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Autore: PinkBiatch    26/07/2015    0 recensioni
Un po' di tempo fa mi hanno detto che, in realtà, i più deboli sono coloro che offendono. Spesso hanno una situazione difficile a casa e, non che questo li giustifichi -perlomeno non del tutto-, loro vengono spinti dal subconscio a scaricare la loro rabbia verso persone innocenti.
Di tutte le spiegazioni, ho voluto credere a questa.
Non ci ho creduto perché sono stupido, perché sono effettivamente un cagnolino che obbedisce al padrone cattivo, non ci ho creduto perché sono nato con qualche tara mentale; io ci ho creduto perché voglio crederci. Voglio credere nella bontà degli esseri umani anche quando essa si nasconde, voglio crederci e voglio sperare che la mia fede la porti a mostrarsi a me. Io ho creduto a questa versione perché è più semplice pensare che ci sia qualcosa, in fondo, che accomuna me ed i miei aguzzini, perché il dolore che abbiamo in comune mi porta a desiderare meno la vendetta, che mi renderebbe cattivo quanto loro.
Ho deciso di credere nella bontà anche quando essa mi ha voltato le spalle, anche quando continua a farlo, giornalmente. 
OS scritta dal punto di vista di Liam James Payne.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Liam Payne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(Questa storia è dedicata -ovviamente- a Liam Payne, il mio Eroe, la persona che mi ha salvata.)





Non è semplice essere Liam Payne.
Questo l'ho capito anni fa, quando ero ancora solo un bambino e ricevevo delle telefonate da infermiere carine dell'ospedale se non mi vedevano per più di due settimane perché, preoccupate, chiedevano ai miei genitori se fossi morto.
L'ho capito quando i bambini miei coetanei hanno cominciato ad offendermi ed hanno fatto di questo il loro passatempo preferito, lo scopo della loro crudele infanzia.
L'ho capito anche quando sono cresciuto, perché, ingenuo, avevo creduto che crescendo le cose sarebbero migliorate, quando in realtà non è stato affatto così.
L'ho capito quando sono tornato a casa dal mio primo, fallimentare tentativo di sfondare nel mondo della musica, e nessuno se non mia madre e mio padre mi è stato vicino.
L'ho capito quando li ho visti ridere di me ancora e ancora ed ancora, e quando ho pensato che sarei stato condannato a subirlo per tutta la vita.
L'ho capito quando per la seconda volta sono stato inizialmente rifiutato di nuovo da quell'uomo che mi aveva promesso il successo, due anni prima, e rassegnato sono andato da mia madre a dirle di portarmi a casa a subire ciò che meritavo: gli insulti e le risate di chi avevo erroneamente pensato non avesse ragione.
Non l'ho più capito per un po' di tempo, poi.
E' successo tutto così velocemente che non ho avuto il tempo di pensare, di capire, di prepararmi. 
Ho pensato che con la fama la tristezza sparisse, che l'amore di ragazzine urlanti che non mi conoscevano sarebbe bastato a colmare tutto ciò che mi era successo negli anni precedenti. 
Mi hanno adulato a tal punto che c'è stato un periodo in cui ero davvero convinto di non meritare tutto ciò che avevo subito negli anni precedenti, anni in cui avrei dovuto innamorarmi del mondo e della vita ed invece mi ero innamorato della solitudine, del buio. Perché nessuno al buio poteva vedermi o conoscermi, nessuno si sarebbe accorto di me e così nessuno avrebbe sentito il bisogno di offendermi.
Ed io ho creduto alle belle parole, alle belle promesse di gloria, e forse è per questo che ha fatto così tanto male, che continua a far male.
Fin da quando ero soltanto un bambino, spesso mi sono chiesto perché. Perché fossi così, e perché ciò che ero spingesse le persone ad odiarmi, non capirmi, rendermi un emarginato sociale. 
All'inizio mi paragonavo al sacco che si appende in alto e che si fa prendere a bastonate da un bambino bendato finché non escono le caramelle, pensavo seriamente che a forza di bastonarmi prima o poi da me sarebbero uscite delle caramelle e credevo che fosse questo che spingeva le altre persone a farmi del male. Tuttavia gli anni passavano, e non trovai mai una caramella sulla strada dove camminavo o vicino al mio letto, al mattino.
