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Autore: Montreal    27/07/2015    1 recensioni
Piccolo omaggio ad uno dei miei personaggi preferiti della quarta stagione, Edward Mordrake.
Ascoltate la sua storia, non lasciatelo solo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Elsa Mars
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Tengo gli occhi chiusi, quando sono qua. E perché mai dovrei aprirli? Non c'è nulla che valga la pena guardare, all'inferno. Solo tenebre, e volti bianchi che affiorano occasionalmente dalle ombre. I miei mostri, i miei freacks. I miei compagni di sventura. Mi piacerebbe pensare di essere uno di loro, ma non è così. Loro mi odiano, in realtà, proprio come è sempre stato. Come potrebbe essere altrimenti?

Fui il primo ad arrivare qui, scortato dal Demone che condivide le mie carni. Sono il suo custode ed al medesimo tempo il suo schiavo.

Sorride, il Demone. Gode di ogni istante di sofferenza, si bea del dolore che riesce a causarmi. Posso percepirlo, dietro la mia testa. Ci sono sempre riuscito, fin da quando mi consideravo ancora un essere vivente.

I ricordi sono per la maggior parte sbiaditi, e quelli che restano presto cederanno il posto all'oblio.

Ecco cosa rammento.

 

Nacqui a Manchester, nel 1815, da una nobile famiglia. Mia madre morì di parto nel darmi alla luce. Fu fortunata, non vide mai la mia spaventosa malformazione. O almeno così affermava mio padre, le rare volte che veniva a farmi visita. Crebbi nella casa di campagna di famiglia, isolato dal resto del mondo, con pochi domestici che col tempo aveva imparato ad evitare. Non mi era permesso uscire dalla casa, ovviamente. Il mio mondo erano una decina di camere ampie e solitarie. Ma ero un bambino curioso, m'interrogavo sulle questioni più disparate. Leggere divenne presto la mia più assidua occupazione. Mi interessavo di qualsiasi argomento, dalla biologia all'arte, alla filosofia. Ma la mia più grande passione era la poesia. Era qualcosa di cui non mi stancavo mai, qualcosa di cui non potevo fare a meno. Un balsamo lenitivo, che per un istante riusciva a scansare tutte le mie sofferenze. Per un istante.

Perché raramente il Demone mi concedeva attimini di tregua. Passava la maggior parte del tempo a bisbigliare, a mormorare. Parlava di cose orripilanti, mi sussurrava ogni tipo di orrori e nefandezze.

Cose che avrebbero trascinato sull'orlo della pazzia chiunque. E che solo io riuscivo a sentire.

Mi ritrovai spesso, mio malgrado, a discutere col mio mostruoso gemello. Lo pregavo di porre fine alle sue molestie, poi lo minacciavo, poi lo pregavo nuovamente. Spesso urlavo, strepitavo, inveivo contro l'essere abbietto che dimorava sulla mia nuca. Presto, le mie rimostranze divennero troppo evidenti, e mio padre fu costretto a farmi rinchiudere a Bedlam. Sorrideva, il giorno in cui vennero a portarmi via, questo lo ricordo. Non un vero sorriso; mio padre non sorrideva da quando ero nato, per quello che ne sapevo. Era un leggero cambio d'espressione. Era sollevato. Finalmente, era riuscito a liberarsi di me.

Potevo accettarlo, per quanto mi riguardava, in manicomio sarei stato più a mio agio. Mi sarei sentito meglio, circondato dai miei simili, dagli scarti della società. Ma nessuno era simile a me, nemmeno lì dentro. Ogni volta che un altro paziente rivolgeva lo sguardo alla mia deformazione, dava in escandescenza. Molti tentarono di pugnalare il mio altro volto, altri provarono a suicidarsi. Qualcuno ci riuscì. Dovettero mettermi in una cella d'isolamento, come aveva fatto mio padre. Ma questa era molto più piccola, e presto mi ritrovai nuovamente a confrontarmi col Demone. Era troppo, desideravo qualcos'altro. Doveva esserci un posto per uno come me, la fuori.

Scappai da Bedlam nel cuore della notte, durante una tempesta.

Girovagai a lungo, ed alla fine mi unii ad una compagnia circense che viaggiava per tutto il paese. In breve, il numero del Pianista dalla Doppia Faccia attirò una miriade di clienti. Ancora una volta m'illusi di poter essere accettato da individui che condividevano le mie stesse sventure. Ancora una volta mi sbagliai. Mi ritrovai nuovamente isolato, con il Demone che non smetteva mai di sussurrare. Ed ero così stanco. Stanco di continuare a collezionare riprove del fatto che al mondo, un posto per me, non c'era.

Così, una notte, cedetti alle richieste del Demone. Uccisi tutti i membri del circo, e poi mi suicidai.

Lui mi aveva promesso che, se lo avessi accontentato, mi avrebbe condotto in un posto dove mi sarei sentito a casa. Un posto dove la mia storpiatura non sarebbe stata motivo di vergogna, di disprezzo.

Ma lui mentiva. Nemmeno i dannati vogliono avere a che fare con me.

