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Autore: elev    24/07/2015    1 recensioni
“È il 24 settembre, sono Liz Parker e cinque giorni fa sono morta. Ma poi mi è accaduta una cosa fantastica: ho cominciato a vivere.”
Vi ricordate la sparatoria al Crash Down? È stata davvero un incidente? Chi è l’uomo che ha sparato? Cosa succederebbe se Liz, Maria, Michael, Max e Isabel cominciassero ad indagare? Sarebbero in pericolo? Max e Liz riusciranno davvero a stare insieme?
Le risposte a queste domande qui, in questa piccola ff. I fatti si svolgono sulla base della prima stagione (post 1x08 “Heat Wave”), in modo diverso, senza River Dog. Alcuni eventi ripresi dalla serie Tv originale ma non in ordine cronologico.
Questa ff è stata scritta per pura passione.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liz Parker, Maria De Luca, Max Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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**3**

La luce del sole del New Mexico era dorata e filtrava attraverso le tende della sua stanza illuminandole la pelle. Era stata una lunga notte. Maria scalciò il piumone, con il viso affondato nel cuscino e gli occhi semichiusi tastò il comodino alla ricerca dell’orologio quando una leggera risata la spaventò facendola cadere dal letto.

La ragazza si rialzò velocemente imprecando. “Ma chi cav… Michael!” Esclamò poi, rimanendo a bocca aperta.

Il ragazzo, seduto sul cornicione della finestra, sorrise.

“Da quando entri in camera mia dalla finestra e ti senti autorizzato a sostare sul mio davanzale?” Reclamò Maria, ripresa dallo stupore iniziale. “Perché? È vietato?” Chiese beffardo. “Passavo di qui per caso, ho visto la finestra aperta e mi sono fermato!”

Maria cercò di replicare a tanta irriverenza ma per un istante rimase senza parole, poi strillò “Questa è violazione di domicilio! E se ti avesse visto mia madre?! Avrebbe sicuramente pensato che…!”

"Ti sarebbe piaciuto che fosse stato così, vero?"  Commentò serafico il ragazzo.

Maria lo osservò con stupore e rabbia poi sbraitò “Michael! Se passavi per caso non dovresti essere ancora qui, lo dice la parola! Comunque entrare in casa mia e sedersi sul cornicione mentre dormo… non credi che sia un tantino strano? Dovrò ricordarmi di chiudere le finestre la prossima volta…”

Michael si grattò un sopracciglio e replicò senza scomporsi “Anche se le chiudessi…non mi fermeresti!”

“Davvero, si può sapere almeno che cavolo vuoi e perché sei qui Michael?”

“Nient’altro?” Sputò malizioso.

“Allora?” Strillò lei gesticolando nervosamente con le mani.

Michael scese dal davanzale ed entrò nella stanza. “Volevo solo controllare se eri al sicuro e poi sei tu che dici di volere più romanticismo”.

“Al sicuro? Che cosa credi possa succedermi?”

“N-non lo so… c’è tanta di quella gente strana a Roswell…” giustificò lui.

“Strana come te che ti diverti a spaventare le ragazze presentandoti seduto di buon’ora sul davanzale della loro finestra… Farmi cadere dal letto non è esattamente la definizione di ‘gesto romantico’ ” bofonchiò lei mimando le virgolette con le dita, “se volevi sapere come stavo, non potevi aspettare di vedermi a scuola o al crash down?”

“No!” fu la risposta.

“Perché no?” Chiese Maria confusa.

“Oggi è sabato e non c’è scuola. Al Crash Down ci sono andato ma non c’eri e mi sono preoccupato, va bene?”.

La sua risposta la colpì per un attimo, aggiungendo più confusione al groviglio di emozioni che stava provando. Per un attimo, Maria avrebbe voluto perdersi negli occhi scuri di Michael, ma tutto quello che riuscì a fare fu sputargli contro con esasperazione. “Te lo ripeto Michael, questo non è preoccuparsi, questo è farmi rischiare un infarto precoce!”

“Mi spiace di aver visto la finestra aperta!” Ribatté offeso serrando la mascella.

“Anche a me, di averla lasciata aperta!” Rispose con foga Maria. “Se tu ti fossi preoccupato veramente, e se fossi un ragazzo come gli altri, saresti venuto a casa mia e vedendomi tranquilla mi avresti svegliata con dolcezza, magari preparandomi un caffè o portandomi dei cornetti! Non avresti certo fatto in modo che mi procurassi qualche livido!”

“Già, sorvoliamo che non sono nemmeno di questo pianeta…” borbottò lui.

“Che cosa vuoi allora?” Sbraitò Maria al limite della pazienza.

“Devi vestirti, è tardi! Gli altri ci aspettano!” Rispose bruscamente.

Maria voltò lo sguardo verso la sveglia che segnava quasi le nove. “Oh porco cazz…! Sono in ritardo! Potevi dirmelo Michael!” La ragazza arraffò alcuni vestiti. “E voltati che devo vestirmi!” Strillò.

Il ragazzo rivolse sbuffando lo sguardo verso la finestra aperta e quando Maria fu pronta, poco dopo, si fermò di fronte a lei fissandola e impedendole il passaggio.

“Che hai da guardare ora?” Chiese nervosa.

“Niente!” Rispose lui corrugando la fronte e voltandosi per uscire di nuovo dalla finestra.

“Sei…carina….” Borbottò senza farsi sentire.

 

Maria e Michael raggiunsero il Crash Down dove Liz e gli altri li aspettavano sorseggiando del caffè cercando di ignorare il plico dei documenti chiuso sul tavolo di fronte a loro.

Liz riservò un’occhiata di biasimo all’amica quando la vide entrare dalla porta principale e mormorò “quanto ci hai messo?”. Grazie al cielo a quell’ora del mattino il locale era ancora poco frequentato e il ritardo di Maria non fu notato più di quel tanto.

Maria ignorò il rimprovero addentando uno dei due muffin ai mirtilli che aveva in mano, si avvicinò al tavolo ed aprì la cartella senza convenevoli. Fece passare i fogli come se sfogliasse un comune rotocalco. “Santa Fe…?” Borbottò con la bocca piena.