E di nuovo mi sono chiesto perché.
Non sono mai stato così bello da togliere il fiato, ma non sono nemmeno mai stato il ragazzino più brutto che si fosse mai visto. Ero nella media, niente di particolare. 
Non sono nemmeno mai stato troppo simpatico, e forse le mie battute erano un po' tristi e squallide, ma c'era chi ne faceva di peggiori.
Per molto tempo sono stato un po' invalido, il bambino che gli adulti trattavano e chiedevano di trattare con cura, come una scatola con su scritto "FRAGILE". E forse i bambini hanno interpretato la bontà degli adulti nei miei confronti come un'ingiustizia, anche se in realtà era solo pietà.
Ma nel tempo sono stato bene, sono guarito, sono cresciuto, sono diventato famoso, amato.
Eppure mi sento ancora attaccato.
Ogni giorno, ogni istante della mia esistenza, io mi sento offeso dalle parole che mi circondano. Anche quando non mi riguardano, anche quando sono sussurrate, anche quando non le capisco. Forse è un effetto collaterale, come avere gli incubi la notte dopo aver visto qualcosa di orribile. E mi viene detto che devo ancora crescere, che un giorno capirò, che la smetterò di farmi paranoie, che nessuno, in realtà, mi odia più o mi attacca.
Ma basta poco, basta che dica qualcosa di ambiguo, basta che scriva qualcosa su un social network ed ecco di nuovo che sono il sacco e l'intero mondo è quel bambino bendato che mi bastona.
Mi avevano detto che sarebbe stato semplice, ma io non penso affatto sia così.
Sono stato cresciuto da una madre apprensiva che mi amava a tal punto da non accorgersi per molto tempo dell'odio che gli altri bambini provavano nei miei confronti, perché non riusciva a comprenderlo. Lei mi diceva che dovevo essere me stesso, che dovevo dire quello che mi passava per la testa e che così tutti si sarebbero accorti dell'ometto coraggioso che ero e mi avrebbero amato.
Io ci ho provato, mamma. Ci ho provato con tutto il cuore. Ma non posso essere l'unico a provarci, devono provarci anche gli altri.
Non è semplice essere Liam Payne.
Questo l'ho capito per la prima volta quando ero soltanto un bambino, e continuo a capirlo adesso. Solo perché adesso ho fama, soldi, muscoli, una ragazza che amo, ciò non significa che con essi possa comprare le risposte alle mie domande.
Ci sono ancora un sacco di domande a cui non so rispondere. E ce n'è una che mi tormenta, notte e giorno, fin da quando ho capito per la prima volta che non fosse semplice essere Liam Payne.
Perché.
Perché, tra tutti, proprio me? Cosa spinge le persone ad odiarmi, insultarmi, criticarmi per ogni singola cosa che faccio? Cosa c'è di sbagliato in me? Perché dev'essere sicuramente così, perché sono io che sono sbagliato, io che ho qualcosa che non va. Sono in netta minoranza, io contro il resto del mondo. Ho provato di tutto, eppure finisco sempre per essere criticato, insultato, preso a bastonate in attesa di caramelle che non arrivano mai. 
In un primo momento credevo che fosse perché sono una persona molto diretta grazie agli insegnamenti di una madre troppo innamorata di me, così ho provato a tacere. Ho provato a fare ciò che mi veniva richiesto, ho provato a sorridere quando mi veniva chiesto di farlo, parlare solo quando mi era concesso, essere me stesso solo quando pochi eletti mi potevano vedere.
Non è servito a niente, se non a passare come un cagnolino fedele che prende gli ordini del padrone cattivo e sbrana le speranze di giovani ragazzine che sperano in una relazione omosessuale tra due membri della loro band preferita.
Un po' di tempo fa mi hanno detto che, in realtà, i più deboli sono coloro che offendono. Spesso hanno una situazione difficile a casa e, non che questo li giustifichi -perlomeno non del tutto-, loro vengono spinti dal subconscio a scaricare la loro rabbia verso persone innocenti.
Di tutte le spiegazioni, ho voluto credere a questa.
