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Autore: Flajeypi    25/07/2015    2 recensioni
La guerra si è conclusa e le vite dei semidei riprendono in modo più o meno normale, se mai si potrà definire normale la vita di un semidio. Quella di Annabeth è sicuramente una delle più complicate ed il fatto che Percy si comporti in modo strano certamente non aiuta...
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- Divino Poseidone, è un regalo bellissimo, ma non capisco… - il dio la interruppe con un gesto della mano.
- Al momento giusto, figlia della Saggezza, al momento giusto – disse, prima di sparire in una nuvola di vapore, lasciando dietro di sé soltanto una scia che odorava vagamente di salsedine. Annabeth rimase lì, impalata, a fissare il punto in cui il dio dei mari era scomparso. Lei odiava non capire.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Poseidone
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'La bellezza di essere una Testa d'Alghe.'
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Al momento giusto
 
La giornata di Annabeth era già pessima prima che il dio dei mari e scuotitore della terra decidesse di farle visita. Insomma, sapeva che la vita da semidea era sempre complicata e che non era possibile rilassarsi, ma essere attaccata da quattro empuse e un lestrigone, aver passato la giornata tra i cantieri sull’Empire State Building e i corridoi pieni di bulli e cervelli di gallina della Goode High School e, per finire, aver bisticciato col suo ragazzo testone per un motivo che, onestamente, adesso non ricordava nemmeno più, le sembrava troppo persino per gli standard di una semidea. Si sarebbe messa ad urlare se solo non avesse avuto paura di offendere in qualche modo il Vecchio Alga Marina. In fondo, voleva solo rilassarsi camminando sulla spiaggia, solo per qualche minuto, poi sarebbe andata a cercare quella Testa d’Alghe del suo ragazzo e avrebbe tentato di fare pace. Non aveva calcolato la possibilità che il padre divino del suo ragazzo potesse andare a farle visita proprio il giorno in cui avevano bisticciato.
Lo aveva visto avvicinarsi da lontano e sapeva già che, se il vecchio Poseidone era lì, doveva avere qualcosa a che fare con lei.
- Figlia della Saggezza – la apostrofò, infatti, il dio quando fu a portata di voce.
- Divino Poseidone – rispose lei accennando un inchino col capo. Le rughe ai lati degli occhi di Poseidone si accentuarono, segno che il dio stesse sorridendo: - Quanta formalità! – esclamò dandole una pacca sulla spalla. - In fondo siamo parenti, no? – Annabeth lo guardò un po’ stranita: certo, tecnicamente lui, in quanto “zio” di sua madre, la divina Atena, era suo “prozio”, ma Annabeth non era proprio sicura che Poseidone si riferisse a quello. Ma con gli dei non si poteva mai sapere.
Lo studiò, con il cervello che lavorava già a mille. Improvvisamente, ricordò il motivo per cui aveva litigato con Percy: erano giorni che il ragazzo era un po’ strano, sempre nervoso; quel giorno, per esempio, aveva iniziato a farneticare come un pazzo quando Annabeth aveva accennato alla possibilità di passare il weekend a lavorare ai cantieri per completare finalmente i lavori. Aveva iniziato a parlare a raffica, dicendole che si meritava un po’ di tempo con la sua ragazza, che anche se frequentavano la stessa scuola si vedevano raramente, che lei era sempre impegnata. Annabeth era rimasta infastidita dal quel discorso, dal momento che era convinta di farsi in quattro per ritagliare un po’ di tempo da passare con Percy. No, non era convinta, lei si faceva in quattro per incontrare quello zuccone.
Guardò Poseidone, con un’espressione tra lo scettico e l’indeciso, lui sorrise di nuovo.
- A cosa devo la visita? – si arrese Annabeth, alla fine.
- Un avvertimento e un dono – rispose lui enigmatico. – Quale preferisci per primo?
- L’avvertimento – disse risoluta.
- Degna figlia di tua madre. Bene. L’avvertimento è: tieniti forte.
Tieniti forte? Cosa diavolo voleva dire “tieniti forte”? Poseidone la guardò, indovinando i suoi dubbi: - Lo scoprirai al momento giusto – disse, sorridendo ancora, come se avesse voluto farle capire che non c’era niente di cui preoccuparsi. Ma se c’era una cosa di cui Annabeth era sicura, era proprio che, se c’entravano gli dei, c’era sempre da preoccuparsi. E perché aveva la strana sensazione che quella Testa d’Alghe del suo ragazzo c’entrasse qualcosa in tutta la faccenda?
- Ora, il dono – Poseidone agitò una mano e fece apparire dal nulla quello che aveva tutta l’aria di essere un libro, anche se… Annabeth non sapeva dire cosa, ma era sicura che ci fosse qualcosa di strano in quel libro. Si avvicinò per guardare meglio e capì: non era un libro, o almeno non uno con le pagine stampate. Era un…
- Raccoglitore per fotografie? – disse, incredula, ad alta voce. Poseidone annuì e Annabeth lo guardò stranita, ancora più confusa di prima. Non capiva dove il dio volesse andare a parare e lei odiava non capire le cose.
- E’ un dono speciale – disse allora il dio. – Ogni volta che vorrai imprimere per sempre su carta un ricordo, ti basterà aprirlo, concentrarti sul ricordo e offrirgli una Dracma; lui farà il resto.
- Divino Poseidone, è un regalo bellissimo, ma non capisco… - il dio la interruppe con un gesto della mano.
- Al momento giusto, figlia della Saggezza, al momento giusto – disse, prima di sparire in una nuvola di vapore, lasciando dietro di sé soltanto una scia che odorava vagamente di salsedine. Annabeth rimase lì, impalata, a fissare il punto in cui il dio dei mari era scomparso. Lei odiava non capire.
 