“È l’unico indizio che abbiamo.” Rispose Isabel seccamente.

“Andiamoci e scopriamo se questo indirizzo significa qualche cosa”, suggerì Liz pacatamente.

“Ma ci vogliono tre ore per arrivarci!” Protestò Maria incrociando lo sguardo dell’amica.

“Sentiamo, cosa avresti intenzione di raccontare stavolta ai nostri genitori?” Continuò la ragazza incupendosi.

“Il vantaggio di essere orfano…” ridacchiò Michael sarcastico guadagnandosi un’occhiataccia da Max e Isabel.

“Che facciamo una gita?” Propose Liz speranzosa.

Michael si agitò sulla sedia rischiando di cadere “siamo nel bel mezzo di un’indagine e lei pensa a fare gite!?” Esclamò contrariato.

“E allora? Anche durante la guerra i soldati trovavano il tempo per divertirsi pur combattendo il nemico per il resto del tempo. Per televisione ho visto delle testimonianze che…”

“Ahh, ecco “discovery channel-Liz”! Che cavolo centra? Mica siamo in guerra!” Strillò Michael interrompendola.

“A parte che sarebbe una copertura ma visto che siamo tutti stressati per gli esami… e se ci svagassimo per un fine settimana?” Ribatté Liz

“Svagarci?” Chiese Max “Mi piace come idea”, disse poi ricambiando il sorriso di Liz.

“Non so cosa ci sia di divertente nell’andare in cerca di un tizio di cui abbiamo solo l’iniziale e il cognome e del quale non sappiamo nulla tranne il fatto che centra qualche cosa con la sparatoria al Crash Down…” sbuffò Maria.

“Da quando sei diventata tu quella prudente?” Chiese Liz.

“Da quando, ho rischiato di doverti venire a trovare al cimitero per il resto della mia vita! Liz! Sei quasi morta, ci pensi?!” Maria gesticolò nervosamente con le mani. “Comunque rassegnati, dovrò seguirti amica. Tu e Max Evans siete troppo occupati a scambiarvi occhiatine e sorrisi languidi al posto di preoccuparvi dei pericoli che potremmo correre….” “Non credi di essere un tantino paranoica, Maria?” Protestò Liz

“Ehi, lo faccio per voi… qualcuno deve pur pensarci no?” Rispose lei.

Max e Liz si sorrisero imbarazzati. Isabel sbuffò alzando gli occhi al soffitto, poi si rivolse al fratello con tono incerto “sei sicuro che sia una buona idea, Max?"

“Un po’ di distrazione non ci può nuocere, Iz" rispose  Max dolcemente. “Maria ha ragione”, proseguì, “dobbiamo stare attenti ma niente ci impedisce di unire l’utile al dilettevole per una volta… basta non parlarne con nessun altro fuorché i presenti”.

“Nemmeno con…. Alex?” Mormorò Maria alzando lo sguardo vedendo entrare il ragazzo dalla porta principale del Crash Down e avvicinarsi al loro tavolo. “C-ciao Alex!” Balbettò poi.

 “Cos’è che non bisogna far sapere in giro? Forza ragazzi, non fatevi pregare” insisté, “cosa stavate tramando senza di me?”

Il gruppo rimase in un imbarazzante silenzio.

“C’entrano quegli incarti vero?” Continuò Alex indicando il tavolo.

Maria e Liz si scambiarono un’occhiata rassegnata “Beh, infondo è coinvolto anche lui e dovrebbe sapere….” Biascicò la prima cercando con lo sguardo il consenso degli altri.

 “O-Omioddio, non sarà illegale spero…” balbettò il ragazzo.

“Alex!” lo richiamò Isabel, “ora calmati! Devi soltanto prometterci che terrai la bocca chiusa!”

Alex annuì dubbioso.

“Andiamo a Santa Fe” rivelò Liz.

“Santa Fe?” Ripeté l’amico inarcando un sopracciglio, “cosa c’è a Santa Fe?” Chiese. Poi s’illuminò “Oh…. Fico! Ho sempre desiderato visitare il museo del pueblo nativo e… Isabel, potremmo visitarlo insieme che ne dici? Poi potremmo osservare insieme il cielo stellato, pare che sia fantastico da quelle parti e Maria tu potresti chiedere la Jetta in prestito a tua madre così viaggeremo più comodi. Io porterò il materiale da campeggio di mio padre mentre qualcuno di voi si occuperà del cibo.” L’entusiasmo di Alex era incontenibile, Liz e Maria si scambiarono uno sguardo divertito e scossero leggermente la testa.

“È una grande idea, Alex” rispose Isabel senza mostrare grande esaltazione.

“Questo pomeriggio dopo il turno ci troviamo qui” disse Liz senza staccare gli occhi dalle labbra e da quella minuscola lentiggine che Max aveva sopra il labbro superiore.

Nel primo pomeriggio i fratelli Evans salirono sulla jeep diretti a casa di Michael. Trovarono l’amico pronto sull’uscio. Appena l’automobile si fermò, il ragazzo saltò a bordo senza aprire la portiera e borbottando qualche cosa a proposito della stazione radio su cui era sintonizzato lo stereo, si sistemò sul sedile posteriore.

Max svoltò a destra dirigendosi verso il centro di Roswell, il sole delle prime ore pomeridiane aumentava i contrasti tra i colori e l’aria tiepida gli spostò i capelli corvini dalla fronte.

La Jeep si fermò poco dopo davanti al Crash Down, il ragazzo spense l’automobile proprio nell’istante in cui la porta del locale si aprì e Liz spuntò sulla soglia illuminata dai raggi solari. La ragazza incontrò i suoi occhi, lo guardò intensamente e gli sorrise. Max  desiderò che quel momento potesse durare per il resto della sua vita. Non si sarebbe stancato di ammirare il modo in cui i capelli scuri di Liz riflettevano i raggi del sole diventando quasi brillanti. Non si sarebbe stancato della fossetta che le si formava accanto al labbro quando gli sorrideva, del modo in cui si avvicinava a lui o della dolcezza con cui lo sfiorava quando era preoccupata per qualche cosa che lo riguardasse. L’ambiente circostante sembrò improvvisamente rallentare e il cuore di Max perse un battito.

