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Autore: peeksy    25/07/2015    1 recensioni
A volte confondi l'amore con l'odio. A volte vorresti non provare emozioni ed essere inarrestabile. Altre vorresti provare tutte le emozioni del mondo. E lì capisci che sono proprio le emozioni a dimostrarti che sei vivo.
Prima storia su Gravity Falls per me! Sperimenterò qualcosa di nuovo sia in ambito tematico che in ambito scrittorio.
Enjoy!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Era una giornata come tutte le altre a Gravity Falls. Il cielo giallino condito da candide nuvole faceva da sfondo alla valle con la cascata e la grande pineta, una delle tante dell'Oregon.

 

La piccola e misteriosissima città stava per andare a dormire, lungo le strade ogni tanto si vedeva qualche persona a quell'ora, ma nulla di più.

 

In città c'era il silenzio, e lo stesso valeva al Mystery Shack.

 

Dipper tuttavia non era affatto silenzioso. Il ragazzo cercava risposte, quelle che aveva avuto dall'autore dei tre diari, Stanford Pines, non erano state sufficienti, o forse lo erano state ma c'erano dubbi condivisi sia da lui che dal suo possibile prozio.

 

Ad ogni modo, molte cose lo perseguitavano. Il dubbio costante era sempre quello: ma cosa diamine sta succedendo? Perché proprio una cittadina dell'Oregon, in un modo così vasto, è perseguitata da eventi così paranormali?

 

C'erano delle risposte che non sapeva, ma che voleva assolutamente sapere. Ormai capiva che era arrivato ad un punto in cui molto della sua vita stava cambiando e non voleva essere indifferente nei confronti del suo destino.

 

“Hey fratellino! Vuoi giocare con Waddles?”

“No Mabel, non ora!”

 

Mabel. No, lei non sembrava al corrente di tutto questo. Anche lei ovviamente rimase perplessa dagli avvenimenti del portale, ma la vita è un'altra, secondo lei. Continuava a ripetere a Dipper di prenderla con più calma, che tra meno di un mese sarebbero tornati a Piedmont, California, dai genitori, e che la vita da quasi 13enni sarebbe tornata alla normalità.

 

Cose che Dipper riteneva sciocchezze.

 

“Mabel non ha visto il mistero così da vicino, non ha visto Bill Cipher” pensò Dipper.

 

Ma invece sì che l'aveva visto, e in caso si fosse presentato, lei avrebbe voluto certamente fargli una belle ramanzina su come non si prende il possesso dei corpi altrui.

 

“Mabel, dobbiamo discutere!” disse il ragazzo, il quale fece alzare in piedi la ragazzina.

“Di cosa? Di quanto fosse disgustoso il polpettone che abbiamo mangiato a cena?”

“Ugh...no Mabel, parlare di cose serie!”

“Oh, capito, vuoi parlare di misteri e cose del genere, non è vero?”

“Finalmente hai azzeccato.” disse il ragazzo con un'espressione seccata.

 

Detto questo si sdraiò sul letto e fissò il soffitto.

 

“Il fatto è che...Mabel...abbiamo appena scoperto di essere parenti dell'uomo che meglio di tutti sa di che diavolo accade qui a Gravity Falls...ma perchè siamo qui? Questa non doveva essere una vacanza dal nostro prozio? Era tutta una farsa, ci hanno nascosto un sacco di cose che però noi abbiamo scoperto...noi abbiamo un ruolo in tutto questo. Se non fosse come puoi spiegarti tutti i misteri che abbiamo incontrato, tutto ciò che abbiamo passato e che probabilmente passeremo ancora?”

 

Mabel si alzò e si sdraiò sul letto pure lei.

“E' semplice, noi siamo speciali, fratellino, e così come siamo supergemelli, siamo superspeciali!”

 

Dipper stette in silenzio per un po'. Poi riprese.

“Superspeciali? Forse sì, siamo speciali, non siamo finiti in un casino, ci hanno fatto finire in un casino! Stan lo sapeva...Stanley...ora devo pure distinguere...ah, mi domando cosa abbia Gravity Falls di speciale...”

 

Mabel si alzò e guardò dritto Dipper con un sorrisone dei suoi tipici.

“Ovviamente noi!”

“Uuugh!” rispose Dipper stanco e stufo di questa storia.

 

“Voglio solo sapere risposte! Ci deve essere un motivo, un motivo importantissimo, per il quale questo posto non è come tutti gli altri posti del mondo, questo posto è un mistero più che un paesino!”

 

“Secondo me anche Ford ha detto così da giovane!” disse Mabel sorridente.

“E infatti ha lavorato sodo ma si è cacciato in guai seri!” rispose il fratello.

“Dai, smettila di fare l'arrabbiato...se no quanto te ma voglio vederti più tranquillo!”

“No Mabel, non si tratta di questo, si tratta da qualcosa di più importante di due mocciosetti che blaterano quali noi due, c'è qualcosa che dobbiamo sapere!”

 

Dipper quasi urlò, si lasciò andare.

 

“Mabel, tu lo sai cosa comporta questo?” chiese.

“Che mi vuoi bene?” rispose la sorella.

“Aahh...” mormorò Dipper.

 

E si sdraiò sul letto.

“Andiamo a dormire” disse.

“Aspetta, non ho dato la buona notte a Waddles!” Mabel scese giù dal letto e corse ad abbracciare il suo amato porcellino.

 

“Ah, Mabel, sei sempre la solita!” e il ragazzo si mise a dormire.