 

E il Demone è ingordo; non si accontenta di torturare solo me. Oh, no, lui è sempre alla ricerca di cuori tormentati, di anime oscure da aggiungere alla sua collezione. Ogni volta che qualcuno ci chiama, noi arriviamo. Sorgiamo dalle ombre della notte, noi, attirati dalle voci dei viventi, dai loro canti, dalla loro vita. E' quella che il Demone vuole. Ed io lo accontento, ogni volta, mio malgrado.

Appaio di fronte alle povere anime tormentate, per scrutare nei loro più profondi anfratti, per costringerli a riviere la loro ora più oscura. Tutto per compiacere il macabro piacere del Demone. I ricordi dell'uomo che fui svaniscono, eppure rammento ogni volto, ogni storia, ogni anima che va ad aggiungersi alla collezione del mio malvagio padrone. Negli anni ho avuto modo di osservare le cose più turpi, tutto ciò che la gente nasconde in un angolo buio della propria mente, ciò che non dovrebbe mai riaffiorare. Io ricordo, io so.

Eppure, di tutte le storie che ho avuto modo di sentire, una mi è rimasta impressa in modo indelebile. Spicca su tutto il resto, oscurandolo.

 

Il ricordo di una notte in particolare, di un'anima in particolare. Quella di una donna. Fu il suo canto a farci risollevare dalle tenebre, a richiamarci nel suo mondo.

Una donna bionda, vestita di verde, che si esibiva su di un palco. La guardai a lungo, ed anche lei mi vide. La donna era segnata, lo capii subito, dagli orrori di una vita spaventosa come solo le vite degli esseri umani sanno essere.

Quella notte feci il mio solito giro, raccogliendo le testimonianze di quelle persone infelici, alla ricerca dell'anima perfetta, quella più adatta ad entrare nella collezione del Demone. Quando arrivammo alla donna, diedi per scontato il suo destino. Era lei che i Demone voleva, ne ero certo. Glielo dissi, quando si dimostrò così sfrontata dal confondermi per un comune mortale, un impresario giunto fin lì per renderla una celebrità. Ebbe paura, una volta capito chi ero. E mi narrò la sua storia. La costrinsi a farlo. Il Demone era soddisfatto, lo sentivo chiaramente emettere versi ributtanti mentre la donna parlava. Stavo per colpirla, per prenderla con noi. L'avrei portata nelle notti eterne che erano diventate il mio mondo, e lì sarebbe rimasta per l'eternità, meraviglioso trofeo per il Demone.

Ma, proprio in quel momento, un'altra anima attirò la sua attenzione. C'era di meglio, per quella notte. Lanciai un ultimo sguardo alla donna, uno sguardo pieno di promesse. Ci saremmo rivisti. Non sapevo per quale motivo ne ero così sicuro, ma avevo ragione.

Accadde molto tempo dopo, un altro luogo, un altro palco. Ma sempre la stessa donna. La prima volta la chiamata era avvenuta accidentalmente. Questa volta, invece, la donna lo evocò intenzionalmente.

Desiderava morire! In tutti quegli anni, era accaduto così poche volte...

Gli esseri umani hanno una straordinaria tenacia nell'aggrapparsi alla vita, per quanto arida e dolorosa possa essere. Ma quella donna era un'eccezione, una sorprendente eccezione.

La cosa più terrificante, tuttavia, era che per la prima volta non era il Demone a volerla. Non solo lui, per lo meno. Io la desideravo, la volevo per me. Eravamo così simili, così vicini nel nostro dolore. Tutti e due non desideravamo altro che essere amati, e tutte e due avevamo sofferto per questo. Sì, la volevo, e stavolta non me la sarei lasciata scappare.

La trafissi col mio pugnale, ed in breve tutto intorno a me si tramutò in oscurità. Come succedeva ogni volta che un'anima andava ad ingrossare le nostre schiere, eravamo tornati nel nostro mondo.

Ma lei non era lì. Non c'era.

-Dov'è?!- chiesi arrabbiato al Demone -dov'è lei?!-

-Non è venuta con noi, Edward- mi disse il Demone, ridacchiando. Quella situazione lo divertiva. Nonostante un'anima fosse riuscita a sfuggirgli, era comunque soddisfatto, fin quando io soffrivo.

-Ma... ma lei era come me! Lei era come me!- continuai ad urlare, ostinato, all'oscurità che mi circondava.

-No, Edward. Dopo tutto questo tempo, possibile che tu non abbia ancora capito?- rise.

-Nessuno è come te-

 

Angolo dell'Autore

 

Devo dire la verità, Freack Show non mi è piaciuta. Oserei dire che è la stagione peggiore,per quanto mi riguarda. Ciò non toglie che abbia i suoi lati positivi, e personaggio di Edward Mordrake è uno di questi. Ho visto del potenziale nella sua figura, così mi sono deciso a scrivere qualcosa su di lui.

Pensavo fosse giusto lasciargli raccontare la sua storia. Temo di aver reso il tutto un pò pesante, ma il personaggio è di per sé tragico, quindi...

Fatemi sapere cosa ne pensate.

Alla prossima.

  
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