 

“Dovevi proprio portarti dietro tutta quella roba?” La voce sprezzante di Michael rivolta a Maria -che depositava soda, salsa tabasco, cibo e una vecchia radio a batterie sul sedile- interruppe quell’idillio.

“Non provare a toccarla!” Rispose lei con gli occhi ridotti ad una fessura.

“Che gita sarebbe senza provviste?” Continuò.

“Infatti non è una gita!” Sbottò lui.

“Si che lo è! Dobbiamo anche divertirci ricordi?”

“Non me ne frega un accidente dei nativi e del cielo stellato!” Borbottò Michael scocciato.

“Senti ragazzo dello spazio”, disse Maria avvicinandosi al suo viso “Potresti almeno cercare di non risultare il solito guastafeste!”

“Non emetterò inutili esclamazioni di ammirazione davanti a delle stupide vetrine di un museo contenenti pezzi di legno colorati di discutibile gusto appartenenti ad antenati che non sono nemmeno i miei!” Sputò lui.

“Già, almeno potresti fare finta per rispetto mio!?” Sbraitò Maria.

“Scusami se non mi comporto come una di quelle scimmie ammaestrate! Perché non mi accetti così come sono e la pianti di cercare di cambiarmi?”

“Sei sempre così impossibile!” Ribatté Maria. La ragazza gli voltò le spalle e prese posto sulla Jetta sbattendo la portiera.

“Finalmente qualche cosa per cui siamo d’accordo!” Ringhiò Michael.

 

***

Il viaggio proseguì in silenzio per due ore quando la Jetta si fermò di colpo spegnendosi e sbuffando un candido vapore dal cofano. Maria imprecò e prese a pugni il volante.

“Problemi?” Chiese una voce maschile affacciandosi al finestrino del conducente. “Non ce n’erano finché non l’hai toccata tu!, Michael!” Urlò Maria “cosa hai fatto alla mia macchina?”

“Perché credi che la tua stupida macchina sia sempre tra le mie priorità?” Rispose il ragazzo sempre più sprezzante.

“Fai qualcosa, qualunque cosa. Mettila a posto! E subito!” Strillò la ragazza.

“Non potresti usare uno dei vostri…. Trucchi alieni?” Interruppe Alex sporgendosi in avanti slacciando la cintura di sicurezza.

Max, Liz e Isabel raggiunsero il gruppo dopo pochi istanti.

“Che succede?” Chiese Liz.

“Che succede?” Sbraitò Maria “Succede che sono qui, dispersa in un posto arido e polveroso che non è nemmeno segnalato sulla cartina, dove non passa un anima viva; sotto il sole, con una sete incontrollabile e ho anche bisogno di un bagno, con questo rottame che non vuole saperne di funzionare e… e lui – indicò Michael con un dito- non me lo vuole mettere a posto!”

“L’avevo detto io che era un catorcio!” Rise lui incrociando le braccia al petto.

“Sta.zitto!” Ringhiò Maria.

“Smettetela!” Ordinò Isabel, “Michael! Non sei d’aiuto così!”

“Spiacente ma non posso farci niente se qualcuno si è dimenticato di fare il pieno!”

“Come scusa?” Chiese Maria passandosi una mano sulla fronte.

“Questo ferrovecchio ha finito la benzina!”

“Un momento!” Disse Liz indicando un vecchio segnale arrugginito a bordo della strada, “quel cartello laggiù segnala una stazione di servizio potremmo fermarci lì per un attimo e fare rifornimento!”

“Vorresti lasciare qui la Jetta da sola?” Protestò Maria.

“È un’automobile, non una persona!” Commentò Michael

“Preferisci che abbandoni te?” Rispose lei, “sai, dicono che il deserto favorisca la meditazione….”

“Andiamo Maria!” Disse Liz, interrompendo l’ennesimo battibecco.

I ragazzi salirono, stringendosi, sulla Jeep che si avviò guidata da Max, verso l’area di sosta segnalata.

Maria scese per prima precipitandosi, seguita poco dopo da Liz, verso il bagno. Alex e Michael entrarono nel vecchio emporio di legno. Le insegne esterne oscillavano e stridevano alla brezza calda. Le assi di quelle quattro pareti fatiscenti sembrava rimanere sospese per miracolo.

Alex tossicchiò reagendo alla polvere del locale quando un anziano commesso si sporse dallo stanzino di servizio. “Chi c’è?!” Gracchiò.  

“Noi…” iniziò Michael, ma fu subito interrotto “Da dove venite con quelle facce?”

“Da Roswell e siamo rimasti senza benzina...” rispose il ragazzo agitando la tanica.

“Roswell?” Ripeté con voce stridula “Brutta gente in quel posto! Brutta gente…” Dichiarò. Poi riducendo gli occhi ad una fessura “non si vedono spesso stranieri da queste parti!”

“Allora possiamo…?” Chiese Michael spazientito.

“Ah si… certo certo… Sono dieci dollari ragazzo” disse l’uomo pigiando infastidito sui tasti della cassa registratrice, “ma dovrete farvela da soli, io sono troppo vecchio per sollevare certi pesi”. Poi tornò  a borbottare tra sé e sé qualche cosa circa l’età e i bei tempi passati.

 

***

“Potresti piantarla con quella musica? O vuoi farci scoprire?” Max dedicò un’occhiataccia alla sorella che sbuffò e abbassò il cd che teneva vicino all’orecchio.

“Tu usi i tuoi poteri tutto il tempo e io non posso?” Si lamentò la bionda.

“Non uso i miei poteri davanti a tutti!”

“Non mi risulta! Quel giorno con Liz te lo sei già dimenticato?!” Sbottò Isabel.

“Con lei è diverso….”

“Certo che è diverso!” Urlò Isabel “Praticamente ti mancava la bandierina ‘Ehilà sono un alieno, prendetemi!’, Max ti hanno visto tutti!”

“Abbassa la voce Iz, non potevo lasciarla morire!” Protestò Max con coinvolgimento.