Non ci ho creduto perché sono stupido, perché sono effettivamente un cagnolino che obbedisce al padrone cattivo, non ci ho creduto perché sono nato con qualche tara mentale; io ci ho creduto perché voglio crederci. Voglio credere nella bontà degli esseri umani anche quando essa si nasconde, voglio crederci e voglio sperare che la mia fede la porti a mostrarsi a me. Io ho creduto a questa versione perché è più semplice pensare che ci sia qualcosa, in fondo, che accomuna me ed i miei aguzzini, perché il dolore che abbiamo in comune mi porta a desiderare meno la vendetta, che mi renderebbe cattivo quanto loro.
Ho deciso di credere nella bontà anche quando essa mi ha voltato le spalle, anche quando continua a farlo, giornalmente. 
Non è semplice essere Liam Payne, e non è semplice credere nella bontà degli esseri umani. 
Non è semplice prendere un microfono in mano e cantare, parlare di fronte ad una marea di gente che potrebbe criticarmi per qualcosa che farò senza nemmeno accorgermene.
Eppure io salgo sul palco, e sorrido alla bontà, perché stasera ha deciso di mostrarsi a me.
Non importa quante cose siano brutte al mondo, non importano le mie esperienze passate o future, non importa se anche staserà qualcuno avrà da ridire su qualcosa che farò. 
I miei compagni stanno avanzando, ed avanzo anch'io. Li guardo sorridere, saltellare, l'adrenalina alle stelle che non è mai diminuita col tempo, e mai lo farà. Li vedo così felici, e sono felice anch'io.
Mi avvicino ad una parte del pubblico, alla mia destra, piena di ragazzini che hanno passato addirittura la notte fuori dallo stadio per essere vicini a me, e vedo così tante persone urlarmi, cercarmi, chiamarmi, e cerco di sorridere a tutti, perché se lo meritano. 
Per una volta non ho bisogno di sforzarmi per credere nella bontà degli esseri umani. Ho un sacco di persone, qua, adesso, davanti a me, che me ne stanno dando prova. 
Chissà quanti sacrifici hanno fatto per essere qua, quanti soldi avranno speso, quanto avranno litigato coi genitori, quanto avranno aspettato questo momento. 
Mi fa sorridere la quantità infinita di sogni che si stanno realizzando stasera in questo stadio, e mi fa sorridere il fatto che io sia il loro sogno, mentre loro sono il mio.
E non riesco a crederci che stiano urlando per me, cantando con me, che alcuni stiano addirittura piangendo dall'emozione. Dopo tutti questi anni, nonostante tutto, ancora non me ne capacito. 
E mi chiedo come facciano, mi chiedo perché mi amino così tanto.
Ma stavolta non ho bisogno della risposta. Stavolta la domanda è sufficiente perché nasconda le mie insicurezze e perché mostri il lato più forte di me stesso a loro, come loro stanno facendo con me.
Io credo nella bontà delle persone anche quando esse mi bastonano. Perché so che prima o poi si accorgeranno che non usciranno mai delle caramelle dalle mie tasche, e perché so che ci sono persone, al mondo, che quelle caramelle riescono a vederle anche senza bisogno di bastonarmi. Perché ci sono persone, al mondo, che credono che io stesso sia una caramella.
E questo mi basta, mi basta per non dire di fingermi felice, mi basta per dire di essere davvero felice. 
Non è semplice essere Liam Payne, ma è semplice essere la caramella preferita di qualcuno.



Nota dell'autrice: 
Innanzitutto grazie a Te, buon'anima, che hai avuto il coraggio di aprire questa storia e leggerla fino alla fine. E' la prima volta che scrivo una cosa del genere, e so che non è il tipo di storia più gettonato (specialmente in questo fandom). 
So che in genere le storie più gettonate sono quelle d'amore, ma per me anche questa piccola OS racconta l'amore che provo nei confronti di Liam Payne. 
Non so se pensa veramente così o se è veramente questo genere di persona, ma mi piace pensare che lo sia, e spero che questa mia interpretazione non irriti nessuno o faccia pensare che sia una cretina che non ha capito niente ahahah
Fatemi sapere cosa ne pensate, anche se pensate che faccia schifo, ho davvero bisogno di leggere dei pareri di persone che non siano me stessa!
Grazie in anticipo,
tanti baci.

  
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