di me, tu l'avresti fatta felice e l'avresti sposata. Io non ci sono in tutto questo. Che senso avrebbe dirti il segreto che tanto vuoi sapere, tanto lo sai già, ne ero sicuro, che senso avrebbe raccontarti come a tredici anni mi sono innamorato di te» la sua voce si affievolì sul finale, gli occhi bassi, a quanto pare stava trovando tutta la forza dentro di sé per non piangere. Cercò anche di divincolarsi dalla stretta di Hajime, facendo solo in modo che questa fosse più ferrea.
«Ci voleva tanto Culokawa?» chiese alla fine Iwaizumi, non riuscendo a trattenere un sorriso «lo sai vero che se tu non avessi tirato fuori quel giornaletto inutile e io non avessi cominciato a sognare di quel castello, di quel principe e di quel cavaliere, di come li abbia visti crescere fino ad ammettere cosa provavano l'uno per l'altro, non sarei mai riuscito quella mattina a svegliarmi in preda al panico dopo aver scoperto che avevo sognato tutto il tempo noi due. E non avrei mai capito come odio tutto il tuo fastidioso fan club che non fa che ronzarti attorno, non avrei capito che razza di idiota sono io ad essere geloso di tutte quelle ragazze o di quanto sia stato stupido ad averti sempre e solo guardato come mio migliore amico e l'unica cosa che mi ha fatto aprire gli occhi sono stati dannatissimi sogni sconclusionati»
Tooru lo aveva guardato tutto il tempo con lo stupore negli occhi che aumentava, se prima aveva cercato di divincolarsi ed allontanarsi da lui ora era immobile. Ed era anche sull'orlo delle lacrime, riuscì a pensare Hajime, prima di vedere che effettivamente l'altro stava piangendo.
A quel punto gli pizzicò il naso tra le dita «Cosa stai piangendo a fare adesso, idiota?» chiese senza riuscire a trattenere un sorriso.
«Iwa-chaaaan lo sai che i bei discorsi mi emozionano sempre» si lagnò «e poi tutte queste belle parole nei miei confronti, devo piangere per forza, non succederà più»
Iwaizumi gli strinse in naso più forse borbottandogli contro qualcosa, poi spostò la mano sulla sua guancia «Smettila di piangere, volevo baciarti, ma se fai così»
«Iwa-chan non ci sai proprio fare, i baci non si chiedono si danno e basta...»
Hajime capì che quello era un buon momento per tappargli la bocca, o lo avrebbe dovuto prendere a calci; appoggiando le sue labbra su quelle di Tooru si stupì scoprendo che nel suo sogno aveva già previsto le sensazioni che quel gesto comportava. Sentì l'altro sorridere contro le sue labbra, anche se le lacrime non si erano fermate. Quando Tooru si allontanò piano da lui Hajime lanciò uno sguardo alle loro mani intrecciate, scorgendo – poteva giurarlo – un flebile riflesso rosso tra loro.
Si ritrovò a sorridere e subito dopo a pestare un piede di Tooru che si era lamentato della sua poca grazie nel baciarlo.

















- Angolino -

Rieccomi qui in fondo, qualche sopravvissuto? Lo so questa os è venuta fuori eterna, me ne sono resa conto al momento di rileggerla (tra l'altro chiedo scusa per eventuali errori di battitura, alcuni mi sfuggono sempre D:), l'ho davvero scritta di getto, senza riuscire a fermarmi.
Dovevo in qualche modo scrivere qualcosa di così Iwaoi da farmi male, ci sono riuscita, so che c'è un briciolo di angst, so che c'è anche un riferimento per nulla velato ad un sacco di headcanon che la gente ha su Haikyuu Quest quando di parla di questa coppia. Chiedo scusa se non sono riuscita a renderla al meglio, ci ho messo tutto l'impegno possibile >.<
Quindi dopo questo fiume di parole, di Tooru picchiato un sacco, di Iwa-chan che si sveglia di soprassalto, chiedo a voi gente, che ve ne pare?
L'unico pallino che mi resta è quello della caratterizzazione dei personaggi, spero siano riusciti al meglio!
Detto questo vedo di non dilungarmi anche qui sennò cominciate ad uccidermi se non avete già pensato di farlo dall'inizio della storia
Tornerò con qualche altra os su questo fandom, perché non ne posso fare a meno, mi spiace ç.ç
Alla prossima!
   
 
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