“Hai sempre l’ultima parola! Credi davvero che troveremo qualcosa a Santa Fe?”

“Isabel, se non ci andiamo non lo scopriremo mai e ora cerca di toglierti quell’espressione dalla faccia, non la sopporto!” Commentò Max quando la sorella si incupì.

“Agli ordini capo!” Soffiò Isabel scendendo dall’automobile.

 “Con tutto quello che abbiamo da fare loro devono perdere tempo là dentro?” Commentò Michael ad alta voce fermandosi davanti alla porta chiusa del bagno delle signore.

“Chissà quali orrende malattie avrei potuto prendermi là dentro e…” Strillò Maria aprendo la porta.

“Una più o una in meno che differenza vuoi che faccia!” Sghignazzò Michael avvicinandosi al parcheggio dove sostava la Jeep. “Attento Guerin! Il deserto si avvicina!” lo avvertì Maria senza voltarsi.

I ragazzi riempirono la tanica, raggiunsero la Jetta che fu rifornita e partirono guidando per un centinaio di miglia su quella striscia di asfalto nero che separava di netto il paesaggio dalle mille sfumature di marrone e rossiccio, arido e bruciato dal sole del New Mexico, alla volta di Santa Fe.

***

Max parcheggiò la jeep accanto ad un edificio dove il sole rosso su fondo giallo sulla bandiera del New Mexico esposta su una parete sventolava alla brezza leggera.

Maria e Alex sulla Jetta giunsero poco dopo.

“Quale sarebbe ora il nostro piano?” Chiese Isabel distogliendo lo sguardo da quella bandiera colorata.

“Abbiamo un piano? Non sappiamo nemmeno dove dormiremo stanotte!” Rispose Maria.

“Per questo ci sono i sacchi a pelo” rise Michael. “Io non ci dormo là dentro!” Si lagnò la ragazza dipingendo una smorfia schifata sul volto. “E allora perché hai occupato mezza jeep con tutta quella roba da campeggio?” Chiese Michael innervosito.

Maria gli rivolse uno sguardo truce, poi alludendo al museo, si rivolse ad Alex e disse “non volevi visitare quello?”

Alex, nascondendo la sua delusione riguardo alla possibilità sprecata di poter far colpo su Isabel, annuì in silenzio. “Vengo con te!” Esclamò Maria.

Per la prima volta dall’inizio del loro viaggio il gruppo si divise.

In verità non le interessava molto ma Maria in cuor suo pensò che mollare tutti per ripicca nei confronti di Michael sarebbe stata una, benché minima, soddisfazione per il suo orgoglio.

“Te la farò pagare ragazzo dello spazio”, pensò mentre varcava la soglia dello stabile.

 

***

 

La piazza centrale era deserta. Il rombo del motore della jeep, unico rumore percepibile in quel momento, rimbombò sulle pareti grezze delle piccole abitazioni poste come mattoncini delle costruzioni ai bordi della strada. I loro spigoli arrotondati e le tendine dai colori bruciati dal sole donavano all’ambiente un aspetto quasi irreale.

“Se non avessi la certezza di non essere di questo pianeta direi che un’astronave è già passata di qui e noi non ce ne siamo accorti!” Disse Isabel guardandosi attorno.

“È l’ora della siesta, la gente sarà a casa a riposare!” Rispose Liz.

“Quale gente? Non c’è un’anima viva o quasi” Ribatté Michael seguendo con lo sguardo un gatto che spariva sotto ad un cespuglio, “Pensate davvero di trovare qualche cosa qui?”

“Senti, ci sarà un posto tipo….quello!” Esclamò Max alludendo al leggero chiacchiericcio che usciva dalla piccola finestra “è una taverna potremmo chiedere indicazioni…”

Liz osservò quella casa fatiscente alla ricerca di un’insegna, un segno che le indicasse con certezza che si trattava davvero di una tavola calda e non di una casa infestata da zombie o fantasmi che sarebbero usciti di lì a poco.

Cercò di ignorare quel pensiero e seguì i tre amici varcando la soglia del locale.

Impiegarono qualche istante ad abituarsi alla luce fioca dell’interno e all’odore penetrante di fritto frammisto a Whiskey scadente che li assalì senza possibilità di scampo.

La porta cigolò richiudendosi. Come risvegliati da un incantesimo, gli scarsi avventori piegati sui loro bicchieri mezzi pieni, si voltarono contemporaneamente. Una decina di paia di occhi ora li fissava in silenzio.

Il barista dietro al bancone, un uomo tarchiato con la barba incolta, smise di asciugare il bicchiere che aveva in mano e si fermò ad osservarli con iniziale sorpresa, poi con sospetto socchiudendo gli occhi ingialliti.

“Quién eres? Qué quieres? La cocina està cerrada!” Sbottò seccamente.

“No queremos comer” rispose Liz avvicinandosi al bancone, “ci servirebbero delle indicazioni”.

“Uh uh” borbottò l’uomo grattandosi il mento. “Dispersa nel bosco cappuccetto rosso? Non hai paura del lupo tesoro?” Continuò allargandosi in un sorriso sdentato.

Liz indietreggiò di un passo. Quell’uomo sudaticcio la metteva soggezione. Forse davvero da lì a poco sarebbero spuntati gli zombie oppure lo stesso barista si sarebbe trasformato in uno di loro. Per un momento davanti agli occhi le apparve un uomo dalla pelle raggrinzita che la fissava con due occhi incavati e iniettati di sangue

“Stai bene Liz?” La voce di Max che nel frattempo l’aveva raggiunta fece sparire quell’orrenda visione. Liz scosse la testa e annuì.

“Tranquilla, chica”, disse il barista, “scherzavo!”

“Benvenuti a Santa Fe!” Disse, e scoppiò in una fragorosa risata battendo entrambi i palmi delle mani sul bancone.

Ordinarono una bibita mentre il barista li riempiva di domande. Nessuno badò a Michael che nel frattempo aveva trovato una distrazione.

“Allora?” Sbottò Isabel ad un certo punto seccata da tutte quelle domande, “Sa dirci dove si trova questo posto?” Continuò indicando il foglietto dove avevano segnato l’indirizzo.