- Annabeth? – la voce di Percy le arrivò ovattata alle orecchie, per via dello stato di torpore in cui era caduta non appena si era messa a letto. Era sicura di essersi anche addormentata ad un certo punto, troppo stanca per continuare a pensare allo strano incontro che aveva avuto con Poseidone.
- Stanza da letto – disse, mischiando le parole con un grosso sbadiglio. Percy apparve sulla soglia della camera da letto prima ancora che Annabeth avesse la possibilità di finire di parlare.
- Mi dispiace per oggi – disse poi il ragazzo, raggiungendo il letto in due falcate. Annabeth lo adorava quando faceva così: non era capace di tenerle il broncio e spesso, dopo aver litigato, si ritrovavano a fare pace dopo cinque minuti soltanto.
Gli fece un po’ di spazio per permettergli di sedersi accanto a lei e Percy non se lo fece ripetere due volte: si accomodò sul letto e la cinse con un braccio, appoggiando la fronte alla spalla di Annabeth, che prese ad accarezzargli i capelli.
- Tuo padre mi è venuto a trovare – buttò lì.
- Lo so – disse Percy.
- Lo sai? – si stupì lei.
- L’ho pregato io di farlo. Ma non doveva essere così, non dovevamo litigare, volevo che fosse speciale… - eccolo che ricominciava a farneticare. Annabeth gli poggiò un dito sulle labbra.
- Esattamente, cosa volevi che fosse speciale, Testa d’Alghe? – chiese, con uno strano ed improvviso presentimento addosso.
- Avevo una cosa da chiederti, Sapientona. E so che non sei come le figlie di Afrodite, che amano queste sciocchezze… - Annabeth lo fermò ancora: - Percy – disse soltanto, per fargli capire di andare al sodo.
- Era programmato per il week-end, ma i cantieri… - oh, ecco perché si era arrabbiato tanto, pensò Annabeth.
- Percy – disse comunque, di nuovo, stavolta con un pizzico di impazienza.
- Ok, ok! – il ragazzo fece un respiro profondo. – So che hai già accettato di venire con me a Nuova Roma il prossimo anno, ma, ecco… - si fermò di nuovo, mordendosi l’interno della guancia.
- Testa d’Alghe, giuro che se non arrivi subito al sodo ti punterò contro la tua stessa spada – disse Annabeth, ormai visibilmente impaziente.
- Vorresti venire a vivere con me a Nuova Roma? – buttò fuori lui, senza guardarla negli occhi. Annabeth si immobilizzò per lo stupore, la bocca socchiusa e gli occhi sgranati. Non sapeva cosa dire. “Tieniti forte”, aveva detto Poseidone. In effetti, considerò Annabeth, quello di andare a vivere insieme era un grande passo. Lei, che era un tipo di ragazza a cui piaceva programmare tutto, ci aveva pensato svariate volte, ma non aveva mai avuto il coraggio di parlarne con Percy. E sicuramente non si sarebbe mai aspettata che la proposta sarebbe venuta da lui. Si era sempre immaginata di chiederglielo lei stessa, in un futuro lontano…
Percy intanto la guardava, dapprima speranzoso e poi abbattuto: - Ricevuto. Non fa niente. Fa’ come se non te l’avessi mai…
- Era per questo che eri così nervoso? – lo interruppe ancora, Percy annuì, gli occhi verde mare puntati in quelli grigio tempesta di Annabeth. - Posso sapere perché? – chiese, corrugando le sopracciglia.
- Perché avevo paura che non volessi e infatti…
- Sei una Testa d’Alghe – disse lei, per tutta risposta, le labbra increspate in un accenno di sorriso. Lui la guardò confuso.
- Che gli dei mi aiutino per quello che sto per dirti, Perseus Jackson, ma non c’è nessun’altra persona al mondo, a parte te, con cui vorrei vivere – disse allora Annabeth.
Il volto di Percy si illuminò: - E’ un sì? – domandò speranzoso.
- E’ un sì, Testa d’Alghe – lo canzonò Annabeth. Percy saltò letteralmente in piedi, poi si girò e sollevò Annabeth con facilità, come se fosse stata fatta completamente di gomma piuma. La fece girare, ridendo come un matto e trascinando Annabeth con sé nella sua ilarità. Dovette fare parecchi giri prima di calmarsi e fermarsi, per puntare lo sguardo in quello della sua ragazza. La teneva sempre stretta a sé, tracciando cerchi immaginari col pollice sulla sua schiena, mentre la ragazza teneva le mani allacciate dietro il suo collo e giocava distrattamente coi suoi capelli.
Con una lentezza estenuante, almeno per Annabeth, Percy avvicinò le labbra a quelle della ragazza, tenendo sempre gli occhi fissi nei suoi e chiudendoli soltanto quando le loro labbra si toccarono. La baciò con dolcezza, come se fosse stato il loro primo bacio.
- Perché l’album di fotografie? – chiese Annabeth, un po’ su di giri, quando si staccarono.
Percy fece un mezzo sorriso, uno di quelli che Annabeth aveva imparato ad amare: - Perché le case più belle, sono quelle piene di ricordi – disse semplicemente. E, davvero, non ci fu bisogno di aggiungere altro.
 
