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Autore: Lisaralin    25/07/2015    3 recensioni
Raccolta dedicata ai Gold Saint di tutte le serie di Saint Seiya, spaziando tra i generi più disparati.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gold Saints, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Personaggio: Aquarius Dégel
Serie: Saint Seiya - The Lost Canvas
Genere: Introspettivo, Malinconico
Rating: verde
Avvertimenti: ho palesemente barato in quanto la storia non è tanto incentrata su Dégel quanto su un altro personaggio. Ma erano secoli che volevo scrivere di lui e così ne ho approfittato :P



Albireo

Unity maneggia il telescopio come se fosse una reliquia. È l’ultimo ritrovato dell’ottica: obiettivo a tre lenti acromatiche, un metro e mezzo di fuoco, e sette mesi imballato in una stiva prima che il mercantile inglese trovasse il tempo – e l’interesse - di fare tappa a Bluegrad durante il suo giro tra i porti dell’Atlantico settentrionale.
Un tempo Unity aveva detestato vivere in un paese sperduto oltre i confini del mondo e reso inaccessibile dai ghiacci per la maggior parte dell’anno. Un tempo non capiva perché suo padre si limitasse a un sospiro rassegnato quando gli altri reali d’Europa non ritenevano opportuno convocarli per concili o occasioni solenni, o quando l’invito alle nozze dell’imperatore d’Austria era giunto ai loro lidi ghiacciati a cerimonia ormai compiuta da settimane. Un tempo non si capacitava che i più grandi intellettuali del secolo si radunassero nell’insignificante Weimar e facessero i loro grand tour a Roma e tra le rovine della Grecia quando Bluegrad possedeva una delle biblioteche più vaste e ricche del continente.
Un tempo, il principe Unity aveva osato sognare un avvenire di gloria e riscatto per il suo paese.
Sono i gesti meccanici di ogni giorno a impedirgli di ripiombare in certi pensieri. Ancorare il telescopio al cavalletto, manovrare le rotelline d’ottone per portarlo all’inclinazione giusta, guardare attraverso le lenti per verificare il fuoco. I pensieri non spariscono mai veramente, ma la disciplina e la routine aiutano a tenerli sotto controllo.
Il principe se ne vergogna. Non era così che aveva giurato di onorare il sacrificio del suo migliore amico, della persona che ha dato la vita per donare a lui e a Bluegrad una seconda possibilità. Ma le notti sono buie a Bluegrad, e piene di fantasmi. La solitudine comincia a pesare troppo per un unico, fragile paio di spalle.


Non gli piaceva il ragazzino nuovo. Una parte di lui sapeva che era ingiusto, perché in fin dei conti non si erano mai parlati se non per augurarsi buongiorno e buonanotte, ma era una questione di istinto, di antipatia a pelle. Diceva di essere stato mandato dal Santuario in Grecia, ma i modi compiti e l’accento gorgheggiante, che sporcava la bella e severa lingua di Bluegrad con i suoi miagolii patetici, tradivano un’origine diversa. Puzzavano di parrucche incipriate e calzamaglie di seta, di ricevimenti in saloni ricoperti di specchi dorati, di gite in carrozza tra le campagne verdeggianti del sud. Il fatto che Seraphina impazzisse per lui, poi, non faceva che renderglielo ancora più odioso.
Così come era odiosa la sua abitudine di sederglisi accanto in biblioteca per studiare. A suo onore andava detto che non disturbava mai, si limitava a salutare e chiedere il permesso di sedersi e poi restava assorto sui libri per ore senza emettere un fiato, tanto da chiedersi se fosse ancora vivo. A volte Unity lo sorprendeva con lo sguardo perso fuori dalla finestra e una mano poggiata sul mento, all’inseguimento di chissà quali pensieri. Lo osservava per un po’ senza che l’altro se ne accorgesse e poi si riscuoteva a sua volta, tornando agli studi e maledicendosi per aver degnato lo straniero di tanta parte della propria attenzione.



Il cielo è terso, le nevicate sono ancora incredibilmente contenute quest’anno. Solo l’aria pungente, come una cascata di piccoli spilli sul viso, parla già con la voce dell’inverno. Ormai puntare il telescopio in direzione del Triangolo Estivo è diventato un automatismo, e il suo sguardo, al di sopra della lente, scorre senza fermarsi da Altair a Vega e approda infine a Deneb, la coda luminosa del Cigno. La contempla con gli occhi lucidi, indugia a lungo sulle ali che si librano oltre la fenditura oscura nella Via Lattea. Trova una certa voluttuosa malinconia nel pensare che il cielo rifletta le cicatrici della nostra anima, magnificate e rese eterne dal moto perpetuo degli astri.
Dopo qualche attimo asciuga le lacrime sulla manica e punta ancora il telescopio. Non termina mai un’osservazione senza dedicare almeno un paio di minuti ad Albireo.
Albireo è una stella particolare. A occhio nudo non è degna di nota, un puntolino luminoso come tanti abbandonato nel mezzo del Triangolo Estivo e oscurato dallo splendore delle sue vicine più arroganti. Eppure Albireo è la testa del Cigno, e la sua vera bellezza si rivela solo a chi è capace di guardare al di là delle apparenze.