***

“Cento dollari signori!” la voce di Michael interruppe i discorsi prima che l’uomo potesse rispondere alla domanda di Isabel, “Cento verdoni che faccio centro sull’asso di fiori da qui girato di spalle!” Annunciò il ragazzo allontanandosi ancora di più dal bersaglio appeso infondo al locale.

“È impossibile!” Vociò qualcuno. “Non ce la farai mai, ragazzo!” Esclamò qualcun altro.

“Scommetto sullo straniero” disse un altro estraendo una banconota dal portafoglio.

“Imbecille!” Borbottò Isabel.

Un folto gruppo di persone si raccolse attorno a Michael che non esitò a lanciare la freccetta ad una velocità mostruosa attraverso la stanza. Il  proiettile, guidato da un veloce gesto della mano del quale nessuno si accorse, si conficcò esattamente al centro della carta da gioco suscitando l’euforia dei presenti.

Il brusio di fondo si ammutolì quando Max si fece largo tra la folla, prese l’amico per un braccio e lo trascinò in un angolo del locale.

“Stai barando!” Latrò a denti stretti. Michael lo fissò stranito.

“Ti ho detto di non usare i poteri in pubblico!” Ribadì Max.

“Dillo più forte Max, non credo che tutti i presenti abbiano sentito bene!” Rispose sarcastico.

“Smettila, Michael! Lo capisci che potrebbe essere pericoloso?”

“Grazie per il sermone reverendo!” Sbuffò il ragazzo cercando di liberare il braccio dalla solida presa di Max.

“È una cosa seria!” Continuò “Non verrò a salvarti quando faranno di te una cavia da laboratorio!”

“Non hai detto che dovevamo divertirci? Ecco io stavo facendo proprio quello!” Protestò Michael.

“Ho detto divertirci, non attirare l’attenzione, idiota!”

Liz e Isabel finirono il caffè mentre il barista spiegava loro la strada per arrivare a rio Grande Ave.

I ragazzi ringraziarono l’uomo e uscirono dal locale.

“Che paese di suonati!” Esclamò Michael prendendo a calci le pietre sull’asfalto.

“Già. E tu ti integri alla grande, vero?” Rispose Isabel sarcastica.

“Sarà, ma intanto chi ha guadagnato questi?” Chiese mostrando trionfale le banconote alla bionda.

“Sei sempre così infantile!” Sbuffò lei.

 

***

 

 “James! James!” Un uomo si avvicinò ad Alex e Maria reggendosi ad un bastone da passeggio.

“Quel tizio ce l’ha con te” disse Maria all’amico abbassando voce.

“Intendi quel tizio che parla da solo?...” Rispose il ragazzo voltando la testa sopra una spalla.

“Non voltarti!” Esclamò Maria aggrappandosi al braccio di Alex “E se fosse un pazzo-assassino?”

“Aspetta James! Vuoi fermarti?”

“C-credo che stia davvero parlando con me…” constatò il ragazzo voltandosi incerto.

“James! Sei proprio tu?” Insisté il vecchio guardandolo dal basso verso l’alto.

Alex lo guardò confuso scorgendo un’improvvisa luce nei suoi occhi spenti. Quante volte aveva dato il contentino a qualche anziano che gli chiedeva qualche cosa o lo scambiava per un parente? Forse avrebbe dovuto essere sincero per una volta.

“N-no, si sbaglia signore” balbettò, “I-io non sono…James!”

“Ma che dici, ragazzo!” Esclamò l’altro sfiorandogli una guancia con le dita ossute e tremanti. “Come può essere? Sei tu!”

“Io mi chiamo Alex, Alex Whitmann, ho diciassette anni e non so chi sia quel James e nemmeno chi è lei!” Il ragazzo, spazientito da tanta insistenza, si voltò pronto ad andarsene.

“Whitmann!” Urlò l’uomo con voce stridula colpito da una folgorazione, “James Whitmann!”

Alex si irrigidì. “C-cosa?”

“Conosci James Whitmann?”

“M-mio… nonno?!” Balbettò incerto il ragazzo, “lei conosceva mio nonno?” Chiese meravigliato.

Il vecchio si bloccò. “Lo sapevo che c’entravi qualcosa, ragazzo! Siete due gocce d’acqua! Sei tale e quale a lui quando ci arruolammo nell’esercito!”, Spiegò con un velo di nostalgia. “Ah che bei tempi!”.

“Non l’ho mai conosciuto.” Rispose Alex.

“E dimmi ragazzo, che cosa ti porta in questo posto dimenticato da Dio?”

“Io… i miei amici cercavano una persona in Rio Grande Ave…”

“Allora dobbiamo andare da quella parte”, disse l’uomo  indicando la direzione con il bastone. “Dobbiamo?” Chiese Maria inarcando un sopracciglio.

“Vi accompagnerò io” rispose l’uomo “quattro passi a piedi me li faccio volentieri”.

***

Max e Liz si avvicinarono all’abitazione. Liz suonò al citofono che risuonò strozzato all’interno della stanza, seguito dall’abbaiare di un cane. “Sta zitto Rufus! Stupida bestiaccia! Ah, quando la smetterai di abbaiare inutil…” La porta si aprì “e voi chi siete e che diavolo ci fate qui?” Chiese una donna inarcando un sopracciglio.

“Q-questo è il 20145 di Rio Grande Ave.?” Chiese Liz avvicinandosi al piccolo cancello in legno.

“Chi lo vuole sapere?” Tuonò la donna infilando le mani nelle tasche del grembiule.

“Sono Liz Parker. Il Signor Davis vive qui?” Insisté Liz.

La donna spalancò gli occhi per un istante poi tornò imbronciata, “Parker? Mai sentita! Il signor Davis non vive qui. E ora se ne vada!.” Concluse pronta a rientrare in casa.

“A-aspetti!” Balbettò Liz “Lei lo conosce? È una parente?”

La donna sbuffò abbassando le spalle e, avvicinatasi a Liz con aria minacciosa, sbraitò alzando gradualmente la voce “ Senta Signorina Parker, non so cosa voglia da me e nemmeno mi interessa! E ora sparisca assieme al suo amico prima che chiami la polizia!”.