Ormai era notte fonda e, anche se Percy era tornato a casa già da un po’, Annabeth se ne stava a letto, sveglia, con la netta sensazione di dover fare qualcosa.
Improvvisamente, capì: si alzò e si diresse verso la borsa che usava per andare a lavoro, la aprì e tirò fuori l’album di fotografie. Rovistò un altro po’ nella borsa, in cerca di una Dracma e, quando la trovò, si sedette a terra incrociando le gambe.
Si concentrò, chiudendo per un attimo gli occhi, e poi lanciò la Dracma sul librone, che la assorbì letteralmente. Alla luce della Luna, vide comparire sulla prima pagina dell’album il volto sorridente di Percy Jackson, raggiante di felicità, come lo aveva visto quel pomeriggio. Un sorriso spontaneo spuntò sulle labbra di Annabeth: - Grazie, divino Poseidone – sussurrò; e poté giurare di aver sentito una lieve brezza marina scompigliarle i capelli.





Angolo di flajeypi
Ciao, amici! :3
Eccomi con un altro missing moment e, diciamocelo, tonnellate di fluff e dolcezza <3
In merito al fluff, voi che dite? Non sarò mica andata OOC? Non so perché, ma Percy lo immagino un tipo molto romantico, proprio il tipo di ragazzo che organizzerebbe qualcosa di speciale per una proposta importante come quella di andare a vivere insieme. E Annabeth? Lei odia non capire, eppure, quando Percy le svela il mistero, non può fare altro che sentirsi intenerita dai tentativi romantici del fidanzato, dimenticando completamente i giorni in cui il ragazzo era stato intrattabile. Credo che possa rientrare tranquillamente nel suo personaggio, siete d'accordo? Fatemelo sapere!

Bando alle ciance, passo alla sezione che tutti voi amate (ma anche no): l'angolo della metafora dello zio Rick!
Sta diventando sempre più difficile, però ormai è una specie di tradizione mettere una metafora sotto ogni storia, perciò eccola qui:
C'è un passaggio, ne "La battaglia del labirinto", quando i ragazzi trovano Pan, che mi ha sempre dato da pensare. Pan si rivolge a Grover e gli dice che ormai lui non può più niente per salvare il pianeta, che siamo noi a dover fare qualcosa. E' abbastanza evidente come metafora, soprattutto quando Pan dice che "non potete aspettare che qualcun altro lo faccia per voi, nemmeno un dio". Lo zio Rick spiega, attraverso le parole del dio, che Pan, originariamente, significava "agreste" e poi nel corso degli anni è passato a significare "tutto": ebbene, il suggerimento, che salta immediatamente all'occhio, è che il nostro pianeta è tutto per noi, che è nostro diritto e dovere proteggerlo "ognuno nel suo angolo di mondo". Non possiamo aspettare che qualcun altro lo faccia per noi: se non ci prendiamo cura del nostro pianeta, come può il nostro pianeta prendersi cura di noi ed assicurarci cibo e tutto ciò che serve per la vita? Se non lo facciamo noi che lo abitiamo, chi potrà mai farlo? Non possiamo rischiare di aspettare che sia troppo tardi per fare qualcosa perché aspettavamo un miracolo che non è mai arrivato; quel miracolo dobbiamo essere noi stessi.
Il destreggiarsi tra i temi più svariati è uno dei caratteri narrativi che amo di più di Rick Riordan e trovo, davvero, che in certi passaggi superi sé stesso. E' difficile non sembrare banali con temi di questa portata, eppure lui riesce ad essere sottile ed allo stesso tempo esplicito, senza il risultato di sembrare una "pubblicità progresso" (avete presente, no?).

That's all, folks!

Un abbraccio,
Flavia

 
  
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