 

Era stata una giornata noiosa e carica di dubbi e perplessità. Il sole, per Dipper, coincideva con i momenti della giornata in cui doveva far finta che tutto non fosse successo. Il Mystery Shack, con Stan o con Ford, sarebbe comunque dovuto andare avanti in qualche modo. Però i pensieri erano sempre lì, che lo martellavano come un picchio con il suo tronco. Già, le domande erano davvero tante ma a quanto pare “Stanford, l'autore dei diari” non voleva parlare tanto e se parlava, si capiva chiaramente che non ci metteva impegno.

 

Quando il sole calava, ecco quando Dipper a volte aveva l'occasione di parlare con l'autore. Di certo aveva capito che Ford aveva dei conti in sospeso con il fratello, ma questo non lo giustificava: era tornato nel mondo “reale”, abitato da persone, e la curiosità, la ricerca della conoscenza, sono ciò che le persone “reali” cercano.

 

Ford conosceva quello che per Dipper era stato un incubo indimenticabile, nel cattivo senso del termine ovviamente.

 

Bill Cipher.

 

Avrebbe voluto fargli tante domande su quel demone triangolare, ma aveva paura che il semplice menzionarlo avrebbe potuto mandarlo in panico o paranoia, oppure peggio, l'autore avrebbe accresciuto il senso di insicurezza in lui.

 

Di insicurezza, a Stanford, Bill Cipher ne aveva data tanta, troppa. A bizzeffe.

Trovare le parole giuste, per Dipper, non era semplice. Aveva solo 12 anni comunque.

 

E pensare che sarebbe dovuta essere una vacanza.

 

Nei sotterranei dello Shack i due fratelli, Stanley e Stanford Pines, si trovano innanzi al portale che nonostante lo shock della quasi completa riattivazione, ancora emanava forza di anti-gravità, anche se in proporzioni inavvertibili.

 

“Tu sei un pazzo, avresti potuto fare male ai pronipotini, e anche al mondo intero! Ma ti rendi conto, sei proprio un babbeo. Hai rovinato i miei obiettivi in favore dei tuoi futili scopi!” disse Ford. No, si erano già parlati in toni litigiosi ma quello non era lui, sembrava provenire da un altro mondo. Cosa che, effettivamente è vera.

 

“Ma almeno ti interessa proteggere i ragazzi o no?” chiese Ford.

 

Stanley non aveva molto da dire, era nervoso e anche nel torto, anche se certamente sapeva cose che il fratello non sapeva. E non si trattava di misteri, si trattava dei ricordi più recenti.

Se Ford aveva più conoscenza, stare nel portale per anni gli aveva fatto un solo effetto, gli aveva fatto dimenticare le emozioni, gli affetti familiari, un sorriso.

E se prima lui considerava il fratello uno stupido ma gli voleva comunque bene, adesso anche quello era da mettere in dubbio.

 

Ford blaterava parole che Stanley avrebbe preferito non sentire, o quanto meno avrebbe voluto far finta di non essere lì, eppure aveva diverse responsabilità sulle sue spalle.

 

“...Bill Cipher!”

“Che? Cosa?”

“Hai sentito quello che ho detto?”

“No.”

“...senti lascia perdere, controlla questo portale, io vado a prendere appunti nell'altra stanza.”

 

E l'autore se ne andò via. I suoi passi si facevano sentire molto forte nella sala segreta del Mystery Shack. Stanley fece per non guardare, ma l'istinto gli disse di osservarlo. Era...suo fratello, Ford, era lui e i ricordi lo persuadevano, non poteva essergli ostile.

 

Non appena la porta si chiuse, l'autore posò la giacca. Il suo volto assunse un'espressione decisamente seria, i suoi occhi si spalancarono.

 

“Lo so che sei qui...Bill Cipher!”

 

Nessuna risposta.

 

L'autore di certo non si aspettava una risposta secca, Bill era imprevedibile, seccante e non ti dava mai una sola soddisfazione. A volte sembrava dartene qualcuna, ma poi capisci che la realtà è un sogno. Ecco, Bill è questo. Lui fa diventare tutto falso.

 

“E se stessi ancora vivendo in un sogno?” Ford osservò qualche quadro appeso alle pareti, il “finto Stanford”, suo fratello, con i pronipoti.

“Spero che non corrompa loro! Sono disposto a tutto per impedirglielo!” affermò con un po' di insicurezza, ma con tanto coraggio.

 

Ma forse per lui era meglio non pensarci, pensandoci troppo si era cacciato in guai seri. Però sentiva la sua aura, l'aura di quel demone triangolare. La conosceva fin troppo bene. Bill era stato soggetto dei suoi studi fino a quando non comprese del suo vero pericolo, ma quel giorno fu troppo tardi, Bill sapeva già tutto delle sue intenzioni.

 

Camminò verso l'oscurità della notte che avvolgeva la cittadina di Gravity Falls in quella notte d'estate.

 

Nella stanza di sopra, dove dormivano i due fratellini, l'enorme finestra dava sul vuoto oscuro del cielo. I suoi vetri si tingevano di scuro come gli angoli più misteriosi che l'umanità ancora non ha usato esplorare.

 

La costruzione di quella finestra, vista la particolare sagoma dei vetri e il modo particolare in cui sono stati congiunti, trasmetteva un chiaro messaggio a chi la vedeva.

 

Un triangolo con un occhio al suo centro.

Qualcuno osserva, sempre.

Dipper dormiva, o forse no, non dormiva, i suoi sogni non erano tranquilli.

 

La finestra e l'oscurità dall'altra parte di essa parlavano chiaro.

 

“Dormi ragazzo, dormi bene. Vieni a farmi visita.”

 

   
 
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