Liz si irrigidì fissando quella donna mentre tornava in casa. Max si avvicinò e le prese dolcemente la mano.

“Sa dove posso trovarlo?” Tentò un’ultima volta.

La donna si fermò a metà del vialetto sbuffando, poi si voltò, “non insista più, addio!” Soffiò.

“Hei, calmati Estelle! Vecchia isterica!” Esclamò una voce maschile avvicinandosi all’abitazione.

“Ray? Sei tu?” Chiese la donna voltandosi.

“Smettila di strillare” disse l’uomo, “Questi ragazzi sono amici….”

“E cos… oh Cristo Santo, ma lui è tale e quale a….” Esclamò Estelle.

“Sì, certo! È suo nipote!” Rispose Ray accompagnando Alex posandogli una mano sulla spalla.
Liz e Max assistettero sorpresi alla scena. Cosa ci faceva il loro amico Alex con quell’uomo? E cosa centrava suo nonno?

“Forza Estelle!” La incitò Ray quando il gruppo fu raggiunto anche da Michael, Isabel e Maria. “Vuoi dare a questi ragazzi le informazioni che cercano?”

“Oh… oh sì certo!” Balbettò, “È molto semplice in realtà…ma accomodatevi, vi prego!”

Estelle fece strada nel corridoio dell’abitazione. “Vi preparo del caffè?” Chiese senza attendere una risposta, poi proseguì “ditemi, da dove arrivate? Non avete l’aria molto riposata…”

Max, Michael, Isabel, Liz, Maria e Alex attraversarono il lungo corridoio che dall’ingresso portava al salotto soffermandosi di tanto in tanto sulle numerose fotografie antiche appese alle pareti.

“Pensavo di aver evitato quello stupido museo…” Bofonchiò Michael, il quale venne subito zittito da Maria con una gomitata. Infine presero posto nel piccolo salotto arredato con antichi mobili di legno scuro.

“Tu ragazzo…” disse la donna rivolta ad Alex raggiungendo gli ospiti con un vassoio carico.

“Alex” disse lui a bassa voce “mi chiamo Alex”

“Dovresti vedere questa fotografia”, Estelle posò il vassoio facendo tintinnare le tazze una contro l’altra.

Afferrò una cornice argentata contenente un’immagine sbiadita in bianco e nero e gliela porse.

“Lui era tuo nonno” Disse indicando l’uomo alto e magro in divisa militare in piedi sulla sinistra.

“Questo invece era mio padre, tuo nonno gli ha salvato la vita.”

Alex sorrise commosso e chiese “che fine ha fatto allora suo marito?”

“Mio marito, Harry Davis è morto da quasi due anni, per questo non vive più qui!” aggiunse Estelle asciugandosi gli occhi con il dorso di una mano.

“Morto? Da due anni?” Esclamò Maria inorridita tappandosi la bocca con una mano.

“Ehm… Maria voleva dire che ci dispiace davvero molto, signora.” Rimediò Michael prima che la ragazza potesse rivelare troppi dettagli. Non sarebbe stato prudente.

“È sepolto al Rosario Cemetery di Santa Fe. Non capisco perché vi interessi tanto ma… se proprio ci tenete…..” Rispose mestamente la donna.

***

“Tutta questa storia è orribile, se non c’è il marito della signora Davis là sotto allora chi dovrebbe esserci?” Chiese Alex fissando inquieto la lapide su cui era riportato il nome H.Davis 1950 – 2007. “Magari si è finto morto per poter scappare su una qualche isola deserta!” Ridacchiò Maria.

 “Come mai allora c’era il suo nome sui verbali della polizia?” Replicò Michael “Come ti vengono in mente certe stronzate?”

“Beh? Forse non sono l’unica a credere che ci sia qualcosa di meglio là fuori che una vita a Roswell o a Santa Fe!” Rispose la ragazza “Ma tu che ne sai, non sei nemmeno di queste parti!”. Michael socchiuse gli occhi “e allora perché diavolo non abbiamo ancora trovato nessuna traccia?”

“Bisogna avere pazienza! Non è certo stando lì a litigare che troveremo qualche cosa!” Disse Liz spazientita inginocchiandosi accanto alla tomba.

La ragazza sfiorò la terra quando un alone azzurrognolo le comparve davanti agli occhi quasi accecandola. Ritrasse velocemente la mano e il bagliore si spense poco dopo.

“Forse dovremmo scavare!” suggerì Max sedendosi accanto a Liz.

“Non possiamo farlo, non ora! Non è prudente!” Commentò Isabel osservando lo stanzino del custode con la coda dell’occhio. “Troviamo un posto per la notte piuttosto.”

I ragazzi tornarono sui propri passi, ripresero le automobili e si fermarono in una radura poco distante dalle ultime case di Santa Fe.

Montarono la tenda in silenzio e radunarono qualche ramo secco per un fuoco.

Liz, incapace di prendere sonno, si sedette sotto l’unico albero stringendo le ginocchia tra le braccia e ascoltò il fruscio leggero delle foglie sopra di lei.

Il chiacchiericcio di Maria e Alex lasciò ben presto spazio al silenzio della notte, interrotto soltanto da qualche grillo. Fu in quel momento, osservando il cielo stellato, che Liz provò una strana sensazione. Una sensazione forte che la portò ad alzarsi improvvisamente e a recuperare la torcia nello zaino.

Prima di andarsene si fermò ad osservare il viso rilassato di Max addormentato poco distante. Liz sospirò e tornò sui propri passi camminando, attenta a fare meno rumore possibile, lungo la stradina che portava al cimitero di Santa Fe.

Una fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco la sorprese quando il cancello in ferro battuto cigolò nell’aprirsi.

La ragazza si guardò attorno in cerca di chiunque potesse averla vista malgrado fosse buio. Il cuore riprese a battere normalmente quando notò che anche lo stanzino del custode era chiuso.

Illuminò una lapide per volta alla ricerca di quella che avevano visitato nel pomeriggio.

