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Autore: didi_95    25/07/2015    2 recensioni
Salve a tutti!
Questa flash è nata dall'ennesima lettura de "I figli di Hurin", storia che adoro e che non cessa mai di farmi commuovere.
Cosa proverebbe un padre, costretto ad osservare impotente la maledizione caduta sui suoi figli?
Prendetela per quello che è: breve e senza pretese :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Húrin Thalion, Melkor, Morwen Eledhwen, Nienor Ninìel, Túrin Turambar
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lo sguardo di Hurin



E lì, su un seggio di pietra delle Thangorodrim, Hurin Thalion sedeva, guardando la rovina della sua stirpe e maledicendo sé stesso per aver sfidato Morgoth.

"Stattene qui seduto - gli aveva detto - e guarda le contrade dove male e disperazione piomberanno su coloro che tu hai consegnato nelle mie mani. Ché hai osato farti beffe di me, e hai messo in dubbio il potere di Melkor, Padrone dei destini di Arda. Pertanto, con i miei occhi vedrai, e con le mie orecchie udrai, e nulla ti sarà celato." *

E così era stato.
Hurin Thalion, grande eroe della Battaglia delle Innumerevoli Lacrime, avvinto a quel trono di pietra, osservava le disgrazie e l'ombra che perseguitavano Turin suo figlio, ovunque andasse.
Aveva visto la forte Morwen, incinta di qualche mese, privarsi del figlio maggiore spedendolo al sicuro, convinta di destinarlo ad un futuro migliore.
Lo aveva osservato giungere e crescere nel Doriath, amato da Thingol e Melian come un figlio e ancora di più amato dal popolo, che mai aveva conosciuto guerriero migliore insieme a Beleg Arcoforte.
In quel momento aveva sperato...
Era nata in lui la speranza che Turin avesse la forza necessaria per sconfiggere l'ombra della maledizione di cui era inconsapevole; ma poi, per uno stupido equivoco, lo vide allontanarsi da quella terra, libero ma esiliato.
E intanto Morwen sopportava le privazioni e le umiliazioni della povertà e dell'assedio.
E lui poteva solo osservare, osservare e soffrire, così come Morgoth aveva predetto.

Aveva gioito il vecchio Hurin all'amicizia tra Beleg e Turin.
Ma quando il primo morì per mano del secondo, un dolore dieci volte maggiore della gioia si diramò nel suo petto, già del tutto straziato.
C'era un limite per la sofferenza umana?
Si chiedeva l'Uomo, immobile nel suo seggio, cedendo alle lacrime.
Ma poi, ricordandosi della nobile Casa a cui apparteneva, quella di Hador, rialzava la testa e si asciugava le lacrime, orgoglioso e pago di tutto quel dolore.

Osservò suo figlio entrare nel Nargothrond, distrutto nel corpo e nella mente;
ma l'aiuto del saggio Gwindor e l'amore di Findulias, figlia di Re, seppero riportarlo alla vita e... ahimè alla perduta ambizione.
E fu così che anche il Nargothrond cadde, bruciato e distrutto dal Drago Glaurung.
E gli occhi di Hurin ne avevano avuto abbastanza di fiamme e dolore.

Nonostante le urla disperate del padre, bloccato e prigioniero su un seggio di pietra, che lo supplicava di non credere al malefico Drago, Turin non si lanciò all'inseguimento di Findulias, rapita dagli orchi, condannandola ad una morte atroce, ma andò in cerca della madre e della sorella, ormai molto lontane dal Dor-lomin.

Un lungo gemito emise Hurin Thalion dal suo seggio, quando Turin Turambar e la bella Nìniel si unirono in matrimonio e concepirono un figlio.
Essi, ammaliati dal malefico potere del Drago, non potevano sapere di essere fratello e sorella.
Egli avrebbe voluto coprirsi gli occhi quando Nìniel raggiunse lo sposo cercando l'amore perduto e trovando solo l'amara verità nelle oscure parole del Verme morente.
Avrebbe voluto non vedere, eppure guardò.
Guardò sua figlia gettarsi dall'orlo del Cabed-en-Aras nelle gelide e tumultuose acque del Teiglin... ascoltò le sue parole e pianse lacrime amare.
Aveva sopportato... persino la morte della figlia.
E adesso questo.

La voce di Turin gli giunge disperata, vicino al rombo del fiume; è alla sua spada che egli si rivolge.

"Salve Ghurthang, Ferro di Morte, tu sola mi rimani! Ma quale signore leale conosci tu, salvo la mano che t'impugna? Nessun sangue ti ripugna! Vuoi bere anche quello di Turin Turambar? Vuoi uccidermi in fretta?"*

Dette queste parole, Turin, il suo piccolo e coraggioso Turin che egli aveva sollevato tra le braccia il giorno della partenza per la Battaglia, si getta sulla sua stessa spada che abilmente si appropria della sua vita.
E Hurin chiude gli occhi, stanchi di tutto quel dolore, desiderando solo ed unicamente la morte per raggiungere i suoi cari.

"Non è tempo di morte Hurin Thalion; alzati dal seggio e vattene! Perché la mia vendetta su di te è compiuta. Raggiungi i tuoi cari se vuoi, ma fallo lontano da qui... così che io possa ancora godere del tuo dolore."

La voce di Morgoth lo raggiunge potente, una risata malvagia celata in ogni parola.
E finalmente Hurin si alza dal suo seggio, non più costretto a guardare, ma nemmeno a sperare.
La speranza è morta, insieme ai suoi figli.
Tuttavia Egli non china la testa, non si sottomette, mantenendo per sé quel poco di orgoglio rimasto nelle sue fiacche membra di vecchio.
Ed è così che Hurin Thalion ricomincia a vagare, aggrappato all'unica persona che ama rimasta in vita sulla Terra di Mezzo, seppure scomparsa: la sua forte Morwen.

E dove altro potrebbero ritrovarsi i genitori, se non nell'ultimo luogo su cui i figli hanno camminato?
E' lì che Hurin dirige i suoi passi stanchi, scoprendo che, nonostante tutto, nel suo cuore una lieve fiammella di speranza è rimasta.
E cosa sarebbero mai gli Uomini senza la speranza...



* frasi prese da "I figli di Hurin"





Disclaimer:
Personaggi, luoghi ed eventi appartengono a J.R.R.Tolkien e a chi ne detiene i diritti, nessuna violazione di copyright è pertanto intesa. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
   
 
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