“Non ci è permesso usare il telescopio.”
Le prime parole che gli rivolse furono un divieto, e non poteva che essere così.
“Chiedo scusa, non lo sapevo.”
Dégel tornò subito a sedersi, ma il suo sguardo faticava a tornare sui libri, continuava a indugiare sullo strumento accanto alla finestra. Erano appena le quattro del pomeriggio, ma in autunno le notti iniziano presto a Bluegrad, e ci sono giornate in cui è impossibile rimanere concentrati sulla storia e sul diritto perché le stelle ti chiamano fuori, a bagnarti nella loro luce pallida sopra un tappeto di neve appena caduta.
“Sai” continuò Dégel poco dopo, ed era la prima volta che una loro conversazione non si esauriva dopo due battute, “volevo tanto vedere Albireo.”
“Ma che diavolo dici?”
Si morse la lingua un istante dopo aver parlato. Ecco, aveva fatto la figura dello stupido, di quello che non sa le cose. Ora il damerino di Versailles avrebbe inarcato un sopracciglio elegante e si sarebbe precipitato a colmare con saccenza le sue lacune culturali da troglodita del nord.
“L’ho scoperto appena adesso” disse invece Dégel, e per la prima volta c’era una nota di entusiasmo nella sua voce. Indicò il libro aperto sul tavolo davanti a sé, sulle cui pagine consunte si intravedevano disegni di mappe del cielo e schemi delle orbite dei pianeti. “Deve essere una stella bellissima, sembra insignificante, ma se la guardi attraverso un telescopio… “
Dégel si interruppe, uno strano sorriso comparso sulle sue labbra. Di colpo sembrava ancora più giovane, un bambino che ha appena avuto una di quelle idee che non devono arrivare per nessun motivo alle orecchie degli adulti. Unity odiava ammetterlo, ma a quel punto bruciava di curiosità.
“Perché non la guardiamo insieme?”



Subito dopo “l’incidente” si era ritenuto fortunato. In ginocchio davanti al trono di Athena, immerso nel suo Cosmo luminoso che scaldava persino i traditori come lui, aveva creduto che vivere fosse un onore immeritato. Continuare a respirare quando i sorrisi di Dégel e Seraphina si erano spenti per sempre era un dono troppo grande, una grazia troppo preziosa.
Solo in seguito aveva capito che vivere in realtà era la sua punizione.
Percorrere sale vuote, e con loro le vie tortuose del ricordo. Parlare con i fantasmi, e ricostruire. Ricostruire è immensamente più faticoso che distruggere. Chiudere gli occhi e dormire per sempre è più semplice che vegliare da soli nella notte e nel buio.
Sono anni ormai che Unity desidera chiudere gli occhi.
Ma la punizione deve continuare, il sacrificio di Dégel non può essere reso vano. Quando il guardiano solitario è sopraffatto dalla stanchezza, Albireo è lì per ricordargli il suo dovere. Per ammonirlo con severità, ma anche per confortarlo, come una piccola scintilla del Cosmo di Athena ancora impigliata nel suo cuore.
Albireo è lo sguardo di Dégel che veglia su di lui dalle distese nere e gelide del cielo.


“Sono un po’ invidiosa” ammise Seraphina. Unity provò una fitta di rimorso: era vero che da qualche tempo a quella parte stava trascurando molto la sorella.
“Dev’essere il cameratismo tra maschi, penso. Come fratelli di sangue. Temo di dovermi rassegnare.” Inaspettatamente un sorriso affiorò sul suo viso delicato, e Unity si sentì più leggero. C’era un mondo di calore e affetto nel tono dolce di Seraphina. La sua non era un’accusa, ma la semplice constatazione di un dato di fatto.
“Voi due siete come Albireo. Due stelle talmente vicine da sembrare una sola.”




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Note: se avete la possibilità di rimediare un telescopio vi consiglio tantissimo di osservare Albireo, una bellissima coppia di stelle dai colori contrastanti (azzurro e arancio). E' un po' difficile da beccare (almeno lo è stato per noi dilettantissimi alle prime armi), ma vale la pena :)
Il Triangolo Estivo è un gruppo di tre stelle molto luminose che si può osservare soprattutto in estate (ma và?), tutte e tre appartenenti a costellazioni diverse. Le tre stelle sono: Deneb (Cigno), Vega (Lira) e Altair (Aquila).
La "fenditura oscura nella Via Lattea" è la cosiddetta Fenditura del Cigno, una fascia di nebulose oscure che sembra tagliare in due la Via Lattea proprio in corrispondenza della costellazione del Cigno.
In mancanza di maggiori informazioni dal manga ho immaginato questa storia ambientata in un Settecento molto tardo, quasi a ridosso della Rivoluzione Francese. Quindi Goethe è già ministro a Weimar, che è diventata ritrovo di intellettuali e personalità, e i primi telescopi a lenti acromatiche sono stati diffusi sul mercato. Su questi ultimi ho spudoratamente copiato ciò che dice Wikipedia data la mia ignoranza pressoché totale in materia di ottica e fisica. Spero di non aver commesso errori!
Riguardo alla latitudine di Bluegrad ho preferito cautamente non pronunciarmi :P
  
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