Non appena la scorse, si fermò e trattenendo il fiato si accovacciò di fronte posando la torcia nell’erba accanto a sé.

“Liz!” Sussurrò una voce facendola trasalire. La ragazza si voltò. “Max?!” Esclamò. Il ragazzo, poco distante, la guardava serio.

“Cosa ci fai qui? Perché mi hai seguita?” Chiese.

“Non riuscivo a dormire e ho visto che non c’eri…” giustificò lui senza toglierle gli occhi di dosso.

“Max! Non puoi seguire ogni mio passo!”

“Ma… dovevamo farlo insieme, Liz, non puoi farlo da sola!” Disse poi.

“Tu non capisci!” Esclamò la ragazza d’un fiato concentrandosi per mantenere un tono di voce più fermo possibile. “Devo farlo! È una cosa che mi riguarda e devo scoprire cosa c’è sotto questa faccenda! È l’unico modo che ho per uscire da questo incubo che mi perseguita, Max!”

“Ne sei proprio sicura?” Chiese Max gentilmente cercando di capire quello che Liz stava provando e il motivo per cui era così importante per lei andare a fondo in quella vicenda.

Le prese la mano stringendola delicatamente “potrebbe essere pericoloso!” Disse.

Lei annuì lentamente “lo so” rispose. “Mi dispiace Max,” disse amaramente abbassando lo sguardo sulle loro mani unite, “non saremmo qui se non avessi avuto quella stupida visione. È colpa mia, vi ho coinvolto tutti. Forse ha ragione Michael: salvarmi vi ha messo tutti nei pasticci.”

“Prima di tutto niente che ti riguarda è stupido! E poi da quando ti ho salvata io sento di aver cominciato finalmente a vivere.” La rassicurò Max.

“M-max… i-io..” balbettò Liz. Le lacrime le pizzicarono gli occhi. Il ragazzo la  zittì premendole la punta dell’indice sul labbro. Le prese il volto tra le mani e guardandola dritto degli occhi tracciò il contorno del labbro superiore con il pollice, salì lungo la linea del naso fino alle palpebre. Il suo tocco era caldo e delicato. Liz lo guardò con stupore. Aveva sempre ubbidito a quella voce interiore che le suggeriva giornalmente quanto Max avesse ragione sul fatto che dovevano essere soltanto amici. Se avesse ceduto alle sensazioni che provava quando gli stava vicino, avrebbe messo in pericolo non solo sé stessa ma anche il resto del gruppo. Liz strinse le mani un pugno. Non poteva cedere ora. Resistette per un altro attimo.

Doveva toccarlo!

“S-sei sicuro che sia una buona idea?” Sussurrò prima di chiudere gli occhi lasciarsi cullare da quella sensazione meravigliosa. Il ragazzo continuò ad esplorarle il viso con espressione seria finché Liz inclinò lentamente la testa baciandogli delicatamente il palmo di una mano poi il polso.

Max deglutì e portandole una mano tra i capelli, dimezzò le distanze tra loro. Liz si sentì invadere da un calore che non aveva mai provato prima. Il battito del suo cuore accelerò quando Max le percorse le labbra con la lingua facendole schiudere con un tocco passionale, caldo e disperato allo stesso momento. L’universo con vastissime galassie colorate le apparve davanti agli occhi, tutto ciò che Max provava per lei le invase la mente.

“Affronteremo questa cosa insieme!” Sussurrò poi staccandosi.

Cominciarono a scavare smuovendo delicatamente la terra finché un raggio di luce biancastra fuoriuscì dal terreno. Incuriositi continuarono la ricerca ed infine estrassero un oggetto duro ma gelatinoso. Alla vista aveva l’aspetto di un cristallo e  la luce che emetteva pulsava alternandosi da fioca ad accecante. Max e Liz si guardarono senza parlare, lo ripulirono dal terriccio tenendolo tra le mani. All’improvviso la luce si spese sotto i loro volti attoniti.

“Già, insieme!” Esclamò una voce familiare avvicinandosi.

“Maria! Cosa ci fai qui?” Ringhiò Liz a denti stretti nascondendo il cristallo sotto il maglione.

“Cosa ci fate voi invece!” Strillò la ragazza “Dovevamo tornare qui domani tutti insieme invece vi trovo qui a… a…” continuò balbettando.

“Pomiciare?! Non avete perso il vizio a quanto pare!”

“Michael!” Esclamò Maria voltandosi stizzita verso il ragazzo “Mi stavi seguendo?” Michael si strinse nelle spalle "E perché dovrei seguirti?"

"Che cosa ci fai qui, Michael?"

“Niente. Non riuscivo a dormire e così mi sono fatto una passeggiata. È vietato?”

“Mi stavi seguendo!”

"No!"

"Sì è così invece!" Sbottò Maria alzando notevolmente il tono della voce.

“È buio, è pericoloso aggirarsi da soli in un cimitero!” Ribatté lui lasciandola di stucco per un istante.

Il ragazzo scrollò le spalle. “Allora, grande leader, vuoi dirmi che cosa avete trovato là sotto? Perché c’era qualcosa vero?” Domandò Michael ignorando gli sguardi di Maria ancora confusa.

“Niente! Non c’era niente.” Borbottò Max dileguandosi dalla presa dell’amico che lo scrollava stringendogli un braccio.

“Non cercare di nascondermi le cose Maxwell, tanto lo scoprirò a modo mio!” Annunciò il ragazzo riprendendo il sentiero da dove era arrivato senza aspettare nessuno.

“Credo che dovremmo dirglielo prima che combini qualche disastro” Sussurrò Liz raggiungendo Max e prendendolo per mano.

“Glielo diremo al momento giusto. Prima voglio scoprire di cosa si tratta. Non voglio che agisca impulsivamente come al solito!” Rispose dolcemente il ragazzo.

“Ecco Romeo e Giulietta dispersi nel bosco! Dove eravate finiti?” Chiese Isabel Evans sbadigliando.

Max la guardò impassibile. Se Isabel non aveva iniziato facendogli una scenata davanti a tutti allora c’era qualche cosa sotto. “Glel’hai detto!” Disse infine lanciando un’occhiata di rimprovero a Michael.

