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Autore: bisy    22/07/2015    4 recensioni
Salve a tutti i gentili lettori. Questo è il mio primo thriller e spero che leggerlo non vi rubi tempo inutilmente. Consigliatemi e commentate, per favore. :) Nel caso rimaniate delusi, spero di rifarmi con la prossima storia.
Il titolo è chiaramente ispirato al romanzo “Veronika decide di morire” di Paolo Coelho, ma vi assicuro che la storia è tutta di mia invenzione:
Christine non può lamentarsi. E' una donna felice, neanche troppo messa alla prova dalle difficoltà della sua esistenza. Eppure è tanto stanca della solita routine da decidere di togliersi la vita.
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Una.
Un camion transita sotto la finestra. Terremoto e clacson.
Due.
Un trolley sul marciapiede, pesante. Forse è una donna a trascinarlo, s'interrompe ad ogni dislivello. Tacco nove, è davvero una donna.

Dieci.
Dieci compresse biancheggiano sul mogano. Dieci sonniferi. Una scatola intera.
Christine le dispone in linea, rispettando un intervallo di otto millimetri di distanza tra loro.
Si siede. Sospira. Si rialza e va ad accendere la radio. Fruscìo. Frequenza intercettata: 129.7
“... ed ora passiamo alla prossima notizia: un ventenne di origini senegalesi rapina un negozio di fumetti in pieno centro...”. Frequenza persa.
La spegne, indice laccato di rosa cipria su tasto dorato.
Torna al tavolo e, rimanendo in piedi, contempla le dieci insonnie che avrebbe potuto combattere.
Basteranno? Quante ne serviranno? Forse tre o quattro saranno sufficienti.
Poi un pensiero la trafigge: E se non bastassero? E se mi risvegliassi in ospedale dopo un coma?
Si distrae rimuginando sul rapimento della radio. Perchè la nazionalità è un aggravante del reato? Perchè viene citata all'inizio, nel notiziario, e non alla fine?
Poi torna alle pillole. Le aveva estratte una ad una dalla scatola, aggiungendo certezze alla morte e togliendo coraggio a se stessa. Ce la farai, si rassicura, le ingoierai tutte quante, l'effetto sarà immediato. Il dolce sonno mortale. La fine di ogni problema, di ogni battaglia, di ogni ansia.
Prende un bicchiere in cucina. Un bicchiere opaco, dal bordo azzurro. Tracce di calcare sul fondo.
Inclina la caraffa sul bicchiere, senza fretta. Vuota.
Cerca stizzita una bottiglia. Niente. Si spazientisce, riempie il bicchiere con l'acqua della cannella, densa e ferrosa, e porta tutto sul tavolo. La sua fine è sistemata, pronta ad accoglierla con un sorriso.
Christine è seria, molto seria. Avvicina una pasticca alla bocca. Polvere bianca su mogano. La posiziona sulla lingua, più vicino possibile all'ugola, in modo da deglutire in fretta. La spinge nello stomaco con un grande sorso d'acqua, poi ricomincia velocemente. Basta un attimo di esitazione e tutto andrà in fumo. Riesce a mandar giù quattro sonniferi. E' sempre più faticoso inghiottire.
Ancora uno, forza Christine, si dice. Ne prende due in un colpo solo, poi finisce l'acqua restante nel bicchiere. Non si sente nemmeno vagamente spossata. Nulla.
Ricarica il bicchiere e stavolta ne riempie un altro per sicurezza. Li porta sul posto. Gambe leggermente deboli, palpebre capricciose, mani tremanti, freddo. Tanto freddo.
Pensando alla vita, ingoia ciò che resta della sua potenziale morte. Adesso morirà, non c'è dubbio.
Aspetta, seduta comodamente in poltrona. E' calmissima.
Prende una rivista dal tavolino, un settimanale automobilistico di due anni prima. La legge, assente.
Comincia a sentirsi stanca, ma non assonnata. Si alza, furiosa, e corre a leggere il foglietto illustrativo di quella fregatura che è stato quel dannato sonnifero. Agisce dopo un'ora dall'assunzione, c'è scritto. Non è possibile. Un'ora sono sessanta minuti. Sessanta diviso dieci fa sei. Minimo sei minuti, prima che facciano effetto. E' troppo per chi è così insicuro. E' troppo poco per chi è già così nostalgico nei confronti della vita. Fra meno di cinque minuti tutto questo sarà un sogno, si dice, serena.
“Sei una vera egoista, mia cara”, le sussurra la sua mente annebbiata.
“Eh, già, ma almeno nessuno dovrà più badare a me”, le risponde.
Poi, il lampo di desolato sgomento: suo figlio.
Non lo può certo abbandonare, ma ormai è fatta.
Qualcuno si prenderà cura di lui, o magari si deciderà a sposarsi e a farsi una vita all'estero.
Ha quasi quarant'anni, insomma!
Però, non è ancora del tutto rassicurata da quel ragionamento.
Due minuti.
C'è ancora tempo per trovare la pace, si dice.
Oh, quei prati di margherite davanti casa sua, quando era ancora bambina! Quella era la pace!
E poi, il bicchiere della spremuta d'arance, sempre ad aspettarla in salotto per l'ora di merenda.
Era un bicchiere lucido, bordato di azzurro. Scoppia a piangere, disperata: ha ancora tante gioie e tristezze da provare, tante risate di cuore da cui essere lasciata senza fiato. Anche se è la solita routine, le piacciono le sue abitudini. Ogni tanto c'è sempre una piacevole svolta.
Un minuto.
Passi sulle scale, tramestìo di borse di plastica e tintinnìo di chiavi. Non può essere tornato oggi.
E' in Svezia per lavoro, ha ricevuto una promozione. O forse il tredici non è oggi. Forse partirà il mese prossimo. Ecco!
Una chiave s'incastra nella serratura, scorrendo fino in fondo, lentamente. Inizia a girare, producendo uno stonato cigolìo ferroso. Scatta. La porta si apre da sola, sospinta dalla pressione esercitata nella toppa. E' sufficiente spingerla appena un pochino, quanto basta per poter passare.
L'uomo entra e, al buio, posa le borse della spesa nell'acquaio, in cucina. Poi giunge distrattamente in salotto, accende la luce e chiama la madre. Nessuna risposta. Aggira la poltrona e vi trova adagiata, appena appoggiata al bracciolo, una rivista automobilistica vecchia e stropicciata.
Sarà andata al negozio di alimentari prima che chiuda, si dice. Per sicurezza, decide di fare il giro della casa, cominciando dalla camera da letto: potrebbe essersi appisolata mentre leggeva, come altre volte l'aveva sorpresa al suo ritorno. Con un libro aperto sul collo e gli occhiali rossi da lettura ancora inforcati.
Ma stavolta la madre sta dormendo sul tappeto, con una mano allungata verso le coperte che non era riuscita a scostare.

L'ambulanza accorse appena in tempo per rianimarla.

   
 
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