“Detto cosa?” Protestò lui.

“Gliel’hai detto.” Concluse Max per la seconda volta.

Isabel abbassò gli occhi torturandosi le unghie curatissime, “potevi avvisare anche noi però, Max!”

“Veramente è colpa mia”, Interruppe Liz, “sono stata io e lui… lui mi ha seguita!”.

“Va bene, va bene”, disse Isabel alzando le mani in segno di resa. “Tanto se avete trovato qualche cosa lo scoprirò lo stesso! So come estorcere le informazioni a mio fratello!” Rise.

“Mentre eravate là fuori Alex ed io abbiamo ammirato un fantastico spettacolo di stelle cadenti! Vero Al?” Esclamò entusiasta strizzando un occhio al diretto interessato che arrossì fino alla punta dei capelli.

“Non sapete che vi siete persi!” Ribadì con aria superiore.

Maria e Liz si guardarono sbalordite.

Il cielo si stava già schiarendo quando i ragazzi ripresero la via per Roswell, più allegri di quanto lo erano stati all’andata.

 

***

Isabel e Michael scesero dalla jeep all’inizio della via che portava verso casa. Max proseguì con Liz. Posteggiò la jeep davanti al Crash Down. Slacciò la cintura di sicurezza avvicinandosi alla ragazza che gli sorrise. Le carezzò il viso incontrando ben presto le sue morbide labbra contro le proprie. Chiuse gli occhi e assaporò quel momento consapevole di doversi staccare di lì a poco. “Che cosa racconterai ai tuoi?” Sussurrò.

“Non ti preoccupare” disse Liz infilando le dita tra i capelli corvini del ragazzo. “I miei sono stati fuori tutto il fine settimana, torneranno stasera tardi!”

“Ah, davvero?” Chiese lui sgranando gli occhi. “Potrei farmi preparare uno di quei frullati alla frutta, pare che là dentro ne facciano di meravigliosi” Disse accennando con la testa verso il Crash Down.

Liz lo guardò maliziosa. Si avvicinò alle sue labbra e bisbigliò “E tu sei un frequentatore assiduo a quanto pare! Ti sarai mica preso una cotta per la cameriera vero?” Il bar è chiuso ma… potrei fare un’eccezione!”

Scesero mano nella mano dal veicolo e, ridendo, Liz girò la chiave nella serratura.

“Stai zitto!” Ordinò “E se ci sente qualcuno?” Chiese prima di venir stretta in un abbraccio focoso e le labbra del ragazzo si avventarono di nuovo sopra le sue.

 

***

“Dove sei stata signorina?” Chiese freddamente Amy De Luca appena vide la figlia entrare dalla porta d’ingresso.

Maria rimase di stucco.

“Dove sei stata con la mia auto?” Urlò la donna. “Rispondi!”

“Mamma… te l’ho detto… mi serviva per andare al cinema con Liz…”

“Sì certo, conosco la scusa!” Sbraitò.

“Ma mamma…!”

“Niente da fare Signorina. Ora mi spiegherai per filo e per segno dove sei stata tutto il week end senza nemmeno chiamare tua madre. Oggi ho incontrato lo sceriffo Valenti, mi ha ringraziata per una torta che io non gli ho mai regalato! Centri qualcosa tu in questa storia?”

“I-io devo andare a studiare. Domani abbiamo un test di letteratura e…. il turno al Crash Down!” Balbettò la ragazza.

“Tu non andrai da nessuna parte!”

“Ma il test…”

“Sto parlando con te e mi aspetto una spiegazione dopotutto sono sempre tua madre e tu hai solo diciassette anni! Comunque faresti bene a cominciare a preoccuparti del tuo futuro se non vorrai continuare a lavorare in quello stupido bar per tutta la vita! I tuoi voti non sono certo quelli di Liz!”

“I miei voti non saranno mai come i suoi, mamma!” Urlò Maria “Forse perché io non sono Liz! E poi, sentiamo, cosa avrebbe di stupido il Crash Down? Non diventeremo certo ricche grazie ai tuoi stupidi portachiavi a forma di alieno e alle torte che regali allo sceriffo… Almeno io ho uno stipendio fisso”.

“Stipendio che spargi al vento sempre appresso a quel…. Michael scommetto! Perché è di lui che si tratta vero? Da quando è andato a vivere da solo non fa altro che chiederti favori.”

“È il mio stipendio! Lo spendo come mi pare!”

“Tesoro!” Disse la donna con voce più calma “Non sto dicendo che non ti puoi divertire… dico solo che sarebbe davvero il caso che tu valutassi le possibilità che hai per il futuro. Altrimenti rimarrai tutta la vita qui a Roswell!” Aggiunse con un velo di tristezza.

“Magari è questo che voglio!” Rispose Maria senza abbassare la voce. La gola, a furia di urlare, le aveva cominciato a bruciare.

“Fantastico!” Gridò la madre alzandosi dalla sedia “La massima aspirazione di mia figlia è quella di rimanere in questa città, sposare il primo buono a nulla e magari sfornare dei figli!” Amy raggiunse la figlia e la voltò posandole una mano sulla spalla. “Non buttare via la tua vita Maria!” Aggiunse quando gli occhi ormai le si erano velati di lacrime.

“Perché vuoi sempre pianificarmi la vita?”

“Maria!” Sbuffò la donna, “non commettere i miei stessi errori!”

Stai dicendo che sono stata un errore? Ho rovinato i tuoi piani?”

“Tesoro no, dico solo che…”

 “È stata solo una stupida gita! Almeno io esco con gente della mia età, non vado a spassarmela con i cinquantenni!” Urlò la ragazza alludendo chiaramente allo sceriffo.

Maria si avviò verso la porta e Amy la seguì tristemente con lo sguardo sospirando. In quel preciso istante si rese conto di quanto infondo sua figlia le somigliasse.

“Tranquilla ma’, Michael ed io non facciamo sesso, non abbiamo pianificato il matrimonio… anzi a dire il vero non so nemmeno se gli piaccio veramente.” Sputò Maria voltandosi un’ultima volta prima di sparire in camera da letto sbattendo la porta.

  
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